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Discussione: Sostegno

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    Predefinito Sostegno

    Una ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli, dell'Associazione Treellle e della Caritas propone un modello nuovo per gli alunni disabili.
    E se facessimo a meno degli insegnanti di sostegno? Non è una provocazione e nemmeno un modo per seminare terrore nel mondo dei disabili a scuola. E’ una proposta serissima , circostanziata, e comunque di non immediata realizzazione, che la Fondazione Giovanni Agnelli, la Caritas e l’Associazione Treellle presenteranno stamattina ad un gruppo di parlamentari insieme con una proposta che vuole rivoluzionare il settore: la creazione dei Cri, Centri Risorse per l’Integrazione, destinati a diventare uno sportello unico per tutte le questioni relative ai giovani e bambini disabili.
    «L’inclusione italiana è stata una scelta di civiltà che il mondo ha poi imitato - sottolinea Attilio Oliva, presidente dell’Associazione Treellle - Ora che sono passati trent’anni ci siamo chiesti: la pratica è stata coerente con i principi? E con quale rapporto tra costi e benefici?».
    La risposta è contenuta in un rapporto, 237 pagine, il bilancio di questi tre decenni di disabili nelle scuole. E non è una risposta positiva. «Deve però essere chiaro - precisa Oliva - che non siamo a favore di tagli alle risorse previste. Vogliamo che la scuola sia di tutti, ma chiediamo una loro diversa distribuzione per evitare inefficienze e problemi che troppo spesso si verificano».
    Nel rapporto vengono elencati alcuni «nodi critici». Innanzitutto l’approccio. «Troppo medico», spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. «Le richieste di un insegnante di sostegno vengono esaminate dalle Asl non dalle scuole». Ma anche troppo «discrezionale» e rigido: «La certificazione si risolve sempre nell’assegnazione di ore di un insegnante di sostegno», è scritto nel rapporto. Anche quando non sarebbe necessario. Il risultato? «Insegnanti di matematica che devono occuparsi di bambini dislessici e con difficoltà di apprendimento. Non è la scelta più giusta, né la più economicamente efficiente», spiega Oliva.
    Quanto agli insegnanti di sostegno il bilancio non è molto più confortante: «Usano il posto come un canale privilegiato per entrare più rapidamente in ruolo», ricorda ancora Gavosto. Di conseguenza la preparazione non può essere di grande qualità. «C’è una cronica carenza di insegnanti di sostegno specializzati», si legge nel rapporto. I motivi sono diversi. «Il 43% degli allievi con disabilità nella primaria e secondaria di primo grando - spiega Gavosto - cambia insegnante di sostegno una o più volte all’anno». In sostanza, «Il sostegno è svolto spesso da personale inesperto e impreparato», conclude il rapporto. E gli alunni finiscono per avere una formazione del tutto inadeguata: «l’Italia è il Paese dove i disabili hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro, nonostante gli obblighi previsti per legge», afferma Gavosto.
    La soluzione, spiegano nel rapporto, è la creazione dei Cri a livello provinciale o anche subprovinciale. Saranno loro a esaminare i progetti presentati dalle scuole, ad assegnare tutte le risorse destinate alle scuole per l’integrazione e a svolgere un servizio di sportello unico assistendo le famiglie nei vari momenti di vita e integrazione. «Potrebbero diventare centri destinati a risolvere tutte le difficoltà sociali dei bambini con disabilità, anche al di fuori del tempo scolastico», avverte Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana.
    Gradualmente gli insegnanti di sostegno dovranno passare all’organico normale delle scuole ed essere assegnati da parte dei Cri in base ai bisogni delle scuole stesse. Alla fine rimarrebbe un congruo numero di insegnanti e personale ad alta specializzazone, di numero decisamente inferiore a quello attuale: stabili nel loro ruolo, a tempo pieno, senza insegnare ma operando nei Cri per svolgere consulenza tecnica e formazione per le scuole.
    «Non ci nascondiamo gli enormi ostacoli che questa proposta potrà incontrare. - conclude Oliva - Sappiamo però che, anche se difficile, è una strada inevitabile».



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    Unificare l’area sostegno per le superiori?


    Mentre suscita scalpore la proposta della Fondazione Agnelli, Caritas italiana e Treelle che propongono l’eliminazione dei docenti di sostegno e la specializzazione indifferenziata di tutti gli insegnanti, giunge una nuova proposta da parte dell’Associazione nazionale Professione insegnante, sostenuta da tanti docenti: perché non unificare, a partire dalle graduatorie d’istituto, l’area di sostegno per le scuole superiori?
    Se si è ritenuto di attendere ancora per l’unificazione delle aree nell’ambito delle Gradatorie ad Esaurimento (ex permanenti) in nome di un presunto diritto acquisito alla posizione che, invero, data la riapertura a pettine delle medesime avverrà, visto che con i trasferimenti ci sarà un rimescolamento delle posizioni in barba ai “diritti acquisiti” - perché non realizzarla per tutte le fasce delle Graduatorie di Istituto, in modo da consentire ai docenti che hanno maggior punteggio di avere quantomeno la precedenza nell’attribuzione delle supplenze?
    Tra l’altro per il sostegno non si può parlare di vere e proprie graduatorie, bensì di elenchi in cui annualmente avvengono cambiamenti che continueranno ad esserci a causa della possibilità di acquisire il titolo di sostegno anche tanti anni dopo l’abilitazione, possibilità offerta ai docenti che per abilitarsi hanno sostenuto concorsi a cattedra o semplici corsi abilitanti riservati.
    In effetti, La suddivisione degli insegnanti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado in 4 aree - scientifica (AD01) - umanistica (AD02)- tecnica professionale artistica (AD03) - psicomotoria (AD04) non trova riscontro nella Legge 104 del 1992, che dispone allo stesso modo per tutti i gradi di scuola e, inoltre, di fatto non viene attuata nelle scuole, dove di tale suddivisione non si tiene affatto conto.
    Finora il docente di sostegno è stato, a dispetto dell’area, un factotum, indipendentemente dall’area di appartenenza: a lui è stato chiesto da parte delle famiglie, dei coordinatori di sostegno, dei dirigenti scolastici e perfino da parte degli stessi colleghi curriculari, di affiancare questi ultimi in tutte le discipline e di seguire gli alunni in base alle loro necessità, mutevoli e non cristallizzabili. Il l comma 5 dell'articolo 13 della Legge summenzionata, recita infatti così: “Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato”.
    Il problema è stata l'espressione “nelle aree disciplinari”, riferita alle «attività didattiche» e non ai «docenti specializzati». A ben considerare le aree di cui parlano i due importanti documenti Pdf (profilo dinamico funzionale) e Pei (piano educativo individualizzato) - che descrivono le necessità degli alunni
    nonché i loro punti di forza, da valorizzare con interventi mirati, e di debolezza da cercare di superare -
    nulla hanno a che vedere con le aree in cui sono collocati i docenti specializzati sul sostegno;
    tant’è che le voci “area scientifica”, “area umanistica”, “area tecnica professionale artistica”,
    “area psicomotoria” in tali documenti non si ritrovano. Infatti mentre nel Pdf si parla piuttosto di Assi, cognitivo, affettivo relazionale, comunicazionale, linguistico, motorio prassico, neuro psicologico, dell'autonomia, senso percettivo, dell'apprendimento; nel Pei le Aree di cui si parla non sono quelle corrispondenti alle 4 previste per i docenti ma sono, invece, l’area cognitiva, quella neuropsicologica, la linguistico comunicativa, dell'apprendimento scolastico, la psicomotoria, quella personale e dell'autonomia, l’area socio affettiva.
    Tali assi i docenti di sostegno - insieme ai docenti curriculari - li curano tutti e compilano in ciascuna loro parte i documenti che li ricomprendono, poiché gli alunni con disabilità sono prima di tutto “persone” da prendere in considerazione nella loro interezza senza una parcellizzazione in aree inutili o, sempre più spesso, pretestuose.
    Dunque l’OM n. 78 del 23 marzo 1993 che riguarda soltanto l'insegnamento di sostegno nella scuola superiore, determina una corrispondenza tra aree disciplinari e classi di concorso che, a ben vedere, avrebbe come unica logica quella della tipologia di scuola in cui gli alunni si iscrivono. Secondo quanto dispone il DM 170 del 25/05/1995: lle scuole ad indirizzo tecnico professionale e artistico dovrebbero attingere i docenti di sostegno quasi del tutto dall’AD03 che ne ricalca la denominazione ossia “area tecnica professionale artistica” poiché le discipline professionalizzanti che connotano queste tipologie di scuole sono proprio quelle che ricadono nell’area citata e sono addirittura 132 e talmente tanto eterogenee tra di loro
    da avvalorare il fatto che l’unico criterio adoperato per la ripartizione delle varie discipline nelle 4 aree
    sia stato proprio quello del tipo di scuola in cui esse si insegnano.
    Pertanto, allo stesso modo, i licei classici dovrebbero attingere dalla AD02 “area umanistica”, i licei scientifici in prevalenza dalla AD01 “area scientifica” mentre i docenti della AD04 “area psicomotoria” dovrebbero occuparsi degli alunni con disabilità di tipo motorio, dato che la classe di concorso che ricade in questa area è quella derivante dalla facoltà di scienze motorie.
    Ma poiché neanche quanto dispone tale DM viene rispettato, perché mantenere in vita le aree?
    Da qui la proposta di un’area unica per il sostegno a partire dalle graduatorie d’istituto e per tutte le fasce, non solo per la terza.


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    Sostegno ai disabili, il Governo non ridurrà i posti



    Del resto non si può negare a priori il diritto ad essere aiutati ad apprendere. Sul settore la Finanziaria comprende due sole novità: dare la possibilità a tutto il personale docente di ruolo (anche e soprattutto sovrannumerario) di specializzarsi; verificare che non si ecceda nelle concessioni introducendo un membro dell’Inps nelle commissioni per la certificazione.
    Hanno destato vari tipi di interpretazioni le disposizioni previste nella manovra economica, in via di approvazione, a proposito degli organici relativi al sostegno. A leggere l’ultima bozza del testo della Finanziaria non scorgiamo, tuttavia, particolari novità.
    “L’organico dei posti di sostegno – riporta il testo della manovra - è determinato secondo quanto previsto dai commi 413 e 414 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, fermo restando che è possibile istituire posti in deroga allorché si renda necessario per assicurare la piena tutela dell’integrazione scolastica”. Del resto, i componenti del Governo sanno bene che privare del loro diritto, il prof di sostegno, gli studenti che necessitano di supporto didattico, quasi sempre si traduce in una azione legale con lo studente disabile che esce vincente.
    Nella Finanziaria si sottolinea, poi, che “l’organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole allo scopo costituite, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili”. Semmai la vera novità, già segnalata nell’articolo di presentazione della manovra, è quella contenuta nelle righe successive, ovvero che “la scuola provvede ad assicurare la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe”. Un concetto rafforzato successivamente, quando nello stesso testo si spiega che “nell’ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, viene data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili”. Il concetto è questo: i posti non si toccano, semmai di deve dare la possibilità a tutto il personale docente di ruolo (anche e soprattutto i sovrannumerari) di accedervi.
    Un’altra novità è quella che riguarda la composizione del team di esperti che decide se un ragazzo ha bisogno o meno del sostegno a scuola: “le commissioni mediche di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di valutazione della diagnosi funzionale costitutiva del diritto all’assegnazione del docente di sostegno all’alunno disabile, sono integrate obbligatoriamente – specifica il Governo - con un rappresentante dell’inps, che partecipa a titolo gratuito”. Ed anche quella che prevede che all’alunno disabile possa “essere assegnato in ogni caso non più di un docente e nei limiti dell’orario di servizio contrattualmente previsto per ciascun grado di istruzione”.
    Il resto delle indicazioni non sembrano discostarsi di molto dalla’attuale modello organizzativo del sostegno. Come quella relativa al sistema scolastico, che dovrebbe provvedere “esclusivamente ad assicurare l’intervento di natura didattica, restando invece a carico degli altri soggetti istituzionali la fornitura delle risorse professionali e materiali a sostegno di tale funzione e necessarie per l’integrazione e l’assistenza dell’alunno disabile”.
    Anche il Miur ha voluto sottolineare che “le interpretazioni di alcuni organi di stampa secondo cui la manovra determinerebbe una riduzione della spesa per gli studenti disabili sono totalmente prive di fondamento.La manovra – continua viale Trastevere - si limita a definire i seguenti aspetti: è confermato, come stabilito dal governo di centrosinistra, il rapporto di un insegnante ogni due studenti disabili. Tuttavia, in caso di bisogno, viene concessa una deroga a questa norma, così come disposto dalla Corte Costituzionale. Si tratta dunque di un provvedimento reso indispensabile dopo la sentenza, che non toglie, ma garantisce nuovi servizi.Più rigore nella certificazione della disabilità da parte delle Asl. Verrà inserito un membro dell’Inps nelle commissioni per la certificazione. In passato si sono definite disabilità in maniera disinvolta e non corretta”.


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    Polemiche sull'effettivo contenuto della manovra


    Gelmini: nessun taglio per il sostegno, ma...
    Nessun taglio dalla manovra alle risorse per il sostegno nelle scuole. Lo ribadisce il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, precisando fra l’altro che “resta il tetto di 20 alunni nelle classi con disabili” e che “le interpretazioni di alcuni organi di stampa secondo cui la manovra economica determinerebbe una riduzione della spesa per gli studenti disabili sono totalmente prive di fondamento”.
    Secondo il ministro la manovra “si limita a definire i seguenti aspetti: è confermato, come stabilito dal governo di centrosinistra, il rapporto di un insegnante ogni due studenti disabili. Tuttavia, in caso di bisogno, viene concessa una deroga a questa norma, come disposto dalla Corte Costituzionale. Si tratta dunque di un provvedimento reso indispensabile dopo la sentenza, che non toglie, ma garantisce nuovi servizi”. Ci sarà però più rigore nella certificazione delle disabilità, che in passato sono state a volte definite “in maniera disinvolta e non corretta”.
    Restano diffidenti tuttavia l’ufficio per le politiche sulla disabilità della Cgil, la Fand (Federazione Associazioni Nazionali Disabili) e la Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che in una nota congiunta parlano di “ben informate indiscrezioni sulle misure allo studio del Governo che dovrebbero comporre la manovra correttiva da oltre 40 miliardi”.
    Le associazioni annunciano che se le indiscrezioni dovessero rivelarsi fondate sarebbero pronte a scendere nuovamente in piazza, come il 23 giugno scorso perché “non devono essere ancora una volta i più deboli a pagare”.
    Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, sostiene a sua volta che la manovra “fa scelte gravi che possono porre a rischio servizi pubblici fondamentali” e che “occorre superare la logica dei tagli lineari che stanno soffocando i trasporti pubblici locali, il servizio sanitario, la scuola, la formazione e il welfare”.
    Notizie contrastanti, dunque, e molta incertezza sulle misure riguardanti la scuola e in particolare il sostegno, che solo la lettura del testo integrale della manovra, e dei suoi allegati tecnici, potrà dissipare.




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    Come sostenere i docenti di sostegno


    Affrontare i problemi degli allievi disabili con logica burocratica tradisce i principi dell'integrazione e, quel che è peggio, danneggia i ragazzi.
    Purtroppo, ciò avviene sempre più spesso nella scuola italiana, come ci segnala il caso scoppiato a Torino pochi giorni fa. Al momento delle assegnazioni di circa 300 posti di sostegno, si è scoperto che oltre due terzi erano stati attribuiti a docenti «soprannumerari», vale a dire insegnanti curricolari di ruolo che, non potendo più insegnare nella loro scuola a causa della riduzione del monte ore della loro materia, della diminuzione delle classi o dell'arrivo di un collega con maggiore anzianità di servizio, avrebbero accettato una posizione di sostegno nello stesso istituto invece del trasferimento in un'altra scuola. Peccato che la quasi totalità di costoro non avesse la qualificazione per lavorare con i ragazzi con disabilità. Dopo molte polemiche, c'è stata una parziale marcia indietro.
    L'idea di assegnare al sostegno docenti senza una preparazione specifica è sbagliata, doppiamente sbagliata. Da un lato, poiché nessuno penserebbe mai di fare insegnare matematica a chi fino a ieri ha insegnato latino, stupisce che un docente abbia così poca considerazione della sua professionalità da rinunciare alla sua disciplina, pur di non trasferirsi di qualche chilometro. Dall'altro - ed è l'aspetto più preoccupante - la vicenda conferma come il sostegno sia spesso considerato dall'amministrazione scolastica (e dai sindacati) un impiego di serie B, al punto da assegnarlo a chi non è qualificato a farlo, perdendo di vista che l'alunno con disabilità richiede competenze e metodologie didattiche particolari, formazione specifica ed esperienza.
    In questo, come in altri campi, nel nostro Paese c'è un conflitto fra principi e pratica. Nei principi, il modello di integrazione è probabilmente fra i più avanzati al mondo: prevede infatti che i ragazzi con bisogni educativi speciali siano pienamente inseriti nella vita quotidiana - non solo didattica, ma anche di relazione - della classe, con l'aiuto dell'insegnante di sostegno. In molti Paesi, come Francia e Germania, esistono invece ancora scuole e classi differenziali. Nella pratica, però, le cose non funzionano bene, come emerge da un recente studio di Associazione Treellle, Caritas italiana e Fondazione Agnelli. Il sostegno si trasforma spesso in una trafila burocratica, che traduce meccanicamente la certificazione di disabilità delle Asl in ore di sostegno, senza una vera lettura dei bisogni dei ragazzi; gli altri insegnanti tendono a delegare in toto l'integrazione scolastica del disabile al docente di sostegno; è ormai pratica frequente che gli insegnanti acquisiscano la specializzazione sul sostegno per accelerare il passaggio in ruolo, salvo poi rientrare nei ranghi «normali» appena possibile, con grande spreco di risorse; infine, il turn-over sul sostegno è perfino più elevato di quello degli altri insegnanti: se la mancanza di continuità didattica è un danno per qualsiasi studente, figuriamoci per uno con disabilità. Insomma, si privilegiano gli aspetti organizzativi della professione insegnante all'aiuto effettivo alle famiglie e ai ragazzi.
    Come ritornare allo spirito originario della legge? La nostra proposta è l'opposto di quanto stava per accadere a Torino: invece di assegnare il sostegno a persone non qualificate, tutti gli insegnanti della classe vanno qualificati e coinvolti nell'educazione del ragazzo con bisogni speciali (il disabile, ma anche chi soffre di disturbi specifici dell'apprendimento, come la dislessia, o lo straniero con problemi di lingua), eliminando progressivamente la figura del docente di sostegno. Naturalmente, perché questo si realizzi occorre che gli insegnanti normali ricevano un'adeguata formazione. Inoltre, servirebbero su base territoriale nuclei di esperti altamente specializzati nella pedagogia speciale, che supportino scuole e famiglie nella lettura dei bisogni e nella fatica quotidiana. Lo sappiamo: non è cosa che si faccia dall'oggi al domani. Ma si deve cominciare subito a preparare questa prospettiva, prima che il modello d'integrazione collassi, soffocato dall'effetto congiunto di risorse in calo e aumento degli allievi con bisogni educativi speciali.

    La scuola italiana inizia il nuovo anno con il consueto bagaglio di sfide e problemi, inclusa la piena integrazione dei ragazzi disabili. In questo campo l'Italia vanta un primato di civiltà: sarebbe davvero vergognoso se, per esigenze di bilancio, inerzia burocratica o interessi corporativi, la scuola facesse un passo indietro.



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    Sostegno, per la Cassazione non è ammissibile risparmiare riducendo le ore assegnate

    I magistrati ermellini con la sentenza 25011 hanno condannando il Miur e una scuola friulana per condotta discriminatoria verso una bimba disabile iscritta alla scuola dell’infanzia: l’amministrazione ha gli strumenti per dare piena attuazione alle misure corrispondenti alle esigenze del bambino, per come prefigurate in concreto a seguito della redazione conclusiva del piano educativo individualizzato.
    I tagli di spesa, che riducono il monte ore degli insegnanti di sostegno, sono inammissibili quando si ha a che fare con bambini con grave disabilità iscritti alla scuola dell’infanzia. A stabilirlo è la Cassazione, che con la sentenza 25011 ha condannando il Miur e una scuola friulana per condotta discriminatoria verso una bimba disabile.
    Secondo i magistrati ermellini, l’amministrazione scolastica deve garantire il monte ore nella sua interezza, senza alcuna discrezionalità, nella misura programmata attraverso il piano educativo individualizzato.
    “In presenza di un handicap grave – affermano le Sezioni Unite civili della Cassazione – l’amministrazione ha gli strumenti per dare piena attuazione alle misure corrispondenti alle esigenze del bambino, per come prefigurate in concreto a seguito della redazione conclusiva del piano educativo individualizzato (Pei), il quale, accertando la misura in cui il servizio di sostegno è necessario per quel disabile, individua un nucleo indefettibile insuscettibile di riduzione o compressione in sede di determinazioni esecutive”.
    Per questa ragione, i supremi giudici, hanno confermato che a una bimba friulana con handicap del 100% deve essere garantito tutto il monte ore settimanale di sostegno, pari a 25 ore stabilite dal Pei, che le consentirebbe di frequentare l’asilo a tempo pieno mentre l’amministrazione scolastica dell’Istituto comprensivo di Tavagnacco (Udine), dove era iscritta, le aveva dato il tutor solo per 12 ore e mezzo. Invano il Miur e la scuola si sono difesi dall’accusa di comportamento discriminatorio facendo presente che “l’alunna, nel corso dell’anno scolastico 2011-2012, ha usufruito di 12,5 ore di sostegno e di 9 ore di educatore socio-educativo, per un totale di 21,5 ore settimanali, interamente coperte dalle predette figure professionali, oltre che dai docenti ordinari, e che il personale scolastico si è attenuto ad una ‘logica e pratica inclusiva’, senza affidamento esclusivo ad un docente differenziato rispetto ai compagni”.
    “Di qui – ad avviso del Miur e della scuola, difesi dall’Avvocatura dello Stato – l’irrilevanza del monte ore, non potendo trarsi alcuna discriminazione dal fatto che la minore abbia frequentato la scuola fino alle ore 13 anzichè a tempo pieno”. Inoltre, per l’avvocatura erariale, sussiste “un potere discrezionale della pubblica amministrazione nell’erogazione del servizio pubblico”, e poi “la scuola dell’infanzia, non è scuola dell’obbligo, sicchè non entrerebbe in gioco alcun diritto all’istruzione” tanto è vero che c’è il “contingentamento delle sezioni e le liste di attesa”, e dunque non è un diritto “assoluto e incomprimibile”.
    Nel loro verdetto i supremi giudici replicano che “è esatto che l’iscrizione alla scuola dell’infanzia è facoltativa, ma ciò non toglie che, per espressa previsione legislativa (art.12 legge n.104 del 1992), il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata è garantito anche nella scuola d’infanzia”. “Quanto poi al limite delle risorte disponibili, occorre rilevare che il quadro costituzionale e legislativo – rileva l’alta Corte – è nel senso della necessità per l’amministrazione scolastica di erogare il servizio didattico predisponendo le misure di sostegno necessarie per evitare che il bambino disabile altrimenti fruisca solo nominalmente del percorso di educazione e di istruzione”. E anche i bambini ‘normali’ ne avranno vantaggio perchè – conclude la Cassazione – avere in classe un bambino ‘diverso’, “può indurre a rispettare ed accettare la diversità come parte della diversità dell’umanità stessa”.
    Per danni morali, Miur e scuola devono indennizzare con cinquemila euro i genitori della bimba che hanno agito in sua rappresentanza e difesa.



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    La Buona Scuola? Ecco cosa riserva il Miur per gli specializzati sostegno


    Inviato da Coordinamento Nazionale TFA Sostegno - Oggetto: Spendibilità del titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico istituito con D.M. n. 706/2013
    Con il presente documento, i docenti abilitati con Tirocinio Formativo Attivo (TFA) e con Scienze della Formazione Primaria (SFP), che hanno conseguito o che sono in procinto di conseguire il titolo di Specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità ai sensi del DM n. 706 del 9/8/2013, intendono sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulla grave disparità di trattamento nella spendibilità del titolo di specializzazione.
    I docenti abilitati con TFA/SFP, a differenza dei colleghi di corso abilitati con precedenti tipologie di corso/concorso (SSIS ed altri), a fronte del superamento della medesima procedura selettiva/concorsuale, della frequenza del medesimo corso e del superamento dei medesimi esami finali, saranno in possesso di un titolo che avrà, allo stato attuale della normativa vigente, valore e conseguenze estremamente differenti ed auspicano che possano essere rimossi gli ostacoli di natura legislativa al fine di una piena fruizione del titolo di Specializzazione a fini lavorativi.
    Le criticità riguardanti il differente trattamento degli specializzati, abilitati con TFA/SFP rispetto agli abilitati con precedenti tipologie di corso/concorso si enucleano principalmente attorno ai seguenti punti:
    1. La spendibilità del titolo di specializzazione limitata a un contingente di venti scuole (Graduatorie di istituto di seconda fascia) all’interno di una sola provincia a fronte di un elevato fabbisogno presente sul territorio nazionale.
    2. L’assenza di un canale di reclutamento che contempli la specificità del titolo conseguito nonostante vi sia un elevato fabbisogno di docenti specializzati in tutti gli ordini e gradi d’istruzione.
    In merito al primo punto, è facile considerare che la spendibilità del titolo nelle Graduatorie di Istituto, limitato ad un contingente di venti scuole, sarà verosimilmente eterogenea sul territorio nazionale in considerazione del numero di specializzati presenti nelle GAE o graduatorie di merito (GM), diverso da provincia a provincia.
    Infatti, nonostante in molte province le GAE e le GM riguardanti il sostegno siano attualmente esaurite, allo stato attuale sembra non essere intenzione del Governo coprire i posti disponibili se non con supplenze temporanee, lasciando il concorso su materia come unico canale di stabilizzazione. Così deciso, mentre i docenti Specializzati presenti in GAE, potranno col medesimo titolo essere stabilizzati, gli specializzati fuori dalle GAE no, generando una grave disparità di trattamento tra specializzati.
    Per gli abilitati TFA/SFP tale condizione si profila come doppiamente penalizzante a seguito del DDL La Buona Scuola, sia per il quasi azzeramento degli incarichi di supplenza riguardante la propria classe di abilitazione sia per l’impossibilità di prendere parte al Piano di stabilizzazioni straordinario sul sostegno previsto dal Decreto Carrozza (ultimo anno Piano Carrozza non colmerà il fabbisogno dei docenti specializzati in organico di diritto, pertanto si dovrà ricorrere a personale precario come esplicitato nel documento iniziale de La Buona Scuola).
    Alla luce di ciò, nel prossimo anno scolastico potrebbero profilarsi le seguenti drammatiche condizioni:
    1. In alcune province dove le GAE e le Graduatorie di Merito del Sostegno sono esaurite e dove il numero degli specializzati presenti in seconda fascia delle GI è insufficiente, potrebbero essere conferiti incarichi/supplenze a non specializzati;
    2. In altre province, dove tutti i posti in organico saranno occupati dalle immissioni in ruolo, gli specializzati sulle attività didattiche di sostegno non potranno lavorare.
    Ciò, oltre a costituire un vero e proprio paradosso, è gravemente lesivo dei diritti degli alunni con disabilità nel vedersi riconosciuto un insegnante specializzato nelle attività didattiche di sostegno prima di un docente non specializzato come la normativa prescrive ed a seguito delle numerose pronunce giurisprudenziali sul punto.
    In merito al punto due, se si considera che i docenti in II GI avranno il solo concorso come canale di reclutamento e che la possibilità di essere immessi in ruolo su Sostegno dipende esclusivamente dal superamento del concorso sulla disciplina per cui si è abilitati, è immediato considerare che si creerebbe una forte e ingiusta disparità fra docenti Specializzati sul sostegno appartenenti ad una classe di concorso con più posti a bando e docenti Specializzati sul sostegno appartenenti ad una classe di concorso più “sfortunata” (storia dell’arte, economia, diritto, filosofia, ecc.)
    Ciò posto, va considerato anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea sul perpetrarsi di contratti a tempo determinato oltre i trentasei mesi di servizio su posto vacante e disponibile, pena risarcimenti.
    Dunque, se non si porrà riparo all’ordinamento vigente, il vincolo del solo concorso su materia, unito al restringimento degli incarichi per requisiti di servizio comporterà verosimilmente un reale “spreco di risorse formate e specializzate” che vedranno la loro professionalità fortemente osteggiata dall’ordinamento vigente e giova ripeterlo, con grave danno per i diritti degli alunni con disabilità.
    Inoltre, se è vero che l’intenzione del governo è dar vita ad una separazione totale delle carriere tra l’incarico di sostegno e le classi disciplinari, come si evince nella PDL 2444 presentata in Commissione Cultura, non si comprende come l’amministrazione non ponga al più presto riparo a tali discrepanze sin qui espresse e come le associazioni di categoria (FISH e FAND in primis) non sollevino tali problematiche come estremamente connesse all’impianto generale della PDL, al fine di favorire l’ingresso stabile di specializzati nei ruoli di sostegno.
    Poste le notevoli criticità sopra espresse, nell'atteggiamento di rispetto reciproco, dialogo e collaborazione, i docenti abilitati con TFA/SFP chiedono alle Istituzioni competenti di prendere posizione per la difesa della validità ed equità del titolo di Specializzazione sul Sostegno e con la loro mobilitazione, chiedono in ordine di priorità:
    - Ottenere la creazione di una graduatoria provinciale per l'attribuzione degli incarichi di supplenza che superi il limite di 20 istituti scolastici;
    - Assicurare che, su tutto il territorio nazionale, i docenti specializzati sul sostegno abbiano assoluta precedenza rispetto ai non specializzati.
    A titolo esemplificativo e chiarificatore: uno specializzato sul sostegno inserito in II Fascia GI in una provincia SATURA (X) deve poter avere la precedenza – anche tramite MAD – su tutti i non specializzati della provincia (Y), in subordine agli specializzati della stessa provincia (Y).
    - Ottenere la possibilità di essere inseriti nelle immissioni in ruolo - una volta esauriti gli elenchi sostegno delle GAE e delle GM - mediante il piano straordinario de “La Buona Scuola” a fronte dell’effettivo fabbisogno sul territorio nazionale sul sostegno.
    Solo riformando l’ordinamento vigente nelle direzioni ivi individuate si potrà porre rimedio ad un grave paradosso nel conferimento degli incarichi di sostegno, riconoscendo a pieno i diritti degli alunni con disabilità e le professionalità dei docenti formati che li avranno in carico in un’ottica inclusiva del sistema scolastico italiano.

    Orizzontescuola
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    Va sempre provato il danno per la mancata assegnazione delle ore di sostegno



    Se l’istituto scolastico non assegna correttamente all’alunno disabile il monte ore di sostegno a lui spettante, il risarcimento del danno patito dal minore non avviene in maniera automatica e in via equitativa, ma le conseguenze pregiudizievoli della mancata assegnazione devono essere adeguatamente provate, nonché rapportate alle limitate risorse finanziarie degli istituti scolastici. Questo è in sintesi il contenuto della sentenza del Consiglio di Stato 3400/2015.
    La vicenda
    La questione era sorta in seguito al ricorso presentato dinanzi al Tar dell’Abruzzo dai genitori di un ragazzo disabile, volto a ottenere il risarcimento del danno sofferto per la non completa assegnazione delle ore di sostegno. La scuola, infatti, aveva assegnato al minore per i primi 4 mesi dell’anno scolastico soltanto 9 ore di sostengo, a fronte delle 18 a lui spettanti. I giudici amministrativi di primo grado avevano riconosciuto il diritto al risarcimento del danno e lo avevano quantificato in via equitativa in 5mila euro.
    Di diverso avviso si è mostrato invece il Consiglio di Stato che ha ribaltato la decisione del Tar e ha fornito alcune precisazioni sulla prova del danno e sul diritto all’assistenza scolastica.
    È necessaria la prova del danno patito dal minore
    In primo luogo, i giudici ritengono che il danno non patrimoniale subìto dal minore in conseguenza della mancata assegnazione dell’esatto monte ore di sostegno a lui spettanti non può essere considerato in re ipsa, ma per addivenire a una riparazione per equivalente è necessario dare la prova, anche per presunzioni, «che il minore abbia subìto “micro-pregiudizi”per effetto della mancata assegnazione di un numero sufficiente di ore». Nel caso di specie, il Consiglio di Stato evidenzia come i genitori del minore non abbiano assolutamente dimostrato che la mancata assegnazione di un numero congruo di ore di sostegno ha provocato un pregiudizio all’apprendimento scolastico del figlio, il quale non ha subìto per ciò «deficit cognitivi che abbiano pregiudicato il suo corso di studi».
    La parità di bilancio e l’assistenza scolastica
    Ciò posto, i giudici sottolineano un aspetto importante della vicenda, ovvero il corretto rapporto che deve sussistere tra il diritto all’assistenza scolastica e le esigenze finanziarie dell’amministrazione. Per il Consiglio di Stato, infatti, il primo non è un diritto incondizionato «dovendo coniugarsi e essere posto in giusta e ragionevole proporzione con le esigenze generali rivenienti dalla limitatezza delle risorse finanziarie degli istituti scolastici», non potendo in tal caso rimproverarsi l’istituzione scolastica di non essersi adoperata per far fronte alle esigenze assistenziali di cui il minore aveva bisogno.


    Edscuola
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    Sostegno. Daniela Boscolo: No alle carriere separate, ma docenti per aree disciplinari


    Daniela Boscolo, nella lista Varkey Foundation dei 50 “migliori” insegnanti al mondo interviene sul nodo problematico del momento, l'organizzazione dell'insegnamento di sostegno.
    In una intervista al Messaggero la docente specializzata ribadisce la sua contrarietà all'ipotesi di separazione tra le carriere di docente di sostegno e docente curricolare. "Il docente conosce le problematiche di una cattedra - afferma la Boscolo - di una cattedra, e sa quali metodi utilizzare".
    Il vero problema affrontato dalla professoressa è la mancanza di ore di sostegno assegnate agli alunni. La media infatti è di 9 ore a settimane, con il rischio che nel tempo residuo trascorso a scuola l'alunno stia da solo, in classe o nel corridoio.
    Il deficit - conclude la Boscolo, va risolto oltre che con le assunzioni, anche con docenti di sostegno per aree disciplinari: in un liceo classico, ad esempio, deve andare il docente umanistico che possa collaborare al meglio nelle materie.
    Intanto il Sottosegretario Faraone annuncia "Il docente entrerà in ruolo sul sostegno con un percorso dedicato. Ma questo non c'entra nulla con l'interazione con gli altri docenti", spiega. "Prevediamo corsi di formazione per tutti: docenti curricolari, dirigenti scolastici, personale amministrativo per un contesto realmente inclusivo".

    Orizzontescuola
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    Gelmini: I tagli del governo al sostegno e al tempo pieno sono bugie


    "Dire che questo governo ha tagliato gli insegnanti di sostegno è una bugia così come un'altra falsità è la presunta riduzione del tempo pieno". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, intervenendo in studio a "Mattino 5".
    Per il ministro spesso le "opinioni si sostituiscono ai numeri", ma in realtà quest'anno gli insegnanti di sostegno a scuola "sono 94 mila, il picco più alto mai raggiunto nella scuola italiana. è un fatto importante perché l'attenzione alla disabilità è un altro punto qualificante della scuola".
    Gelmini ha assicurato che "non è stato modificato il rapporto di un insegnante ogni due studenti ed sono stati aggiunti rispetto all'anno scorso almeno 3.500 insegnanti di sostegno in più”. Poi, ha concluso, "ci sono casi in cui un insegnante di sostegno viene dato con troppa superficialità a discapito di chi ne ha veramente bisogno". Ma "dire che questo governo ha tagliato gli insegnanti di sostegno è una bugia".
    Stessa cosa per "la presunta riduzione del tempo pieno": quest'anno "170 mila alunni in più” sono al tempo pieno.
    Quanto al problema del sovraffollamento delle classi, Gelmini ha detto che questo "esiste e coinvolge 2.000 delle oltre 340.000 classi", ma "non si può dare la rappresentazione di una scuola nella quale la norma sia costituita da classi con oltre 30 alunni".
    "In realtà le nostre classi hanno una media di alunni inferiore all'Ocse – ha argomentato il ministro - il 22 per cento contro la media Ocse del 23. Quindi lo 0,6%: mi pare sia una percentuale bassa, mentre il 4% è costituito da classi con meno di 12 alunni". E ha osservato: "E' chiaro che vanno risolti anche questi casi, ma dare la sensazione di una scuola allo sbando e con classi sovraffollate è un errore e non rappresenta la realtà dell'istruzione italiana".
    Infine, il 'capitolo' precari. "Quest'anno, a saldi invariati, quindi non con il vecchio vizio di aumentare la spesa pubblica ma nell'ottica di garantire la continuità didattica - ha precisato il ministro - abbiamo assunto 30mila nuovi insegnanti e 35mila del personale tecnico".




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