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Discussione: Coronavirus: ANP pubblica documento della Società Italiana di Pediatria

  1. #81
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    Plexiglass e visiere Le ipotesi di Azzolina per il rientro in classe


    Visiere invece della mascherine, anche per andare incontro alla socialità e alle esigenze di studenti con difficoltà respiratorie e ipoacusici, e divisori in plexiglass tra i banchi per garantire maggiore sicurezza. Sono le ipotesi che la ministra Lucia Azzolina ha presentato ieri sera nel corso della riunione coi sindacati e con il premier Giuseppe Conte sul rientro degli studenti a scuola a settembre.
    «L’obiettivo è portare tutti a scuola in presenza. Con particolare attenzione ai più piccoli, che hanno sofferto maggiormente in questo periodo», ha detto la ministra in apertura dell’incontro. Ma come? Il documento che gli esperti del Comitato tecnico-scientifico hanno presentato «potrebbe essere rivisto nelle prossime settimane, laddove i contagi fossero minori: quindi nulla ci vieta di pensare che a settembre si possa tornare nelle aule come ci siamo sempre stati», spiega Azzolina. Ma bisogna «prepararsi a vari scenari».
    Di qui la necessità di fornire, da parte degli enti locali, una ricognizione degli spazi e la necessità di intervenire laddove necessario. «Abbiamo diversi tipi di aule e di istituti, la situazione è diversa in tutto il Paese e non dappertutto c’è la possibilità di tenere gli studenti a un metro di distanza», spiega ancora la ministra.
    Ecco perché si potrebbe pensare di «compartimentare i banchi» attraverso pannelli di plexiglass per garantire da una parte la sicurezza «che ci sta a cuore» e dall’altra di intervenire con lavori non difficili da realizzare. In questa direzione potrebbero essere utilizzati i 33o milioni di euro da dare agli enti locali entro fine giugno per la cosiddetta edilizia scolastica leggera, e gli 850 milioni per le scuole secondarie di II grado.
    La norma adottata nel decreto Scuola, che ieri ha incassato la fiducia, favorirà i lavori perché darà quei poteri ai sindaci per intervenire in maniera immediata. Questo aspetto non esclude che l’orario scolastico potrebbe essere modificato: «Se si deve fare anche il sabato lezione, potranno decidere di farlo se necessario», precisa Azzolina. E resta in piedi anche l’idea di usare gli spazi all’aperto: «Portare gli studenti fuori dalla scuola, fargli fare lezione in altri locali mantenendo il distanziamento laddove sia necessario, che sia il museo, il cinema il teatro»: così «finalmente la scuola si apre al territorio, così come è scritto nelle leggi ma non è mai stato applicato», spiega ancora Azzolina. I
    Gli enti locali
    Anche sindaci e Regioni con Decaro e Bonaccini hanno sottolineato «molte criticità»
    Per enti locali e sindacati, però, serve invece un piano più specifico. «Si faccia di tutto per tornare a scuola in presenza, ma c’è l’urgenza di avere delle linee guida specifiche. Il documento del Cts dà degli indirizzi che però vanno contestualizzati. Spetta al governo dare una strategia di rientro a scuola. Queste linee guida sono urgenti, le scuole non possono essere lasciate da sole e nemmeno le Regioni. Abbiamo poco tempo», dice il presidente della Conferenza delle regioni Stefano Bonaccini che chiede «certezza delle risorse» e garanzie sugli organici.
    L’allarme è condiviso da Antonio Decaro (Anci), che elenca una serie di «necessità urgenti: sblocco dell’assunzione di personale, certezze su risorse per interventi rapidi di edilizia scolastica, riorganizzazione dei servizi di mensa e trasporto, un vero piano dei tempi che consenta di evitare gli spostamenti si concentrino nelle ore di punta».
    Chiedono rassicurazioni sugli organici anche i sindacati. «Perché si possa riaprire in sicurezza servono più persone e più risorse», è la linea. E Maddalena Gissi (Cisl) conclude: «La protesta di lunedì prossimo è confermata, il governo deve sciogliere subito il nodo delle risorse per garantire a settembre la ripresa delle attività in presenza in tutte le scuole italiane».


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  2. #82
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    Ripresa, pressing sul ministro «Niente alunni nelle scatole»


    Poco dopo le sette di ieri sera, al termine di una seduta fiume, segnata dall’ostruzionismo spinto delle opposizioni, il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato il decreto sulla Scuola, approvato in via definitiva alla Camera sabato mattina. I voti in Aula, 245 sì e 122 contrari, non sono stati quelli del voto di fiducia incassato dal governo giovedì, 305, e la maggioranza ha rischiato che le troppe assenze tra i banchi di Pd, Iv, Leu e M5S, facessero saltare tutto: ma neanche Fi, Lega e Fratelli d’Italia hanno registrato il pienone, e così alla fine il provvedimento è legge. Per un soffio: perché andava approvato entro domenica.
    Si tratta di una legge nata «in piena emergenza», come sottolinea la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (elogiata dal capo politico del M5s, Vito Crimi: «Ha risposto con il lavoro agli insulti»), e infatti tra i punti cardine contiene la cornice normativa per lo svolgimento degli esami ai tempi del Covid. In particolare, l’esame delle medie coincide con la valutazione finale da parte del Consiglio di classe. Mentre per la Maturità è prevista la sola prova orale in presenza. Tornano i giudizi descrittivi alla scuola primaria al posto dei voti in decimi. E si danno più poteri ai sindaci per intervenire sull’edilizia scolastica. Ma soprattutto la nuova legge disciplina le prossime assunzioni, su cui i malumori sono rimasti evidenti fino alla fine: Camila Sgambato, responsabile scuola del Pd, si dice soddisfatta «che il concorso per la stabilizzazione di 32 mila docenti precari avvenga senza quiz con crocette, con quesiti a risposta aperta». Ma in realtà l’ex presidente Dem, Matteo Orfini, aveva annunciato il giorno prima il voto contrario: lui da mesi spingeva, insieme a buona parte del partito e a Leu, per una stabilizzazione per titoli. La mediazione, avallata dal premier Giuseppe Conte, alla fine è passata, e il concorso sarà bandito solo il prossimo anno. Il leghista Matteo Salvini, parla di «ministro disastroso» mentre Giorgia Meloni (FdI) definisce quelle della ministra «idee strampalate», temendo che si passi dalle classi pollaio alle classi «acquario». Il riferimento è a una delle ultime ipotesi avanzate dalla ministra per la riapertura a settembre, il tema che preoccupa presidi, famiglie, sindacati. Azzolina promette: «Ora definiamo le linee guida, per riportare gli studenti a scuola, in presenza e in sicurezza». Ma i dubbi arrivano da più fronti. Antonello Giannelli, associazione presidi, ammette: «Non ce li vedo i nostri bambini chiusi nelle scatole». Il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, è preoccupato per i tempi: «Assolutamente entro giugno dobbiamo avere le linee guida per la scuola, non alla fine». E sulla riapertura pesa anche il nodo elezioni: «Insieme agli altri presidenti — spiega Bonaccini — abbiamo chiesto che si voti entro la metà di settembre: il rischio è di riprendere la scuola in ottobre».


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  3. #83
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    Docenti e Ata fragili, fare richiesta di visita potrebbe avere le sue conseguenze




    In molte scuole, in queste ultime settimane, è circolata una nota dell’INAIL in cui si dava l’opportunità ai docenti e personale Ata con età superiore ai 55 anni oppure con particolari patologie di richiedere visita del medico competente per valutare la fragilità del lavoratore in caso della ripresa del servizio in presenza.
    Visita dei lavoratori fragili con medico competente
    Migliaia di docenti e personale Ata hanno presentato in questi giorni la richiesta di visita sanitaria del medico competente, per valutare presunte fragilità sanitarie. La richiesta è arrivata da docenti e personale Ata di età superiore i 55 anni e da coloro che soffrono di alcune patologie invalidanti.
    Il medico competente, in questa fase di ripresa delle attività didattiche e del ritorno a scuola per gli esami di Stato in presenza, va a rivestire un ruolo centrale soprattutto perché dovrà valutare con attenzione la possibilità di esprimere un giudizio di “inidoneità temporanea” o limitazioni dell’idoneità per un periodo adeguato, con attenta rivalutazione alla scadenza dello stesso.
    Ecco cosa comporta l’inidoneità temporanea
    L’inidoneità alla funzione docente è prevista dall’art.17, comma 5, del CCNL scuola 2006/2009, in cui è scritto che “il personale docente dichiarato inidoneo alla sua funzione per motivi di salute può a domanda essere collocato fuori ruolo e/o utilizzato in altri compiti tenuto conto della sua preparazione culturale e professionale. Tale utilizzazione è disposta dal Direttore regionale sulla base di criteri definiti in sede di contrattazione integrativa nazionale”.
    Se un docente dovesse risultare realmente fragile per affrontare il lavoro in presenza, nel caso degli esami di Stato 2020 potrebbe svolgerli a distanza ai sensi dell’art. 26, comma 1, lettera c) dell’OM 16 maggio 2020, n. 10 sull’Esame di Stato del secondo ciclo, in merito alla necessità di disporre la partecipazione all’Esame dei commissari in videoconferenza o in altra modalità telematica sincrona, qualora risulti per essi, da apposita certificazione medica, il rischio di contagio.
    Più in generale l’esito della visita del medico competente potrebbe portare alle seguenti decisioni: Nel caso più grave il docente, l’assistente amministrativo, il tecnico o l’ausiliario potrebbe essere definito non idoneo permanentemente in modo assoluto al servizio, otterrebbe la dispensa e sarebbe mandato in pensione con l’assegno relativo calcolato in base agli anni effettivamente maturati; non idoneo temporaneamente in modo assoluto al servizio fino ad una certa data ( tre, sei o dodici mesi), questo comporta che il lavoratore viene messo in malattia d’ufficio, tale periodo di malattia rientra nel computo dei 18 mesi nei tre anni; Il docente potrebbe essere considerato non idoneo permanentemente in modo relativo all’insegnamento ed assegnato ad altri compiti, stesa cosa potrebbe capitare anche al personale Ata che verrebbe a scegliere se andare in malattia o essere assegnato ad altre mansioni.


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  4. #84
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    #Scuola in Classe A – Istruzioni per l’uso: anche Enea scommette sulla riapertura in sicurezza


    A lezione a scuola in aule confortevoli, efficienti e salubri per livello energetico e qualità dell’aria. È questo l’obiettivo delle indicazioni dell’Enea contenute nella pubblicazione “#Scuola in Classe A – Istruzioni per l’uso”, in vista del ritorno degli studenti in classe a settembre dopo un anno scolastico caratterizzato da mesi di attività didattica a distanza a causa dell’emergenza Covid-19.
    L’opuscolo informativo è stato realizzato nell’ambito della campagna nazionale per l’efficienza energetica “Italia in Classe A”, promossa dal ministero dello Sviluppo economico e portata avanti dall’Enea, che prevede attività di formazione e informazione rivolte alla pubblica amministrazione, grandi imprese e Pmi, istituti bancari, famiglie e studenti.
    All’interno, schede ma anche suggerimenti per massimizzare i vantaggi in tutti gli edifici scolastici, sopratutto in quelli che non hanno impianti di climatizzazione e aerazione automatizzati. Il tutto rivolto sia al personale docente sia agli studenti delle scuole di ordine e grado.
    «Le tante ricerche scientifiche svolte a livello internazionale – chiarisce Patrizia Aversa, l’esperta Enea che assieme ad Antonia Marchetti ha curato la pubblicazione – hanno mostrato con chiarezza come l’eventuale presenza di inquinanti chimici negli ambienti chiusi e i valori non confortevoli di temperatura e umidità peggiorino la qualità dell’aria e del microclima e portino a un aumento o a una cronicizzazione delle problematiche respiratorie, dei mal di testa, delle allergie e alla maggiore diffusione di batteri e virus».
    Situazioni che, come rimarca l’esperta, non risparmiano le scuole. «Tutto questo è ancora più evidente in edifici, come le scuole, dove convivono a stretto contatto tante persone per diverse ore. Per questo motivo – prosegue – nelle aule bisogna garantire i giusti valori di temperatura e umidità, assicurando sempre un opportuno ricambio d’aria».
    Quanto poi ai suggerimenti, si inizia con il controllo della temperatura che in inverno, per legge «deve essere compresa tra i 18 e i 20 gradi centigradi». Nel corso della stagione estiva «deve fermarsi attorno ai 26 gradi». L’auspicio è che la differenza tra interno ed esterno non sia superiore ai 5 gradi. L’umidità invece «va mantenuta tra il 40 e il 60%». Per rendere l’ambiente confortevole e salubre, «è necessario regolare il termostato se la temperatura è diversa da quella stabilita e deumidificare aprendo le finestre».
    Altro elemento è quello di rinnovare l’aria. «Per questo è indispensabile aprire le finestre in presenza di cattivo odore e di aria viziata ed evitare di appendere i cappotti in aula. L’aria che proviene dall’esterno riduce temperatura e umidità e favorisce la diminuzione della concentrazione di anidride carbonica e degli inquinanti chimici e biologici che si trovano spesso negli ambienti chiusi». Quanto all’apertura delle finestre si sconsiglia l’ora di punta, per evitare la diffusione dei gas di scarico negli ambienti.
    Non mancano i suggerimenti sull’impianto di illuminazione «ben dimensionato». «Finestre dotate di tende e tapparelle, se correttamente utilizzati, permettono di evitare zone d’ombra e abbagliamenti, favorendo un ambiente confortevole». Inoltre l’impiego di lampade ad alta efficienza, come i Led, e l’installazione di rilevatori di presenza e sistemi di gestione domotici ne aumentano l’efficienza e riducono sensibilmente i consumi di energia. Un altro suggerimento da seguire è quello di sistemare delle piante (una ogni 9 metri quadrati e senza acqua nei sottovasi), sia per abbellire gli ambienti sia perché «possono essere d’aiuto per regolare la qualità dell’aria e il microclima interno all’aula».


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  5. #85
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    Rientro tutti in presenza, più ore settimanali ai docenti e meno agli alunni: il compromesso della task force


    Ridurre il tempo delle lezioni ed aumentare il numero di ore settimanali dei docenti anche col ricorso di quelle aggiuntive: sono due delle diverse indicazioni fornite dal professor Patrizio Bianchi, in audizione in commissione Istruzione alla Camera in qualità di coordinatore del Comitato di esperti voluto dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina con il compito di presentare proposte per il rientro in classe a settembre.
    Riorganizzare le attività didattiche
    Nell’illustrare le linee elaborate dal gruppo di 18 esperti da lui presieduto, Bianchi ha elencato tutte le possibili strade che si potrebbero percorrere. Partendo da un concetto generale: quella della scuola intesa come “microcomunità”, la quale nel 2020, nell’anno del Covid-19, “ha sempre meno senso”.
    L’accademico ha detto che vanno riorganizzate le attività didattiche prevedendo anche di svolgerle negli spazi esterni alla scuola come parchi, strutture sportive o spazi culturali; ridurre il numero di alunni per classe; stringere alleanze con le comunità culturali e quelle educative di ogni città con il supporto dei sindaci.
    Rimodulare il tempo delle lezioni
    Il docente universitario ha quindi indicato di prevedere misure per il sostegno agli studenti con disabilità e il reclutamento di assistenti sociali, psicologici e sociologici. Bianchi ha spronato a usare “la tragedia della pandemia” per innovare: “se non si semplifica – ha detto – a settembre non si può riaprire: non si possono fare gare pure per importi bassi”
    L’esperto ha anche detto che bisogna prevedere la rimodulazione del tempo delle lezioni – intendendo l’orario annuale e anche la durata delle lezioni – in modo da offrire “le attività in presenza per il maggior numero di allievi ed un ricorso selezionato e consapevole a modalità blended”. Anche se limitata, quindi, la didattica a distanza non dovrebbe finire qui.
    Ore aggiuntive per i docenti
    La ridefinizione della classe in base agli spazi disponibili e al distanziamento previsto dovrà essere anche una spinta verso l’innovazione della didattica, prevedendo anche, ha detto ancora Bianchi, un maggiore impegno didattico dei docenti anche col ricorso alle ore aggiuntive.
    Il professor Bianchi ha quindi parlato di attivazione di gruppi di auto-aiuto tra studenti con individuazione di tutor fra pari; riprogettazione dei percorsi per le competenze trasversali; rivisitazione dei nuclei essenziali delle discipline.
    Più unità orarie, più classi coperte
    Nelle linee di indirizzo tracciate dai 18 esperti, dunque, vi sarebbe anche la possibilità di ridurre le ore di lezione: fino a 40 minuti, se il Collegio dei docenti lo ritiene opportuno. E su questo punto potrebbe esservi la risposta al problema dei docenti che mancano o quello dei costi da sostenere per pagare le ore aggiuntive citate dallo stesso professor Bianchi: ridurre l’unità oraria di lezioni comporterebbe, infatti, l’aumento di unità orarie (appunto ridotte anche di 20 minuti) da parte dei docenti.
    In questo modo, se ogni ora il docente dovrà “rendere” alla scuola 20 minuti a lezione, ne consegue che ogni settimana l’insegnante della secondaria potrebbe arrivare a svolgere 24 unità orarie (anziché le canoniche 18). Per analogia, alla primaria i maestri potrebbero svolgere quasi 30 ore settimanali.
    Ma l’offerta didattica si riduce
    Incrementando le lezioni potenziali, gli stessi docenti potrebbero così andare a fare didattica anche per quei gruppi di alunni eccedenti nelle varie classi, per via del distanziamento sociale. Gruppi di alunni, praticamente classi aggiuntive, per quali il Governo non sembra intenzionato ad integrare gli organici.
    È chiaro, però, che un modello del genere comporterebbe anche una riduzione di tempo scuola. E nemmeno di poco: in una scuola dove si svolgono sei ore al giorno, infatti, se ne farebbero quattro. Quindi, gli alunni uscirebbero alle 12 anziché alle 14.
    Si tratta di un compromesso che se da un lato riuscirebbe a non riproporre la DaD, dall’altro penalizzerebbe non poco l’offerta formativa. Fermo restando che dovranno sempre e comunque essere trovati locali aggiuntivi. Anche all’esterno della scuola: un altro punto che la task force di esperti reputa non a caso imprescindibile per tornare tutti in classe.


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  6. #86
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    Rientro a settembre, dal Governo i miliardi necessari non prima di fine giugno: fuori tempo massimo


    Il Governo starebbe seriamente pensando ad un finanziamento di 8-10 miliardi di euro per dare sostegno, forse già a fine giugno, a settori come scuola, enti locali, piccole e medie imprese, ma anche il settore automobilistico e il turismo.
    Si tratta dei settori più in difficoltà. E c’è anche la scuola, per la quale si continua a ricevere le indicazioni di esperti e task force senza però giungere a disposizioni certe. Perché, ha ricordato solo ieri il professor Patrizio Bianchi, presidente del pool di 18 esperti incaricati di studiare il rientro in classe, decide “chi è stato eletto, io sono qui solo per una competenza tecnica di supporto di chi ha responsabilità: il governo e il Parlamento. Le linee guida le farà il ministro”.
    Servono risorse importanti
    Ma per realizzare le linee guida occorrono fondi. E anche tanti: a occhio e croce, almeno la metà dei 10 che si vorrebbero stanziare. I quali si aggiungerebbero al miliardo e mezzo scarso già messo in campo (anche se per la ministra Azzolina sono quasi il triplo).
    Un esempio per tutti: a chi si affideranno gli alunni in eccesso nelle classi costrette a mantenere il distanziamento? A dei docenti, naturalmente. E siccome non potrebbero bastare, è naturale che bisognerà cercarne dei nuovi. Per non parlare dei fondi per ristrutturare i nuovi spazi didattici.
    Ecco, allora che l’Esecutivo vuole andare incontro alla richiesta della ministra dell’Istruzione, la quale ha estremo bisogno di fondi per organizzare il rientro in classe in sicurezza.
    I politici si sono convinti
    “Servono subito altre risorse – ha ammesso la viceministra all’Economia Laura Castellli – prima della manovra, per concludere gli interventi legati all’emergenza”.
    “È necessario dare altre risposte”, ha detto anche Fabio Melilli (Pd).
    Mentre frena Italia viva, con Luigi Marattin che chiede una programmazione dell’ulteriore deficit per non andare avanti di scostamento in scostamento, da qui a fine anno. E nella maggioranza già si discute di questa eventualità.
    Conte: pronti a intervenire
    “Dobbiamo essere pronti a intervenire”, ha ammesso il premier Giuseppe Conte. Il quale però avrebbe anche detto che bisogna prima vedere l’impatto delle misure già adottate e comunque bisogna “fare di tutto” nei limiti del bilancio.
    Il problema, comunque, è notevole: secondo alcune fonti di maggioranza serviranno ben più di dieci miliardi, entro luglio o forse già a fine giugno. Bisogna però discuterne con l’Ue e reperire le risorse necessarie sul mercato. Di qui anche la prudenza di Gualtieri.
    I rischi del piano Colao
    Più di qualcuno in Parlamento guarda con interesse, intanto, al piano del manager Vittorio Colao , con il quale sono stati individuati sei macro-settori e i sei corrispondenti obiettivi che il piano per la fase 3 della task force ha individuato per il rilancio dell’Italia.
    Nel volume che il “comitato di esperti in materia economica e sociale” ha definito come “Iniziative per il rilancio 2020-2022”, si spiega l’Istruzione, la Ricerca e le Competenze, fattori chiave per lo sviluppo. Solo che per finanziarle propone il ricorso ai privati: una richiesta che cozza con chi intende mantenere l’autonomia dei settori dediti alla formazione e alla ricerca pubblica.
    I soldi servono ora
    Di sicuro, i tempi della politica non coincidono con le esigenze della scuola. Alla quale i finanziamenti servono ora. Perché per ristrutturare gli spazi (e fare le gare di appalto) non bastano pochi giorni.
    Intanto, le province sorridono: il presidente di Upi Michele de Pascale e la vicepresidente Silvia Chiassai Martini, al termine della riunione della Cabina di Regia per l’edilizia scolastica, hanno parlato di “segnali positivi per la riapertura delle scuole a settembre: abbiamo avuto oggi la conferma dalla viceministra Anna Ascani che saranno messi a disposizione di Province, Città metropolitane e Comuni 330 milioni destinati agli interventi per assicurare la riapertura di tutte le scuole a settembre, e che saranno assegnati in tempi estremamente rapidi”.
    “È chiaro – hanno aggiunto – che le risorse rischiano di non essere sufficienti per 40.000 scuole italiane, ma siamo certi che il Governo non farà mancare altri fondi se saranno necessari per garantire che tutti gli edifici rispondano ai criteri di sicurezza necessari”.
    Le scuole superiori più bisognose
    “Come Upi – hanno aggiunto – abbiamo chiesto che metà del fondo sia riservato alle scuole secondarie superiori, perché sono quelle che, per dimensioni e anno di costruzione degli edifici, hanno maggiori criticità nella gestione degli spazi, e che le risorse assegnate seguano procedure semplificate che ci permettano di spenderle con la massima velocità. Ora – rilevano ancora de Pascale e Chiassai – dobbiamo definire con urgenza Linee guida chiare e concordate tra tutte le istituzioni in modo che siano calate sulla realtà delle scuole italiane e quindi concretamente attuabili. Le linee guida dovranno specificare nel dettaglio le tipologie di interventi che dovremo mettere in campo con queste risorse”.


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    Il piano delle Regioni “Riapriamo le scuole il 14 settembre”


    I genitori non ci vogliono credere: «Questo è accanimento». I presidenti delle Regioni avevano messo le mani avanti: si vada al voto entro metà settembre per evitare che la scuola parta troppo tardi, tra sanificazioni e seggi. E invece sulla prima campanella siamo in alto mare, anzi per l’avvio delle lezioni è un vero e proprio guaio nel momento in cui il governo procede spedito verso l’ election day il 20 e 21 settembre. E dunque le aule riaprirebbero non prima del 23. I governatori corrono ai ripari e, dopo aver inutilmente contestato la scelta, proporranno una partenza lunedì 14 settembre. Tutte le regioni insieme, come non è mai successo e come la stessa ministra Lucia Azzolina premeva.
    Insieme ai nastri di partenza, «perché è un bel segnale dopo un periodo così travagliato» e prima del voto in sei regioni, in mille comuni e per il referendum sul taglio dei parlamentari. La proposta non è ancora formalizzata. L’anticipa Cristina Grieco, coordinatrice della commissione istruzione per la Conferenza delle regioni: «Posticipare l’avvio delle lezioni a dopo le votazioni sarebbe un messaggio molto brutto, significherebbe dire: la scuola viene dopo tutto il resto. Non è accettabile. Oltre al disagio che creerebbe alle famiglie». Dunque la strada che si fa avanti è quella di aprire gli istituti per poi chiuderli dopo una settimana, con un doppio giro di sanificazione necessaria per le aule. «Avevamo chiesto di votare prima, il 6 o il 13. La scelta del 20 è infelice, ma a questo punto allora facciamo partire le lezioni prima del voto e poi le sospenderemo laddove ci sono i seggi. È il male minore». L’orientamento delle Regioni, a cui spetta fissare la data del primo giorno di scuola — solitamente tra il 7 al 18 settembre — non è che un compromesso. La proposta dovrà essere discussa con il ministero all’Istruzione che ieri ha precisato: nessuna decisione definitiva è stata presa. Servirà anche un passaggio alla conferenza Stato-Regioni. Il pressing è forte. Cristina Grieco è preside, dice: «Ho sofferto molto veder ripartire tutto il Paese tranne la scuola». La data di inizio non è l’unica cosa che manca all’appello. Sono attese le linee guida della ministra per la riapertura. Lucia Azzolina interverrà oggi agli Stati generali a Villa Pamphili dove porterà un pacchetto di proposte rispetto al futuro dell’istruzione, non per settembre. Intanto la Conferenza delle Regioni ha espresso i propri parametri: no a pannelli di plexiglas e all’obbligo delle mascherine durante le lezioni, ma solo quando gli studenti si spostano. E almeno due metri quadrati a disposizione di ogni studente. «Come Regioni abbiamo escluso lo scaglionamento degli ingressi per classi, optando per il distanziamento man mano che gli studenti entrano, senza frazionare le classi» spiega Ilaria Cavo, assessore alla Formazione della Liguria. Il presidente della Conferenza e governatore dell’Emilia- Romagna Stefano Bonaccini con il collega (non di partito) Giovanni Toti si era opposto al rinvio delle lezioni a fine settembre già nei giorni scorsi. Battaglia persa. Unica certezza è che l’anno scolastico 2020-21 partirà il primo settembre e che le aule apriranno per gli studenti che sono stati promossi con insufficienze. Per il recupero, insomma, che l’ex sottosegretario alla scuola Gabriele Toccafondi, di Italia Viva, propone di allungare, «perché la data del 20 per il voto è la migliore, ma ritardare per la scuola è un dramma».
    I genitori sono furenti. Il comitato “Priorità alla scuola” chiede, in extremis, che si voti tra ottobre e novembre. E il 25 giugno annuncia una nuova mobilitazione nelle piazze: «Si apra la scuola a settembre in sicurezza e in presenza». Manca la data, però.

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    No elezioni nelle scuole, l’impegno di Conte per non perdere lezioni. E’ mission possible o impossible?



    Ieri, come tempestivamente riportato dalla nostra redazione, il Primo Ministro Conte ha annunciato, durante gli Stati generali sull’economia, che saranno prese in considerazione altre sedi per gli elezioni amministrative di settembre. Obiettivo, non far perdere giorni di lezione agli studenti.
    Alcune scuole, nelle aree interessate dalle elezioni, infatti potrebbero iniziare l’anno scolastico (si pensa al 14 settembre) per poi fermarsi dopo una settimana per le elezioni, quindi, in caso di ballottaggio, fermarsi nuovamente. Alcune scuole rischierebbero di ripartire ad ottobre con la didattica e questo dopo tre lunghi mesi di stop causa Covid.
    Molte le voci che hanno protestato, dai governatori regionali ai politici. Ieri la proposta, da parte di esponenti anche della maggioranza, di trovare alternative alle scuole. Un invito colto dallo stesso Premier che ha annunciato l’impegno del Ministro degli Interni a cercare sedi alternative.
    Sul Messaggero, oggi, vengono posti, però, alcuni dubbi sulla fattibilità effettiva del progetto. Infatti, i locali alternativi alle scuole, così come le scuole hanno garantito fino ad oggi, dovrebbero avere le seguenti caratteristiche:

    • prossimità al domicilio dell’elettore
    • garanzia della segretezza del voto
    • l’obbligo di mantenere le distanze per la sicurezza contro il COVID amplifica queste necessità
    • la “neutralità” dei locali, sono infatti escluse sedi di partito o edifici di culto
    • l’accessibilità


    Caratteristiche unite ai numeri di affluenza che difficilmente si potranno tradurre in concreto. Anche se, forse ci troviamo davanti ad una grande occasione. Infatti, queste elezioni, non riguardando tutto il territorio nazionale, ma soltanto alcune aree, potrebbero diventare terreno di sperimentazione per provare alternative alle scuole.



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    Zingaretti: “Test sierologici per il personale scolastico del Lazio”

    Si profila prima dell’avvio del nuovo anno scolastico nella regione Lazio una campagna per i test sierologici rivolti a tutto il personale della scuola.
    E’ quanto ha annunciato in conferenza stampa allo Spallanzani il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
    L’iniziativa programmata è denominata “Scuola sicura” già richiesta al Governo Italiano da Zingaretti che comunque anche in caso non dovesse esserci risposta positiva, ha affermato porterà avanti.
    Il periodo della campagna dei test , dovrebbe collocarsi nell’arco temporale che va da fine agosto ai primi di settembre, prima dell’avvio delle lezioni.
    Nel suo intervento inoltre Zingaretti ha lanciato un appello alle istituzioni affinché si trovino sedi per i seggi elettorali in luoghi separati nelle scuole”.


    Tecnica della scuola
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    Rientro a settembre, Azzolina: dal 1° scuole aperte, linee guida in dirittura d’arrivo




    La ministra Lucia Azzolina a Notte prima degli esami su Radio24. Rientro a scuola già dal primo settembre.
    “Quest’anno l’esame di Maturità sarà diverso, ma non meno importante rispetto agli anni scorsi. Anzi, lo sarà di più, perché questa volta gli esami non chiudono l’anno scolastico ma ci riportano in classe. La maturità non è un rito ma uno step importantissimo, verso vita da adulti“.
    “A breve arriveranno le linee guida per la riapertura delle scuole. Stiamo lavorando con gli Enti Locali e siamo in dirittura d’arrivo“, ha continuato.
    Sulla data, la ministra ha precisato: “Ho proposto alle Regioni il 14 settembre, ma già dal primo le scuole riapriranno per consentire agli studenti che ne hanno bisogno di recuperare eventuali lacune“.
    “La scuola riapre e anche io sono molto emozionata a pensare che finalmente le scuole possono riaprire domani, in sicurezza, dopo mesi di assenza. Questa è una nuova fase per la scuola – ha spiegato Azzolina – che guarda al prossimo mese di settembre, quando tutti ritorneranno in classe. A questo esame in presenza abbiamo lavorato tanto per gli studenti non è stato facile e non era scontato, tanti Paesi l’esame lo hanno cancellato. Abbiamo superato diverse difficoltà, ma io ci tenevo tantissimo che fosse fatto in presenza“.
    “Se ci fosse stata possibilità di aprire le scuole prima lo avremmo fatto. A maggio – ha ricordato – c’erano ancora centinaia di morti al giorno, non ci saremmo mai potuti permettere la riapertura delle scuole e lo dico con molto dolore. Da ministro è una ferita che mi porterò dietro per sempre“.
    A tenere banco sulla questione data di inizio delle lezioni del nuovo anno scolastico, c’erano state le polemiche legate alle elezioni regionali a settembre. Diversi governatori si sono scontrati con l’idea di aprire le scuole il 14 per poi richiuderle qualche giorno dopo per le elezioni. Ancora non si conosce la data in cui si svolgeranno le elezioni, probabilmente il 20-21 settembre.
    Il governo sarebbe al lavoro per trovare spazi alternativi alle scuole e tenere i seggi elettorali in altri luoghi. Questa è la volontà espressa anche dal Premier Conte ieri a Villa Pamphili per gli Stati generali. In questo modo non ci sarebbe quello che alcuni hanno definito il “balletto” dell’apri e chiudi degli edifici scolastici. Le lezioni potranno iniziare il 14 e non essere interrotte per le elezioni, mentre dal primo settembre si può tornare a scuola per il recupero degli apprendimenti.
    Le modalità con cui si tornerà tra i banchi saranno oggetto delle linee guida ministeriali in dirittura d’arrivo.


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