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Discussione: Scuola d’infanzia, nasce il nuovo ciclo 0-6 anni. “Ma ancora non ci sono fondi”

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    Predefinito Scuola d’infanzia, nasce il nuovo ciclo 0-6 anni. “Ma ancora non ci sono fondi”

    Il progetto è contenuto nella ddl La buona scuola. Previsto un passaggio di competenza ministeriale: fino ad oggi le risorse pubbliche per il nido arrivavano da un fondo indistinto per le politiche sociali del Ministero del Welfare, domani sarà il Miur a garantirle. Lorenzo Campioni del Gruppo Nido Infanzia Nazionale: “Per il momento si tratta solo di una lettera di un comma di una legge, vogliamo vedere i fatti”
    L’asilo nido e la scuola dell’infanzia diventeranno un ciclo integrato. Per garantire anche ai bambini fino a 3 anni un vero e proprio diritto educativo, a livello nazionale, sotto l’egida e la responsabilità del Ministero. Con educatori più qualificati, e d’ora in avanti anche laureati, ma pur sempre distinti dai maestri. È un altro dei progetti in cantiere de “La buona scuola“, contenuto nella delega ancora da scrivere della Legge 107.
    Uno dei meno dibattuti, anche dei più ambiziosi: sulla proposta c’è la convergenza di politica, associazioni di categoria e persino sindacati, di solito critici sulla riforma. “È una grande novità, che avvicina l’Italia al resto d’Europa“, spiega Lorenzo Campioni del Gruppo Nido Infanzia Nazionale. Ma per realizzarla serviranno soldi. “Altrimenti – avverte la Flc Cgil – il rischio è quello di livellare verso il basso il segmento 3-6 anni, che rappresenta un’eccellenza del nostro sistema”. Centinaia di milioni di euro, che almeno per il momento non sono stanziati nella legge di Stabilità. Il governo assicura che trovarli non sarà un problema, e il mondo della scuola ci spera. Nel limbo dell’attesa ci sono anche i 23mila docenti dell’infanzia iscritti nelle graduatorie, la cui assunzione è stata rimandata a dopo la riforma.
    DA SERVIZIO A DIRITTO – Il progetto è contenuto nella sezione delle deleghe del ddl, al pari della rivoluzione per il sostegno, di cui ilfattoquotidiano.it ha anticipato i primi sviluppi. In questo caso i lavori sono più indietro: al primo tavolo a viale Trastevere, i tecnici del Miur si sono limitati ad ascoltare. Le linee guida, comunque, dovrebbero essere quelle già previste dalla proposta di Legge 1206 (prima firmataria la senatrice Pd, Francesca Puglisi), per creare un nuovo ciclo 0-6 anni. Attualmente nido e infanzia sono due segmenti ben separati. Con una differenza fondamentale: mentre la scuola materna è un diritto, gestita da Stato e Comuni sulla base di programmi nazionali e in continuità con la primaria, l’asilo è un servizio a domanda individuale, che nessuna legge ha dichiarato obbligatorio e tanto meno gratuito. Con una conseguente disomogeneità sul territorio, vista la presenza di 18 leggi regionali differenti. Questa situazione è destinata a cambiare: il Miur è intenzionato a portare all’interno delle proprie competenze anche il periodo 0-3, lasciando la gestione agli enti locali ma sulla base di un plafond di direttive nazionale. L’obiettivo è eliminare le disparità nell’offerta del servizio (le statistiche di accesso al nido passano dal 2% della Calabria al 28% dell’Emilia-Romagna), e creare continuità col segmento successivo e con l’ingresso nel mondo della scuola. “Le pari opportunità devono iniziare da zero giorni – spiega Campioni – è scientificamente dimostrato che questa fascia di età è fondamentale nella crescita dei bambini”.
    EDUCATORI LAUREATI, MA DISTINTI DAI MAESTRI – Per quanto riguarda gli insegnanti, educatori e maestri sono e resteranno figure distinte, nonostante voci parlassero di un possibile interscambio. Nessun travaso di personale. In futuro, però, anche i primi dovranno essere laureati per entrare in classe. Ma la novità non toccherà chi già lavora in base ai requisiti precedenti. Invariato anche il sistema di reclutamento: gli educatori non diventeranno insegnanti statali, verranno assunti in base a concorsi territoriali. Rispetto al passato, però, ci saranno delle direttive generali più stringenti a cui gli enti locali dovranno uniformarsi. E, una volta attuata la riforma, verranno sbloccate anche le 23mila immissioni in ruolo dei docenti dell’infanzia previste dal piano straordinario di assunzioni e congelate dal governo.
    SERVONO SOLDI: QUANTI? – Il salto di qualità da servizio a diritto educativo si tradurrà anche in un passaggio di competenza ministeriale: fino ad oggi le risorse pubbliche per il nido arrivavano da un fondo indistinto per le politiche sociali del Ministero del Welfare, domani sarà il Miur a garantirle. Per il momento nella legge di Stabilità non ci sono soldi aggiuntivi, ma la senatrice Puglisi non vede problemi: “Si tratta di riorganizzare i fondi esistenti e aggiungerne di nuovi: sul segmento 3-6 il Miur spende già 4,5 miliardi, dal 2014 è stato introdotto un indicatore per quantificare le risorse del Welfare destinate ai nidi. Valorizzando i fondi europei e aggiungendo altri 100 milioni di euro all’anno avremo un budget sufficiente”. Da questo, oltre che dalle nuove direttive generali, dipenderà la riuscita del progetto. “Se si tratta di trasformare un servizio in un diritto noi ci siamo”, afferma la Flc Cgil. “L’importante è che non si riveli un discorso al ribasso: la scuola materna ha degli standard alti che non devono essere intaccati”. “Aspettiamo il governo al varco”, conclude Campioni. “In finanziaria non ci sono soldi. Per il momento si tratta solo di una lettera di un comma di una legge, vogliamo vedere i fatti”.

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  2. #2
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    6.800 posti vacanti per infanzia? Li si distribuisca tra GM 2012, GaE e prossimo concorso a cattedra


    Movimento Nazionale Docenti Scuola dell'Infanzia - I docenti di scuola dell'infanzia dopo essere rientrati, sulla carta, nel piano straordinario di assunzioni, ma di fatto esclusi da esso hanno appreso la notizia che il Governo, nell'imminente concorso a cattedra che verrà bandito entro il 1° dicembre, ritiene che il fabbisogno dell'organico della scuola dell'infanzia nei prossimi tre anni sarà composto da 6.800 docenti.
    Ad oggi, è emerso che i circa 15.000 docenti di scuola dell'infanzia che hanno prodotto domanda di partecipazione al piano straordinario di assunzioni sono stati letteralmente posti in stand-by in attesa della delega che servirà a riformare il segmento scolastico da 0 a sei anni.
    Sappiamo che il Governo si è dato tempo 18 mesi per attuare tale progetto, nel frattempo, trascorsi già quattro mesi dall'emanazione della legge 107/2015, non è ancora stato definito alcuno stanziamento finanziario per attuarlo.
    Dalle parole del sottosegretario Davide Faraone emerge che si tratta di un progetto molto ambizioso che prevede un finanziamento dei costi nell'ordine di miliardi di euro, ma nelle anticipazioni dell'attuale legge di stabilità 2015, in discussione in questi giorni, non è stato previsto alcun tipo di fondo o investimento per la realizzazione o, quanto meno, per cominciare a crearne i presupposti.
    L'idea del Governo è quella che ci dovrà essere, ciò lo possiamo rilevare nella stessa legge 107/2015, un cofinanziamento dei costi da parte delle Regioni, dei Comuni e delle famiglie utenti del servizio. Sempre facendo riferimento alla legge di stabilità, ci si chiede come si pensa di trovare tali finanziamenti da parte delle Regioni e dei Comuni, considerato che ci sarà un minor gettito economico in virtù dei tagli posti alle spese sanitarie (per quanto riguarda le Regioni) e dell'abolizione delle tasse sulla prima casa (per quanto riguarda gli introiti dei Comuni).
    Alla vigilia della Fase C, i posti attribuiti alla scuola dell'infanzia sono pari a 0. Ci si chiede da quale cilindro magico spuntano fuori questi 6.800 posti?
    Ed inoltre, se il Governo dispone di questo fabbisogno, dopo appena 15 giorni dalla chiusura delle operazioni della suddetta fase, perché non ha assegnato tali posti ai docenti presenti nelle graduatorie di merito 2012 e in quelle ad esaurimento, congelando la loro stabilizzazione per 18 mesi ed escludendoli di fatto dal potenziamento?
    A nostro parere, sarebbe logico ripartire questi 6.800 posti equamente tra GM 2012, GAE e posti da mettere a concorso.
    Sottolineiamo il fatto che nell'ultimo concorso Profumo del 2012, bandito dopo ben 12 anni da quello precedente, era stato fissato un contingente nazionale di 1.142 posti per la scuola dell'infanzia.
    Le GM 2012 per la scuola dell'infanzia sono ancora vigenti soltanto in Sicilia, Campania, Lazio, Calabria e Puglia, inoltre, puntualizziamo che in Sicilia e in Lazio dette graduatorie sono state pubblicate nel 2014, e nel complesso sono presenti soltanto 2.129 candidati.
    Questi docenti hanno superato un concorso ritenuto tra i più difficili, sottoponendosi ad una prova preselettiva, una prova scritta ed infine una prova orale resa pubblica appena 24 ore prima di sostenerla. Infatti, su 321.000 candidati soltanto il 7% ha superato tutte e tre le prove, dimostrando competenze linguistiche, informatiche, pedagogiche, didattiche.
    Le prove per il prossimo concorso, come emerge dalle anticipazioni sia del Ministero che nei libri già pubblicati per la preparazione di tale concorso, non potranno essere diverse da quelle già superate dai docenti in GM 2012, poiché l'unico cambiamento avvenuto nel programma di studi è proprio la legge 107/2015.
    Pertanto, non ci si spiega il motivo per cui docenti che hanno ampiamente dimostrato il loro merito debbano ribadirlo sottoponendosi all'ennesimo concorso!
    La nostra proposta è una stabilizzazione dei docenti presenti in GM 2012 e quelli iscritti nelle GAE suddividendo equamente i 6.800 posti che il Governo metterà a concorso, attraverso la loro assunzione prima della pubblicazione della prossima graduatoria di merito.
    Pertanto, assegnare 2.129 posti sia agli iscritti in GM, così da esaurirla, che 2.129 a quelli in GAE. Rimarrebbero in tal modo 2.542 posti da mettere a concorso, e sarebbero comunque più del doppio di quelli che mise a concorso il ministro Profumo nel 2012.
    Il sottosegretario del Miur Davide Faraone ha affermato che è nelle intenzioni del Governo stabilizzare i 23.000 docenti di scuola dell'infanzia, esclusi illegittimamente dal piano straordinario di assunzioni, ma non è stato precisato in che modo e con quale tempistica intende farlo.
    Se il suo intento è ripartire l'assunzione dei docenti al 50% da GAE e 50% da concorso, non la consideriamo né una grande vittoria né una concessione da parte del Governo, poiché tale criterio è sancito dal TU. Le GM 2012 sono tutelate anche dal decreto n. 101 del 31 agosto 2013, convertito in Legge il 30 ottobre 2013, n.125 meglio conosciuto come “decreto D'Alia” nel quale all'art. 2 si evidenzia il principio fondante che bisogna assumere solo dove serve per migliorare il servizio offerto. Le pubbliche amministrazioni potranno assumere solo nelle aree che presentano disponibilità di posti in organico, mentre scatta il DIVIETO di assunzione nelle qualifiche ed aree in cui esistono soprannumeri. Ed inoltre, all'art. 4, emerge la condizione che fino al 31 dicembre 2016, le amministrazioni non possono avviare nuovi concorsi se prima: a) non hanno immesso in servizio tutti i vincitori di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato collocati nelle proprie graduatorie vigenti; b) non hanno verificato l'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie.
    L'ex Ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione del Governo Letta, Giampiero D'Alia, affermava che: “È un atto di giustizia, un segnale di rispetto per tutti quei tanti italiani, la maggior parte dei quali giovani, che da anni attendono una collocazione nella P.A. dopo aver sostenuto e superato un regolare concorso”.
    Successivamente, il Ministro Giannini, con il decreto n. 356 del 23/05/2014, con il quale ha deliberato lo scorrimento delle graduatorie di merito, ha applicato il già citato decreto D'Alia al comparto scuola, infatti all'art. 1 possiamo leggere: “I candidati inseriti a pieno titolo nelle graduatorie di merito del concorso ordinario per il reclutamento di personale docente bandito con il decreto del Direttore generale per il personale scolastico 24 settembre 2012 n. 82, ma non collocati in posizione utile tale da risultare vincitori, hanno titolo, a decorrere dall'anno scolastico 2014-2015, ad essere destinatari di contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato, in subordine ai vincitori, fermo restando il vincolo della procedura autorizzatoria di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nei limiti del 50 percento dei posti previsti per il concorso ai sensi dell'art. 399, comma 1, del decreto legislativo n. 297 del 1994 e fermo restando quanto previsto dall'art. 400 del suddetto decreto legislativo.”
    In virtù del decreto di scorrimento e grazie al piano straordinario di assunzioni della legge 107/2015, tutte le GM 2012 saranno esaurite. L'unica a rimanere ancora in vigore sarà quella della scuola dell'infanzia che è stata esclusa dalla fase C, cosiddetta del “potenziamento”. Se tale disparità di trattamento non fosse stata stabilita a priori, anche questa graduatoria di merito si sarebbe esaurita.
    Noi docenti di scuola dell'infanzia crediamo al buon senso del Governo e auspichiamo in una tempestiva risoluzione della problematica, affinché i tribunali lavorino su reali controversie e non su diritti già acquisiti.
    Movimento Nazionale Docenti Scuola dell'Infanzia
    Portavoce: Nunzia Cangiano
    Gruppo Facebook: Movimento Nazionale Docenti Scuola dell'Infanzia
    Account Twitter: @MoNDoSI2015


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  3. #3
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    Scuola dell'infanzia, insufficienti le assunzioni dei docenti dalle graduatorie



    Sarebbero numericamente insufficienti le assunzioni dalle graduatorie di merito del concorso 2012 della scuola d’infanzia, in particolare al Sud.
    La denuncia è del deputato Pd Marco Di Lello, secondo il quale “ancora oggi, a pochi giorni dall'inizio del nuovo anno scolastico, nelle regioni Sicilia, Campania e Calabria le proposte di assunzione risultano completamente insufficienti per coprire il totale assorbimento delle graduatorie”.
    “Con il DM 496/2016 – ricorda Di Lello - è stato predisposto un piano di immissione in ruolo per i docenti iscritti nella graduatoria di merito infanzia del concorso 2012 per sanare la disparità di trattamento che avevano subito a causa del mancato inserimento nel piano di assunzioni straordinario previsto da La Buona Scuola”, che però si dimostra inadeguato.
    "Le possibili soluzioni per sanare questa situazione – continua l’esponente Pd - sono molteplici. È dunque urgente un confronto con il Ministero al fine di mettere in campo quelle più idonee prima che avvenga la pubblicazione delle nuove graduatorie 2016. Potenziamento Infanzia e Piano 0/6 gli strumenti per svuotare definitivamente le Gae e completare così il piano assunzionale della Buona Scuola. Quello che non possiamo accettare – conclude il deputato democratico - è un meccanismo che tra i docenti scelga figli e figliastri".
    Ricordiamo che anche i docenti precari della scuola dell’infanzia inseriti nelle GaE attendono l’assunzione: dovrebbero essere in numero uguale, o giù di lì, a quello degli idonei del concorso pubblico del 2012. Anche in questo caso, le immissioni in ruolo nella maggior parte delle province non svuoteranno i candidati abilitati in graduatoria.


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    Assunzioni docenti scuola infanzia, l’accettazione delle proposte entro l’8 settembre



    Con apposito avviso il Miur ha fatto sapere che sono disponibili su Istanze on-line le proposte di assunzione per i docenti della scuola dell’infanzia inclusi nelle graduatorie di merito 2012 e che hanno presentato la relativa domanda.
    Il personale interessato ha tempo fino alle ore 23:59 dell’8 settembre per accettare la proposta di assunzione, utilizzando esclusivamente le apposite funzioni disponibili sempre su Istanze on-line.
    Il Miur ribadisce che in caso di mancata accettazione, nei termini e con modalità predetti, i docenti destinatari della proposta di nomina saranno cancellati dalle rispettive graduatorie di merito ed ad esaurimento. La mancata accettazione della proposta di nomina equivale a rinuncia.


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  5. #5
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    Sistema 0-6, pronta la delega: poli infanzia, 5000 assunzioni e continuità didattica


    Una delle deleghe più attese, oltre a quella sul reclutamento e sul sostegno, è quella relativa al sistema integrato 0-6, in quanto si tratta di una novità assoluta che, in quanto tale, genera preoccupazione soprattutto tra i docenti della scuola dell’infanzia timorosi di essere del fatto che possa perdersi l’identità propria di tale segmento d’istruzione.
    La legge delega è ormai in dirittura d’arrivo e il sistema suddetto sembra configurarsi, come leggiamo su Il Fatto Quotidiano, secondo le caratteristiche di seguito descritte.
    POLI PER L’INFANZIA
    Creazioni di nuovi poli per l’infanzia, che dovrebbero garantire la formazione dei bambini da 0 a 6 anni, coordinati dal Miur, al fine favorire la diffusione di tale sistema coprendo almeno il 33% del territorio nazionale. All’interno del Polo il nido resterà di competenza comunale, mentre la scuola dell’infanzia rimarrà statale.
    La gestione sarà affidata, come suddetto, al Miur che opererà tramite delle figure di raccordo didattico e organizzativo in modo da conseguire la finalità del sistema stesso, ossia far seguire ai bambini un unico percorso che dalla nascita li accompagni alla scuola primaria.
    CONTINUITÀ’
    Il sistema 0-6 dovrebbe, inoltre, presentare come punto qualificante la continuità didattica dal nido alla scuola primaria. La continuità sara garantita da docenti che abbiano tutti una laurea: triennale in scienze dell’educazione per gli insegnanti dei nidi, quinquennale in Scienze della formazione primaria per gli insegnanti dell’infanzia (attualmente all’infanzia possono insegnare sia i laureati in Sc. della formazione primaria sia i diplomati magistrali).
    Sembra che il requisito della laurea non sia retroattivo, resta il problema dei docenti inseriti nella GaE con il diploma magistrale, sul quale ancora non è stato detto nulla.
    ORGANICI
    Parallelamente al sistema 0-6 si sta lavorando ad un incremento dell’organico della scuola dell’infanzia, i cui docenti chiedono il potenziamento come avvenuto per gli altri ordini e gradi di istruzione.
    L’incremento, secondo quanto leggiamo sempre su Il Fatto Quotidiano, dovrebbe oscillare da mille a cinquemila unità di personale, il tutto previo assenso del Mef.
    Per il finanziamento della delega sono già previsti nella legge di Bilancio 200 milioni.


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    Educatori infanzia: ecco come saranno assunti nel percorso 0-6. Giannini “percorso formativo anche per loro”


    Nella riforma 0-6 gli educatori dovranno essere preparati ad hoc, assunti dopo un percorso di formazione.
    Il Ministro Giannini oggi a Firenze ha riassunto gli assi portanti della riforma 0-6: il passaggio per la prima fase, dalla culla ai 3 anni da una logica di servizio sociale come è oggi, ad una logica di prima fase educativa, un primo scalino nel processo di
    crescita e formazione dell’individuo
    Quanto alla copertura finanziaria del piano, Giannini ha detto che “ora c’è, con la legge di stabilità, su tutto il pacchetto le deleghe, e come ha detto il presidente del Consiglio, questa è una delle priorità”.


    orizzontescuola
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  7. #7
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    Delega sull'infanzia: il rilievo della Consulta è marginale


    La bocciatura di un punto molto specifico della delega sul sistema integrato 0-6 contenuta nel comma 181 della legge 107 sta provocando nei social curiose aspettative.
    Nell'arco di poche ore, infatti, la notizia si è diffusa in rete e molti ne ha dedotto che la Consulta avrebbe bocciato la delega stessa con la conseguenza che sarebbe bloccata l'intera procedura della approvazione del decreto legislativo sul sistema 0-6 anni.
    In realtà le cose stanno in modo del tutto diverso.
    La Corte Costituzionale ha esaminato esclusivamente il punto 1.3 della delega sul sistema 0-6 e, sulla base di un suo precedente orientamento del 2005 in tema di asili nido, ha stabilito che la definizione di standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, diversificati in base alla tipologia, all’età dei bambini e agli orari di servizio, è di competenza delle Regioni.
    Quindi non è esatto dire che la delega è incostituzionale, più precisamente invece c'è il fatto che - al momento della emanazione del decreto attuativo - il Governo dovrà tenere conto sul gli standard dei servizi per gli asili nido e per le scuole dell'infanzia dovranno essere definiti dalle regioni e non dal Ministero.
    Il Miur, peraltro, ha già diramato un comunicato per precisare che di questo si terrà conto "nell’attuazione della delega che è in fase di preparazione e punta a incrementare e qualificare i servizi educativi per l’infanzia su tutto il territorio nazionale per rendere omogenea la distribuzione territoriale, superando le attuali differenze".
    Resta il fatto che appare comunque molto improbabile che i decreti previsti dal comma 181 possano vedere la luce entro la metà di gennaio. Proprio nell'incontro del 22 dicembre con i sindacati, la Ministra ha annunciato che il Governo sta già pensando ad un rinvio.


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  8. #8
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    Riforma 0-6 anni da riscrivere


    La Consulta boccia la delega della legge 107 sugli standard strutturali e organizzativi
    La legge 107 è incostituzionale nella parte in cui dispone la determinazione degli «standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia».
    E anche nella parte in cui prevede che il ministero dell’istruzione distribuisca le risorse agli enti locali per l’edilizia scolastica dettando autonomamente i criteri di distribuzione, senza avere sentito la conferenza unificata. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con una sentenza depositata il 21 dicembre scorso (284/2016).
    Dopo le picconate inferte alla riformaMadia sulla pubblica amministrazione, la Corte costituzionale ha cominciato a scalpellare anche la riforma della scuola. E lo ha fatto accogliendo un ricorso presentato dalla regione Puglia, con il quale l’ente locale ha messo in luce due aspetti della legge che violano la Costituzione perché non rispettano le competenze legislative delle regioni.
    Il primo elemento sul quale la regione ha appuntato le proprie rimostranze è l’inesistenza del potere del legislatore nazionale di determinare «standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia». Un intervento a gamba tesa che si sarebbe concretizzato tramite l’esercizio della delega contenuta l’art. 1, comma 181, lettera e), n. 1.3) della legge 107/2015. Secondo la regione Puglia, tale disposizione viola l’art. 117, terzo comma della Costituzione. Perché l’ambito relativo all’individuazione degli standard strutturali e organizzativi in materia di istituzioni che operano nell’ambito dell’istruzione rientra nella competenza del legislatore regionale. La Consulta è risultata dello stesso avviso.
    In verità il ricorso era molto più ampio, dsgli ambiti alla nuova formazione e il nuovo reclutamento dei docenti,.ma la Corte ha giudicato inesistenti tutti i motivi di lamentela.
    Citando la propria giurisprudenza, la Corte costituzionale ha ricordato che, in tema di disciplina degli asili nido, il Giudice delle leggi ha chiarito che la individuazione degli standards strutturali e qualitativi di questi ultimi non si identifica con i livelli essenziali delle prestazioni. Ciò «in quanto la norma censurata non determina alcun livello di prestazione, limitandosi ad incidere sull’assetto organizzativo e gestorio degli asili nido che, come si è detto, risulta demandato alla potestà legislativa delle Regioni». Né può essere ricompresa «nelle norme generali sull’istruzione e cioè in quella disciplina caratterizzante l’ordinamento dell’istruzione», perché tale individuazione «presenta un contenuto essenzialmente diverso da quello organizzativo, in senso lato, nel quale si svolge la potestà legislativa regionale» (sentenza n. 120 del 2005).
    L’individuazione degli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, pertanto, va ricondotta alla competenza del legislatore regionale. Di qui l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.
    Idem per quanto riguarda le disposizioni contenute nella legge 107/2015, che attribuiscono al governo la facoltà di distribuire autonomamente le risorse alle regioni per la costruzione di nuove scuole e la messa in sicurezza di quelle esistenti. Dunque, senza prevedere alcun coinvolgimento delle regioni, nemmeno in sede consultiva. Ed è proprio su tale omissione che la Consulta ha fatto leva per cancellare dall’ordinamento la norma che omette il dovuto confronto con le regioni. Sempre citando la propria giurisprudenza, il Giudice delle leggi ha spiegato che l’oggetto della norma impugnata (l’art. 1, comma 153, della legge 107/2015) rientra tra le materie di legislazione concorrente.
    A questo proposito ha chiarito che «nelle materie di competenza concorrente, allorché vengono attribuite funzioni amministrative a livello centrale allo scopo di individuare norme di natura tecnica che esigono scelte omogenee su tutto il territorio nazionale improntate all’osservanza di standard e metodologie desunte dalle scienze, il coinvolgimento della conferenza Stato Regioni può limitarsi all’espressione di un parere obbligatorio».
    Siccome nel caso del comma 153 tale coinvolgimento regionale non è previsto, neppure in sede consultiva, la disposizione impugnata è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che il decreto del ministro che provvede alla ripartizione delle risorse sia adottato sentita la conferenza stato regioni. Comincia a barcollare, dunque, l’impianto della riforma delle scuola subito dopo i primi attacchi da parte delle regioni che, giova ricordarlo, hanno facoltà di adire la Corte costituzionale in via diretta: senza passare dal vaglio preliminare del giudice orinario. Come previsto, invece, per i ricorsi presentanti dai cittadini.
    Non è escluso, dunque, che nei prossimi anni, anche altre disposizioni contenute nella legge 107/2015 possano essere portate al vaglio della Consulta da singoli soggetti interessati. Per esempio quelle sulla chiamata diretta e la distribuzione del compenso accessorio sulla base della mera discrezionalità del dirigente scolastico.


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    No all'educazione di genere per 0-6 anni e bocciatura alla primaria


    L’educazione di genere nel programma scolastico per i bambini da 0 a 6 anni e di non vietare la bocciatura alle elementari sarebbero stati oggetto di dibattito acceso al Consiglio dei ministri di sabato scorso.
    Secondo quanto scrive l’Ansa il riferimento all'educazione di genere era stato proposto dal ministro della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, ma Angelino Alfano si sarebbe opposto spiegando che parlare di educazione di genere per i bambini fino ai 6 anni di età sarebbe stato assurdo. E così si sarebbe deciso di richiamare nel programma scolastico per i più piccoli solo il rispetto all'articolo 3 della Costituzione, cioè l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ovvero “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione".
    Per quanto riguarda l'altro tema "caldo", quello del divieto di bocciare i bambini che frequentano le scuole elementari, il dibattito si sarebbe aperto soprattutto tra la Fedeli e il Guardasigilli Andrea Orlando.
    Se Fedeli non ne avrebbe voluto sapere di prevedere il divieto, Orlando invece voleva venisse inserito. E' sbagliato far ricadere su bambini così piccoli un peso come quello della bocciatura che "resta poi per tutta la vita", quando a quest'età sono soprattutto le famiglie ad essere responsabili di atteggiamenti o difficoltà del minore, avrebbe osservato il Guardasigilli. Alla fine, anche in questo caso si sarebbe arrivati ad un compromesso: nessun divieto di bocciare, ma per i maestri che decidono di far ripetere una classe allo scolaro sono stati inseriti dei "paletti" come quello di motivare in maniera davvero articolata e approfondita la bocciatura.
    "Sulla bocciatura o meno alla primaria - si sottolinea - c'è stato effettivamente un dibattito in cui tutti sono stati concordi sulla necessità di sostenere quanto più possibile gli alunni con più difficoltà. Infatti nel decreto, che lascia immutate le norme attuali, si prevede che l'alunno può essere non ammesso solo in casi eccezionali e comprovati".


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    La laurea non serve per nidi e materne Così il senato smonta la delega 0-6



    Da rivedere anche l’organico del potenziamento
    Non potrà essere obbligatoria la laurea per insegnare nei nidi, nei servizi della prima infanzia, nelle materne. Mentre la destinazione alla scuola dell’infanzia di parte dei docenti dell’organico del potenziamento implicherà una loro diversa distribuzione fra i diversi ordini e gradi di scuole rispetto alle previsioni della Buona Scuola. Sono alcune delle osservazione dell’Ufficio Studi del Senato al decreto legislativo n.380 attuativo della delega sul sistema integrato 0-6 anni.
    Il provvedimento stabilisce che dall’anno scolastico 2019-2020 la laurea in scienze dell’educazione a indirizzo specifico per educatori dei servizi per l’infanzia o la laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria siano un requisito necessario per l’accesso ai posti di educatore per l’infanzia.
    Tuttavia, i tecnici del Senato ricordano che «continuano ad essere validi i titoli conseguiti, entro la data di entrata in vigore del decreto, nell’ambito di specifiche normative regionali» che ne hanno esclusiva competenza. Titoli che vanno dalla qualificazione universitaria a quella di livello secondario o professionale regionale, fino anche alcuni titoli in via di esaurimento, come quello di puericultrice triennale, ammessi in molti comuni. Per i titoli d’accesso per i docenti della scuola dell’infanzia i tecnici ricordano che un titolo universitario è stato introdotto con la L.41/1990 e dava accesso ai concorsi, aventi valore abilitante.
    Nel 1997 un decreto ha disposto il graduale passaggio al nuovo ordinamento con la soppressione delle scuole e degli istituti magistrali, stabilendo però che i titoli di studio conseguiti entro l’anno scolastico 2001-2002 conservassero in via permanente valore legale e consentissero di partecipare ai concorsi per materna ed elementari. Tanto che il Consiglio di Stato (parere 03813/2013) ha inserito anche a questi docenti fra gli abilitati, cioè in II fascia. La laurea magistrale quinquennale a ciclo unico per l’accesso all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella primaria, che ha anche valore abilitante, risale al DM 249/2010.
    Per l’insegnamento nelle sezioni primavera, infine, è stato genericamente previsto dall’accordo in Conferenza Unificata del 2007 che il personale educativo dovesse «essere fornito di specifica preparazione». Quindi, osservano i tecnici del Senato, «in mancanza di una precisa previsione normativa, sono stati i diversi soggetti gestori dei servizi a definire, a livello locale, quali requisiti e titoli di accesso dovesse possedere» questo personale. Solo l’accordo del 2013 ha precisato che per le nuove assunzioni «è opportuno procedere prioritariamente alla scelta di personale con consolidata esperienza nei servizi per l’infanzia e/o con specifico titolo di studio (laurea in scienze della formazione primaria o scienze dell’educazione)».
    Altra questione: l’organico del potenziamento nelle scuole dell’infanzia statali, che il decreto gli assegna prendendo una quota parte dei docenti che costituiscono l’organico di potenziamento della L.107, senza però determinare esuberi nei ruoli regionali. Per i tecnici questo «implicherà una diversa distribuzione delle stesse risorse fra diversi ordini e gradi di scuole» e la necessità di «sostituire la tabella 1 relativa la comma 95 della L.107/2015» sulla ripartizione dei posti di potenziamento. Sul Buono nido fino a 150 euro per i lavoratori di aziende pubbliche e private i tecnici ricordano che il Bilancio 2017 ha già introdotto da quest’anno l’erogazione di un buono per il pagamento delle rette dei nidi pubblici o privati.
    Per i tecnici del Senato, il termine di 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento «dovrebbe essere riferito all’adozione» del Piano di azione pluriennale per l’attuazione del sistema integrato 0-6 anni «e non alla predisposizione» come previsto dal decreto. Mentre in base alla sentenza 258/2016 della Consulta per definire i fabbisogni standard sarebbe incostituzionale l’individuazione di standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi 0-6 essendo una competenza regionale.


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