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Discussione: Perché si dice...

  1. #21
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    MENARE PER IL NASO


    Far credere a qualcuno quello che si vuole, prendere in giro.


    L'espressione deriva dall'abitudine dei domatori girovaghi di mettere al naso dell'orso addomesticato un anello, nel quale s'infila la corda che serve a guidare la bestia. Si dice lo stesso anche in francese: Mener quelqu'un par le nez. Il modo di dire era già usato dai Greci e dai Latini.


    NASCERE CON LA CAMICIA


    Essere fortunati, portare a buon termine qualunque tipo di operazione intrapresa.

    Il feto, nell'utero materno, è avvolto da una membrana protettiva, detta amnio, che al momento della nascita resta nel ventre materno. In qualche caso, però, il neonato ha ancora la testa coperta da parte di questa membrana e in certi casi, molto rari, l'intero corpo. Fin dai tempi più remoti, il fenomeno è stato considerato di buon auspicio. Nell'antica Roma, per esempio, le levatrici vendevano l'amnio agli avvocati, ad altissimo prezzo, sostenendo che un amuleto del genere portato sempre addosso conferisse loro un'eloquenza straordinaria e gli consentisse di vincere tutte le cause. Con il passare del tempo si è arrivati perfino a vedere nel fenomeno un intervento divino: in Francia l'amnio veniva benedetto da un prete e se assomigliava anche vagamente alla mitria episcopale, il neonato che lo portava addosso al momento della nascita veniva consacrato alla vita religiosa. Questa abitudine non è ancora del tutto scomparsa in Francia, mentre gli inglesi, sempre molto pratici, quando si verifica un'eventualità del genere, mettono l'amnio in vendita, con inserzioni sui giornali o addirittura con manifesti. Pare che gli acquirenti accorrano in massa.


    NON AVERE NE' ARTE NE' PARTE


    Non conoscere un mestiere e non avere né beni né appoggi.

    Nel medioevo, tutti coloro che praticavano un'arte o un mestiere erano iscritti alle corporazioni, distinte a seconda delle attività. Queste corporazioni, vere e proprie associazioni, salvaguardavano gli interessi degli iscritti e li aiutavano a raggiungere determinati fini economici. Inoltre, le corporazioni entravano nelle divisioni politiche, "prendevano partito", anche questo sempre a vantaggio degli iscritti. In definitiva, avere arte e parte (e infatti esiste anche il detto chi ha arte ha parte) significava appunto essere in grado di svolgere una "professione" che dava sicuramente da vivere e forniva un appoggio in caso di bisogno, mentre coloro che non erano iscritti alle corporazioni venivano considerati poveri diavoli, gente, appunto, che non ha né arte né parte.




  2. #22
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    NON SAPERE A CHE SANTO VOTARSI


    Non sapere come cavarsela, che espediente trovare o a chi raccomandarsi in caso di difficoltà.

    Si sa che nell'opinione popolare ogni santo presiede a un dato malanno della vita e conviene invocare, a seconda del bisogno, il santo specialista. Santa Lucia, per esempio, per il mal d'occhi, San Rocco per la peste, San Biagio per il mal di gola e così via. Ma ci sono accidenti per cui non esiste il santo ad hoc e allora la situazione è disperata. Si dice anche: Non sapere dove battere la testa, Non sapere che pesci pigliare.


    PAGANINI NON RIPETE



    Questa frase ormai storica venne effettivamente pronunciata da Niccolò Paganini, nel 1825, al regio teatro del Falcone. Ma era già proverbiale il fatto che l'artista non concedesse bis, non tanto per una questione di cattiva volontà, quanto perché spesso improvvisava e quindi si trovava nell'impossibilità di ripetere un lungo brano inventato dal suo inimitabile genio artistico sotto l'influsso dell'ispirazione del momento. In quell'occasione, al concerto di Paganini era intervenuto re Carlo felice, il quale, entusiasmato dalla musica che aveva strappato al pubblico applausi pieni d'entusiasmo, mandò un ciambellano dall'artista, per chiedergli di risuonare il pezzo appena finito. Ma evidentemente la buona educazione non doveva essere il forte di quel funzionario, perché, quando si presentò a Paganini, gli intimò: Avanta, replichè! A tale ingiunzione, il re del violino rispose tranquillamente: Paganini non replica! Ma forse quella volta, ammesso che ne avesse avuto la possibilità, non lo avrebbe fatto di proposito.


    PANTALONE PAGA



    Così si dice per indicare che il popolo paga gli errori e le colpe dei governanti, o anche semplicemente le tasse.

    Dopo il trattato di Campoformio, comparve a Milano una caricatura dov'erano raffigurati i plenipotenziari che avevano concluso l'accordo, nel momento in cui s'allontanavano in carrozza dall'albergo dov'erano stati alloggiati. L'albergatore gli grida: "Chi paga?" E la maschera veneziana, Pantalone, che è dietro la vettura, risponde: "Pago mi, amigo!".




  3. #23
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    PARLARE DI CORDA IN CASA DELL'IMPICCATO


    Ricordare a qualcuno qualcosa di spiacevole.

    Per risalire alle origini di questo detto, ci rifacciamo a due versioni fornite dai ricercatori. La prima risale a una vecchia consuetudine, secondo cui un condannato a morte per impiccagione veniva graziato nel caso in cui, durante l'esecuzione, si rompeva la corda. Quindi, in seguito, parlando di corda in presenza del "miracolato" gli si ricordava una brutto periodo della sua esistenza. L'altra versione vuole che questi tristi ricordi si suscitavano nelle persone che avevano avuto un familiare condannato all'impiccagione. E forse questa è più attendibile, in quanto, un detto analogo, si riferisce sempre ai familiari: rammentare i morti a tavola.


    PERDERE LA TRAMONTANA



    Non sapere più quello che si fa, disorientarsi, perdere il controllo di sé.

    Prima che fosse introdotta la bussola, i navigatori regolavano la loro rotta con la stella polare, che è detta anche tramontana. E quando le nuvole, di notte, velavano il cielo e la tramontana andava perduta, non era più possibile mantenersi sulla via giusta. Si legge nel Milione: "Quando l'uomo si parte di Basma egli truova lo reame di Samarca ch'è questa isola medesima. Ed io Marco Polo vi dimorai cinque mesi per lo maltempo che mi vi teneva; e ancora la tramontana non si vedeva, ne le istelle del maestro". Si dice anche: Perdere la bussola.



    PER UN PUNTO MARTIN PERSE LA CAPPA



    Per dire che basta un niente, a volte, a provocare un disastro, il fallimento di un progetto meditato, d'una lunga fatica.

    Questa curiosa espressione deriva da un aneddoto che ebbe molto credito nel medioevo. Martino era abate dell'abbazia di Asello e, da persona molto caritatevole, volle sulla sua porta questa iscrizione: Porta patens esto. Nulli claudaris honesto. (Porta, resta aperta. Non chiuderti a nessuna persona onesta). Ma chi eseguì il lavoro, sbagliò l'ortografia e scrisse invece: Porta patens esto nulli. Claudaris honesto. (Porta, non restare aperta a nessuno. Chiuditi alla persona onesta). Lo scandalo prodotto dalla trasposizione del punto fu enorme e il papa dovette privare Martino dell'abbazia, facendogli così perdere la cappa di abate. L'espressione originaria sembra però che fosse un po' diversa: Uno pro puncto caruit Martinus Asello (Per un punto Martino perdè Asello). E di qui viene il proverbio francese: Pour un point Martin perdit son ane!




  4. #24
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    PEZZO DA NOVANTA


    Si dice per indicare una personalità molto influente, in tutti i settori, con particolare riferimento alla malavita.

    In alcune cittadine, soprattutto della Sicilia, è ancora in voga, in occasione delle feste dedicate al santo patrono, concludere i festeggiamenti con fuochi d'artificio, al termine dei quali si fanno esplodere bombe più grosse delle altre, sparate con rudimentali mortai del diametro di 90 mm. La misura del calibro è passata a indicare una persona più importante delle altre, di cui si dice anche: E' un pezzo grosso, Un grosso calibro.


    PIANGERE LACRIME DI COCCODRILLO


    Lacrime di un pentimento vano e tardivo, dopo che il male è fatto e irrimediabile.

    Secondo un pregiudizio popolare, il coccodrillo verserebbe lacrime dopo aver ucciso e divorato i propri figli. Si dice anche che questo avvenga perché la grossa preda, che il coccodrillo può ingoiare intera, crea poi dei problemi di digestione. Il modo di dire viene usato anche col significato di piangere lacrime false, di falso dolore. E questo perché gli antichi credevano che il coccodrillo, nascosto tra i canneti sulle rive dei fiumi, imitasse il pianto dell'uomo per muovere a compassione i passanti, attirarli e divorarli.


    PIANTARE IN ASSO


    Lasciare qualcuno nel momento meno opportuno, magari in una situazione scabrosa, di fronte a un pericolo, o comunque in stato di necessità.

    Le origini di questo detto sono incerte e le varie attribuzioni controverse. In latino assus significa anche solo e da qui sarebbe derivata la nostra locuzione, con il significato di lasciar solo. Secondo la leggenda, Teseo abbandonò Arianna nell'isola di Nasso, dopo che questa lo aiutò a fuggire dal labirinto in cui l'eroe aveva ucciso il Minotauro. Perciò l'espressione lasciare in Nasso, con il passare dei secoli potrebbe essere diventata, traslitterando, lasciare in asso. Infine il modo di dire potrebbe essere derivato dal gioco delle carte, o dei dadi, per indicare che si è rimasti con un punto solo (l'asso, appunto), ma questa versione sembra la meno attendibile, perché in molti giochi di carte l'asso è la carta che vale di più, in quanto ha il punteggio più alto.




  5. #25
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    PRENDERE IN CONTROPIEDE


    Cogliere qualcuno alla sprovvista, quando meno se lo aspetta, per sfruttare la situazione a proprio vantaggio.

    La frase è abbastanza recente e deriva dal mondo del calcio, dove la tecnica del contropiede viene sfruttata di frequente. Il contropiede, in un campo di calcio, si attua quando quasi tutti i giocatori sono sotto la rete della squadra avversaria. I difensori, con un tiro lungo, lanciano la palla lontano, alle spalle degli attaccanti, in modo che un loro compagno di squadra, accorso tempestivamente, se ne appropri e cerchi di andare a rete. Dal calcio, l'espressione si è estesa a tutti i settori dell'attività umana: politica, affari, eccetera.


    PRENDERE UN GRANCHIO


    Sbagliarsi, credere di aver fatto un affare e invece si è stati beffati; raggiungere un risultato notevolmente inferiore a quello sperato.

    Molto probabilmente, questa espressione, assai vecchia, deriva dalla pesca con la canna. Quando il pescatore ha calato la lenza in un fondale molto basso, e l'amo con l'esca posa sul fondo, spesso, anziché il pesce, abbocca un granchio, che comincia subito a dibattersi per sganciarsi, dando l'impressione che all'amo si sia attaccata una grossa preda. Ma quando si tira su l'amo, la delusione è forte. Con lo stesso significato si usa Prendere lucciole per lanterne, Prendere una cantonata (originata dal fatto che una volta i carri, svoltando in stradine molto strette, andavano a urtare con il mozzo della ruota contro la cantonata di un'abitazione) e Prendere una papera, quest'ultima usata soprattutto per indicare chi, parlando, commette un errore o non riesce a pronunciare esattamente una parola.


    PRENDERE SOLDI A BABBO MORTO


    Incassare un credto con molto ritardo, senza una scadenza precisa.

    Quando i rampolli di certi signorotti perdevano denaro al gioco, nei tempi scorsi, o dovevano fare regali alle loro amichette, erano costretti a ricorrere agli strozzini, i quali erano ben felici di prestare i soldi a chi, con la morte del padre, avrebbe riscosso una ricca eredità. E, del resto, più tempo passava, più aumentavano gli interessi della somma prestata. Ma prima di ottenere la restituzione, dovevano attendere che il giovane ereditasse e quindi che morisse il genitore.




  6. #26
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    QUESTIONI BIZANTINE


    Sono rimaste celebri le vane discussioni teologiche che avvenivano a Bisanzio mentre i maomettani procedevano alla conquista dell'impero romano d'Oriente. Erano, per esempio: Gesù, alla destra del Padre, sta seduto o in piedi? Nell'ostia consacrata, Gesù è in corpo o in spirito? eccetera. Così discussione bizantina significa non solo discussione inutile e vuota, ma anche pericolosa, perché si fa in un momento in cui invece si dovrebbe agire.


    REGGERE IL MOCCOLO


    Favorire, con la propria presenza o con la propria influenza, il gioco di qualcuno , in qualsiasi settore, dall'amore agli affari, alla politica.

    L'origine di questa locuzione deve risalire all'epoca in cui i signorotti, per compiere le loro opere notturne, come recarsi a un appuntamento galante o altro, si portavano dietro un domestico che faceva loro luce con una candela o una lanterna, poi assisteva allo svolgimento della scena senza intervenire, ma dando tutto il necessario appoggio, senza riferire a nessuno, in seguito, quanto aveva visto o sentito.


    RESTARE SULL'ALBERO A CANTARE


    Restare delusi, perdere un'occasione, lasciarsi scappare qualcosa a beneficio di altri.

    Il modo di dire viene probabilmente dalla famosa favola di Esopo, raccontata anche da Fedro, Apuleio e La Fontaine, che s'intitola Il corvo e la volpe. Un corvo aveva rubato un pezzo di carne ed era andato a posarsi su un albero. Lo vide la volpe e le venne voglia di quella carne. Si fermò ai suoi piedi e cominciò a fare gran lodi del suo corpo perfetto e della sua bellezza, dicendo che nessuno era più adatto di lui a essere il re degli uccelli e che lo sarebbe diventato senz'altro, se avesse avuto la voce. Il corvo, allora, volendo mostrare che nemmeno la voce gli mancava, si mise a gracchiare con tutte le sue forze, lasciando cadere la carne. La volpe si precipitò ad afferrarla, soggiungendo: "Se poi, caro il mio corvo, tu avessi anche il cervello, non ti mancherebbe proprio altro per diventare re". Ecco, conclude Esopo, una favola adatta per un uomo stolto.




  7. #27
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    RIMANDARE ALLE CALENDE GRECHE


    Rimandare qualcosa a un tempo che non verrà mai, perché nel calendario greco non c'erano calende.

    Si crede che la frase sia stata detta per la prima volta dall'imperatore Augusto, a proposito dei debitori insolvibili che, appunto, secondo l'imperatore, avrebbero pagato soltanto ad graecas calendas. Le calende erano per i latini il primo giorno del mese e calendario il libro su cui si registravano gli interessi che maturavano al primo di ogni mese, quando i creditori chiedevano la restituzione del denaro dato in prestito. Sempre da calendae viene il nome del fiore calendula, o fiore d'ogni mese. E sembra anche che Sesto Calende abbia preso il suo nome da un mercato che vi si teneva die sexto ante calendas (il sesto giorno prima delle calende), cioè il quintultimo giorno del mese.


    RIVEDERSI A FILIPPI


    Rivedersi in un'altra occasione, ben precisa, in cui avverrà un confronto, una gara, una vendetta.

    La frase, che comunemente si usa al prurale: Ci vedremo a Filippi, è tratta dalla Storia di Giulio Cesare, di Plutarco, paragrafo 69. Bruto, uno dei congiurati che parteciparono all'uccisione di Cesare, stava trasferendo l'esercito nei pressi di Abido, per prepararsi allo scontro con le truppe di Ottaviano. Una sera, mentre era immerso nella sue riflessioni, gli apparve un fantasma. Interrogato da Bruto sulla sua identità, il fantasma rispose: "Sono il tuo cattivo genio, Bruto. Mi vedrai a Filippi!". Bruto, con coraggio, rispose: "D'accordo, ti rivedrò volentieri!". A Filippi, poi, dopo un primo scontro vittorioso, Bruto venne definitivamente sconfitto e si tolse la vita buttandosi a corpo morto sulla propria spada.


    SALIRE AL SETTIMO CIELO


    Provare una grande gioia, impazzire per la contentezza.

    La locuzione deriva dalla vecchia suddivisione dell'universo, prevista dal sistema tolemaico, in sette cieli, uno per ogni pianeta allora conosciuto: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. Poi c'era un ottavo cielo, quello delle stelle fisse e, infine, il Primum Mobile, dove risiedeva Dio con i beati. In pratica, la suddivisione dei cieli come la riporta, all'incirca, Dante nel Paradiso. Secondo la concezione di allora, l'essere umano poteva raggiungere, con le sue spoglie mortali, soltanto il settimo cielo.
    Locuzioni simili: Toccare il cielo con un dito, Andare in visibilio.




  8. #28
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    SALVARE CAPRA E CAVOLO


    Brigare in modo da ottenere due vantaggi che parevano escludersi, o anche far sì da accontentare tutti.

    Deriva da un vecchio rompicapo che si propone ai ragazzi: un pastore deve attraversare un fiume su una barca, trasportando, uno alla volta, un lupo, una capra e un cavolo. Se comincia col traghettare il lupo, la capra, restando sola, mangerà il cavolo; se si porta dietro per prima la capra, nel secondo tragitto dovrà portare o il lupo o il cavolo e allora o il lupo mangerà la capra, o la capra mangerà il cavolo. E qualcosa corre sempre il rischio di essere divorato. Perciò il pastore dovrà trasportare prima la capra, che lascerà sull'altra riva; poi il cavolo, che sbarcherà, riprendendo la capra e portandola con sé; e infine il lupo, che potrà lasciare col cavolo senza pericolo, mentre, finalmente, nell'ultimo tragitto, riporterà la capra.



    SAPERE DOVE IL DIAVOLO TIENE LA CODA


    Essere molto furbi, capire immediatamente dove sta l'inganno.

    L'origine di questa locuzione è di estrazione popolare e fa parte del bagaglio di miti e leggende che segue da tempo l'umanità. Una volta si credeva che il diavolo venisse tra i mortali per indurli in tentazione, o per acquistarne l'anima, e per passare inosservato si travestiva nei modi più disparati. Ora, mentre le corna si potevano facilmente mascherare sotto un grosso cappello e le zampe caprine erano occultate da una lunga veste, la coda rappresentava un problema anche per quell'astutissimo essere. Però, qualcuno ancora più astuto del diavolo riusciva ugualmente a vedere o, meglio, a intuire, che sotto la veste c'era una coda, e quindi capiva chi aveva di fronte e non si lasciava ingannare. Lo stesso dicasi per l'espressione: Saperne una più del diavolo.


    SCIOGLIERE UN NODO GORDIANO


    Risolvere a proprio vantaggio una situazione difficile, ricorrendo a metodi decisi.

    Plutarco, nella Vita di Alessandro Magno, riferisce un episodio occorso al grande conquistatore macedone all'epoca in cui Alessandro aveva intrapreso la conquista dell'Asia. Alessandro era arrivato, con il suo esercito, nei pressi della città di Gordio, situata vicino all'odierno villaggio di Pebi, considerata un po' come la porta dell'Asia. In un tempio dedicato a Zeus, c'era un carro cui era assicurato un aratro mediante un nodo solidissimo, impossibile da sciogliere. L'oracolo prometteva il dominio dell'Asia a chi fosse riuscito a scioglierlo. Alessandro non perse tempo e con un poderoso colpo di spada tagliò in due il nodo, significando così che l'Asia lui poteva conquistarla con il ferro e non con l'intervento degli dèi. E avrebbe portato a termine l'impresa se non fosse morto alla giovane età di 33 anni. Analogamente si dice anche: Tagliare la testa al toro.







  9. #29
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    TARPARE LE ALI


    Impedire che uno abbia quello che desidera e che è nelle sue possibilità di ottenere, esercitando una costrizione, paralizzando la volontà, creando ostacoli.

    Si tarpano infatti le ali degli uccelli che si vogliono tenere in stato di cattività, smozzicandogli la punta delle penne remiganti, così che non possano più volare.


    TENERE UNO SULLA CORDA


    Non dare una risposta definitiva, tenere qualcuno in ansia.

    Quando i processi si svolgevano con sistemi ben diversi da quelli attuali, per estorcere una confessione si ricorreva a crudeli sistemi di tortura, tra cui quello della corda. All'imputato venivano imprigionati i polsi dietro la schiena con una corda. L'imputato veniva poi sollevato verso il soffitto mediante una carrucola, in una posizione dolorosissima, fino a quando non ammetteva di aver commesso il reato per il quale era stato incriminato. Il più delle volte, l'intenso dolore induceva il malcapitato a confessare colpe non commesse e le sue ammissioni lo portavano direttamente al patibolo. Per indicare situazioni del genere, si dice anche: Stare sulle spine, Stare sui carboni ardenti.


    TROPPA GRAZIA SANT'ANTONIO


    Ottenere più di quanto si desidera, con risultati spesso non del tutto positivi.

    Un commerciante che si era arricchito dopo una vita di stenti, realizzò finalmente il sogno della sua esistenza: comperare un cavallo. Ma quando si trattò di montare in groppa, non riuscì a prendere lo slancio necessario, a causa delle sue gambe troppo corte. Dopo alcuni disperati tentativi, si rivolse al suo santo preferito, invocandone la grazia. Quando, invaso da furor sacro, spiccò di nuovo il balzo, mise nell'operazione tanta forza che scavalcò addirittura la groppa dell'animale e andò a finire dall'altra parte, a gambe all'aria. Il tizio allora si rivolse al santo, lamentandosi che la grazia che gli era stata concessa era troppa.




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