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Discussione: Studente si infortuna mentre scende dall’autobus a causa di un tombino: la responsabilità non è solo

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    Predefinito Studente si infortuna mentre scende dall’autobus a causa di un tombino: la responsabilità non è solo

    Dall’iscrizione alla scuola discende, a carico della stessa, l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dello studente nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue manifestazioni e, quindi, anche l’obbligo di vigilare sull’idoneità dei luoghi, predisponendo gli accorgimenti necessari in conseguenza del loro stato. Sul soggetto danneggiato, invece, incombe l’onere di provare che il danno è stato causato durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico. Lo ha affermato il Tribunale di Napoli (Sezione II Civile, Sentenza 15 giugno 2021, n. 5610).
    La vicenda
    Una madre aveva adito la giustizia chiedendo il risarcimento del danno patito dalla figlia minore, per l’incidente subito nello scendere dal pulmino, dove scivolava su un tombino, ricoperto di acqua e fogliame, sito sul manto stradale del viale antistante l’edificio scolastico. A seguito della caduta la ragazza veniva soccorsa dai compagni nonché dal docente di Educazione Fisica, che le applicava del ghiaccio sulla gamba e le praticava una fasciatura, e successivamente la ragazza fu accompagnata all’Ospedale dove veniva operata per una frattura alla caviglia
    L’estensione dell’obbligo di vigilanza in relazione al luogo ove è accaduto l’infortunio
    Dall’iscrizione alla scuola, deriva, a carico di essa, l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue manifestazioni e, quindi, anche l’obbligo di vigilare sull’idoneità dei luoghi, predisponendo gli accorgimenti necessari in conseguenza del loro stato, mentre sul danneggiato incombe l’onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato durante il tempo in cui egli era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico. La scuola è pertanto tenuta a predisporre tutti gli accorgimenti all’uopo necessari, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso, sia all’interno dell’edificio che nelle pertinenze scolastiche, di cui abbia a qualsiasi titolo la custodia, messe a disposizione per l’esecuzione della propria prestazione. L’istituto è dunque tenuto ad osservare obblighi di vigilanza e controllo con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, dovendo adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi. All’istituto incombe di dare in particolare la prova di avere adottato, in relazione alle condizioni della cosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare il danno, e che il danno si è ciononostante verificato per un evento non prevedibile nè superabile con la diligenza normalmente adeguata in relazione alle circostanze concrete del caso.
    La responsabilità degli enti locali
    Trova fondamento nella responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., responsabilità che nella specie è stata invocata dalla madre della ragazza in ragione dell’ubicazione del tombino fognario nel viale di ingresso del fabbricato nel quale è ubicato l’Istituto scolastico. E’emerso che la minore si infortunò cadendo su un tombino reso scivoloso dalla presenza di fogliame bagnato che lo ricopriva. L’aver consentito che, nell’area di accesso all’istituto scolastico ove gli alunni venivano lasciati dai pulmini, vi fosse la presenza di fogliame scivoloso e pericoloso, senza provvedere alla pulizia dell’area, costituisce manifesta violazione dei doveri incombenti a vario titolo sui convenuti e terzi chiamati. E’ emerso un concorso di violazioni e omissioni idonee a provocare la situazione di pericolo per l’incolumità degli alunni: nonostante ben tre enti fossero nella posizione di dover vigilare e manutenere l’area ove è avvenuto l’infortunio, nessuno è intervenuto o ha fatto alcunché per evitare l’evento dannoso ciò che rende l’evidenza dell’incuria con cui la Pubblica Amministrazione ha operato. Ne consegue che, essendo stati accertati i presupposti, fondanti la responsabilità degli enti interessati, e non avendo gli stessi fornito la prova liberatoria, sono stati condannati a risarcire il danno alla alunna.
    La responsabilità del Ministero dell’Istruzione
    Il Ministero dell’Istruzione è stato ritenuto contrattualmente responsabile per non aver provveduto alla pulizia dell’area di accesso all’istituto scolastico o comunque alla segnalazione della presenza di tale situazione di pericolo e ciò in violazione della propria obbligazione contrattuale di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue manifestazioni e, quindi, anche l’obbligo di vigilare sull’idoneità dei luoghi, non avendo dimostrato il Ministero di avere adottato, in relazione alle condizioni della cosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare il danno ed anzi essendo mancata nel più elementare obbligo di pulizia delle zone pertinenziali dell’istituto.
    La responsabilità dell’ente provinciale
    E’ risultato del pari responsabile quale custode dell’edificio scolastico e delle sue zone pertinenziali, quale il vialetto di accesso all’istituto, potendosi escludersi che l’obbligo di vigilanza del custode sia stato correttamente adempiuto stante la evidente pericolosità del luogo ove è avvenuto il sinistro per l’incolumità degli alunni.
    La responsabilità del Comune
    E’ risultato corresponsabile per non aver provveduto alla idonea pulizia dell’area aperta al pubblico transito anche dei pulmini che accompagnavano gli alunni a scuola, omettendo pertanto di provvedere alla idonea manutenzione dell’area stessa, resa pericolosa per la presenza di fogliame scivoloso, ciò che appare ancor più grave trattandosi di area utilizzata da minori per l’eccesso all’istituto scolastico.
    Le condanne
    Il Tribunale ha quindi dichiarato la responsabilità civile del Ministero dell’Istruzione, della Città Metropolitana e del Comune nella determinazione dell’evento dannoso occorso alla minore, condannandoli, in solido, al risarcimento dei danni in favore della minore, mediante pagamento della somma complessiva di Euro 15.400,03, oltre interessi e spese di lite.


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    Predefinito

    Se il bambino s’infortuna, la scuola paga anche i «danni estetici»


    È specifico dovere dell’istituto scolastico predisporre tutti gli accorgimenti necessari per tutelare la salute dei bambini. Un dovere che va esercitato con la massima prudenza e attenzione quando gli alunni sono di tenera età e del tutto incapaci di evitare pericoli. In assenza di cautele, qualora un bambino si procuri ferite o traumi, la scuola risponde dei danni; a meno che non dimostri di aver fatto tutto il possibile sia sul piano organizzativo che della effettiva vigilanza (da parte di docenti e non docenti) per evitare che il minore potesse correre rischi per la propria incolumità.
    La vicenda affrontata dal Tribunale di Cosenza (sentenza del 14.06.2021) riguarda il caso di un alunno di tenerissima età che a seguito di uno scivolone su dell’acqua caduta sul pavimento dell’aula scolastica si era procurato serie lesioni al volto. E l’istituto coinvolto non aveva portato alcuna prova «liberatoria» delle proprie responsabilità rendendo così pacifiche le affermazioni dei genitori secondo cui il bambino di poco più di tre anni era caduto a terra in pieno orario scolastico mentre si trovava nella «custodia» della scuola.
    Secondo il giudice calabrese in tali circostanze la scuola non risponde solo dei danni «biologici» ma anche di quelli «morali». In altre parole nella liquidazione del risarcimento dei danni deve tenersi conto non solo del vero e proprio danno alla salute del bambino sul piano anatomico e funzionale, ma anche sul piano delle (compromesse o alterate) «relazioni sociali» presenti e future dello stesso.
    La scuola deve quindi risarcire anche i danni non patrimoniali in termini di «dolore» e «sofferenza d’animo»: il cosiddetto danno morale. Nella vicenda il bambino aveva riportato una profonda cicatrice al mento che a seguito di accertamenti medici poteva essere rimossa solo a seguito di un apposito (e ulteriore) intervento chirurgico; con evidenti aggiuntive sofferenze e patemi da parte del bambino e della sua famiglia.


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