Ho avuto notizia dai miei alunni della V BE AFM, stamattina alla seconda ora.

Per loro Battiato era, nel migliore dei casi, un nome sentito qua e là.

Manco a farlo apposta avevo consigliato ad una ragazza, proprio in questa classe, di ascoltare la splendida Prospettiva Nevskij. Mi sembrava intonare maledettamente bene con lo studio della rivoluzione del 1917, giusto per ricostruire una di quelle atmosfere mitiche che poi -con l'affievolirsi dell'esperienza sul campo, la morte dei sopravvissuti, lo sfumare dei ricordi- con l'andar del tempo diventano indistinguibili dalla realtà.

Come il primo innamoramento o il primo bacio, o qualsiasi altra inebriante esperienza perduta nella notte dei tempi.
Isabella -questo il nome della mia alunna, di madre russa manco a farlo apposta- ascoltò la canzone sul serio e mi comunicò pure le sue impressioni: in breve, bella ma alquanto oleografica.

Come darle torto?

C'è davvero qualcosa di oleografico e surrettizio in tutta l'arte, nel momento stesso in cui essa voglia enfatizzare e bloccare per l'eternità gli attimi fuggenti dell'esistenza, le estasi esistenziali o quelle da infatuazione ideologica, gli amori e gli odii da qualcuno avvertiti nella carne.
Così sono oleografie o prima o poi lo diventano (magari a loro insaputa) la Gioconda e la Tour Eiffel, il quinci uscimmo a riveder le stelle ed il duello tra Ettore e Achille, la Sagrada Famiglia e Tristano e Isotta, il David di Michelangelo e la cellula iniziale della Quinta sinfonia di Beethoven, il naufragar m'è dolce e il falco alto levato, l'amore impossibile di Orlando e le ginocchia tremanti di Saffo.

L'arte si consuma tutta nella vaghezza, nella nostalgia, nel ricordo o nell' attesa di un indeterminato a cui forme geometriche suoni e parole sembrano dare forma definitiva e immutabile.

Battiato è stato un maestro, che ha cristallizzato in immagini eterne le nostre speranze di purificazione e redenzione, la nostra ansia d'infinito destinata a restare insoddisfatta, la nostra sete di altra vita.

Gli voglio bene per questo, gli vogliamo bene per questo. Se n'è andato con lui un altro pezzo immateriale della nostra esistenza
Mi sono commosso a sentire che se n'è andato, ma mi piace vederlo -usando le parole di uno dei suoi tantissimi oleogrammi- come un filo d′erba che si inchina alla brezza di maggio, come qualcosa che continua a vivere in ciò che ci circonda, nell'aria che respiriamo, nell'impalpabile ricordo e nelle emozioni che lascia dentro di noi.

A rivederci, anche se negli escrementi e nella sabbia, nell'aria e nei fiori non potremo riconoscerci.