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Discussione: Ragazzi e genitori violenti. Ciò che i docenti affrontano ogni giorno va riconosciuto, ma non solo a

  1. #11
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    È la cultura dell’impunità che genera le baby gang


    Il problema delle bande di bambini, in questi giorni all’attenzione della cronaca, non ha nella repressione l’elemento risolutivo fondamentale, che è invece l’eliminazione, o l’attenuazione, della cultura dell’impunità.
    La cultura dell’impunità si sviluppa in tenera età in famiglia e nella società, soprattutto, a scuola. Il ministro Minniti ne ha parlato qualche giorno fa a Napoli, ma con una visione teorica, non concreta, in quanto non è il suo lavoro sapere cosa accade nelle scuole e quanto ciò che accade nella società influenza i ragazzi.
    Tutti in Italia potremmo scrivere un elenco infinito di comportamenti negativi tenuti con la quasi certezza dell’impunità, o della prescrizione. Ecco alcuni di quelli che tutti i giorni attirano la nostra attenzione, dai più gravi a quelli apparentemente meno, passando per quelli incredibili.
    I politici, i dirigenti o i funzionari ad ogni livello che chiedono esplicitamente o meno percentuali o altre dazioni per favori di ogni genere, a danno della collettività.
    Il cittadino che butta la spazzatura fuori dei cassonetti, anche se non sono pieni; parcheggia come gli pare e butta carta o altro per strada.
    I padroni dei cani che lasciano sui marciapiedi gli escrementi del loro animale.
    Gli evasori fiscali che non solo non pagano la loro parte per i servizi che ricevono dai vari enti, ma ottengono “precedenze” in vari servizi pubblici rispetto a chi dichiara onestamente tutto. Caso tipico: il figlio dell’evasore va all’asilo pubblico, quello del vicino di casa onesto (che conosce bene lo stile di vita dell’altro) no.
    Gli automobilisti che non lasciano passare i pedoni sulle strisce (in Spagna, ad esempio, non devi avvicinarti alla strada, altrimenti si fermano tutti pensando che tu debba attraversare).
    E così via…
    Uno dei motivi che determinano tale situazione è che la nostra società è ormai abituata alla mancanza di rispetto per le regole.
    Perché? Ancor più della repressione, manca un’educazione adeguata e per i ragazzi (che poi diventano uomini) gli elementi diseducativi sono i preferiti, in quanto molto attraenti.
    Fino a circa cinquant’anni fa erano presenti nella società, in generale, vari fattori educativi positivi.
    Nell’ambito familiare, c’era almeno un genitore sempre molto presente in casa. Il ragazzo non era quasi mai da solo. Anche i nonni erano molto presenti, ed anche altri parenti. E quasi tutti educavano. Oggi i ragazzi sono spesso soli, con il cellulare ed il computer.
    Un genitore presente in casa il pomeriggio è oggi un sogno per tanti ragazzi. Considerando che fino a cinquant’anni fa tale condizione è stata la norma per gli esseri umani per milioni di anni, è facilmente comprensibile come tale situazione alteri in maniera deleteria il loro equilibrio affettivo, togliendo loro serenità.
    I nonni sono presenti in poche famiglie. I contatti con zii ed altri parenti sono molto limitati, rispetto al passato. Alcuni bambini sono abituati a trattare alla pari gli adulti con cui sono in contatto o che lavorano per la famiglia, pensando poi di poter esportare tale comportamento con gli altri adulti con i quali entrano in rapporto (ad esempio con i docenti).
    Ed evidenziamo che i padri, per troppo lavoro, o ignoranza, spesso trascurano l’educazione dei figli e si interessano poco alla loro istruzione.
    Quasi tutti si dimenticano che ciò che più vogliono i ragazzi è l’amore dei genitori, accompagnato dalla loro presenza fisica.
    Nella società, molti adulti, per strada ed altrove, fino a non molti decenni fa si preoccupavano di controllare ed eventualmente rimproverare chi sbagliasse.
    Oggi sono presenti vari fattori diseducativi.
    Nella società, la TV, la diseducatrice per eccellenza, che quando reca poco danno intorpidisce la mente ed il cuore, generalmente propone modelli tremendamente affascinanti e vincenti, che portano i ragazzi a considerare come obiettivi fondamentali della loro vita il successo, il denaro ed il sesso, da ottenere a qualsiasi prezzo. Ovviamente se i bambini sono soli per ore a casa, o in compagnia di baby-sitter che se ne disinteressano o di nonni incapaci di gestirli, ne vedono quanta vogliono.
    Internet, oggi ancor più “educante” della TV, un mare infinito, dove insieme ad informazioni utili puoi trovare, mi dicono, quanto di peggio si possa immaginare, ed anche di più. Ed immaginiamo dove la curiosità possa portare anche il migliore dei bambini, magari solo per ore ed ore a casa.
    La scuola in passato educava come oggi ai valori positivi comuni, ma senza il buonismo e la tolleranza eccessivi attuali, che consentono a tanti bambini di fare tutto senza praticamente averne conseguenze significative. Oltretutto questo frustra quelli che rispettano le regole e li induce, o almeno stimola, a non farlo.
    A scuola (i dati che uso li ho ottenuti dai miei nipoti; da centinaia di colleghe e da altre centinaia di alunni e genitori di varie scuole; dalle mie osservazioni dirette, poiché insegno nella scuola primaria da quarantatrè anni) i ragazzi vedono spesso cattivi esempi dei compagni e la mancanza di un intervento adeguato affinché tutti rispettino le regole positive.
    Ciò che più produce danni nei ragazzi e nei docenti è l’acquisizione della consapevolezza della quasi impunità, qualunque sia il loro comportamento, poiché pochi se ne occupano sul serio, anche perché non hanno strumenti per farlo. E tanti “9” e “10” consentono a genitori, che hanno tanto da fare, ed agli insegnanti, che poco vogliono fare, o non vogliono problemi con i genitori, di vivere felici e tranquilli.
    Un altro fattore diseducativo è l’abitudine di tanti genitori di superare il senso di colpa derivante dalla consapevolezza di stare poco con i figli “comprando” la loro gratitudine, abituandoli quindi ad avere subito, a prescindere dall’averli meritati, oggetti materiali, spesso costosi ed inutili. Molti genitori stanno poco con i figli per ignoranza, altri perché non possono proprio farlo, dovendo lavorare per sopravvivere. Peccato che il tempo che loro non danno ai propri figli è ciò che essi più desiderano. I bambini crescendo, a volte soprattutto o soltanto fisicamente, potranno sempre avere tutto?
    Penso appaia evidente l’importantissimo, direi vitale, ruolo dei genitori e dei docenti, che dovrebbero insieme collaborare, con sicuro effetto sinergico, per educare ed istruire i bambini.

    *docente scuola primaria


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  2. #12
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    Parole, parole,parole, parole, parole ... soltanto parole .....parole tra noi .

  3. #13
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    Prof aggrediti: sì la scuola sta fallendo, ma è specchio della società




    Ormai succede ogni giorno: prof. aggrediti, insultati, picchiati, accoltellati. Fra qualche mese questi casi di cronaca non faranno neppure notizia. Finché, al primo morto, la questione tornerà alla ribalta nazionale nei Tg e nei talkshow.
    Intanto i docenti dovranno vedersela da soli. Foggia, Palermo, Como, Siracusa, Caserta … basta guardare il nostro giornale negli ultimi 10 giorni per capire che anche la Scuola sta deragliando, specchio della società intera, come purtroppo ci dicono le cronache.
    La tendenza distruttiva dell’affidabilità dell’Istituzione Scuola si è manifestata dapprima con le contestazioni sistematiche delle valutazioni. A genitori e studenti non va mai bene niente: né il 5, né il 6, e neppure il 9. Poi sono cominciati gli insulti e le diffamazioni nelle chat e su whatsapp. Adesso si passa alle mani.
    C’è chi sostiene che il ruolo del docente è ormai del tutto svilito. Ma non è solo questo. Di fatto la Scuola oggi è più attenta agli aspetti burocratici che educativi, con conseguenze rovinose. La “corresponsabilità educativa” è rimasta una parola vuota, scritta in documenti che nessuno legge. Richiederebbe un sforzo di “alimentazione” continuo, che nessuno è in grado di fare perché schiacciato da altre incombenze.
    “Da tempo s’è rotta una sintonia fra noi docenti e le famiglie” afferma uno dei prof. aggrediti nei giorni scorsi, e nella scuola adesso “non esiste disciplina, autorità, governo”. Di giorno in giorno siamo arrivati alla situazione attuale. Basta un niente perché scoppi l’aggressività e la violenza.
    La Scuola sta fallendo perché non è riuscita a seguire la bussola della propria mission e mantenere un argine. Troppo difficile, impegnativo e forse impossibile. È passata, per quieto vivere, la linea del “laissez faire laissez passer”, ovvero il buonismo senza responsabilità.
    Per far rispettare le regole e i ruoli sono necessarie le famose virtù dell’educatore: la pazienza, la fortezza, la giustizia, la verità, come diceva Don Antonio Mazzi. Ma chi possiede più, oggi, queste virtù? Non il singolo docente, perché non è questo che gli viene chiesto dal sistema vigente. E poi, se anche il singolo docente fosse un ottimo educatore, si trova ad agire in un consiglio di classe dove spesso prevale da linea “buonista” e in un contesto scolastico dove per primi i presidi seguono la linea di non “urtare” studenti e genitori.
    Eppure sono i ragazzi stessi, quando si discute con loro a mente fredda e non sull’onda dell’emotività, a riconoscere che servono la fermezza nel dialogo educativo e le punizioni quando occorre, giuste e tempestive.
    La scuola tuttavia è semplicemente lo specchio di una società intera che sta deragliando, perché “non esiste disciplina, autorità, governo” né dentro la scuola, né fuori. Nell’ultimo decennio, in particolare, abbiamo assistito a tutti i livelli all’eclissi dell’autorità riconosciuta come tale.
    Prima la famiglia, che ha mollato completamente sul piano educativo, accontentando e giustificando i figli sempre e comunque.
    Poi lo Stato, sempre più incapace di mantenere e di far rispettare quello che i filosofi illuministi chiamavano il “contratto sociale” finalizzato al bene comune e all’utilità sociale. “Obbedire alle leggi è come obbedire a se stessi” scriveva Rousseau. È il fondamento dello Stato e della democrazia.
    Oggi invece, troppi sono coloro che non riconoscono né leggi, né regole, e la “fanno franca” in svariatissimi settori, mandando alla società tutta un messaggio devastante. Lo vediamo quotidianamente, nelle cronache e nei telegiornali. E non bastano certo le belle parole del ministro di turno, a fattaccio avvenuto, per dimostrare di “esserci”, come Stato.


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  4. #14
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    Aggressione vicepreside, ecco la lettera di scuse del padre





    Il genitore responsabile dell’aggressione al vice preside di un istituto comprensivo di Foggia, si è scusato del gesto compiuto.
    “Porgo scusa al vice preside, agli alunni ed a tutta la comunità scolastica per l’increscioso accaduto causato da un gesto impulso” ecco il testo della lettera attesa per questa sera diffusa dal legale del genitore che ha aggredito un vicepreside di una scuola di Foggia, causandogli lesioni guaribili in 30 giorni.
    Nella lettera l’uomo afferma di “avere appreso dal figlio in lacrime che era stato violentemente allontanato dalla fila con uno strattone e scaraventato contro il muro durante l’uscita dalla scuola, percuotendo vistosamente il capo verso il muro, di comprendere il motivo di tanta ed ingiustificata violenza afflitta“.
    Secondo quanto riporta l’ANSA, il genitore è andato a scuola il giorno dopo, “in uno stato di agitazione“, ha cercato di “colloquiare con il vice preside sull’accaduto, reagendo in maniera tale da non pensare alle conseguenze del proprio gesto, accecato dal pensiero di proteggere il figlio dalle presunte aggressioni ingiustificate che aveva ricevuto“.
    La scuola è “un luogo dove vengono affidati i nostri figli, – come riporta il testo della lettera – perché crescano culturalmente, nel rispetto dei principi di legalità, assistiti da insegnati che ogni giorni si sacrificano per raggiungere gli obbiettivi prefissati”. “Dietro tutta questa storia, purtroppo – prosegue– non si pensa a volte che ci sono minorenni, che devono essere comunque oggetto di tutela incondizionata, da parte di tutte le organizzazioni sociali, e con maggior attenzione da parte del mondo scolastico“.
    Come spiega l’avvocato Antonietta De Carlo all’ANSA, a seguito della volontà di tutela dei minori, “il mio assistito, prendendo atto che il proprio figlio è stato oggetto di un presunto abuso di mezzi di correzione, ha voluto incautamente colloquiare con la persona presuntivamente responsabile di tale fatto“.
    Per questo ha “cercato di colloquiare con il vice preside sull’accaduto, reagendo in maniera tale da non pensare alle conseguenze del proprio gesto, accecato dal pensiero di proteggere il proprio figlio dalle presunte aggressioni ingiustificate che aveva ricevuto“.
    “Il mio assistito – conclude il testo della lettera – porge le scuse al vice preside, agli alunni ed a tutta la comunità scolastica per l’increscioso accaduto causato da un gesto impulso“.
    Il genitore, come riferisce sempre l’Ansa, è stato indagato con l’accusa di lesioni aggravate da aggressione a Pubblico Ufficiale. Aperto un fascicolo presso la Procura di Foggia.


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  5. #15
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    Il ruolo dei docenti non è più riconosciuto: sempre di più i genitori litigiosi ai colloqui




    Le cronache scolastiche sono piene, purtroppo, negli ultimi giorni, di episodi in cui i docenti sono vittime di aggressioni da parte di genitori e alunni.
    Molto più spesso le aggressioni fisiche lasciano spazio a quelle verbali con insulti e molestie che creano, comunque, tensioni.
    Da una recente indagine di Skuola.net, emerge che i genitori partecipanti ai colloqui, il 7% ha riportato un litigio con uno dei docenti. Questi fenomeni sono più presenti al Nord (12%) e nelle scuole professionali (20%). Nella metà dei casi il litigio si limita a insulti o comunque si ferma alle parole. Nell’altra metà dei casi, invece, diventa violenza fisica che può partire sia dai genitori che dai docenti.
    A La Stampa, interviene, Roberta Fanfarillo, che rappresenta i dirigenti scolastici della Flc-Cgil: “C’è una crescente difficoltà a fare da cuscinetto tra le richieste delle famiglie sempre più personali e quelle delle scuole che invece devono tener conto degli interessi di un gruppo. Le famiglie sono sempre più protettive nei confronti dei figli e chiedono alle scuole di adattarsi alle esigenze degli alunni, mentre un tempo era l’alunno a doversi adattare alle regole delle scuole. Un esempio è la richiesta – che prima non esisteva in questi termini – di mandare via dalle classi delle scuole primarie alunni con disturbi di apprendimento. Negli ultimi tempi iniziano ad arrivare lettere ufficiali di gruppi di genitori firmate da avvocati. Tutto questo crea un clima teso che ha serie ripercussioni sulla classe”.
    Dunque il ruolo dei docenti si è sempre più svilito, con una perdita di autorevolezza sempre più frequente.



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  6. #16
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    Fedeli: ‘È incivile aggredire la scuola. Serve una nuova partnership tra genitori e docenti’


    Insegnamento e genitorialità insieme al servizio dell’educazione delle nuove generazioni. È una missione appassionante che tocca il nucleo e l’essenza stessa della società”. Dialogo, rispetto reciproco, responsabilità, regole chiare: sono gli ingredienti per una nuova alleanza educativa. Va restituita autorevolezza alla scuola e agli insegnanti, che però devono essere formati e aggiornati: “non basta salire in cattedra per essere autorevoli”. Molti genitori non possiedono gli strumenti culturali per affrontare la sfida dell’educazione. La scuola può aiutarli. Ci vogliono luoghi di incontro tra scuola e famiglia e momenti di informazione e approfondimento.
    Viale Trastevere, fine legislatura, elezioni alle porte, un anno intenso di lavoro alle spalle, paracadutata all’improvviso nel mondo elefantiaco, complicato ma appassionante della scuola, l’unica agenzia sociale che tocca quotidianamente il 47% degli italiani – se agli operatori e agli studenti aggiungiamo i loro genitori – e l’avvenire di tutti (in realtà le sono stati affidati anche il mondo dell’università e della ricerca, che non trattiamo in questa intervista).
    “In questi mesi abbiamo lavorato per rimettere al centro l’alleanza educativa fra scuola e famiglie e rilanciare la figura dell’insegnante”. La ministra dell’istruzione Valeria Fedeli lo ripete quasi come un mantra nel lungo colloquio che concede a Tuttoscuola, in cui traccia un bilancio dei quattordici mesi trascorsi al palazzo della Minerva.
    E si infervora. “D’altronde, qual è la missione dei genitori? L’educazione dei figli; e la missione della scuola? L’educazione degli studenti, cioè di quegli stessi figli: c’è piena coincidenza, è un’alleanza naturale, di cui in troppi si dimenticano, ma che è prevista dalla stessa Costituzione. Docenti e genitori sono adulti con pari responsabilità educative, sia pure con funzioni e compiti diversi, chiamati a operare in sinergia e unione di intenti mettendo al centro l’interesse delle studentesse e degli studenti”.
    È diventato cruciale abbassare il livello di conflittualità (e di contenzioso) nella scuola. Come rigenerare il patto educativo tra scuola e famiglia?
    «È fondamentale il dialogo. Invito tutti a riflettere sul fatto che di fronte a qualsiasi contrasto c’è sempre la possibilità di arrivare con il dialogo ad una soluzione costruttiva. Altri ingredienti sono la comprensione reciproca (anche delle difficoltà dei rispettivi ruoli), l’impegno della responsabilità, la chiarezza nelle regole. Nelle prossime settimane presenteremo il nuovo Patto di corresponsabilità educativa, che darà importanti risposte a queste istanze. Non sarà un atto burocratico, ma un punto di incontro tra scuola e i genitori. Solo l’incontro tra una comunità educante ed accogliente (la scuola) e famiglie che credono nell’educazione dei figli come la risorsa fondante per la vita dei ragazzi può consentire di rigenerare un patto educativo vincente».
    Più facile a dirsi che a farsi, di questi tempi…
    «Vanno create e salvaguardate le condizioni di successo. In primo luogo occorre restituire autorevolezza alla scuola e a chi la rappresenta, in particolare alla figura del docente, che svolge una funzione fondamentale. Autorevolezza – voglio sottolinearlo – che passa per un’adeguata formazione iniziale, una selezione rigorosa, un continuo aggiornamento professionale, ai quali devono corrispondere – ne sono convinta e su questo abbiamo iniziato un percorso che deve continuare – adeguati riconoscimenti anche economici. Non è che basta salire in cattedra per essere autorevoli. Detto questo, bisogna sensibilizzare tutta la società. È un problema che riguarda tutti, non solo chi a vario titolo frequenta la scuola. Se il ragazzo non impara a scuola ad accettare le regole della convivenza e ad accettare di essere valutato (e se i genitori non lo aiutano in questo), non potrà diventare un cittadino equilibrato e rispettoso dei diritti altrui.
    E dico di più: attenzione, l’autorevolezza dell’insegnante si intreccia strettamente, agli occhi delle ragazze e dei ragazzi, con quella dei genitori. La sfida dell’educazione è per entrambe le figure. Riflettiamoci: agli insegnanti si richiedono competenze sempre più evolute, che toccano anche la sfera relazionale e psicologica, oltre a quella cognitiva. Basti pensare che oggi gli insegnanti si confrontano con generazioni che sviluppano un ‘pensiero digitale’, mentre loro si sono formati sulla base di un ‘pensiero analogico’. Ma la complessità crescente della società civile, i nuovi temi che si affacciano, investono anche il ruolo di genitore e la sua funzione verso i figli. E in molti casi i genitori non possiedono gli strumenti, anche culturali, per affrontare queste sfide. In questo la scuola può offrire un contributo importante».
    Come?
    «Ad esempio se l’offerta formativa di una scuola punta in particolare sulla cittadinanza attiva e sull’educazione al rispetto, ai genitori devono essere offerti strumenti di conoscenza di queste tematiche. Ci vogliono luoghi, anche fisici, di incontro tra scuola e famiglia, momenti di informazione, di approfondimento e di dibattito sulle linee strategiche e sugli elementi distintivi del piano dell’offerta formativa perseguito dall’istituto scolastico».
    Sta dicendo che i genitori dovrebbero tornare sui banchi di scuola?
    «No, il genitore deve fare il genitore, ma docenti e genitori possono affrontare insieme l’importante compito di essere educatori verso gli studenti/figli. Insegnamento e genitorialità al servizio dell’educazione delle nuove generazioni. È una missione appassionante che tocca il nucleo e l’essenza stessa della società».
    Una nuova partnership?
    «Sì, per i motivi di fondo di cui parlavo prima, chiaramente nella netta distinzione dei rispettivi ruoli. In questa cornice il genitore ha anche ovviamente tutto il diritto di verificare e discutere l’operato della scuola. Ma questo può avvenire solo se c’è rispetto reciproco. Non è mai accettabile la delegittimazione della funzione docente e dell’istituzione scolastica, che peraltro è l’anticamera della delegittimazione della stessa funzione genitoriale. Entrambi sono aspetti di quella crisi del principio di autorità – ma io preferisco dire ‘autorevolezza’ – che ha accompagnato l’evoluzione delle società liberal e socialdemocratiche nel passaggio dalla seconda rivoluzione industriale alla attuale fase post-industriale, che sta ridisegnando valori e gerarchie. Ma l’autorevolezza e il rispetto dei ruoli sono indispensabili in una società democratica e vanno ricostruiti a tutti i livelli, cominciando appunto dalla scuola. E vado oltre: anche chi non ha i figli a scuola deve capire che l’autorevolezza degli insegnanti non riguarda solo i diretti interessati (non è certo una mera rivendicazione di categoria), ma tutti gli studenti, tutte le famiglie, con e senza figli a scuola. È un problema di tutta la società».
    Fin qui abbiamo parlato di conflittualità, comunque all’interno dei limiti di civiltà. Ma ormai nelle scuole si susseguono veri e propri episodi di violenza. In percentuale minima, per fortuna, ma comunque in preoccupante aumento. Presidi minacciati, docenti picchiati, addirittura un’insegnante sfregiata con un coltello…
    «Quello è un salto ulteriore, direttamente verso l’inciviltà. Questo è totalmente inaccettabile. La violenza – di qualsiasi tipo: fisica, verbale, psichica, morale, sessuale – è un reato e va punita severamente, e se commessa a scuola c’è un’aggravante. E questo chiunque la commetta: che sia un genitore, uno studente (con le dovute distinzioni per i minori) o anche un docente. E che non si scherzi su questo, penso sia stato dimostrato dal fatto che per la prima volta è stato previsto nel contratto scuola il licenziamento per chi commette molestie a carattere sessuale verso studentesse o studenti. La fermezza nei provvedimenti sanzionatori verso chi tradisce la propria delicata funzione dà credibilità alla scuola e al patto di corresponsabilità e rappresenta una garanzia agli occhi di tutti gli interlocutori».


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    Studente accoltella compagno. E per gli insegnanti scatta il consiglio di classe straordinario. Il Preside: bisogna capire




    Sarà svolto oggi stesso il consiglio di classe straordinario delle classi di riferimento degli studenti protagonisti oggi di un atto di violenza all’interno della scuola.
    “Al di là del sanzionare bisogna capire” spiega il preside dell’Istituto superiore Crocetti-Cerulli di Giulianova (Teramo), che raggruppa l’istituto alberghiero Crocetti, l’istituto tecnico Cerulli e il professionale Pagliaccetti.
    “Per questo – prosegue il Dirigente Scolastico all’ANSA – oltre ad aver convocato d’urgenza il consiglio di classe, ho convocato tra poco il consiglio straordinario con i docenti del Professionale e poi parlerò anche con le famiglie”.
    “I Carabinieri stanno svolgendo le indagini – dichiara il preside – Da quanto si dice informalmente pare che i due ragazzi avessero avuto degli screzi fuori dalla scuola. Nulla, invece, mi è mai stato riferito di eventuali problemi dentro la scuola”.
    Il dirigente scolastico, nel sottolineare come la scuola abbia fatto molto in termini di sicurezza, dotandosi anche di un sistema di videosorveglianza, ribadisce che la priorità è capire il contesto nel quale si è consumato il fatto.
    “Per questo ho convocato il consiglio straordinario – conclude – per parlare di entrambi i ragazzi e capire”.




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    Insulta la docente del figlio su Facebook: condannato


    Così come riporta il quotidiano locale “Alto Adige”, un altoatesino della Val Badia è stato condannato a otto mesi di reclusione e 12 mila euro di risarcimento per aver diffamato l’insegnante del figlio che frequenta la scuola elementare in un paesino della regione.
    La vicenda
    Il padre dello studente, senza verificare quanto stesse accadendo al proprio figliuolo, a fronte di un numero consistente di assenze fatte dal proprio figlio durante l’anno scolastico, accusò, senza mezzi termini, la maestra di non essere un esempio di rigore professionale.
    Durante il procedimento giudiziario, la maestra (che si è costituita parte civile nel procedimento) ha dimostrato che in realtà le assenze fatte registrare sul posto di lavoro erano da imputare ad una malattia che aveva colpito prima il marito e poi la stessa docente.
    La maestra è un pubblico ufficiale
    Spesso i genitori non usano mezzi termini: un voto negativo o una punizione inflitta ai loro figli viene interpretata come un’offesa. Non pensano, invece, che quasi sempre sono la normale conseguenza di una preparazione inadeguata o un mezzo di correzione di comportamenti sbagliati.
    Clicca qui per la normativa relativa alla figura del docente e al suo ruolo di pubblico ufficiale.


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  9. #19
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    Docente ritira cellulari, studente le sferra un pugno





    Succede presso un istituto tecnico a Firenze, mercoledì scorso.
    La docente, come riporta il Corriere Fiorentino, durante la lezione ha ritirato i cellulari per metterli sulla cattedra.
    Una prassi consueta, secondo quanto riporta il quotidiano, ma che questa volta non è andata giù ad uno studente che ha spinto la docente e le ha tirato un pugno al petto.
    Nonostante l’accaduto, la docente ha continuato stoicamente la lezione, alla fine della quale ha chiamato il 118 e avvertito i colleghi.
    Portata al pronto soccorso, le viene diagnosticata una contusione toracica e prescritto qualche giorno di riposo.
    15 giorni di sospensione è la punizione inferta allo studente dal Consiglio di Classe e l’obbligo per lo studente di effettuare sedute con gli psicologi.
    L’insegnante, secondo quanto riferisce il dirigente, non sporgerà denuncia.



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  10. #20
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    Prof legata alla sedia, i genitori: non è vero, solo offese e riprese video. Ma il fatto rimane gravissimo


    Non corrisponderebbe al vero la notizia della professoressa di una scuola superiore di Alessandria, supplente disabile, presa di mira da alcuni suoi allievi fino ad essere immobilizzata con lo scotch alla sedia, con tanto di calci tirati a turno sulla stessa sedia: dopo l’indignazione generale per l’accaduto, nella serata del 28 marzo i genitori degli studenti hanno pubblicato un comunicato nel quale spiegano che la docente sarebbe stata derisa e offesa, ma non legata. E per questo ritengono che sul caso si siano accesi troppi riflettori.
    “I nostri figli non sono delinquenti”
    “Vittima questa volta sono i ragazzi – scrivono in un comunicato che dicono ‘condiviso’ con la scuola – si sono visti descrivere come delinquenti, sono stati demonizzati ingiustamente. È vero che hanno mancato di rispetto ad una insegnante che per altro ha delle difficoltà fisiche, deridendola e non dando ascolto alle sue richieste, è vero che è intervenuto un ragazzo più grande a riportare ordine, ma è assolutamente falso ed infamante che l’insegnante sia stata legata su una sedia, che sia stata presa a calci e pugni la sedia stessa. Come è assolutamente falso che filmati dell’accaduto siano stati postati sui social”.
    Sembra, però, che dei video sull’accaduto siano stati effettivamente pubblicati su Instagram e abbiano anche fatto un “giro” sulle chat di Whatsapp, ma rimossi quasi subito dopo la pubblicazione, probabilmente dopo che gli autori della violenza e i loro compagni si sono accorti che il caso avrebbe potuto “esplodere”.
    “Noi genitori ci siamo schierati al fianco degli insegnanti”
    “La scuola, gli insegnanti e noi – si legge nel documento emesso dai genitori – siamo immediatamente intervenuti nei confronti dei nostri ragazzi, perché è sicuramente grave mancare di rispetto ad un’insegnante, ancor più se incapace di difendersi, e sono stati presi provvedimenti disciplinari adeguati alle azioni commesse. Provvedimenti che i ragazzi hanno affrontato con responsabilità avendo compreso il loro comportamento non corretto, affrontando comunque derisioni ed umiliazioni da parte degli altri alunni dell’istituto. Noi genitori ci siamo schierati al fianco degli insegnanti con lo scopo di far comprendere ai ragazzi i reali valori del vivere comune ed il rispetto fondamentale degli altri”.
    Il preside: lo scotch solo nella borsetta dell’insegnante
    La stessa interpretazione è del preside della scuola piemontese: anche lui nega che i ragazzi abbiano legato l’insegnante. Ammette, però, che la donna sia stata derisa e qualche allievo ha registrato un video della scena, cancellandolo dopo. “E’ successo – spiega – l’8 febbraio scorso, quando una supplente, disabile, si trovava a fare lezione in una classe prima sempre considerata una buona classe. Quel giorno era da sola, anche se normalmente – considerate anche le sue condizioni – era affiancata, per mia decisione, da un’altra insegnante”.
    “Particolarmente timida e un po’ impacciata, ha chiesto ad alcuni ragazzi di scrivere alcune frasi alla lavagna. Ne hanno un po’ approfittato. C’è stata qualche risata di troppo e qualcuno le ha messo dello scotch nella borsetta dell’insegnante. Nessun l’ha legata e, tanto meno, presa a calci. Qualcuno poi ha ripreso con il cellulare mettendo in rete le immagini, le stesse poi tolte dai social”.
    La prof li ha perdonati
    Il giorno dopo – ha spiegato il dirigente scolastico – i ragazzi e la docente sono stati convocati. “L’insegnante mi ha detto di averli perdonati”, mostrando “un atteggiamento quasi protettivo nei loro confronti”.
    Tutta la classe è stata punita e “ha presentato una richiesta scritta di scuse al preside e alla professoressa. Per un mese, i 26 giovani, sorvegliati da un insegnante e un bidello – hanno eseguito lavoretti di restauro, svuotato i cestini dell’Aula Magna e svolto altre attività socialmente utili”.
    Un mese di lavori socialmente utili può bastare per espiare l’errore?
    La vicenda, quindi, sembra prendere una piega ben diversa da quella iniziale. In ogni caso, un punto rimane fermo: un gruppo di studenti si è preso gioco di una docente disabile, umiliandola. E mentre alcuni si facevano beffe della stessa docente, altri hanno ripreso l’accaduto e ‘postato’ su alcuni canali interattivi. Il resto, francamente non interessa più di tanto.
    Il fatto che sia stata legata o meno, cambia la prospettiva qualora la prof dovesse decidere di avviare una causa civile o penale. Come comunicatori, invece, a noi basta e avanza quanto ammesso da genitori e dal dirigente scolastico: l’atto di derisione e il suo tentativo di divulgazione, quasi fosse un “trofeo” da mettere in bella mostra.
    Spetta alla scuola valutare
    Ora, dire – come hanno fatto i genitori – che quei ragazzi sono stati “demonizzati ingiustamente” non ci trova d’accordo: pensare che uno o più giovani possano coalizzarsi contro un insegnante con delle difficoltà fisiche oggettive, rappresenta un atto estremamente grave. Significa non avere compreso minimamente quali sono i ruoli nella scuola, nella società civile. E che non si ha alcuna cognizione del rispetto che si deve portare verso chi sta dietro la cattedra.
    E a proposito di ruolo, è bene che anche i genitori si limitino a svolgere il proprio: sarà infatti la scuola, a valutare se sono stati presi i “provvedimenti disciplinari adeguati alle azioni commesse”. Probabilmente, a fine anno scolastico.


    Tecnica della scuola
    "L'esperienza è maestra di vita"



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