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Discussione: Alti tassi di abbandono scolastico e preparazione sotto la media: così va la scuola al Sud

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    Predefinito Alti tassi di abbandono scolastico e preparazione sotto la media: così va la scuola al Sud

    Il 35,2% dei giovani campani di 18-24 anni non studia e non lavora

    Napoli, 25 marzo 2013 – In Campania il 35,2% dei giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni non studia e non lavora, e va a gonfiare le fila dei disoccupati di lunga durata, costituendo così una facile preda per l’arruolamento da parte della criminalità organizzata. Si tratta di un dato molto più alto rispetto alla media nazionale (pari al 22,7%) e superiore anche alla media del Sud (31,9%).
    È questo l’esito di percorsi scolastici accidentati, fatti di conflitti tra insegnanti e studenti, bocciature ripetute, entrate e uscite dai cicli formativi, che spesso cominciano sin dai primi anni di scuola, ma si manifestano in maniera più evidente durante le superiori.
    Nonostante i miglioramenti degli indici di dispersione scolastica registrati negli ultimi anni, resta ancora molto da fare. In Italia l’11,9% degli iscritti al primo anno delle scuole superiori abbandona gli studi. Se il tasso di abbandono scolastico in Calabria è solo del 6,6%, in Campania la percentuale sale al 13,8% e in Sicilia al 14,6%.
    Se si guarda all’intero quinquennio, in Italia si ha una media del 26% di studenti che non arrivano alla maturità, con punte massime del 30,7% negli istituti tecnici. Il valore riferito al Mezzogiorno nell’insieme è nella media, con il 27% di abbandoni alle scuole superiori, ma si registrano situazioni più critiche in Campania (29,9%) e Sicilia (30,7%), dove si va delineando uno stato di vera e propria emergenza educativa.
    Dall’indagine Ocse-Pisa emerge anche un ritardo nelle competenze di base possedute dai quindicenni italiani che si fa più grave per i ragazzi meridionali. In Italia il 21% dei quindicenni ha competenze solo minime nella lettura (ma al Sud il dato sale al 25,2% e nelle isole è pari al 30,2%), il 25% in matematica (il 31% al Sud e il 35,9% nelle isole) e il 20,6% in scienze (il 26,6% al Sud e il 31,5% nelle isole). Particolarmente critica la situazione in Calabria, dove i livelli di competenze sono anche inferiori rispetto a quelli dei coetanei meridionali.
    Tenere a scuola i ragazzi «difficili», aiutarli nei percorsi di riavvicinamento alle istituzioni e di recupero scolastico, farli sentire comunque parte di un gruppo, sono alcuni degli obiettivi che si è posto il progetto «Abbandono scolastico e bullismo: quali rischi tra i giovani?» promosso dal Ministero dell’Interno nell’ambito del Pon Sicurezza per lo Sviluppo-Obiettivo Convergenza 2007-2013 e realizzato da un raggruppamento di imprese con capofila il Censis. Il progetto, che ha avuto una durata di due anni, ha coinvolto oltre 5.000 studenti di 9 istituti scolastici collocati nelle 4 regioni più critiche del Mezzogiorno (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), con attività di ascolto e sostegno, recupero e aiuto allo studio, rivolte a studenti, famiglie, docenti, attraverso l’impiego di una équipe territoriale con competenze socio-psico-pedagogiche, rappresentando così una buona pratica esportabile in altre scuole e in altri contesti.
    Dei risultati conseguiti nell’ambito del progetto si è parlato oggi nel corso del convegno conclusivo tenutosi a Napoli presso l’Iis Sannino-Petriccione, cui hanno partecipato, tra gli altri, il Prefetto di Napoli Francesco Musolino, l’Autorità di Gestione del Pon Sicurezza Emanuela Garroni, l’Assessore all’Istruzione del Comune di Napoli Annamaria Palmieri, il Direttore Generale del Censis Giuseppe Roma e i dirigenti scolastici di tutti gli istituti coinvolti.
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    Abbandono scolastico, lascia uno studente su cinque

    Quello della dispersione è un fenomeno dove l’Italia ha un primato tristemente negativo. La conferma arriva dagli ultimi dati del Ministero
    Vanno via in silenzio. Lasciano quasi sempre senza dire nulla. I maschi abbandonano più delle donne. Lasciano al sud più che al nord. Sono gli “early school leavers”, studenti che abbandonano precocemente la scuola. Non studiano più. E molto spesso nemmeno lavorano. Quello della dispersione è un fenomeno dove l’Italia ha un primato tristemente negativo. La conferma arriva dagli ultimi dati del Ministero dell’ istruzione, dell’università e della ricerca (il Miur). Seguono di pochi giorni le statistiche dell’Ocse. I dati del Miur, per il 2012, mettono il nostro Paese in quart’ultima posizione in Europa. Dietro di noi paesi come Spagna e Portagallo. Va meglio la Grecia. «Nella graduatoria dei ventisette Paesi Ue – si legge nel rapporto del Miur – l’Italia occupa ancora una posizione di ritardo». E lo stesso ministro Maria Chiara Carrozza, nel presentare le linee programmatiche davanti alle Commissioni riunite del Senato e della Camera ha evidenziato la necessità di una “politica di lungo respiro” per contrastare il fenomeno. Rispetto all’anno precedente un lieve miglioramento c’è stato. Ma non significativo. E l’Italia resta lontana dagli obbiettivi Ue. LA COMMISSIONE EUROPEA La Commissione europea, infatti, ha richiesto che per il 2020 il tasso di abbandono scolastico vada sotto la soglia del 10 per cento. E che sempre entro il 2020 il tasso di studenti con la laurea salga sopra al 40. Quasi un alunno su cinque, tra le medie e le superiori, lascia la scuola. La dispersione, infatti, si attesta in Italia al 17,6% (18,2 % nel 2011) contro una media Ue del 12,8% (13,5%). Il divario con il dato medio europeo è più accentuato per i maschi (20,5% contro 14,5%), in confronto a quello delle donne (14,5% contro 11%). Guardando a livello regionale il quadro appare eterogeneo. Il Molise è l’unica regione ad aver raggiunto il target europeo, con un valore dell’indicatore pari al 9,9%. Ma il fenomeno dell’abbandono scolastico è in genere più sostenuto nel Mezzogiorno con punte del 25,8% in Sardegna, del 25% in Sicilia e del 21,8% in Campania. Zone in cui sono maggiormente diffuse le situazioni di disagio economico e sociale. Tuttavia anche nelle aree più industrializzate e sviluppate, nelle regioni caratterizzate da un mercato del lavoro ad ingresso più facile e in cerca di mano d’opera meno qualificata: è qui che una larga fetta dei ragazzi trova più allettante la prospettiva di rinunciare agli di studi per entrare subito nel mondo del lavoro. Continue assenze, voti costantemente molto bassi, cambiamenti ripetuti di istituto: i sintomi che molto spesso portano alla dispersione. Un fenomeno che per gli esperti è prevedibile. Secondo le stime dello stesso ministero dell’istruzione nell’anno scolastico 2011/2012 il numero degli alunni “a rischio di abbandono” è di circa 3.400 ragazzi per la scuola secondaria di I grado (pari allo 0,2% degli alunni iscritti) e a quasi 31.400 per le scuole superiori. Nelle scuole medie gli alunni “a rischio di abbandono” sono iscritti al secondo e al terzo anno. ALLE SUPERIORI Ma è alle superiori che il fenomeno è più evidente. Soprattutto tra il terzo e quarto anno di corso. Le scuole dove è più facile lasciare? Negli istituti professionali, tecnici e nell’area dell’ istruzione artistica. Molto spesso alla base della dispersione c’è un disagio legato all’ambiente familiare e sociale. Ma conta pure una scelta degli studi sbagliata, poco vicina alle proprie inclinazioni. Magari una scelta imposta dai genitori e dai parenti.


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    La noia a scuola è peggio dell’abbandono

    Uno su cinque lascia alle superiori, ma quelli che non imparano sono molti di più
    Se ne vanno, spesso senza neppure spiegare il perché. Smettono di studiare e basta. A volte non entrano neppure nel mondo del lavoro. Nei Paesi anglosassoni li chiamano “early school leavers”. In Italia, dove il fenomeno è tutt’altro che sconfitto si preferisce un termine burocratico: dispersione scolastica. Grave, ma è solo la punta di un iceberg, assicura sir Ken Robinson, pedagogista britannico di fama internazionale, molto seguito dalla comunità internettiana: l’abbandono precoce degli studi è ben poca cosa se paragonato a tutti «quei ragazzi che vanno a scuola ma sono completamente disinteressati, non si divertono e non traggono alcun beneficio» dalle ore passate sui banchi, «come se stessero svolgendo un lavoro d’ufficio di basso livello».

    Anche vostro figlio o i vostri allievi mostrano i sintomi di questa strana “epidemia”? I bambini all’asilo perlopiù dipingono. Disegni pieni di colori, con le forme più strane. Belli o brutti non c’è n’è mai uno uguale all’altro; ognuno è un unico e personalissimo racconto della propria creatività. Ricordo un bambino che di essere lasciato alla materna, ogni mattino, proprio non ne voleva sapere. Quando però c’era la maestra dei colori – «la maestra in più», diceva, di quelle oggi scomparse per “mancanza di risorse” – era tutta un’altra cosa. Un giorno la maestra dei colori è andata incontro alla mamma con un foglio che era un tripudio di azzurri, di turchesi, di blu. Molto intenso. «Ecco, questo è suo figlio, guardi quanto colore ha dentro». Quel bambino, come tutti i bambini, ha cominciato le elementari, poi le medie, infine il liceo. Ha accettato ogni mattino di varcare di buon grado i portoni delle scuole, ha iniziato a colorare secondo le regole, ha studiato storia dell’arte, disegno tecnico, geometria, ha imparato tante altre cose, dall’algebra al latino. Ha fatto qualche test e molte verifiche, come tutti i bambini e tutti i ragazzi. Non ha piu riempito fogli con i colori che aveva dentro, tranne per qualche tema d’italiano dove al posto dei colori usava le parole. Ma spesso, in questo modo, andava “fuori tema”. Così ha imparato anche a scegliere argomenti di storia o letteratura per le sue composizioni: se si scrivono in buon italiano le stesse cose che dicono i libri, in genere non si sbaglia mai troppo. Quando si parla di creatività a scuola, in genere, ci si riferisce al gioco e alle attività espressive, relegandole ai primi anni di scuola e a momenti o materie di minor impegno.
    Alle medie inferiori, ormai, la creatività è sullo sfondo. Ed è riconosciuta solo in pochi alunni, che vengono invitati ad iscriversi in un liceo artistico. Eppure la creatività è innata in ogni mente umana. Un dono di tutti, diverso in ognuno, che la scuola dovrebbe coltivare sempre. E non vuol dire, necessariamente, fare un disegno. Tra i più strenui difensori della “scuola della creatività” contrapposta alla “scuola della routine” è proprio sir Ken Robinson, inglese trapiantato in California, che quest’anno ha per l’ennesima volta infiammato la platea online delle Ted Conference con uno speech sovraccarico di umorismo e stilettate che già dal titolo era un grido di battaglia: “Come sfuggire alla valle della morte dell’istruzione”. La tesi, dirà qualcuno, non è nuova ma vale la pena riascoltarla. Ad esempio, quando sir Robinson invita a guardare oltre l’abbandono scolastico. Il ritiro precoce dagli studi è, in effetti, un tema centrale delle politiche sulla scuola anche inEuropa e l’Italia è fra i Paesi più in ritardo rispetto agli obbiettivi fissati dalla Commissione europea. Secondo i dati del 2012, la dispersione si attesta in Italia al 17,6% (18,2 % nel 2011) contro una media Ue del 12,8% (13,5%): quasi un alunno su cinque, tra le medie e le superiori, lascia la nostra scuola. Il momento di crisi certo non aiuta a trattenere i ragazzi in classe oltre il periodo della scuola dell’obbligo, soprattutto nelle fasce sociali meno abbienti. Ma, a detta dell’esperto britannico, la dispersione scolastica è statisticamente ben poca cosa se paragonata alla folla di chi sta in classe soltanto per scaldare il banco e non mostra alcun interesse per le parole degli insegnanti o per le materie da studiare. Il problema, avverte Robinson, non sono le risorse: «Si spende molto nel sistema scolastico, piuttosto la scuola sta andando nella direzione sbagliata».

    L’elenco degli errori non è lungo ma molto puntuale. Errore numero 1: «Gli esseri umani sono per natura diversi, la scuola invece si basa su standard fissi». Errore numero 2: «La curiosità è il motore del successo, insegnare dovrebbe essere un lavoro creativo: i grandi maestri non passano solo informazioni, sono anche mentori, incoraggiano, provocano, coinvolgono gli studenti. Il sistema scolastico di oggi, invece, ruota intorno a verifiche e test». Errore numero 3: «La mente umana è per natura creativa, per questo la specie umana è così dinamica. Invece di stimolare questa creatività, la scuola predilige una cultura conformista». Ogni ragazzo che lascia la scuola, o langue sui banchi, ha un motivo: trova le lezioni noiose, irrilevanti, astruse, si diverte più fuori. Di sicuro non si sente realizzato, dentro le quattro mura della classe. Il suo fallimento, in qualche modo, è il fallimento di un sistema educativo sempre più deciso a tavolino dai funzionari ministeriali, sempre meno vissuto nelle aule in un dialogo indispensabile e continuo tra insegnante e allievi. Come dovrebbe essere, come ha raccontato mirabilmente il regista Peter Weir nel film L’attimo fuggente. “Back to the people”, invita sir Robinson. Tornate alle persone, a quelle piccole persone che vanno all’asilo e riempiono i fogli di colori, dei loro colori. Se non volete ritrovarvi con dei giovani che pensano e vivono solo in bianco e nero.


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  4. #4
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    Dispersione scolastica: al Sud è una vera emergenza

    I dati sono drammatici ed evidenziano un gap sempre più ampio fra regioni del Nord e regioni del Sud. Occorrono interventi decisivi e mirati. I numeri sono impietosi, e denunciano una vera e propria emergenza degli abbandoni scolastici prima della conclusione del secondo ciclo d’istruzione. Il fenomeno assume un carattere sempre più preoccupante, anche perché spesso si tratta di abbandoni che avvengono quando si frequenta ancora la scuola dell’obbligo. Nel corso del 2012/2013, nelle regioni del Sud Italia, c’è stata una emorragia di studenti: la Campania ha perduto 6.053 studenti, la Puglia 6.531, la Sicilia 5.606, la Calabria 2.900, la Basilicata 1.042, la Sardegna 324, l’Abruzzo 292, il Molise 245. Stiamo parlando di una sorta di buco nero che ha inghiottito un numero spropositato di potenziali intelligenze, che si disperdono e corrono il rischio di alimentare i circuiti della malavita organizzata. In buona sostanza il sud Italia nell’arco dell’ultimo quinquennio ha visto scomparire dai banchi di scuola una popolazione scolastica di circa centomila unità. È come se, per comprendere la portata del fenomeno, una città grande come Pisa scomparisse dalle mappe geografiche. Questa fotografia di una scuola che si dissolve nel suo capitale umano si unisce ad un altro dato allarmante, che è il deficit continuo nell’apprendimento di discipline cardine come l’italiano e la matematica.
    L’emergenza è proprio al Sud Italia, come testimoniano i numeri della dispersione scolastica e i risultati delle prove Invalsi 2013. Tra Nord e Sud esiste un gap di preparazione scolastica che preoccupa molto il ministro Carrozza. Questo divario è stato analizzato recentemente con i risultati delle ultime prove Invalsi che ci dicono che esiste una differenza abissale tra il Nord del Paese e il Sud. Nelle prove di matematica Invalsi gli alunni del Nord Ovest hanno totalizzato 216 punti, quelle dei ragazzi meridionali non supera i 183. Per concludere, la ciliegina sulla torta viene dal confronto tra la Provincia di Trento e la Sardegna dove i primi riportano un risultato di 229 contro 178 punti. Bisogna intervenire al più presto con investimenti mirati per le scuole del Sud.


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    Dispersione scolastica, Carrozza cerca un’alleanza con gli Enti Locali

    Il Ministro ricorda che ci sono territori che rischiano di restare indietro: c’è sì il tema della banda larga ma abbiamo anche zone dove c’è il 40% di abbandono precoce dei banchi: gli Enti locali e i dirigenti scolastici devono essere le nostre antenne sul territorio, perché l’obiettivo non può essere quello di dare un titolo ma competenze ai nostri ragazzi. Va bene la banda larga da attuare in tutti gli istituti, ma prima ci sono da affrontare emergenze come quelle che riguardano alcune zone del Paese dove sono tantissimi i giovani che lasciano la scuola precocemente. Per cercare di ridurre questa percentuale altissima (basti pensare che l’Ue ha indicato ai suoi Stati membri la necessità di non superare il 10% di dispersione scolastica entro pochi anni), il responsabile del Miur è convinta che occorra stabilire un’alleanza vera “tra gli Enti locali e il Ministero dell’Istruzione”. Solo in questo modo, ha detto Carrozza intervenendo alla 30/a Assemblea dell’Anci in corso a Firenze, sarà possibile riportare le politiche della scuola al centro perché “oggi l’istruzione è diventata un bene di lusso e noi non possiamo permettercelo”.
    Uno dei problemi indicati dal ministro, infatti, “è quello dei territori che rischiano di restare indietro dove c’è sì il tema della banda larga ma dove anche abbiamo il 40% di dispersione scolastica”. Gli Enti locali e i dirigenti scolastici “devono essere le nostre antenne sul territorio”, perché l’obiettivo di tutti non può essere quello “di dare un certificato o un titolo ma dare competenze ai nostri ragazzi, a tutti i nostri ragazzi”.


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    Abbandono scolastico, Italia tra i 5 paesi peggiori d’Europa


    I dati della Commissione Ue: nel 2012 il tasso di rinuncia all’istruzione è rimasto alto (17,6%), in controtendenza rispetto alla media continentale del 12,7%. Numeri allarmanti nel Mezzogiorno
    L’Italia è tra i paesi peggiori d’Europa per abbandono delle aule: lascia i banchi troppo presto il 17,6% degli alunni, con punte del 25% nel Mezzogiorno. A renderlo noto è l’Anief (l’associazione che riunisce gli insegnanti italiani), che sottolinea come ci stiamo allontanando troppo dalla media dei 28 Paesi dell’Ue, scesa quest’anno al 12,7%, e all’obiettivo comunitario del raggiungimento del 10% entro il 2020. Sono ancora cinque le nazioni ancora molto lontane da questa meta; tra loro anche l’Italia, che per numero di 18-24enni che hanno lasciato gli studi prima del tempo è riuscita a fare peggio anche della Romania, che è al 17,4%.
    “Non può consolarci sapere – continua l’Anief – sempre dalla Commissione europea, che in Spagna lasciano la scuola prima del tempo, acquisendo al massimo il titolo di licenza media, il 24,9% dei ragazzi. E che anche Malta (22,6%) e il Portogallo (20,8%) sono degli esempi da evitare”.
    Nel quadro europeo, invece, sono sicuramente da prendere a modello quei 12 Paesi dell’Unione che hanno già raggiunto e superato l’obiettivo del 10% di dispersione, con largo anticipo. Ma anche nazioni più grandi, come Germania, Francia e Regno Unito dove, nonostante la popolazione numerosa, si è prossimi al raggiungimento della soglia.
    Tornando all’Italia, la situazione risulta particolarmente critica in Sicilia, Sardegna e Campania, dove vi sono aree con punte di abbandoni scolastici del 25%. Mentre la fascia di età in cui c’è il picco degli abbandoni rimane quello dei 15 anni, quando i ragazzi frequentano il biennio delle superiori.
    Ma le associazioni di categoria, oltre a constatare la drammaticità dei dati, lanciano anche una polemica nei confronti delle nostre istituzioni: “L’allontanamento dall’Europa in merito alla dispersione scolastica – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non è un dato casuale. Ma è legato a doppio filo ai tagli a risorse e organici della scuola attuati negli ultimi anni”. In particolare, secondo l’Anief, negli ultimi sei anni sono stati cancellati complessivamente 200mila posti, sottratti 8 miliardi di euro e dissolti 4mila istituti a seguito del cosiddetto dimensionamento (poi ritenuto illegittimo dalla Consulta). “Ora -sottolinea Pacifico – siccome è scientificamente provato che i finanziamenti sono correlati al successo formativo, questi dati non sorprendono: più si taglia e più la dispersione aumenta”.
    Dall’associazione fanno sapere anche che s’inizia a registrare un calo dell’interesse alla formazione anche in ambito universitario, con le immatricolazioni che sono scese al 30% dei neo diplomati. Anche in questo caso, polemizza l’Anief, punta il dito sulla progressiva riduzione del personale docente e dei corsi di laurea. E alla perdita dei ricercatori, sempre più orientati verso l’estero. Con il risultato che il numero di giovani che oggi raggiunge la laurea rimane tra i più bassi dell’area Ue.
    Come se non bastasse, poi, in Italia la spesa in istruzione è sempre più misera: tanto che (dati Ocse alla mano) il nostro Paese si piazza per investimenti nella scuola al 31esimo posto tra i 32 considerati. Solo il Giappone fa peggio di noi. Per non parlare degli stipendi degli insegnanti, tra i più bassi: con 32.658 dollari l’anno nel 2010 nella scuola primaria (contro i 37.600 della media Ocse), 35.600 dollari nella scuola media (39.400 Ocse) e 36.600 nella secondaria superiore contro 41.182 dell’area Ocse.


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    Progetti di prevenzione dispersione scolastica, ulteriori indicazioni del Miur


    Il Miur ha emanato una nota esplicativa al decreto ministeriale n. 87 dello scorso 7 febbraio, che prevede progetti di didattica integrativa contro la dispersione scolastica, per i quali sono stati stanziati 15 milioni di euro.
    Il 18 febbraio il Ministero dell’istruzione ha emanato la nota prot. n. 1014 che detta le procedure per la selezione e il finanziamento di progetti in materia di apertura delle scuole e prevenzione della dispersione scolastica in attuazione dell’art. 7 del D.L. n. 104 del 12 settembre 2013.
    La suddetta nota prot. 1014 del 18 febbraio scorso ribadisce quanto già contenuto nel D.M. 7 febbraio 2014, accogliendo peraltro alcune richieste avanzate dai sindacati al momento del confronto con l’Amministrazione.
    Ricordiamo che con il decreto dello scorso 7 febbraio (e conseguente D.D.G. prot. n. 25 sempre del 7 febbraio 2014, che si sofferma sulle procedure di selezione dei progetti presentati dalle istituzioni scolastiche di ciascuna regione) è stato indetto un bando nazionale per percorsi finalizzati a contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, con particolare riferimento alle aree a maggiore rischio di evasione dell’obbligo, individuando le modalità per l’avvio di un programma di didattica integrativa e innovativa anche attraverso il prolungamento dell’orario scolastico nelle istituzioni di ogni ordine e grado, da svolgersi negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015. Nel D.M. n. 87 del 7 febbraio viene evidenziato che il progetto deve indicare quali priorità almeno due fra questi interventi: prevenzione del disagio causa di abbandoni scolastici; rafforzamento delle competenze di base; integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana.
    E’ confermata la data del 28 febbraio 2014 quale termine per presentare all’Ufficio scolastico regionale di appartenenza la documentazione richiesta per la partecipazione alle attività progettuali da parte delle istituzioni scolastiche che intendano partecipare al bando (singolarmente o come capofila di reti di scuole).


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    Alcuni chiarimenti sui finanziamenti dei progetti contro la dispersione scolastica



    Il Miur precisa che è ammesso il pagamento di docenti e partner esterni (massimo tre) e fornisce indicazioni sulle preclusioni all’accesso ai finanziamenti e la presentazione dei progetti per le reti di scuole
    Facendo seguito alla nota prot. n. 1014 del 18 febbraio 2014, il Miur risponde con nota prot. n. 1077 del 21 febbraio 2014 ad alcuni quesiti riguardanti l’avvio della procedura per la selezione e il finanziamento di progetti in materia di apertura delle scuole e prevenzione della dispersione scolastica in attuazione dell’art. 7 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 10.
    A parziale rettifica della nota precedente, il Miur chiarisce che il vincolo perentorio di svolgimento pomeridiano delle attività riguarda esclusivamente quelle rivolte all’intera platea degli alunni come fissato all’art.3, comma 3 dello stesso DM 7 febbraio 2014.
    Un altroa precisazione riguarda la possibilità di pagare docenti e partner esterni: a tale proposito, il Ministero dà l’ok e ribadisce che i partner esterni possono essere al massimo tre.
    In relazione alle reti di scuole, viene precisato che ogni scuola proponente può chiedere il finanziamento di un modulo. Di conseguenza, quale che sia la rete, se la scuola proponente è del primo ciclo può accedere alla richiesta del modulo a), se, invece, è del secondo ciclo può accedere al modulo b). Se però la rete dovesse includere sia scuole del primo ciclo che scuole del secondo ciclo, il modulo che si può richiedere è quello relativo all’ordine scolastico della scuola proponente, ma le attività potrebbero coinvolgere anche alunni del secondo ciclo, se il progetto lo prevede. In ogni caso, se il progetto è presentato da una rete di scuole, è compito della scuola capofila riportare nella scheda i dati di tutte le scuole coinvolte nelle attività progettuali.
    Le iniziative proposte possono anche prevedere l’apertura pomeridiana della scuola per lo svolgimento di attività laboratoriali per gruppi di alunni o per l’intera platea scolastica, purchè in orario aggiuntivo per i docenti coinvolti.
    In merito alle caratteristiche delle scuole per l’accesso ai fondi, come già riportato nel DM, non sono finanziabili le scuole che abbiano ricevuto almeno 10.000 euro, sia in quanto capofila sia in quanto scuola in rete. Di conseguenza, non potranno partecipare alla selezione le scuole delle regioni dell’Obiettivo convergenza, che stia realizzando progetti della Misura F3 con importi superiori alla suddetta cifra. A tal fine, gli U.s.r. competenti dovranno acquisire al riguardo una dichiarazione del Dirigente scolastico, che attesti che la scuola/le scuole coinvolte non hanno in atto progetti finanziati per obiettivi affini, cioè sulla stessa area tematica.
    Infine, il Miur chiarisce che la scheda finanziaria in excel, allegata alla precedente nota del 18 febbraio, rappresenta una possibile e concreta esemplificazione del piano finanziario, ma non è in alcun modo vincolante e obbligatoria.


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    L’adozione consapevole è la migliore forma di prevenzione all’abbandono L’adozione consapevole è la migliore forma di prevenzione all’abbandono: 50.000 libretti educativi Enpa, Siua e Pizzardi Editore distribuiti gratuitamente alle scuole italiane. Un’adozione consapevole è la migliore forma di prevenzione all’abbandono, questo è quanto emerge dall’Ente Nazionale Protezione Animali Onlus. “Abbiamo investito tempo ed energie in questi anni per cercare di capire come arginare questo vergognoso fenomeno – dichiara Marco Bravi responsabile Comunicazione e Sviluppo Iniziative Enpa- e ci è apparso subito chiaro come la consapevolezza resti uno dei pilastri fondamentali per la prevenzione. Molto spesso, infatti, gli animali vengono abbandonati dalle famiglie adottive direttamente davanti ai cancelli dei rifugi, poiché considerati un peso troppo gravoso e un dispendio di tempo e cure inaspettato. Da qui il nostro desiderio di creare dei nuovi percorsi formativi da veicolare attraverso le scuole, le sezioni Enpa locali e gli operatori di zooantropologia didattica della Siua, in modo da sensibilizzare e formare gli “uomini del domani” trasformandoli in adulti attenti e responsabili”. “Scegliere di adottare un cane – cucciolo o adulto – dichiara il Professor Marchesini (Direttore Siua)- è sicuramente una delle esperienze più belle che la vita ci possa regalare. A entrare nella nostra casa è un compagno di avventure e scorribande il cui desiderio più grande è poter stare sempre al nostro fianco. Questo ovviamente non sempre sarà possibile, ma se iniziamo con il nuovo arrivato un percorso educativo fatto di conoscenza reciproca potremmo sicuramente esplorare tantissimi posti – dalla “foresta urbana” al sentiero di campagna – con il nostro amico a quattro zampe, sicuri che lui saprà comportarsi sempre nel migliore dei modi, tenendo presente che un cane è un membro di un’altra specie e, come tale, legge il mondo con occhi diversi dai nostri!”. L’educazione e la formazione che passa attraverso un prodotto ludico, è questa la vera innovazione e la forza del percorso educativo “Io e il mio amico cucciolotto”. I bambini, infatti, imparano nozioni “per la vita” quando queste passano attraverso le emozioni. Per questo è stata scelta come partner la Pizzardi Editore, il punto di riferimento del settore che ogni anno pubblica l’album di figurine “Amici Cucciolotti”, la collezione più amata dai bambini e più sensibile a queste tematiche. “Io e il mio amico cucciolotto” è un libretto educativo che , in maniera accattivante e accurata, tra gioco e riflessione, fa conoscere tutti gli aspetti fondamentali del prendersi cura di un amico con la coda, dall’accoglienza alle cure veterinarie. Il sostegno della Pizzardi Editore ci ha consentito di mettere a disposizione delle scuole italiane che desidereranno intraprendere il percorso questo prezioso strumento a titolo completamente gratuito. “Io e il mio amico cucciolotto” può essere richiesto attraverso l’apposito modulo (scaricabile online su www.comunicazionesviluppoenpa.org oppure scrivendo a web@siua.it). Scheda tecnica disponibile su: http://comunicazionesviluppoenpa.org...ticle/626.html Edscuola
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    GLI ULTIMI DATI SUGLI ABBANDONI DEGLI ALUNNI FANNO PAURA: URGE ELEVARE L’OBBLIGO SCOLASTICO

    Mentre l’Unione Europea chiede di portare entro 6 anni al 10 per cento il tasso di abbandono dei banchi di scuola, gli ultimi dati nazionali ci dicono che l’Italia rimane ferma ad un deludente 17,6 per cento. Nella scuola superiore la dispersione rimane da allarme rosso, visto che negli ultimi 15 anni il 31,9% degli studenti non hanno conseguito il diploma di maturità: si tratta, in larga prevalenza, di allievi che frequentavano gli istituti professionali e tecnici, purtroppo ancora non sufficientemente organizzati per formare, ma nello stesso tempo per fare da “cuscinetto” con le aziende e più in generale con il mondo del lavoro.“Nelle isole – scrive oggi Orizzonte Scuola, commentando i numeri forniti dalla rivista Tuttoscuola – il dato sulla dispersione fa davvero paura, 35% nella sola Sardegna e Sicilia, con Caltanissetta che presenta un 41,7% di dispersione al termine del quinquennio 2009-10/2013-14. Segue Palermo con il 40,1%, quindi Catania con il 38%, seguita da Prato”. Siamo davanti ad un fenomeno che “ha conseguenze sociali non indifferenti, se si lega a quello dei Neet che vede l’Italia ad una percentuale del 23,9% a confronto con il 15,4 della media europea”. “Purtroppo questi numeri non ci sorprendono – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – ma confermano solo il ritardo sensibile, attorno ai 5 punti percentuali, che l’Italia registra sul fronte della dispersione rispetto al valore medio dell’indicatore nell’Ue a 27. È tutto dire che alcuni Paesi dell’Est, come Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, possano oggi vantare livelli di abbandono scolastico attorno ad appena il 5 per cento. Sono numeri che parlano da soli e che indicano come la politica del ridurre il tempo scuola abbia portato solo risultati negativi, ora anche in termini di mantenimento dei nostri giovani sui banchi di scuola”.
    L’Anief ritiene che non si possa più temporeggiare: un Paese come l’Italia non può permettersi di perdere per strada 2 milioni e 900mila giovani delle superiori, come è accaduto negli ultimi 15 anni. Anche perché si tratta di ragazzi tra i 16 e i 19 anni quasi sempre destinati ad allargare il numero dei Neet, l’esercito sempre più ampio di giovani che non studia e non lavora. E che nei territori più difficili – particolarmente poveri a livello di tessuto sociale, di strutture e opportunità occupazionali – diventano non di rado potenziali nuove leve al servizio della criminalità organizzata.
    “Eppure le opportunità per cambiare il corso di questa situazione stagnante ci sono – incalza Pacifico –: il primo passaggio legislativo dovrebbe senza dubbio portare l’obbligo formativo a 18 anni, come aveva giustamente provato a fare 15 anni fa l’ex Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer. Occorrono, certamente, anche fondi ulteriori, nazionali e europei, finalizzati a migliorare l’orientamento scolastico dei nostri alunni alle prese con la scelta del corso superiore”.
    “Come rimane fondamentale l’introduzione di quote di organico di personale maggiorate da destinare proprio nelle aree dove la percentuale di alunni dispersi è più alta. Il contrario, tanto per capirci, di quello che è accaduto quest’anno, con il Miur che ha sottratto docenti alle regioni del Sud, a partire dalla Sicilia, che detiene punte provinciali di abbandono superiori al 40 per cento, continuando ad associare gli organici esclusivamente al numero degli iscritti; e continuando incredibilmente ad ignorare le condizioni del territorio e il grado di difficoltà di apprendimento degli alunni”.
    Al Ministero dell’Istruzione si lavora adottando parametri diametralmente opposti. Con il giovane sindacato che ha denunciato come i fondi nazionali per la dispersione scolastica destinati alle aree a rischio non solo sono stati tagliati del 30%, ma anche mal distribuiti: alla Sardegna, che con la Sicilia detiene il top di bocciature e abbandoni, è stato assegnato appena il 3% del budget nazionale.
    “Per evitare di continuare a perdere alunni dalle nostre classi, servirebbe, infine, una seria riforma dell’apprendistato, con i giovani degli ultimi tre anni delle superiori finalmente introdotti con efficacia nelle realtà aziendali. Prevedendo – conclude il sindacalista Anief-Confedir – sia un monte orario di stage e tirocini più corposo dell’attuale, sia una quota di retribuzione da assegnare allo studente per il periodo passato in azienda”.

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