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Discussione: Didattica a distanza, alunni con DSA e con BES: strumenti e supporto. Tutte le info

  1. #11
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    Punti di forza e limiti del sistema di lezioni via web


    Mentre l’Italia affronta l’emergenza del coronavirus e predispone misure per contenerne l’impatto sull’economia e la società, il settore dell’istruzione e della formazione si trova costretto a reinventare i propri modelli di business. Nel giro di poche settimane, la didattica online è diventata un approccio essenziale per ovviare alla perdita dell’interazione “faccia a faccia” che ha da sempre caratterizzato l’erogazione “frontale” delle lezioni. L’Italia si trova nella situazione di dover accelerare di colpo l’utilizzo di strumenti e tecniche che, per troppo tempo, sono stati lasciati nel cassetto come fossero amenità informatiche o comunque secondarie rispetto alla “vitalità” dell’interazione diretta in aula.
    Non mancano di certo, nel Paese, risorse umane, tecnologiche e culturali per adottare in tempi rapidi nuovi modi di fare istruzione e formazione. Pare vantaggioso, però, anche non ignorare l’esperienza di altri Paesi che avevano già compiuto diversi passi per svolgere insegnamento a distanza (anche, originariamente, tramite corrieri postali prima dell’era Internet). In tal senso, e sulla base della mia esperienza come direttore del Centre for Financial and management studies della Soas University of London (con circa 2.000 studenti a distanza) e membro dell’Academic committee della University of London Worldwide (con circa 50.000 studenti a distanza), mi sento di condividere brevemente almeno tre riflessioni.
    La prima è che la didattica online presenta, rispetto a quella in presenza, confini più tenui rispetto all’esterno dell’esperienza di apprendimento. Nella classe, come luogo fisico, i discenti sono “confinati” in uno spazio e un tempo che, in qualche modo, induce loro a prestare attenzione alle dinamiche del momento. Online, l’attenzione dei discenti è facilmente distratta, oltre che dall’ambiente circostante, anche da altre attività online. Per un discente online, è facilissimo e immediato approfondire spunti in un’altra scheda (“tab”) o finestra, che potrebbero arricchire l’apprendimento ma anche sviarlo verso direzioni secondarie. In questo contesto, la progettazione della didattica online deve avere chiari e espliciti obiettivi formativi come “faro” di riferimento per delimitare e guidare l’apprendimento.
    La seconda è che la didattica online pone dei problemi in merito alla verifica dell’apprendimento, che emergono dall’impossibilità di controllare le condizioni in cui un discente esegue compiti richiesti e produce elaborati poi soggetti a valutazione. La questione, in altri termini, è di assicurare che le valutazioni siano svolte su elaborati prodotti dai discenti, e non da altre persone che – gratuitamente o commercialmente – li svolgano per loro. Il problema non è completamente risolvibile se non con accorgimenti tecnici e procedurali dispendiosi (come ad esempio un controllo visivo via telecamera). In parte, però, il problema può essere mitigato tramite varie modalità, ad esempio con un tempo massimo entro cui un elaborato deve essere completato dopo che il compito è assegnato, o con la produzione di un “portafoglio” di elaborati brevi svolti via via durante il corso. Il processo di apprendimento, quindi, deve introdurre forme di verifica diverse rispetto a quelle che sono tradizionalmente svolte in presenza.
    Una terza riflessione è che la didattica online offre anche grandi opportunità per la personalizzazione del percorso di apprendimento. Rispetto alla didattica in presenza, dove tutti i discenti compartecipano alle medesime attività e negli stessi tempi, quella online permette a ogni discente di progredire in modo relativamente autonomo. I discenti sono tutti diversi, per studi e esperienze precedenti, motivazioni, e risorse a loro disposizione. Ognuno di loro può procedere spedito in alcune parti di un corso, o rallentare per maturare una migliore comprensione di altre parti, o soffermarsi per approfondire maggiormente alcune parti piuttosto che altre. La didattica online deve includere risorse e strumenti che aiutino i discenti a coltivare interessi particolari o a rafforzare la loro comprensione delle parti per loro più impegnative.
    Le circostanze attuali non sono certo le più vantaggiose per lo sviluppo della didattica online in Italia. La drammaticità della situazione sanitaria, le difficoltà economiche, e i tempi stretti per far procedere i programmi scolastici e universitari delineano una situazione di urgenza, cui talvolta è necessario far fronte con creatività e improvvisazione. Ciò pone, però, anche la sfida di innovare processi fondamentali per il futuro del paese, quali l’istruzione e la formazione, cercando di trovare soluzioni nuove con i nuovi strumenti a disposizione.

    • Senior Lecturer in Public policy and management, direttore del Centre for financial and management studies Soas University of London




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  2. #12
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    Didattica digitale, raggiunti 6,7 milioni di studenti (sugli 8,3 milioni complessivi)


    Il 67% delle scuole che hanno attivato l’attività a distanza, prevede per essa specifiche forme di valutazione; attualmente più di 6,7 milioni di alunni è raggiunto, attraverso mezzi diversi, da attività didattiche a distanza. Circa l’80% quindi sul totale di 8,3 milioni di studenti.
    I dati del monitoraggio
    Sono alcuni dei dati del monitoraggio condotto dal ministero dell’Istruzione in queste settimane e illustrati ieri dalla ministra, Lucia Azzolina in Senato. L’89% delle scuole ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con disabilità; l’84% delle scuole ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con Dsa; il 68% delle scuole ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con BES non certificati; il 48% delle scuole ha svolto riunioni degli organi collegiali a distanza.
    In arrivo i fondi alle scuole
    Per spingere la didattica a distanza il dl 18 ha stanziato 85 milioni di euro:
    -10 milioni alla dotazione o al potenziamento – per le scuole – di piattaforme e strumenti digitali per l’apprendimento a distanza;
    -70 milioni di euro per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme di apprendimento e per garantire la connettività di rete nei territori ove essa sia carente o mancante;
    -5 milioni per la formazione del personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza.

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  3. #13
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    Didattica a distanza, si parli anche del diritto all’istruzione degli studenti in carcere


    Come abbiamo già riferito, nell’ambito delle indicazioni fornite per l’Istruzione degli adulti con nota 4739 del 20 marzo 2020, il Ministero dell’Istruzione ha anche richiamato l’attenzione sulle scuole in carcere.
    In particolare, il M.I. sottolinea la necessità di favorire, in via straordinaria ed emergenziale, in tutte le situazioni ove ciò sia possibile, il diritto all’istruzione attraverso modalità di apprendimento a distanza anche per i frequentanti i percorsi di istruzione degli adulti presso gli istituti di prevenzione e pena in accordo con le Direzioni degli istituti medesimi.
    Pertanto, i gruppi regionali PAIDEIA sosterranno i CPIA nell’individuare d’intesa con gli Istituti di prevenzione e pena interessati le modalità più adeguate ed opportune per svolgere la didattica a distanza presso le scuole carcerarie tenuto conto, laddove siglati, anche dei protocolli tra USR e PRAP competenti; particolare attenzione andrà rivolta alle attività in favore dei soggetti sottoposti a provvedimenti penali da parte dell’autorità giudiziaria minorile.
    Ancora poca attenzione alle scuole in carcere
    Anna Grazia Stammati (presidente CESP -Rete delle scuole ristrette e docente nei percorsi di istruzione in carcere) ci ha scritto per segnalare come poco si parli, in questi giorni di sospensione delle attività didattiche e di attivazione della didattica a distanza a causa del COVID-19, degli studenti “ristretti”, ovvero di quegli studenti che frequentano i percorsi scolastici in carcere.
    Si tratta di un’ampia platea di persone, composta non solo da stranieri che hanno bisogno di essere alfabetizzati, ma anche di giovani e meno giovani italiani (che appartengono spesso a quel 18% di evasione scolastica) che, dentro, continua, per fortuna, il percorso scolastico, tanto nei minorili, quanto nelle istituzioni penitenziarie degli adulti.
    I docenti delle scuole in carcere si sono raccolti, da alcuni anni, nella rete delle scuole ristrette ed hanno portato avanti una battaglia incessante per far riconoscere la scuola in carcere quale elemento essenziale dell’esecuzione penale, visto che i docenti, per nove mesi l’anno, hanno un rapporto quotidiano e costante con i detenuti iscritti e rappresentano, per loro, l’unico contatto con il mondo esterno, nel quale, prima o poi, dovranno ritornare.
    “Oggi, però, – ci scrive la prof.ssa Stammati – mentre le scuole esterne continuano (tra mille difficoltà e problematiche) il proprio percorso, gli studenti e le studentesse detenute, non hanno più alcun rapporto diretto con i propri insegnanti, se non mediato da materiale cartaceo consegnato tramite educatori o agenti penitenziari che spesso, per le condizioni di invivibilità interna, non potranno essere neppure lette”.
    Per questo la CESP-Rete delle scuole ristrette ha scritto una lettera al DAP (e sulla falsariga di questa al MIUR) per richiedere più attenzione ed interventi mirati per i ragazzi e le ragazze in carcere.
    Uso di videoconferenza e Skype: il monitoraggio
    I docenti della rete delle scuole ristrette, preso atto della Circolare del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del 12 marzo, nella quale si richiamava l’opportunità, vista l’emergenza COVID-19, di garantire il prosieguo dei percorsi scolastici in carcere e si invitavano i Provveditori Regionali a comunicare ai Direttori degli Istituti Penitenziari degli ambiti territoriali di competenza, di consentire lo svolgimento di esami di laurea, esami universitari, e colloqui didattici tra docenti e studenti detenuti, mediante videoconferenza e/o tramite Skype, hanno ritenuto opportuno predisporre un monitoraggio presso le scuole appartenenti alla rete, che copre un territorio vasto (da Udine ad Enna).
    All’indagine ha risposto il 25% delle istituzioni penitenziarie, con percorsi di studio di primo e secondo livello, che hanno fornito i seguenti dati:

    • una sola istituzione penitenziaria, Terni, risulterebbe aver applicato la Circolare sull’utilizzo di Skype per i contatti tra docenti e studenti “ristretti” (anche se ad una verifica del referente territoriale Cesp con il Magistrato di sorveglianza risulta che i tre PC forniti dalla scuola sono utilizzati per agevolare contatti Skype con i familiari per i detenuti di media sicurezza);
    • il CPIA di Verona (percorso scolastico di primo livello) ha avuto una conferma di disponibilità ad utilizzare Skype dalla prossima settimana da parte del Direttore del carcere;
    • 22 istituzioni penitenziarie non hanno ancora consegnato materiali cartacei agli studenti detenuti per problematiche di vario genere;
    • 25 istituzioni penitenziarie hanno provveduto nell’immediato ad inviare materiale cartaceo agli studenti attraverso l’area educativa o gli agenti penitenziari.


    È del tutto evidente che l’utilizzo di videoconferenze tramite Skype sia pressocché nullo, per oggettive difficoltà, dovute anche al gravoso impegno che in una situazione emergenziale quale quella attuale stanno sostenendo educatori e agenti penitenziari, ma anche alla mancanza di personal computer, di spazi, di personale addetto.
    Ciò però sta evidentemente comportando la lesione di un diritto, qual è quello all’istruzione, che non può che produrre ulteriore e profonda destabilizzazione nella popolazione detenuta, che vede nella scuola in carcere un elemento fondamentale dell’esecuzione penale e ciò ci preoccupa molto, nella consapevolezza dell’importanza che il nostro ruolo riveste nella relazione quotidiana da noi costruita con i nostri studenti “ristretti”.
    Le richieste della CESP
    Per queste ragioni, la CESP-Rete delle scuole ristrette ha chiesto sia alla DAP, sia al Ministero dell’Istruzione di occuparsi del problema.
    E in proposito segnala lo scambio intercorso con l’Ufficio Scolastico Regionale della Liguria, il quale ha confermato che anche in Liguria, al momento, l’unica modalità possibile per garantire la continuità dell’attività scolastica è quella dell’invio di materiali didattici da parte dei docenti agli educatori.
    Al momento, le scuole di La Spezia si stanno organizzando per utilizzare il canale TV per fare scuola a distanza a beneficio di chi rimane escluso dalla Didattica a Distanza promossa dalle scuole perché privo di connessione. Questa soluzione potrebbe essere seguita anche dalla popolazione scolastica carceraria e infatti il CPIA locale e gli istituti secondari che hanno percorsi di secondo livello in carcere si stanno organizzando.
    Questa potrebbe essere un’indicazione da seguire, nella speranza che possa servire per colmare un vuoto che sta comportando danni enormi agli studenti detenuti perché, come si legge anche nella lettera indirizzata agli studenti in carcere: “I disagi e la sofferenza che viviamo non ci devono far dimenticare chi è colpito in prima persona, i tanti morti di cui sentiamo quotidianamente le cifre con il rischio di non considerare che dietro ad esse ci sono persone, storie, affetti che si spezzano; questo virus annulla anche i riti con cui l’umanità ha accompagnato, in modalità diverse nel tempo e nei luoghi, il momento della morte: ancora una volta questa esperienza fa toccare con mano a noi, che siamo fuori del muro, quanto debba essere sconvolgente la lontananza in caso di malattia e l’impossibilità di partecipare ai funerali dei propri cari…”


    Tecnica della scuola
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  4. #14
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    Mondadori mette a disposizione dei docenti l’intero patrimonio di contenuti digitali


    Scuole ancora chiuse a causa del coronavirus. Editoria scolastica che fa la sua parte per aiutare gli insegnanti impegnati nella didattica a distanza.
    Mondadori Education e Rizzoli Education, le case editrici di editoria scolastica del Gruppo Mondadori, hanno deciso di mettere a disposizione dei docenti l’intero patrimonio di contenuti digitali: oltre 40 giga, più di 12.000 contenuti tra video, audio, mappe personalizzabili, playlist, testi facilitati per l’inclusione, 50 lesson plan, vari webinair e un corso gratuito di 16 ore dedicato ai docenti sulla didattica a distanza. Tutti i contenuti sono stati suddivisi per materia e per ordine scolastico, dalla scuola primaria alla secondaria di primo e di secondo grado.
    Il Gruppo Mondadori ha inoltre aderito all’iniziativa di solidarietà digitale lanciata dal ministero per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione e ha dato accesso gratuito per tre mesi all’edizione digitale 2020 del Nuovo Devoto-Oli, il vocabolario dell’italiano contemporaneo.
    «State tenendo stretto in mano il filo che vi lega ai vostri studenti, sperimentando nuove modalità per trasmettere il sapere. Perché le classi in realtà non hanno mura», spiega in un messaggio di ringraziamento agli insegnanti Antonio Porro, presidente e amministratore delegato di Mondadori Education e Rizzoli Education.
    Il momento è decisamente particolare. Insegnanti e ragazzi a casa per lungo tempo, senza aule, banchi e lavagne. Il momento richiede uno sforzo collettivo per far procedere la macchina della didattica. Parte da qui la vostra iniziativa?
    «Mondadori e Rizzoli Education hanno pensato che, visto che uno studente su quattro studia sui nostri testi, si dovesse fare qualcosa di importante per seguire il grande esempio che gli insegnanti italiani stanno dimostrando per non paralizzare l’istruzione in settimane così complicate. Ci siamo resi conto che l’aiuto più importante che come casa editrice potevamo assicurare agli insegnanti e ai nostri studenti era quello di rendere disponibile una grande quantità di contenuti digitali per la didattica. Con una didattica a distanza forzata come quella che stanno vivendo i nostri ragazzi, abbiamo pensato che non bastasse fare uno sforzo per aiutare gli insegnanti che già utilizzano i testi scolastici delle nostre case editrici, ma che in un momento così complicato un’azienda e una casa editrice con senso di responsabilità dovesse rendere disponibili i suoi prodotti editoriali a tutti gli insegnanti, sia a quelli che già studiano sui libri e insegnano utilizzando i nostri prodotti editoriali sia agli altri. Quindi abbiamo deciso di rendere disponibili sulla nostra piattaforma la totalità dei nostri contenuti, scaricabili in maniera aperta e libera, senza obbligo di registrazione, in maniera totalmente gratuita. Stiamo parlando di oltre dodicimila contenuti digitali, video audio, mappe concettuali, esercizi e test. Una serie di strumenti che in questo momento difficile che stanno attraversando le scuole italiane possa facilitare il compito non facile che stanno svolgendo i nostri insegnanti».
    Insegnanti che si sono messi in gioco e stanno utilizzando strumenti digitali a cui in molti casi non erano ancora abituati.
    «È così. Lo dimostra il fatto che nelle ultime quattro settimane l’utilizzo delle piattaforme digitali e dei contenuti digitali di qualità, cioè quelli pubblicati dagli editori di scolastica, è cresciuto più di quanto non fosse accaduto negli ultimi dieci anni. Nel caso delle piattaforme di Mondadori Education e Rizzoli Education, a una base di circa 1,1 milioni di utenti attivi tra docenti e studenti, nelle ultime due settimane si sono aggiunti tra i 10.000 e i 15.000 nuovi iscritti al giorno, è aumentato di 30 volte l’uso delle Classi Virtuali, più di 15 volte l’uso dei Test e 6 volte l’uso delle App di lettura, con un traffico sul sito cresciuto di 8 volte su base giornaliera».
    Quindi anche l’editoria scolastica sta vivendo un momento di cambiamento da cui probabilmente non si tornerà indietro.
    «Credo proprio di sì. Ciò che di positivo possiamo registrare in una fase così complicata come questa sta proprio nel fatto che, quando gli insegnanti potranno finalmente ritornare nelle classi a fare lezione di persona con i propri studenti, probabilmente il contenuto digitale, l’apprendimento e l’utilizzo di tecniche di didattica complementare a quella tradizionale non verrà dimenticata e quindi anche l’istruzione nel nostro Paese potrà certamente migliorare».


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  5. #15
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    NUOVI SCENARI DELLA DIDATTICA A DISTANZA


    Cosa resterà di questa stagione della scuola che vede aule e corridoi desolatamente vuoti, e di contro il frenetico picchiettare dei polpastrelli dei docenti sulle tastiere dei loro pc, e la rapsodica attenzione degli studenti, gli uni e gli altri reclusi nelle loro abitazioni? Cosa resterà, qualcuno potrebbe obbiettare, di questa stagione della nostra vita … Ma occupiamoci di una cosa per volta, cominciando da quella più prossima: per noi gente di scuola, la scuola appunto.
    Una prima osservazione di natura apparentemente giuridica, ma non solo tale: tra le diverse declinazioni della DAD (didattica a distanza, per i pochi che ancora non lo sapessero) è il docente che sceglie quella a lui più confacente o meno ostica. È lui che decide, dunque, se offrirsi in video alla sua classe in modalità live o on demand (magari allestendo una degna scenografia per la sua prestazione) o piuttosto se limitarsi a comunicare per mezzo della posta elettronica inviando schemi, esercitazioni, verifiche, testi.
    E sul punto dobbiamo ringraziare i padri costituenti che introdussero nella Carta – qualunque sia stato il motivo per cui lo fecero – il benemerito art. 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Nonostante la sua genericissima formulazione, o forse proprio grazie ad essa, questo articolo è stato scudo ed usbergo alla classe docente nei decenni repubblicani, e se neppure la renziana legge 107 è riuscita a fare degli insegnanti delle marionette completamente manovrate da sua maestà il Dirigente, lo dobbiamo ad esso. E infine nell’odierna temperie tale principio consente ai docenti di scegliere il canale di comunicazione a loro più confacente, evitando la generale trasformazione da corpo docente a gregge telematico.
    Una seconda osservazione riguarda espressamente il dopo. Non vorremmo che l’eccezione diventasse abitudine, e l’abitudine prassi. Non vorremmo cioè che la DAD diventasse un uso corrente, tale da integrare in modo invasivo l’attività scolastica intra moenia. Non è la nostra una preoccupazione superflua, anche tenuto conto dei risparmi che tale operazione favorirebbe.
    La scuola è uno spazio sacro nel senso antropologico dell’espressione, cioè uno spazio in cui l’ essere umano vive un’esperienza forte, coinvolgente, che lo forma e lo segna indelebilmente nella sua crescita. Come tale vi si celebrano dei riti, quali il suono della campanella, quale l’alzarsi in piedi all’ingresso in aula del docente, quale la giustificazione dell’assenza, che ritmano i tempi di questa crescita. L’ingresso massivo della DAD nell’istituzione, il partecipare a quest’ultima dalla prospettiva del divano di casa, ne determinerebbe la sua almeno parziale liquefazione all’interno della ordinarietà della vita, con conseguenze sul piano dell’istruzione e dell’educazione che lasciamo volentieri all’attenzione dei posteri.
    Tutto questo, al di là e al di sopra dei numerosi e gravi inconvenienti che la pratica e la cronaca già oggi palesano: dalla difficoltà di governare on line i meccanismi di apprendimento della grafia nella primaria all’uso improprio che possono fare certi studenti (se tali li si vuole definire) delle immagini dei loro docenti catturate on line.
    Dunque rimanga la diffusione della DAD quello che è: un’ esperienza transitoria legata alla drammatica pagina di storia patria, non certo l’alternativa a quella scuola in cui insegnante e studente si guardano dritto negli occhi.

    Alfonso Indelicato
    Responsabile della Comunicazione AESPI


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  6. #16
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    Garante privacy: ok al trattamento dei dati, ma regolazione del registro elettronico


    Il Garante della privacy ha emanato prime indicazioni per la DaD, didattica a distanza. Innanzitutto, sciogliendo diversi dubbi sui possibili limiti del trattamento dei dati di tutti i soggetti coinvolti, per non violare la privacy, il Garante autorizza il trattamento per tutti, compresi anche gli alunni con disabilità, senza obbligo di richiedere uno specifico consenso.
    Particolare attenzione dovrà essere posta nella scelta degli strumenti da utilizzare per la DaD, tenendo conto dell’adeguatezza rispetto alle competenze e capacità cognitive di alunni e studenti, nonché le garanzie offerte per la protezione dei dati personali.
    Proprio sull’impiego degli strumenti il Garante raccomanda attenzione e indica precisi criteri per il loro utilizzo.
    “Qualora la piattaforma prescelta comporti il trattamento di dati personali di studenti, alunni o dei rispettivi genitori per conto della scuola o dell’università, – precisa il Garante – il rapporto con il fornitore (quale responsabile del trattamento) dovrà essere regolato con contratto o altro atto giuridico”.
    In particolare, ad esempio, per il registro elettronico, il cui fornitore tratta i dati per conto della scuola e, pertanto, assume il ruolo di responsabile del trattamento, le eventuali attività di didattica a distanza, dovrebbero essere disciplinate nello stesso contratto di fornitura stipulato.
    In caso diverso, qualora il registro elettronico non consentisse videolezioni o altre forme di interazione tra i docenti e gli studenti, potrebbe essere sufficiente – per non dover designare ulteriori responsabili del trattamento – utilizzare servizi on line accessibili al pubblico e forniti direttamente agli utenti, con funzionalità di videoconferenza ad accesso riservato.
    Nel caso di utilizzo di piattaforme più complesse e “generaliste”, che non eroghino servizi rivolti esclusivamente alla didattica, si dovranno attivare i soli servizi strettamente necessari alla formazione, configurandoli in modo da minimizzare i dati personali da trattare, sia in fase di attivazione dei servizi, sia durante l’utilizzo degli stessi da parte di docenti e studenti (evitando, ad esempio, il ricorso a dati sulla geolocalizzazione, ovvero a sistemi di social login che, coinvolgendo soggetti terzi, comportano maggiori rischi e responsabilità).
    Una raccomandazione particolare per le istituzioni scolastiche: i dati trattati per loro conto siano utilizzati solo per la didattica a distanza. Saranno, in tal senso, utili specifiche istruzioni, tra l’altro, sulla conservazione dei dati, sulla cancellazione – al temine del progetto didattico – di quelli non più necessari, nonché sulle procedure di gestione di eventuali violazioni di dati personali.
    Poiché gli studenti (soprattutto se minorenni) non sono sempre consapevoli delle implicazioni dell’utilizzo degli strumenti tecnologici, il Garante auspica un’opera di sensibilizzazione della scuola verso le famiglie.
    Inoltre ricorda alle scuole che per l’uso delle piattaforme deve essere limitato alla DaD, senza l’effettuazione di operazioni ulteriori, preordinate al perseguimento di finalità proprie del fornitore.


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  7. #17
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    Il decalogo di Randstad Education per far funzionare la didattica a distanza



    La chiusura delle scuole a causa dell’emergenza Coronavirus ha costretto migliaia di insegnanti a ripensare il proprio metodo di insegnamento per adattarlo alle esigenze della didattica a distanza. Non solo a modificare strumenti, linguaggio, contenuti e formato delle lezioni: quella digitale è una rivoluzione che investe il rapporto con gli studenti, le modalità di apprendimento e di valutazione. Per aiutare i docenti in questa fase delicata, Randstad Education, la divisione specializzata nella filiera istruzione-formazione-lavoro di Randstad, che supporta le organizzazioni nella previsione delle competenze necessarie allo sviluppo futuro e nella progettazione dei migliori piani di formazione, ha stilato un elenco di dieci suggerimenti per far funzionare lo smart learning.
    «Fare didattica online significa ripensare completamente regole disciplinari, metodologie di insegnamento e valutazione e relazione fra studenti e insegnanti – analizza Fabio Costantini, chief operations officer di Randstad HR Solutions –. Gli strumenti digitali offrono grandi opportunità per mantenere elevato lo standard formativo, con molte piattaforme e formati disponibili per fornire contenuti di qualità agli studenti, ma è necessario darsi regole precise. Bisogna inoltre accertarsi che tutti gli studenti abbiano gli strumenti necessari per accedere e fruire le lezioni ed evitare l’errore di trasferire online ciò che normalmente si fa in classe. Lo smart learning può diventare l’occasione per mettere alla prova gli studenti non più soltanto sulle nozioni ma su ciò che sanno fare e su capacità che normalmente non vengono allenate, come l’abilità di parlare in pubblico, di risolvere problemi, di essere proattivi».
    1.Prepara la tua postazione di lavoro. La stanza e la postazione che scegli per fare lezione devo essere il più possibile in ordine e isolate per evitare che oggetti, rumori o movimenti sullo sfondo possano distogliere l’attenzione degli studenti. Per una buona resa video, non posizionarti con una finestra davanti o alle spalle perché il riverbero potrebbe disturbare la vista o farti apparire in ombra. Non indossare camicie o magliette a righe che potrebbero tendere a sgranare l’immagine.
    2.Fornisci gli strumenti. Gli studenti delle scuole medie e superiori sono nativi digitali, ma non tutti potrebbero avere familiarità con gli strumenti per le videoconferenze o la condivisione di materiale. Per dare a chiunque la possibilità di accedere alla lezione, è bene dotare tutta la classe degli strumenti adatti e delle conoscenze necessarie per utilizzarle al meglio. Si può fissare un momento all’inizio dell’orario scolastico per verificare che non ci siano problemi tecnici o di connessione e che tutti i ragazzi siano in grado di usare la piattaforma scelta.
    3.Dialoga con gli studenti. Questa emergenza, che costringe a stare in casa e sta modificando radicalmente la propria routine, può mettere a dura prova la tenuta psicologica degli studenti più fragili. Sii sempre pronto e aperto al dialogo e all’ascolto, organizza momenti di confronto con la classe e con i singoli studenti, sulla didattica e in generale su come i ragazzi stanno vivendo questo periodo di crisi. È utile inserire questi momenti all’inizio delle lezioni per sdrammatizzare, mettere gli studenti a loro agio e creare un clima sereno, oppure fra una lezione e l’altra per spezzare il ritmo e permettere ai ragazzi di “ricaricare le batterie”.
    4.Organizza momenti di socialità. Oltre che con il docente, gli studenti hanno bisogno di mantenere momenti di socialità fra di loro, come se si trovassero ancora fra i banchi. Organizzare delle piccole pause durante le lezioni per consentire ai ragazzi di chiacchierare e relazionarsi miglioreranno umore, concentrazione e resa scolastica.
    5.Sperimenta nuove forme di didattica. Pensare di trasferire online i metodi di insegnamento utilizzati durante una normale lezione in classe sarebbe un errore. Gli studenti, confinati nelle proprie case, sono circondati da distrazioni e lunghe lezioni frontali risulterebbero noiose e controproducenti. Meglio proporre lezioni più brevi, di mezz’ora al massimo, e sfruttare tutte le opportunità offerte dagli strumenti digitali per coinvolgerli e stimolarli. Alle lezioni in diretta ospitate dalle piattaforme di videoconferenza si possono affiancare videolezioni registrate, podcast, presentazioni con immagini, grafiche e mappe. Si possono suggerire libri, articoli, riviste da leggere e film da guardare nel tempo libero così da integrare e arricchire le nozioni apprese.
    6.Prendi spunto dall’attualità. L’emergenza può fornire spunti per guardare le varie discipline da un punto di vista diverso e per applicare i concetti appresi alla realtà di tutti i giorni. Parlare delle statistiche dei contagi, delle misure prese per rallentarli o delle informazioni sull’origine e sulla natura del virus può essere un modo alternativo per trattare alcuni argomenti di materie matematiche e scientifiche. Allo stesso modo, possono essere oggetto di dibattito gli effetti del Coronavirus sull’economia, sull’ambiente e sulle relazioni internazionali, con possibili confronti storici e letterari.
    7.Valuta le competenze, non soltanto le conoscenze. La didattica online incide sulla relazione fra alunno e insegnante, come sulla possibilità di quest’ultimo di controllare la corretta esecuzione di test e verifiche. L’insegnamento a distanza consente allo studente di svincolarsi dal docente e di reperire informazioni che in condizioni normali non potrebbe sfruttare. Un’ottima opportunità per mettere alla prova gli studenti non solo sulle nozioni acquisite, ma sulla capacità di collegarle, esporle e presentarle in diversi formati – come ad esempio presentazioni in Power Point, video, audio, progetti multimediali – e di lavorare in gruppo. È l’occasione per proporre una didattica basata sulle competenze, più che sulle conoscenze.
    8.Responsabilizza i tuoi studenti. La riduzione dell’orario scolastico aumenta il tempo libero dei ragazzi. I docenti possono colmare questo vuoto condividendo materiali in diversi formati, ma è importante soprattutto cercare di responsabilizzare i ragazzi, rendendoli parte attiva del proprio apprendimento. L’insegnante può assegnare lavori di gruppo, presentazioni e altre esercitazioni o chiedere ai ragazzi di proporre dei materiali integrativi a quelli condivisi dalla scuola, per stimolare la collaborazione e l’iniziativa degli studenti e mettere alla prova capacità che solitamente non vengono testate.
    9.Fissa delle regole per mantenere disciplina e attenzione. Mantenere la disciplina è una delle principali sfide di ogni docente, ancora più complessa quando l’insegnamento avviene attraverso uno schermo. Il primo consiglio è utilizzare alcuni “riti” tradizionali per dare continuità con la vita scolastica: ad esempio fissare un orario inderogabile per l’appello prima di cominciare la giornata o stabilire un segnale comune per intervenire durante la lezione. Per tenere elevata la concentrazione e controllare gli studenti, invece, si possono obbligare i partecipanti a tenere accesi microfono e webcam per l’intera diretta video (attenzione però ai rumori eccesivi) o limitare le domande a momenti precisi.
    10.Apprendi dai tuoi studenti. Quando si parla di strumenti digitali, si possono trovare studenti più esperti dei loro docenti. L’insegnante non deve temere questa “concorrenza”, anzi, usarla come arma in più per coinvolgere i ragazzi nella lezione, stimolarli e rafforzare abilità che in condizioni normali non potrebbero sperimentare a scuola. In azienda il reverse mentoring – cioè quando un dipendente più giovane affianca e forma un lavoratore senior – migliora la produttività e la coesistenza fra generazioni diverse sul posto di lavoro. Perché non provarlo anche a scuola?


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    Didattica a distanza, da consigliata a obbligatoria




    Nella bozza di decreto relativa alla fine dell’anno scolastico e agli Esami di Stato, presto all’esame del CdM come ulteriore risposta del Governo al contagio da Coronavirus, c’è anche una parte dedicata alla didattica a distanza.
    Il decreto in approvazione
    È una sezione importante, perché, se approvata dal Governo e poi dal Parlamento, introdurrà in modo non più facoltativo o possibile l’utilizzo delle lezioni on line.
    Il comma 3 dell’articolo 2 della bozza del D.L. è dedicato completamente alla DaD. C’è scritto che “in corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione”.
    L’evoluzione del concetto DaD
    Ciò che risulta evidente è il passaggio, da parte del ministero dell’Istruzione, da una fase di didattica a distanza propositiva e auspicabile, comunque non imposta, ad una prossima fase di utilizzo inevitabile, che non ammette alternative.
    Per rendersi conto meglio del cambio di passo da parte del MI, basta andare a rivedere cosa diceva la nota 388 del 17 marzo scorso.
    In quella nota, intitolata “Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza”, il capo dipartimento Marco Bruschi spiegava che la DaD non è “un adempimento formale, perché nulla di meramente formale può essere richiesto in un frangente come questo”.
    Sempre con la nota di metà marzo, Marco Bruschi asseriva che “le interazioni tra docenti e studenti possono essere il collante che mantiene, e rafforza, la trama di rapporti, la condivisione della sfida che si ha di fronte e la propensione ad affrontare una situazione imprevista”.
    Cambierà il “come” insegnare
    Nei prossimi giorni, se il decreto dovesse passare nei nuovi termini, il quadro quindi cambierà. E non di poco.
    Certo, la libertà d’insegnamento, costituzionalmente garantita e intesa come contenuti dell’offerta formativa che ogni docente propone alla classe, rimarrebbe salva: ogni docente deciderà sempre e comunque “cosa” insegnare.
    ULTIMA BOZZA DEL DECRETO (PDF)
    Quello che muterà, rispetto alla didattica in presenza, è la modalità per arrivare agli alunni: una modalità che, in questo momento di emergenza, con docenti e alunni costretti e rimanere a casa, per il Ministero non può che essere quella telematica.
    Tutti i docenti sono pronti e abili?
    È anche vero che lo stesso ministero dell’Istruzione soprassiede a situazioni che probabilmente andrebbero affrontate con maggiore solerzia: oltre agli alunni, infatti, vi sono anche degli insegnanti, soprattutto precari con poco servizio alle spalle, che possono avere problemi di accesso alla rete. Non è poi nemmeno così scontato che siano proprio tutti in possesso dei device e delle competenze minime per gestire le lezioni on line.
    Certamente, si tratta di una parte residuale. Ma ammesso che si trattasse anche solo del 5% del corpo insegnante, staremmo comunque parlando di oltre 40 mila docenti.
    Quelli che non faranno comunque DaD
    Poi, certo, c’è il problema della mancata presenza nel contratto dell’utilizzo della didattica on line: un’assenza che a livello sindacale sta determinando più di un mal di pancia.
    Tanto che, assieme alla formazione a distanza che potrebbe non avviarsi per problemi oggettivi (come la mancata tecnologizzazione o connessione di docenti e alunni), si può prevedere che ci sarà un numero non marginale di casi in cui le lezioni via internet non verranno comunque volontariamente impartite.
    Il lavoro “agile” di presidi e Ata
    Infine, c’è da dire che l’articolo 2 della bozza di D.L. non si occupa solo di didattica on line: la seconda parte del comma 3 dell’articolo 2, si rivolge infatti al lavoro che conducono i capi d’istituto e il personale Ata.
    Si precisa, in particolare, che “le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi dei dirigenti scolastici nonché del personale scolastico, come determinati dal quadro contrattuale e normativo vigente, fermo quanto stabilito al periodo precedente, possono svolgersi nelle modalità del lavoro agile anche attraverso apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici, per contenere ogni diffusione del contagio”.
    Una possibilità già adottata da diversi giorni. Da quando il Governo, a metà marzo, ha introdotto le misure per il lavoro agile nella Pubblica Amministrazione, che hanno anche consentito ai dirigenti scolastici di organizzare le attività da remoto e quindi di lasciare le scuole aperte solo per le attività ‘indifferibili’.


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    Didattica a distanza, due milioni per le paritarie


    Stanziare in favore delle scuole paritarie 2 milioni di euro per dotarsi di piattaforme e di strumenti digitali (per gli studenti meno abbienti) per lapprendimento a distanza in analogia a quanto previsto per le scuole statali. Lo prevede uno dei nuovi emendamenti del relatore, Daniele Pesco (M5s), al dl Cura Italia, depositati in commissione Bilancio al Senato e di cui Public Policy ha preso visione. Un altro emendamento del relatore prevede che le scuole pubbliche possano utilizzare la parte eventualmente restante delle risorse a loro assegnate per la didattica a distanza durante la pandemia da coronavirus (10 milioni di euro), anche per dotare gli studenti svantaggiati dei mezzi per seguire la didattica a distanza e per formare i professori.
    I consigli di classe e quelli di istituto, così come in generale tutte le riunioni degli organi collegiali delle scuole, potranno svolgersi anche in videoconferenza. E’ quanto prevede un emendamento al decreto Cura Italia depositato del relatore, Daniele Pesco (M5S), in commissiome bilancio del Senato. La norma stabilisce che «gli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado possono svolgersi in videoconferenza, anche dove tale modalità non sia prevista dai regolamenti interni».

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    Bizzarrie di certi prof: assegnano compiti ma non li verificano né li correggono


    Tante sono le lettere di genitori al nostro portale, nelle quali si lamenta, a parte il carico di compiti assegnati per lo più via WhatsApp, magari per dimostrare, da parte di qualche prof, che si sta lavorando sodo, anche il fatto che altrettanti docenti, dopo avere scaricare appunto compiti agli alunni dopo le videolezioni (che fra l’altro non tutti pare svolgano), il giorno appresso, o al tempo stabilito, non li correggono.
    La mamma che ci scrive
    “Addirittura -scrive una mamma- gli insegnanti di matematica, di diritto e di inglese, hanno specificato nelle loro mail ai ragazzi, bene a lettere cubitali, di non mandargli i compiti eseguiti perchè non hanno tempo di guardarli”.
    Ma non solo, pare che inviino “dei file di autocorrezione” lasciando quindi intendere agli alunni di arrangiarsi come possono.
    E l’altra mamma, disperata
    Si chiede infine un’altra mamma: “Ma è normale questa cosa? Ma come possono apprendere i ragazzi se nessuno controlla il loro lavoro? E sono sicuri i professori che i ragazzi eseguono il lavoro a loro assegnato se non viene controllato? E poi parliamo di ragazzi tutti promossi, anche se alla fine non fanno niente. La didattica da casa non funziona se va cosí”.
    E in effetti non funziona così e la mamma, senza avere partecipato a nessun corso di aggiornamento o studiato gli elementi seppure primordiali di didattica, ha ragione, e da vendere.
    Perché i casi sono due:
    se il docente non ha tempo per correggerli, perché li assegna? E infatti a cosa serve vessare i ragazzi, caricarli di esercizi, se poi la base fondante dell’istruzione, la correzione cioè degli sbagli, non viene eseguita?
    Se il docente non ha tempo, dovrebbe quantomeno ritagliarsi uno spazio sufficiente per farlo, o quantomeno assegnarne lo stretto indispensabile per svolgere appieno la sua funzione di maestro e di guida nella selva degli errori, per condurre l’allievo a vedere almeno qualche stella.
    Le autocorrezioni
    Le cosiddette autocorrezioni, come è ben noto, attraverso griglie, sono dei palliativi di scarsa importanza e semmai sono da usare, chi le usa, solo raramente per orientare i ragazzi, ma mai come strumento per verificare il livello raggiunto e la percezione degli errori.
    Infine, se poi si vuole essere pignoli, molto pignoli, la correzione dei compiti, soprattutto per quelle materie che contemplano anche lo scritto, è un fatto di legge, un atto previsto dall’ordinamento scolastico, poiché da quei voti sugli elaborati dipende molto spesso la carriera dello studente: bocciato o promosso.
    Pignoleria spicciola: omissione d’atti
    E dunque, se si vuole essere pignoli, la mancata correzione, con la conseguente mancata valutazione (tranne che il docente è così farfallone da mettere voti di fantasia) su un “documento scritto” può avere perfino il pregiudizio di omissione di atti di ufficio che è un reato a tutti gli effetti di legge.
    Se il prof, all’atto della sua funzione docente, è un pubblico ufficiale, lo deve essere fino in fondo e fino in fondo fare il suo dovere su tutto il fronte, per cui accampare scuse del tipo: non ho tempo è quantomeno bizzarro se non ridicolo e temerario.

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