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Discussione: Coronavirus: ANP pubblica documento della Società Italiana di Pediatria

  1. #121
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    Ritorno a scuola, poco tempo per i banchi singoli e i test sierologici? Gilda: “Troppi ritardi”


    La gara relativa all’acquisto dei banchi monoposto è partita. Quella dei test sierologici a docenti e Ata pure. Ma la riapertura scuole a settembre sembra contraddistinta da una continua corsa contro il tempo che solleva molti dubbi.
    Banchi monoposto: entro il 31 agosto arriveranno nelle scuole?
    Partiamo con i banchi monoposto anti contagio: la gara prevede la fornitura fino a 1,5 milioni di banchi monouso tradizionali e fino a 1,5 milioni di banchi di tipo più innovativo.
    Questi banchi singoli sono ritenuti indispensabili per mantenere il distanziamento fisico e consentire così la riapertura delle scuole in presenza a settembre.
    La scadenza per il bando, richiesto dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, è prevista per il 30 di luglio, mentre i contratti dovranno essere firmati entro il 7 agosto e l’azienda che si aggiudicherà la gara dovrà assicurare la consegna dei banchi entro il 31 agosto.
    La consegna dei banchi speciali alle scuole, in base alla tabella di marcia imposta dal Commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri, è invece fissata per sette giorni dopo: il 7 settembre prossimo, praticamente ad una manciata di giorni dall’avvio delle lezioni.
    Ecco allora che il sindacato Gilda degli Insegnanti lancia l’allarme: “È lecito, senza essere tacciati di disfattismo, domandarsi come è stato quantificato il fabbisogno di 3 milioni di banchi, per i quali è stato già indetto un bando di gara europeo dal commissario Arcuri, se il ministero dell’Istruzione ha fissato per le 19 di oggi il termine ultimo per l’invio delle richieste da parte dei dirigenti scolastici? La risposta più plausibile che riusciamo a darci è che, dato il grave ritardo accumulato finora, sia partita una corsa forsennata per dimostrare a tutti i costi l’efficienza dell’Amministrazione e mantenere il punto sulla data del 14 settembre. Ai vertici di viale Trastevere, però, ricordiamo che la fretta è sempre una cattiva consigliera”, tuona Rino Di Meglio, coordinatore Gilda.
    Test sierologici dal 14 agosto: ma i docenti rientreranno dalle ferie per fare il test?
    C’è anche l’altro aspetto che riguarda i test sierologici: è stato aperto un bando per l’acquisto di due milioni di test sierologici, per verificare l’eventuale positività al Coronavirus, da somministrare al personale docente e ATA prima della riapertura delle scuole. Secondo il commissario straordinario Arcuri, i test saranno pronti da essere somministrati al personale entro la seconda decade di agosto.
    “Al ministero davvero credono che docenti e personale Ata saranno disposti a interrompere le ferie a Ferragosto per sottoporsi volontariamente al test, per il quale, tra l’altro, è necessario il coinvolgimento del medico di base? E nel caso in cui l’esito risulti positivo e si debba procedere con il tampone, inevitabilmente i tempi si allungherebbero ed è lecito dubitare che si arriverebbe impreparati alla riapertura delle scuole”, prosegue ancora Di Meglio della Gilda, che lancia anche in questo caso un’ombra sulla possibilità di rispettare i tempi.
    Il sindacalista però ci tiene a precisare: “Non si tratta di essere allarmisti e di usare toni apocalittici, come ci accusa la ministra Azzolina, ma di essere realisti e di osservare con oggettiva preoccupazione una situazione che è figlia di troppi ritardi“.
    “Ci auguriamo, almeno, – conclude Di Meglio – che all’incontro sulle risorse per l’avvio dell’anno scolastico, previsto per domani, il ministero sia in grado di indicare nel dettaglio le cifre disponibili da destinare agli organici, che rappresentano il nodo cruciale di questa ripartenza. Ora che il Decreto Rilancio è stato approvato definitivamente, l’Amministrazione non ha più scuse per non dire chiaramente quali e quante risorse investirà per incrementare il personale docente”.
    Dal lato Viale Trastevere sembrano avere tutto sotto controllo: la Ministra Azzolina ha infatti ribadito che si tornerà senz’altro il 14 settembre in presenza: “La scuola a settembre riparte. La data è quella del 14 settembre e spero che su questa data non ci più dubbio perché non si può ancora sentire che non di sa quando riapre la scuola. E dal 1° di settembre ci sarà il recupero degli apprendimenti per gli studenti che sono stati un po’ più in difficoltà o anche eventuali potenziamenti“.


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    Scuola, il flop dei test sierologici Li ha fatti solo un docente su quattro


    Le Regioni hanno fatto i test sierologici a circa un quarto degli operatori della scuola, ai quali viene offerto gratuitamente l’esame sugli anticorpi del coronavirus in vista della ripresa delle lezioni. I dati arrivano da una decina di realtà locali, dove vivono oltre 45 milioni dei cittadini, cioè tre quarti dei cittadini del Paese. Si tratta di Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia, Liguria, Toscana, Campania, Lazio e Sicilia. In tutto hanno somministrato 365mila test sui circa 1,5 milioni distribuiti a loro distribuiti (il totale nazionale è di 2 milioni). Non è un gran risultato se si considera che il giorno fissato dal ministero alla Salute per chiudere la campagna, iniziata il 24 di agosto, era ieri. Vista la situazione quasi ovunque si va avanti, e si faranno test fino alla prossima settimana.
    Va specificato che alcune circostanze alla fine renderanno i numeri un po’ meno peggiori. Intanto molte Regioni hanno già preso appuntamento con i lavoratori della scuola per i prossimi giorni e quindi il numero di esami è destinato a salire a breve. Basta pensare alla Lombardia, dove sono stati fatti 75 mila sierologici su 105 mila prenotati (in tutto i lavoratori della scuola sono 206 mila). Il Lazio è arrivato a circa 30 mila ma ne ha già fissati altri 20 mila (il totale delle persone alle quali fare il test in questa regione sarebbe 120 mila). Altro aspetto da tener presente riguarda i medici di famiglia. L’adesione alla campagna è arrivata da una sola sigla sindacale, anche se la più importante, cioè la Fimmg. Questo fa sì che in molte zone, esempio lampante è quello di Milano dove prevale un altro sindacato, lo Snami, i dottori non facciano test nei loro studi. Dove invece collaborano, svolgono un lavoro che spesso le Regioni non colgono, perché ne rendono conto direttamente a Roma. Così, tra prenotazioni da smaltire e attività svolta negli studi dei medici di famiglia, a fine settimana il 25% potrebbe salire, al 40-45% dei 2 milioni di test acquistati dal commissario straordinario Domenico Arcuri. La copertura non sembra comunque destinata ad essere alta. Oltre alle difficoltà con i medici, già illustrate, c’è da ricordare che molti operatori della scuola non vogliono fare il test. Altri invece si sono mossi tardi, forse perché volevano fare l’analisi più a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico, e in effetti in tante regioni si è visto proprio in questi giorni un aumento delle richieste.
    Riguardo ai risultati arrivati fino ad ora, nella maggior parte delle regioni si è avuto tra lo 0,5% e l’1,2% dei test sierologici positivi. La Lombardia, dove come noto il coronavirus ha circolato molto più che altrove, è arrivato a 4,8% (3.662 su 74.841), L’Emilia-Romagna al 2,3% (1.158 su 49.208). A chi risulta positivo va poi fatto il tampone per verificare se la malattia è in corso oppure se si è manifestata in passato. Ecco, per avere un’idea di questo ulteriore dato, in Emilia- Romagna i positivi al tampone su quelle oltre mille persone sono stati appena 7.


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    Riapertura scuole, buona la prima a Milano, Firenze e in Alto Adige: a Roma si “sgonfia” il caso Marymount


    In attesa dell’apertura generalizzata delle scuole, prevista tra il 14 e il 24 settembre, lunedì 7 si è assistito ad un primo “assaggio” con il via in Alto Adige: in tutto, ben 91.797 bambini e ragazzi sono tornati all’asilo e sui banchi di scuola.
    Ingressi differenziati e più pullman
    Secondo le cronache, in Alto Adige non si sono registrati problemi. Anche perché i presidi hanno predisposto ingressi differenziati, con intervalli di 15 minuti, e gli alunni si sono recati a scuola fruendo di un maggiore di vetture del trasporto pubblico. Sul fronte insegnanti, massiccio è stato il ricorso ai tamponi.
    Nelle scuole sono state portate mascherine obbligatorie per studenti ed insegnanti negli spazi comuni, ma anche nelle aule dove non era garantita la distanza di sicurezza fra i banchi. Nelle superiori gli studenti, con ingressi scaglionati ogni 15 minuti.
    All’entrata studenti e personale hanno trovato disinfettanti ed è stata loro misurata la temperatura.
    “Buona la prima, siamo contenti: abbiamo messo il sistema sotto stress, ma tutti hanno risposto bene e le famiglie e le scuole sono soddisfatte”, ha detto il sovrintendente per la scuola italiana della Provincia di Bolzano, Vincenzo Gullotta. Soddisfatto l’assessore Giuliano Vettorato.
    “Ero sicuro che le cose sarebbero andate bene: sui trasporti – ha continuato – non ci sono stati assembramenti e nelle scuole i ragazzi hanno seguito i percorsi tracciati, mentre i genitori sono stati responsabili e non hanno creato assembramenti”.
    A Milano tutto ok
    Ma il 7 settembre hanno riaperto i battenti anche i nidi di alcuni centri cittadini. A Milano, ad esempio, 19 mila bambini fino a sei anni sono stati accolti nelle strutture comunali, che diventeranno 30 mila a regime quando saranno terminati gli inserimenti.
    I protocolli sembrano avere funzionato. All’ingresso di scuole materne e nidi è stato attuato un triage per i piccoli e per il genitore o l’accompagnatore, con la misurazione della temperatura, il gel disinfettante per le mani e la firma del ‘patto di corresponsabilità’ che impegna anche il genitore a controllare la salute del figlio e a non mandarlo all’asilo se ha sintomi influenzali.
    Il personale ha indossato mascherine e visiere protettive. Gli ingressi e le uscite dei piccoli sono stati scaglionati in base all’orario per non creare assembramenti.
    L’assessore a Educazione e Istruzione del Comune, Laura Galimberti, durante un punto con la stampa all’ingresso di un asilo cittadino ha detto che “tutta l’organizzazione è stata immaginata per gruppi di lavoro e sezioni separate, quindi chiuderà eventualmente solo la sezione, se c’è il contagio in atto”.
    “Se c’è solo il sospetto invece il bambino verrà isolato come previsto da una persona adulta in attesa dei genitori che poi faranno tutti i controlli con il medico di famiglia”.
    Nel primo giorno del ritorno nelle strutture comunali non sono stati segnalati casi di contagi.
    A Firenze nessuna segnalazione
    Anche a Firenze Il primo giorno di apertura dei nidi è “andato bene”, ha detto l’assessore all’educazione di Palazzo Vecchio Sara Funaro.
    “Il bilancio è buono e non abbiamo avuto segnalazioni particolari”. L’assessore ha precisato “che sono state seguite tutte le procedure” suggerite dalle linee guida per evitare il contagio da Covid-19. Tra le particolarità del primo giorno la disponibilità dei referenti Covid delle strutture che hanno creato una chat per coordinarsi, per scambiarsi opinioni e confrontarsi”.
    Un positivo a Mondovì
    A risultare positivo al Coronavirus è stato però un addetto dell’asilo nido comunale di Mondovì, nel Cuneese, con l’amministrazione comunale che ha così deciso di far slittare a lunedì 14 settembre la riapertura, inizialmente prevista per mercoledì 9.
    La positività, ha detto l’assessore comunale al Sociale, Cecilia Rizzola, “é stata riscontrata a seguito del test sierologico e, successivamente, del tampone, grazie alle misure di prevenzione previste dai protocolli. Nei prossimi giorni tutto il personale verrà sottoposto a tampone”.
    A Roma si riduce il numero degli “isolati”
    Intanto, a Roma sembra “sgonfiarsi” il primo caso di contagio da Covid-19 relativo alla studentessa iscritta all’ultimo anno della Marymount International School, istituto scolastico internazionale privato in zona Cassia frequentato da figli dell’alta borghesia romana.
    I 60 studenti e docenti messi inizialmente in isolamento domiciliare, in via prudenziale, si sono ridotti a 9.
    Azzolina: il protocollo sta funzionando
    A ricordarlo è stata anche la ministra Lucia Azzolina: dopo avere specificato che “la scuola non è un posto fatato, asettico, dove il rischio è zero per questo abbiamo lavorato con l’Iss per avere un protocollo e stabilire cosa si fa se c’è un contagiato in classe”, la titolare del MI ha sottolineato che “il caso di Roma al Marymount dimostra come il protocollo sta funzionando: inizialmente si era parlato di 65 persone che dovevano andare in quarantena, poi si è stabilito che solo 9 andranno in quarantena e seguiranno la didattica a distanza”.
    Infine, anche in Friuli una studentessa è risultata positiva al Covid: fa parte dell’Istituto tecnico “Malignani” di Cervignano del Friuli, in provincia di Udine, ed aveva frequentato la scuola superiore friulana per partecipare ai corsi di recupero.


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    La ministra Azzolina: «Test sierologici a campione sugli alunni»


    Il «rischio zero non esiste»; e forse anche per questo, la ministra Lucia Azzolina, ha annunciato ieri in audizione in commissione Istruzione al Senato, che «durante l’anno saranno fatti test a campione anche agli studenti». Solo per la ripartenza di settembre, «sono stati stanziati oltre 2,9 miliardi, nessun altro paese europeo ha messo tante risorse, e se si considerano i fondi mobilitati da quando ha giurato come ministra, a gennaio, la cifra sale a circa 7 miliardi», ha poi aggiunto la titolare dell’Istruzione. Confermando anche che l’ex alternanza scuola-lavoro «si farà»; e che in autunno partiranno i concorsi per circa 78mila cattedre, dopo un attesa di oltre due anni (e un delicato compromesso politico all’interno della maggioranza).
    Nonostante parole e rassicurazioni fornite, ieri, davanti ai senatori, molti ancora restano i nodi aperti in vista della ripartenza, in presenza, delle lezioni. Alcuni li ha ricordati il presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli: «Attendiamo risposte sulla questione dei lavoratori e degli alunni fragili, sull’utilizzo delle mascherine, sui certificati medici per la riammissione a scuola, sulla data di consegna dei banchi monoposto. Su queste e su altre questioni, in un’ottica pienamente costruttiva, abbiamo chiesto indicazioni precise».
    Lucia Azzolina, che il 14 settembre assieme al capo dello Stato, Sergio Mattarella, sarà a Vo’ in Veneto, ha chiarito (si veda Sole 24Ore di ieri) che «nel caso vi sia un positivo a scuola sarà la Asl a decidere, sulla base dei contatti che lo studente ha avuto. Non c’è obbligo automatico di quarantena per tutta la classe». Sul fronte spazi, sul piatto, dopo i decreti Agosto ed esigenze indifferibili (che consente a Comuni e Province di mettere a bilancio i 150 milioni in più per il trasporto scolastico in arrivo con la prossima legge di bilancio), ci sono oltre 100 milioni, da dare agli enti locali, proprietari degli edifici scolastici, per la locazione, o con le altre modalità previste dalla legislazione vigente, inclusi l’acquisto, il leasing o il noleggio di strutture temporanee, di ulteriori spazi da destinare all’attività didattica nell’anno scolastico 2020/2021. «Queste risorse – ha spiegato la ministra – potranno essere utilizzate anche per le spese derivanti dalla conduzione di tali spazi e del loro adattamento alle esigenze didattiche. Allo stesso modo, quota parte dell’investimento è stata dedicata al finanziamento di specifici patti di comunità, di collaborazione, anche con le istituzioni culturali, sportive e del terzo settore, al fine di ampliare la permanenza a scuola degli allievi, alternando attività didattica ad attività ludico-ricreativa, di approfondimento culturale, artistico, coreutico, musicale e motorio-sportivo».
    Azzolina ha poi ricordato i 236 milioni «per dare libri scolastici, zaini e dispositivi digitali, gratuitamente, alle ragazze e ai ragazzi delle secondarie di primo e secondo grado. Testi che stanno per esser forniti dalle scuole. Il bando è scaduto lo scorso 23 luglio. Hanno aderito quasi 4.900 scuole. Daremo libri gratis a oltre 425 mila fra studentesse e studenti».
    Intanto nel Lazio 9mila studenti sono ancora senza aula; e i sindacati restano critici sull’operato del governo. La Flc Cgil denuncia che sono arrivati alle scuole finora solo 100mila banchi sui 2,4 milioni ordinati; che le immissioni in ruolo fatte sono meno del 30% dell’autorizzato, e che la call veloce ha riguardato appena 2.500 candidati. «Forse non si arriverà a 250mila supplenze, come sostiene Azzolina – viene detto -. Ma di sicuro si raggiungerà l’altrettanto spaventosa cifra di 200mila».


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    Azzolina: sarà un anno impegnativo, 50 mila gli studenti senza aula



    «Ci sono ancora 50mila studenti che, rispettando le regole sanitarie, non riescono a entrare in classe distanziati; a giugno – ha ricordato la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina – parlavamo di circa 1 milione di alunni. Ciò non vuol dire che questi (50mila) ragazzi non riprenderanno le lezioni, ma solo che nei primi giorni di scuola dovranno tenere la mascherina».
    Azzolina ha assicurato che si tratta di situazioni «che stiamo risolvendo. Con gli ultimi provvedimenti del governo sono stati stanziati altri 100milioni per affittare nuovi locali, e abbiamo fatto accordi con teatri, parrocchie, scuole paritarie per reperire spazi. Solo quest’estate sono stati eseguti interventi di “edilizia leggera” su circa 10mila classi, 4.812 le aule ampliate (ad esempio, abbattendo muri), 5.177 quelle ricavate in più, offrendo una soluzione adatta alla didattica ad oltre 200mila ragazzi».
    La titolare dell’Istruzione, parlando ieri, in mattinata, alla Camera, e nel primo pomeriggio, a palazzo Chigi, alla presenza, tra gli altri del premier, Giuseppe Conte, ha confermato anche che, dopo immissioni in ruolo e call veloce, restano da coprire circa 60mila cattedre, destinate ad altrettanti supplenti, che saranno nominati tutti, ha assicurato, «entro questo fine settimana». Il secondo step, partirà invece a lezioni iniziate, e riguarderà i 70mila (50mila prof, 20mila Ata) aggiuntivi, legati all’emergenza coronavirus, messi in campo dal governo, con un investimento di circa 2 miliardi, che firmeranno un contratto a tempo. Anche quest’anno, quindi, si viaggerà a settembre con 120/130mila “incarichi temporanei” in cattedra, comprensivi delle deroghe (la stragrande maggioranza su posti di sostegno).
    La scuola, per tutti gli 8,5 milioni di ragazzi, ripartirà al massimo il 24 settembre, ha detto Azzolina, parlando di «anno impegnativo». Sono 7, a oggi, infatti, le regioni che hanno scavallato la data del 14 settembre, Friuli Venezia Giulia, il 16, Sardegna, il 22, Puglia, Calabria, Basilicata, Abruzzo, Campania, il 24. Ma ancora ieri, l’Anp, l’Associazione nazionale presidi, guidata da Antonello Giannelli, ha chiesto all’esecutivo, visti i tanti nodi da sciogliere, dai certificati medici per riammettere gli studenti a scuola alla gestione di quarantene e soggetti “fragili”, «di valutare, sulla base di accordi tra enti locali e consigli di istituto, la possibilità di ragionevoli differenziazioni locali». La ministra dell’Istruzione ha confermato che la quarantena sarà una misura decisa dalle autorità sanitarie (Asl); e in ogni caso ci sarà la didattica a distanza.
    Sui trasporti, altro nodo quest’anno, la ministra Paola De Micheli ha specificato alcuni dettagli dell’accordo con gli enti territoriali. Sugli scuolabus, sarà obbligatoria la mascherina (tranne per gli alunni sotto i sei anni), ci dovrà essere il distanziamento sia in salita che in discesa, e c’è una sola deroga al tetto dell’80% di capienza massima, quando cioè la permanenza sul mezzo è inferiore ai 15 minuti. Per quanto riguarda il Tpl, 300 milioni di anticipo arriveranno alle regioni, 150 milioni ai comuni, per adeguare o reperire nuovi mezzi.


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    Alunno in quarantena, lavoro agile e congedi per i genitori: il D.L. in Gazzetta


    Come abbiamo già anticipato, è stato approvato un decreto che prevede congedi o smart working per i genitori di studenti minori di 14 anni costretti a casa da scuola in quarantena.
    Il D.L. n. 111 dell’8 settembre 2020 è stato pibblicato nella G.U. n. 223 dell’8 settembre e reca “Disposizioni urgenti per far fronte a indifferibili esigenze finanziarie e di sostegno per l’avvio dell’anno scolastico, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
    Smart working e congedi anche per il personale scolastico
    L’art. 5 del D.L. si occupa di lavoro agile e congedo straordinario per i genitori durante il periodo di quarantena obbligatoria del figlio convivente per contatti scolastici.
    Fino al 31 dicembre 2020, un genitore lavoratore dipendente può svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio convivente, minore di anni quattordici, disposta dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico.
    Solo nei casi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, uno dei genitori, alternativamente all’altro, può astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio, minore di anni quattordici, disposta dal DdP a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico.
    I periodi di congedo sono retribuiti al 50% e sono coperti da contribuzione figurativa.
    Per i giorni in cui un genitore svolge il lavoro in modalità agile o fruisce del congedo o non svolge alcuna attività lavorativa, l’altro genitore non può chiedere di fruire di alcuna delle predette misure.
    Le richieste comunque hanno un limite, che è fissato in 50 milioni di euro per l’anno 2020.
    C’è anche uno specifico stanziamento per il personale della scuola; infatti, al fine di garantire la sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche che usufruisce dei benefici in questione, è autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2020.



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    Se un alunno risulterà positivo al Covid resterà a casa fino a due tamponi negativi


    Un alunno che sia risultato positivo al Sars-Cov2 dovrà rimanere a casa fino alla scomparsa dei sintomi e in ogni caso fino all’esito negativo di due tamponi eseguiti ad almeno 24 ore di distanza. Il rientro a scuola solo con certificato. Coerentemente col piano scuola, i genitori sono responsabili dello stato di salute proprio e dei minori. Sono alcuni dei chiarimenti che arrivano dalla Regione Emilia-Romagna, dall’assessorato alla Salute e dall’ufficio scolastico regionale nelle indicazioni operative per la riapertura delle scuole e per la gestione di casi e focolai di coronavirus.
    Il documento è stato inviato ai dirigenti scolastici, coordinatori didattici, responsabili della sanità pubblica, pediatri e medici di medicina generale di tutto il territorio regionale. Se si sospetta un caso di Covid-19, il pediatra o il medico di base valuterà se richiedere un tampone.
    In caso di esito positivo, il Dipartimento di sanità pubblica avviserà il referente scolastico Covid-19 e l’alunno rimarrà a casa fino alla scomparsa dei sintomi e all’esito negativo di due tamponi. In caso di negatività pediatra o medico, una volta terminati i sintomi, produrranno un certificato di rientro in cui deve essere riportato il risultato negativo del tampone.
    Nel caso di un alunno con sintomi non riconducibili a Covid-19, pediatra o medico gestiranno la situazione come normalmente avviene, indicando alla famiglia le misure di cura e concordando, in base all’evoluzione del quadro clinico, i tempi per il rientro in comunità. Non è richiesto certificato per il rientro, né autocertificazione.



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    Scuole aperte ma mancano 150mila prof e 20mila Ata


    Il D-Day della scuola italiana è arrivato. In 13 Regioni su 21 – che si aggiungono all’Alto Adige partito il 7 – stamattina suonerà la prima campanella dell’anno scolastico 2020/21 e oltre 5 milioni di studenti torneranno in classe dopo 6 mesi di pausa. Altri 2,5 milioni li seguiranno da qui a 10 giorni, con il Friuli-Venezia Giulia che ripartirà il 16, la Sardegna il 22 e gran parte del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Puglia) il 24. Uno scaglionamento dovuto sia alla volontà di alcuni governatori di scavallare l’election day del 20 e 21, sia alle difficoltà di molti dirigenti scolastici ancora alle prese con edifici da sanificare, banchi da ricevere, aule esterne da affittare. Tant’è che alcuni sindaci (da La Spezia in Liguria a Rieti nel Lazio) hanno disposto lo slittamento della riapertura al 24 anche per le scuole delle loro città.
    Su tutte le novità in chiave anti-contagio che gli alunni troveranno molto si è detto e scritto, anche sul Sole 24 Ore: dall’obbligo di misurare la febbre a casa perché con 37,5 gradi non si entra, alle mascherine chirurgiche a carico delle scuole, dal protocollo da applicare per i casi sospetti di Covid-19 (e relativa quarantena) al mix di didattica in presenza e a distanza utilizzabile alle superiori.
    Per cui ora facciamo il punto su ciò che non ci sarà. A cominciare dai 150mila supplenti da nominare, i 20mila Ata da incaricare e i 2mila capi segreteria da reperire. Vuoti d’organico che complicheranno i primi giorni di lezione.
    I vuoti da riempire
    Calcolare quanti e quali docenti ancora mancano all’appello non è facile. Alle difficoltà classiche di ogni inizio d’anno si sommano quelle collegate alla massiccia (e per certi versi indispensabile) opera di digitalizzazione e sburocratizzazione del meccanismo tradizionale di organici/immissioni ruolo/ graduatorie per le supplenze voluta dalla ministra, Lucia Azzolina, che ha anche aggiunto uno step alla filiera tradizionale dell’assegnazione delle cattedre: la “call veloce” che ha portato circa 2.500 insegnanti precari a poter cambiare regione e avere un incarico a tempo indeterminato.
    Nell’assenza di cifre ministeriali a fare i conti delle scoperture ci pensa la Cisl Scuola. Partendo dagli 862.623 posti in organico l’anno scorso e aggiungendo i circa 60mila docenti che arriveranno con gli 1,7 miliardi stanziati dal Governo (sui 7 miliardi complessivi mobilitati per la scuola da gennaio), si arriva a 922.623 posti totali . Di questi – secondo il sindacato – 207.220 (il 22,45%) sarebbero coperti da personale precario (di cui almeno 96.180 sul sostegno). Le stime sindacali si fermano qui ma se sottraiamo le 57mila supplenze che il ministero contava di assegnare tra ieri e l’altro ieri, ecco che arriviamo comunque a 150mila supplenti, moltissimi dei quali ancora da nominare (inclusi quelli per fare fronte all’emergenza sanitaria). E non è un caso che Maddalena Gissi, segretaria della Cisl Scuola sottolinei: «Avere tutto il personale in servizio fin dal primo giorno di scuola era una delle condizioni necessarie, la realtà purtroppo è ben diversa e i numeri ne danno una dimostrazione eloquente».
    Gli altri vuoti da riempire
    Un meccanismo simile, anche se con numeri più piccoli, riguarderebbe anche il personale tecnico-amministrativo. Prendendo sempre per buone le stime della Cisl Scuola, che quantifica in 25mila gli Ata che hanno già avuto o avranno a breve un contratto a termine, resterebbero comunque da nominare i circa 20mila collaboratori scolastici e bidelli deputati a gestire l’emergenza Covid-19. Con compiti cruciali, visto che vanno dall’igienizzazione dei locali alla sorveglianza degli ingressi.
    E c’è poi il nodo dei capi-segreteria che non si trovano. All’appello ne mancano circa 2.200. Ad aiutarci con i numeri stavolta è Giorgio Germani, presidente dell’Associazione nazionale quadri delle amministrazioni pubbliche (Anquap). Al 1° settembre su 7.785 direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) ne mancavano 3.378. Fatto sta che delle 1.985 assunzioni in ruolo autorizzate solo 1.127 sono andate a buon fine perché in 5 regioni il concorso non è mai finito. Risultato: «Siamo in grandissima difficoltà – spiega – e così va in sofferenza tutta la parte dei servizi amministrativi tanto più che alle incombenze annuali si aggiungono i compiti legati all’organico Covid». Visto che è il Dsga a conoscere il budget e – in genere – a calcolare quante unità di personale aggiuntivo il dirigente scolastico può chiedere l’emergenza. A dimostrazione del fatto che nelle scuole tutto si tiene. Come se ne esce? «Proseguiremo con i facenti funzione», commenta Germani che rilancia l’idea del concorso straordinario riservato di cui si è già parlato ai tempi del decreto Scuola. Senza successo.


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    Docenti fragili, chi chiede visita per non stare in classe rischia di passare a 36 ore come Ata




    È stata quindi pubblicata la nota del Ministero dell’Istruzione n. 1585, con la quale vengono fornite le istruzioni operative ai dirigenti scolastici per la gestione dei docenti cosiddetti ‘fragili’: una condizione da intendersi, c’è scritto nella nota, come temporanea ed esclusivamente legata all’attuale situazione epidemiologica.
    Tra le varie condizioni che si potrebbero venire a configurare, bene evidenziate in un altro articolo, riteniamo che valga la pena soffermarsi su quella del docente di ruolo, con una o più patologie croniche, reputato inidoneo dal medico competente della scuola a seguito di domanda dello stesso insegnante.
    Niente lezioni
    È bene sapere che il medico del lavoro potrebbe reputare il docente non idoneo temporaneamente allo svolgimento delle lezioni, considerando che in classe, in presenza di un alto numero di alunni, potrebbe esporsi a rischi non indifferenti in caso di contagio da Covid-19.
    Tuttavia, l’incompatibilità ravvisata dal medico potrebbe non riguardare l’attività lavorativa in toto. Nel senso che il docente reputato inidoneo allo svolgimento delle lezioni potrebbe comunque essere reputato in grado di svolgere altre mansioni, di tipo amministrativo (quindi collocato professionalmente come Ata) in un contesto diverso, compatibili in questo caso con il suo stato di salute.
    In tal caso, verrà quindi “utilizzato” sempre all’interno della scuola, ma ovviamente non in classe.
    Questo passaggio di ruolo, sempre temporaneo, comporterebbe anche un mutamento dell’orario di servizio settimanale, che diventerebbe di 36 ore come previsto dall’articolo 8 del CCNI Utilizzazioni inidonei.
    Giannelli: possono svolgere altre mansioni
    A parlarne è stato anche Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: la sorveglianza sanitaria eccezionale”, dice il leader dell’Anp, deve in pratica “stabilire se sono idonei alla funzione di insegnamento in aula a contatto con gli alunni. Se non dovesse essere così, si valuterà se impiegarli in altre mansioni all’interno della scuola, tipo biblioteca o segreteria”.
    “Ovviamente i docenti che lavorano per 18 ore settimanali più le altre incombenze, assumeranno un’altra modalità, quella delle 36 ore settimanali, come i segretari appunto”, conferma Giannelli.
    Supplenze in arrivo, ma soluzione rivedibile
    Solo se il docente proprio non potrà stare nella scuola, perché reputato in uno stato di salute evidentemente con maggiori rischi derivanti da un eventuale contagio di Coronavirus, “verrà trattato come malato e scatteranno allora le supplenze”.
    La decisione potrebbe anche non durare tutto l’anno. “Le diverse mansioni dureranno per il tempo stabilito dal medico che poi rivedrà il paziente”, conclude Giannelli.



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    Il difficile non è riaprire ma mantenere l’apertura


    È dall’8 aprile che il Governo lavora al ritorno in classe dei nostri studenti. Quei giorni ce li ricordiamo tutti: eravamo in pieno lockdown, le terapie intensive traboccavano di pazienti, la curva dei contagi e dei morti dovuti al Covid -19 era ancora alta, le scuole erano chiuse da oltre un mese e ancora non si sapeva quando avrebbero riaperto. Ma il Governo correva ai ripari con un decreto che, da un lato, metteva in sicurezza gli esami di maturità del 2019/20 e, dall’altro, già guardava al 2020/21. Affidando alla ministra Lucia Azzolina il compito di decidere con ordinanza su tante questioni aperte: dalla data di rientro in classe ai corsi di recupero; dalla proroga di 12 mesi dei libri di testo alla nuova tempistica delle assunzioni. E un paio di settimane dopo veniva anche nominata una task-force, guidata da Patrizio Bianchi, con il compito di lavorare alla riapertura.
    Da allora sono passati oltre 5 mesi. Il lockdown è finito. I nuovi casi di coronavirus nel nostro paese sono prima calati e poi, dopo le movide e gli assembramenti agostani (in Italia e all’estero), di nuovo cresciuti. Le ordinanze ministeriali sono arrivate. Gli esperti sono stati salutati. E la scuola è ancora chiusa. Ma si appresta a riaprire con i punti fermi e le incertezze che questa Guida prova a raccontare nel dettaglio. Nel frattempo il decreto di aprile è diventato legge – seppure tra aspri contrasti dentro e fuori la maggioranza, ad esempio sui concorsi da 78mila posti, che ancora oggi lasciano strascichi – e almeno altri tre Dl (Rilancio, Semplificazioni e Agosto) sono intervenuti sull’avvio del nuovo anno. Con i risultati che ognuno di noi, da genitore, docente, studente o semplice osservatore, scoprirà a partire da dopodomani quando la prima campanella suonerà quasi ovunque.
    Per come è stata pensata, con al centro l’autonomia scolastica, la ripartenza inevitabilmente divergerà da istituto a istituto. Ogni preside, dopo essersi consultato con l’ufficio scolastico territoriale, l’ente locale proprietario e l’autorità sanitaria, ha scelto la strada da seguire per assicurare il distanziamento di un metro e garantire il rientro tra i banchi in sicurezza: doppi turni, ingressi e uscite scaglionati, gruppi spalmati su più aule (alcune volte contigue, altre distanti), tensostrutture, prefabbricati, spazi in affitto in parrocchie, università, teatri, padiglioni fieristici e – alle superiori – lezioni in parte miste e in parte a distanza. Sulla base di un piano organizzativo che in molti casi dovrà comunque essere rivisto, considerando che le nomine dei supplenti sono ancora in corso e che la consegna dei nuovi banchi proseguirà a ottobre.
    Per i dirigenti scolastici trovare la quadra non è stato facile. E non solo per la “spada di Damocle” della responsabilità penale in caso di contagio sopravvenuto che pende sulla loro testa. Ma anche per la mole di fonti (normative e non) da tenere presenti: il piano scuola 2020/21, il protocollo per la riapertura in sicurezza, l’ordinanza per la didattica digitale integrata, le linee guida (con annesso protocollo di sicurezza) per la classe 0-6 anni. E poi i verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) e i rapporti dell’Istituto superiore di sanità (Iss). O ancora le circolari dei ministeri dell’Istruzione e della Salute, negli ambiti di rispettiva competenza, e le note degli uffici scolastici territoriali. Atti quasi sempre preceduti o seguiti da indiscrezioni e smentite sui media (si pensi solo al plexiglass nelle aule o ai banchi a rotelle) o accompagnati dalle immancabili polemiche politiche. A ogni livello: tra il governo e l’opposizione, tra il centro e la periferia, tra la ministra e una parte della maggioranza, tra il ministero e i sindacati. Perfino all’interno di viale Trastevere con un sottosegretario (Giuseppe De Cristofaro, LeU) che, nel bel mezzo del tourbillon organizzativo per il nuovo anno, si è spostato al dicastero “cugino “ guidato da Gaetano Manfredi (Università).
    Uno spirito molto diverso da quell’“Uniti ce la faremo” riecheggiato quasi ovunque durante le fasi più dure della pandemia. Speriamo che un po’ tutti lo recuperino almeno adesso perché, a giudizio di molti esperti di cose scolastiche, il difficile non è tanto riaprire le scuole quanto mantenerle aperte. I focolai e i cluster già all’orizzonte rischiano di trasformarsi in “tanti piccoli fuochi” dell’omonimo brillante romanzo di Celeste Ng. Ma è un pericolo che non possiamo correre perché l’incendio trasformerebbe in cenere i bisogni e i sogni dei più giovani. Che si vedrebbero privati di un altro anno di scolarizzazione e, dunque, di un altro spicchio di futuro.


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