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Discussione: L’alternanza scuola-lavoro conquista un istituto superiore su due

  1. #1
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    Predefinito L’alternanza scuola-lavoro conquista un istituto superiore su due

    Cresce l’appeal per l’alternanza scuola-lavoro: lo scorso anno scolastico (il 2013-2014) quasi un istituto superiore su due (2.361 su 5.403, il 43,5%) ha attivato questa metodologia didattica che lega scuole e imprese, rivolta a studenti che hanno compiuto 15 anni. I ragazzi in “stage” sono stati 210.506, il 10,7% del totale degli alunni delle superiori (l’anno precedente, il 2012-2013, erano l’8,7%).
    Calano i finanziamenti, diminuiscono i corsi
    Certo, i corsi realizzati si sono un pò ridotti (da 11.600 a 10.279 del 2013-2014), anche a causa del calo dei finanziamenti (scesi, in un anno, da 20 milioni a 11 milioni). Ma, ed è una notizia, è aumentato l’interesse dei licei: hanno attivato 1.223 percorsi, con un incremento rispetto all’anno scolastico precedente, addirittura del 35,4%. A testimonianza che «si va diffondendo la cultura dell’alternanza – ha sottolineato il sottosegretario Gabriele Toccafondi -. E il muro ideologico che ha sempre frenato l’apertura delle scuole al mondo del lavoro si sta piano piano sgretolando».
    Il monitoraggio dei percorsi, introdotti nel 2005 dal decreto 77, realizzato dall’Indire, sarà presentato oggi a Verona, all’apertura del «Job&Orienta», il salone nazionale dell’orientamento, la formazione e il lavoro, promosso da VeronaFiere e regione Veneto, in collaborazione con Miur e ministero del Lavoro, in programma fino a sabato.
    Tecnici e professionali in testa
    I corsi in alternanza continuano a essere più frequenti per gli studenti dei tecnici e professionali (rispettivamente 3.056 percorsi, il 30% circa, e 5.956, il 57,9%). Il numero di ore di attività si attesta su una durata media di 97,9 (nei percorsi annuali – di cui 72,1 ore di formazione fuori dall’aula), «ma l’impegno del Governo è raddoppiare a 200 ore e rendere l’alternanza obbligatoria negli ultimi tre anni dei tecnici. E i fondi arriveranno con la legge di stabilità», ha ricordato Toccafondi.
    Aziende pronte
    Del resto, le aziende sono pronte: Federmeccanica sta partendo con un progetto sperimentale di 600 ore obbligatorie negli ultimi tre anni dei tecnici: «Il prossimo anno interesserà 50 istituti e 10mila studenti – ha spiegato il vice presidente Federico Visentin -. Stiamo facendo le selezioni. Guardiamo anche a scuole che non stanno facendo alternanza per capire le difficoltà e trovare le soluzioni. L’obiettivo è arrivare a 780 istituti e 250mila alunni. Le nostre aziende, specie nel settore manifatturiero, per innovare e crescere hanno necessità di personale sempre più qualificato».
    Le cifre
    Dai dati Indire emerge anche che i 201.506 studenti impegnati in alternanza sono stati accolti in 126.003 strutture di cui il 43,8% (55.154) sono imprese (+21,6% rispetto al 2012-2013). I settori più interessati sono stati: attività manifatturiere (41,9%), attività di servizi di alloggio e ristorazione (20,9%) e altre attività di servizi (6,7%). Il numero medio di ragazzi per azienda è di 14,6 (la maggior parte degli studenti si concentra nelle classi terze e quarte). Di solito i percorsi hanno una durata annuale (6.151, il 59,8% del totale); e la media degli ultimi 5 anni dei percorsi annuali si attesta intorno alle 118 ore. A livello territoriale, poi, la partecipazione è più alta in Lombardia, Toscana, Veneto, Lazio, Marche, Emilia Romagna e Sicilia.
    «L’alternanza è un pilastro fondamentale per innovare la didattica e favorire l’orientamento – ha detto il dg per gli Ordinamenti scolastici e la valutazione del Miur, Carmela Palumbo -. Partendo dalla Buona Scuola puntiamo a ottenere risorse certe e tempestive. Il progetto sperimentale di Federmeccanica ci aiuterà a tarare al meglio l’utilizzo dei fondi».


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    L’altra faccia dell’alternanza scuola lavoro: lo sfruttamento degli studenti


    Nel vicentino, 2.700 iscritti nelle scuole alberghiere, alcuni minorenni, sarebbero stati irregolarmente impiegati in alberghi e ristoranti, sfruttando le esperienze di tirocinio scolastico, previste dai programmi di studi: ad escogitare il sistema due società fittiziamente residenti all’estero. Prodotta un’evasione fiscale per un milione di euro.
    Non sempre le esperienze di stage e di alternanza scuola-lavoro sono convogliate verso la crescita professionale degli studenti che li frequentano. Ogni tanto si scopre che i datori di lavoro approfittano della presenza di giovani volenterosi per avviare forza-lavoro a costi irrisori.
    Sembra essere andata così anche per 2.700 studenti, alcuni minorenni, di scuole alberghiere, i quali sarebbero stati irregolarmente impiegati in alberghi e ristoranti, sfruttando la formula dell’alternanza scuola-lavoro prevista dai programmi di studi. A creare il meccanismo di sfruttamente sarebbero state due società fittiziamente residenti all’estero: avrebbero prodotto un’evasione fiscale per un milione di euro.
    Le pesanti accuse sarebbero emerse da una indagine su scala nazionale della Guardia di Finanza di Bassano del Grappa (Vicenza) che ha denunciato quattro persone per somministrazione fraudolenta di manodopera e altre due per frode fiscale. Le due società – con residenza fittizia a San Marino e in Svizzera, i cui titolari sono residenti nel bassanese, avrebbero violato le normative vigenti (che prevedono un rapporto diretto tra scuole e strutture di ristorazione e alberghiere), interponendosi illecitamente tra gli stessi istituti scolastici di Sicilia, Calabria, Puglia, Campania e Lazio, e ristoranti e alberghi di Trentino A.A., Veneto, Puglia, Sicilia, Umbria, Abruzzo, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Sardegna.
    I finanzieri – unitamente alla Direzione Territoriale del Lavoro di Vicenza, sotto il coordinamento della magistratura berica – hanno accertato un’evasione di un milione di euro e di altri 200 mila all’iva. Per la somministrazione fraudolenta di manodopera è prevista la sanzione pari a 70 euro per giorno d’impiego per studente e, considerato che ciascun studente è stato impiegato in media per quindici giorni, la sanzione potrà arrivare sino ad un massimo di 2,6 milioni.
    Gli indagati, su richiesta dei ristoratori e albergatori, facevano sottoscrivere agli studenti una “lettera di incarico”, con la quale veniva definito l’impiego, per un periodo determinato, di un numero di studenti occorrenti alle strutture di ristorazione e alberghiere, al costo di 60 euro per studente a settimana lavorativa.
    “Per i finanzieri – scrive l’Ansa – si sarebbe così consentito ai ristoratori e albergatori di impiegare per le proprie necessità (soprattutto nei periodi di maggiore concentrazione di cerimonie) una forza lavoro a basso costo, senza oneri contributivi, con la conseguente illecita concorrenza a danno degli altri operatori del settore. Si sarebbe permesso, inoltre, alle due società di esercitare l’intermediazione abusiva di manodopera, ricavando ingenti guadagni sottratti completamente al fisco e avrebbe comportato, a volte, per gli studenti un’esperienza scolastica in laboratori esterni con profili non propriamente specialistici”.



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  3. #3
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    Miur, crescono gli istituti tecnici coinvolti nell’alternanza scuola-lavoro

    Nell’anno scolastico 2013/2014 ha partecipato il 10,7% degli studenti. I dati elaborati dall’Indire

    Nell’anno scolastico 2013/2014 il 43,5% delle scuole secondarie di II grado ha utilizzato l’alternanza scuola-lavoro come metodologia didattica. I percorsi attivati sono stati 10.279, 210.506 gli studenti partecipanti (il 10,7% del totale), 126.003 le strutture ospitanti (con un +21,6% di imprese coinvolte).
    Sono i numeri elaborati dall’Indire (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa) per conto del Miur presentati al Job&Orienta di Verona. I dati riguardano l’anno scolastico passato, che ha visto una flessione dei percorsi totali attivati (erano 11.600 nel 2012/2013), ma un’incidenza maggiore di questa esperienza fra i ragazzi: ha partecipato il 10,7% della popolazione scolastica interessata a fronte dell’8,7% dell’anno precedente.
    Dei 2.361 istituti in alternanza nel 2013/2014 il 43,4% erano professionali, il 37,3% tecnici, il 13,3% licei. Mentre dei 10.279 percorsi totali il 57,9% è stato attivato negli istituti professionali, il 29,7% nei tecnici, l’11,9% nei licei.
    La maggior parte dei percorsi (2.836) viene svolta in Lombardia, seguono Toscana (1.302), Veneto (919), Lazio (711). I percorsi negli istituti tecnici e nei licei sono aumentati rispettivamente del 19,6% e del 35,4%. In 375 esperienze di alternanza sono stati previsti anche stage all’estero.
    «L’incremento delle attività di alternanza scuola-lavoro nei licei – commenta il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi – è una buona notizia. Stanno cadendo alcuni pregiudizi che in passato hanno bloccato questo tipo di esperienze in determinati percorsi di studio. Cresce la consapevolezza dell’importanza dei percorsi di alternanza per avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro. Ora, con la Buona Scuola, dobbiamo far crescere queste esperienze rendendole più accessibili agli studenti a partire dagli istituti tecnici. Anche attraverso un coinvolgimento sempre più forte delle imprese».



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    Stage con trappola: 2.700 studenti sfruttati da alberghi e ristoranti

    Sei denunciati nell’indagine della Guardia di Finanza di Bassano: i ragazzi lavoravano a basso costo e in nero dietro lo schermo dell’alternanza scuola-lavoro
    In teoria rientrava tutto nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro. In pratica erano impiegati in maniera abusiva da decine di ristoratori e albergatori, soprattutto nei periodi con il più alto numero di cerimonie (matrimoni, comunioni, cresime). E grazie – secondo l’accusa dei finanzieri – a due società con residenza fittizia all’estero, San Marino e Svizzera. È la sorte di 2.700 studenti, di cui alcuni anche minorenni: tutti lavoratori «in nero» che dovevano essere in cucine e hotel a svolgere attività di praticantato e invece, in molte occasioni, si trovavano a fare anche altro.
    60 euro alla settimana

    Manodopera a costo basso, bassissimo e per la quale – certificano le Fiamme gialle – «i mediatori si facevano pagare 60 euro alla settimana per ogni studente impiegato in cucine, bar e alberghi». La scoperta è stata fatta dalla Guardia di finanza di Bassano del Grappa con la Direzione territoriale del lavoro di Vicenza: l’operazione, coordinata dal capitano Pietro De Angelis, è stata condotta in tutta Italia e ha fatto venire alla luce anche il suo funzionamento. Dopo l’accordo tra istituti scolastici e aziende – nell’ambito del percorso formativo che prevede «sul campo» diverse ore di praticantato – «si inseriva in modo del tutto illecito» un intermediario che provvedeva, dietro pagamento, a fornire gli studenti a ristoratori e albergatori. «A quel punto non si poteva più parlare di rapporto scuola-lavoro, ma di rapporto di lavoro vero e proprio», spiega De Angelis. Lavoro «in nero», visto che non venivano versati i contributi. Su richiesta le persone coinvolte nell’attività illecita «facevano sottoscrivere a ristoratori e albergatori una “lettera d’incarico” con la quale veniva definito l’impiego, per un periodo determinato, di un numero di studenti occorrenti alle strutture», dietro i già citati 60 euro a settimana per studente. «L’importo veniva poi riportato nelle fatture emesse dalle due società, falsamente residenti all’estero, evadendo però le imposte dirette e l’Iva».

    Ragazzi del Sud sfruttati da aziende del Centro-Nord

    Le scuole superiori coinvolte (36 in tutto) si trovano in Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Mentre le aziende che richiedevano i ragazzi – un’ottantina circa – sono in Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Toscana, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Sardegna. Insomma: gli allievi del Meridione andavano soprattutto al Centro e al Nord. I finanzieri hanno denunciato quattro persone (due sono marito e moglie) per somministrazione fraudolenta di manodopera e hanno anche calcolato l’importo dell’Iva evasa (circa 200 mila euro su un milione di importo): per quest’ultimo elemento due delle persone sono state denunciate anche per frode fiscale. In caso di «somministrazione fraudolenta di manodopera – ricorda il capitano De Angelis – è prevista la sanzione pari a 70 euro per giorno d’impiego per studente e considerato che ognuno di loro è stato impiegato in media per quindici giorni, la sanzione potrà arrivare fino a 2,6 milioni di euro».





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    «Fondi Ue anche per pontenziare laboratori e alternanza scuola-lavoro»

    Potenziamento dei laboratori «non solo quelli scientifici, ma anche informatici, tecnici, linguistici, artistici». Più spazio all’alternanza scuola-lavoro, «favorendo stage all’estero o all’interno di realtà produttive particolarmente innovative». Lotta alla dispersione scolastica (già grazie alla precedente programmazione 2007-2013 il tasso di abbandono prematuro dei giovani meridionali è diminuito dal 28,7% al 21,5% – la media nazionale è del 19,2%, ancora distante dall’obiettivo del 10% da raggiungere entro il 2020). Azioni di “qualificazione” dell’istruzione tecnica e professionale, compresa la formazione regionale, e più orientamento rivolto alla futura occupazione.
    Novità
    Il ministero dell’Istruzione ha pronte le “priorità d’azione” per iniziare a spendere subito i tre miliardi di fondi europei (Pon Istruzione 2014-2020) in arrivo da Bruxelles che, per la prima volta, interesseranno tutte le Regioni (non solo quelle meridionali dell’obiettivo Convergenza): «A gennaio verranno emanati i primi bandi su digitale, laboratori e infrastrutture per le regioni del Centro-Nord», ha sottolineato, in questo colloquio con il Sole24Ore, il capo dipartimento per la Programmazione, le risorse umane e finanziarie del Miur, Sabrina Bono. «Nei sei mesi successivi si partirà anche al Sud».
    Il lavoro tecnico «è praticamente concluso; per il nuovo settennato potremmo contare sul 40% in più di risorse (da 2 miliardi si passa a 3) come riconoscimento dei risultati positivi raggiunti con la precedente programmazione: il tasso di scolarizzazione superiore è aumentato dal 67,4% al 74,6% e il tasso di partecipazione agli istituti superiori nelle regioni Convergenza è passato dal 91,8% al 94,2% in controtendenza con le regioni del Nord che registrano un tasso inferiore».
    Risorse
    Il programma 2014-2020 sarà «plurifondo», ha spiegato Bono, «poco più di due miliardi (2 miliardi e 160 milioni, per l’esattezza) arriveranno dal Fondo sociale europeo (Fse) e 860 milioni dal Fondo europeo sviluppo regionale (Fesr) e saranno ripartiti così: 2,1 miliardi per le Regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), 200 milioni per le regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) e 700 milioni per tutte le altre più sviluppate. del Centro Nord. In totale saranno interessati circa 9mila istituti, tre milioni di studenti e 250mila tra docenti e personale scolastico».
    Obiettivi
    La stesura del Pon Istruzione ha seguito le indicazioni contenute ne «La Buona Scuola», e quindi sarà dato spazio, anche, a interventi per innovare la didattica, gli spazi e le tecnologie. Oltre a una muovere i primi passi verso una vera co-progettazione imprese-scuole. Che risultati si attendono al 2023? «Un miglioramento delle competenze, più docenti formati, e – ha aggiunto Bono – un raccordo significativo scuola-lavoro e istituti tecnici-professionali: l’88% degli studenti dovrà aver realizzato esperienze di formazione on the job».

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    Nuova alternanza scuola-lavoro, presto il decreto Miur che la farà partire da settembre

    Lo ha assicurato il ministro Giannini nel corso di una visita tenuta presso lo stabilimento Bosch di Modugno, dove la pratica degli stage è una realtà già avviata da tempo: entro fine febbraio prevederemo per decreto almeno 200 ore di lavoro per gli studenti degli istituti tecnici, formando anche i docenti per questo obiettivo. Perché l’istruzione é la chiave di soluzione del 90% dei nostri problemi. Anche per Elena Centemero (Forza Italia) la priorità è la formazione degli studenti: sarebbe meglio destinare a loro i fondi per la stabilizzazione dei 150mila precari.
    Entro 45 giorni, la fine di febbraio, il Governo Renzi ha intenzione di approvare un decreto per inserire gradualmente a sistema l’alternanza scuola-lavoro già a partire dal prossimo anno scolastico. A dirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, nel corso di una visita tenuta presso lo stabilimento Bosch di Modugno, dove la pratica degli stage è una realtà già avviata da tempo.
    “Uno dei capitoli del provvedimento sulla ‘Buona scuola’ – ha detto il ministro – prevede la obbligatorietà dell’attività di laboratorio, che dal primo settembre 2015 diventa la nuova agenda curriculare delle scuole tecniche italiane”. Per poi aggiungere che, attraverso il decreto, “prevederemo almeno 200 ore di lavoro per gli studenti degli istituti tecnici, formando anche i docenti per questo obiettivo”.
    “Qui alla Bosch – ha aggiunto Giannini – ho visto di più: la virtuosa concentrazione di una grande azienda che investe in formazione, e che ha una struttura formativa di eccellenza, e un istituto tecnico superiore, che è il risultato di Regione Puglia, Provincia, Università e Politecnico. Questi modelli noi siamo intenzionati a potenziarli e svilupparli ma non potranno essere estesi a tutto il Paese in maniera indifferenziata, ma dovranno seguire anche la vocazione territoriale e quella imprenditoriale”.
    Va ricordato, a tal proposito, che parte del miliardo di euro stanziato per il 2015 nella Legge di Stabilità a favore della scuola andrà proprio alle attività di stage aziendale (oltre che per le assunzioni e la formazione di docenti e ds): si tratta di fondi indispensabili, visto che quest’anno sono stati destinati alle attività di alternanza scuola-lavoro le metà del 2013/14.
    Secondo Elena Centemero, responsabile nazionale scuola e università di Forza Italia, “il rapporto Ue sull’occupazione mette in evidenza delle lacune strutturali nel nostro Paese, a cominciare dalla maglia nera in Europa quanto al numero di laureati tra i 30 e i 34 anni. Il governo, anche oggi, ribadisce l’impegno per l’alternanza scuola-lavoro, ma perché gli intenti portino a risultati concreti servono idee chiare e risorse economiche”. Centemero sostiene che “per quanto riguarda le risorse necessarie, senza le quali ogni annuncio è destinato a cadere nel vuoto, basterebbe evitare la stabilizzazione in massa dei precari tanto cara all’esecutivo”. Come dire: prima i giovani che siedono sui banchi e poi i precari chi siedono in cattedra.
    Anche la Regione Puglia intende fare la sua parte in questa direzione. “Nel prossimo piano operativo regionale – ha ricordato Alba Sasso, assessore regionale all’Istruzione – abbiamo investito moltissimo negli istituti tecnici e previsto 20 milioni di euro per l’alternanza scuola-lavoro”, riferendo che anche la Porsche intende avviare una iniziativa simile a Brindisi.
    Tornando alla visita di Giannini in Puglia, il ministro ha anche tenuto a dire, parlando in generale della scuola, che “l’istruzione é la chiave di soluzione del 90% dei nostri problemi“. E ancora: “o tutta la società, nelle sue componenti civile, imprenditoriale, alla parte politica che ha la responsabilità primaria, comincia a capire che quello é il punto centrale, che non ti dà magari i frutti nel semestre successivo, ma nei successivi 10-20 anni, oppure diventa complicato. Mi sembra sia riconosciuto ormai a livello europeo che l’Italia sta facendo esattamente questa inversione di rotta. Ora ci aspettiamo che lo facciano anche altri”.
    “Nella Legge di stabilitá – ha ricordato il ministro – sono stanziati, in tempi ancora molto complessi, tre miliardi di euro, che testimoniano la volontá di questo governo di fare di questo settore quello cardine. Dobbiamo dare sostenibilità ai nostri progetti, e questo significa non solo un grande piano di assunzioni e formativo degli insegnanti, non solo l’alternanza scuola-lavoro ma creazione di una cultura di formazione e di collaborazione con l’impresa che poi faccia mettere a ciascuno il suo. Noi ci aspettiamo dalle imprese, italiane o straniere, che operano nel nostro Paese questo stesso tipo di disponibilità e di investimenti che abbiamo visto qui alla Bosch”.
    Nel pomeriggio, Giannini, si è recata alla ‘Antica Masseria dell’Alta Murgia’, struttura confiscata alla mafia nel 2011 e oggi da lei inaugurata ad Altamura (Bari) dopo la riconversione a fini sociali. “I ragazzi – ha detto Giannini – sono molto sensibili a questo. Poter essere ospitati, avere attività ricreative e formative in un edificio che è stato confiscato alla mafia, significa avere la consapevolezza che c’è uno Stato che agisce”. La struttura è stata assegnata in comodato d’uso gratuito ad un’associazione temporanea di scopo, di cui fanno parte l’Associazione italiana Alberghi per la gioventù, il network ‘Più scuola meno mafia’ e una rete di scuole del territorio. All’interno della struttura sarà realizzato il progetto ‘Forte’ (Formazione, orientamento, reinserimento, tutorship, empowerment) che prevede la creazione di un Centro per il contrasto alla dispersione scolastica, per la formazione in alternanza scuola-lavoro e per il supporto a giovani con disagio.


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    Predefinito Più collegamento tra scuola e lavoro, così Berlino ha ridotto gli abbandoni

    Il decreto «Buona Scuola» e i provvedimenti attuativi del Jobs act dovranno collegare di più e meglio formazione e mondo delle imprese, e ridare centralità all’istruzione tecnica e professionale. Paesi come la Germania, sono ormai anni che hanno imboccato questa strada, e i numeri gli danno ragione. Berlino, a novembre, ha registrato un tasso di disoccupazione giovanile stabile al 7,4% (in Italia siamo saliti al 43,9 per cento). Tra i tedeschi, poi, gli abbandoni scolastici sono a un fisiologico 9,9%, da noi si supera il 17 % (quasi il doppio).
    I ritardi con i tedeschi
    E ancora: il numero di apprendisti in Germania sfiora il milione e mezzo di unità, in Italia siamo a quota 470mila, quasi tutti “contratti professionalizzanti” (senza quindi rapporti con scuole o università). E la differenza è pure retributiva: un apprendista tedesco “guadagna” circa 700 euro (una retribuzione che sale con il tempo e sconta l’impegno formativo dell’impresa), mentre nel nostro Paese il costo per l’azienda è più elevato, in media 1.200 euro (in pratica c’è pochissima differenza con una normale busta paga di un lavoratore qualificato).
    La ricerca
    L’occasione per tornare a discutere di “sistema Germania” è stata la presentazione ieri, all’università Luiss di Roma, davanti al ministro, Giuliano Poletti, e al segretario di Stato del ministero federale dell’educazione tedesco, Georg Schutte, della ricerca «Educare alla cittadinanza, al lavoro e all’innovazione: il modello tedesco e proposte per l’Italia», curata dall’associazione TreeLLLe e dalla Fondazione Rocca.
    Le proposte
    Un nuovo richiamo ai ministeri dell’Istruzione e del Lavoro italiani: da noi non c’è nessuna diversificazione dell’offerta accademica, e siamo in ritardo sull’istruzione superiore professionalizzante: in Germania ci si iscrivono un milione e 347mila studenti (altri 1,6 milioni scelgono l’università). In Italia invece gli Its (le super scuole di tecnologia post diploma alternative all’università) sono decollati da pochi anni e contano appena 7mila studenti (lo 0,4% del 1.747.000 alunni che frequentano l’istruzione terziaria). Di qui la necessità di un cambio di passo, puntando su un rafforzamento delle normative sull’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato, che va semplificato, reso meno oneroso per le imprese e sviluppato a livello secondario e universitario. C’è necessità poi di introdurre periodi obbligatori (almeno il 20% dell’orario) di formazione “on the job” per tutti i percorsi a carattere tecnico e professionale; gli Its vanno valorizzati, e i docenti formati.
    Una caratteristica vincente del modello tedesco è anche la sua capacità di trasferire i risultati della ricerca scientifica al sistema produttivo, favorendo così l’innovazione: in Germania, per esempio, le domande di brevetti (per milioni di abitanti) sono state 272, contro le 63 dell’Italia. E Berlino investe 77,8 miliardi di euro in Ricerca e Sviluppo (contro i nostri 19,8 miliardi).
    Gli impegni del Governo
    E l’Italia? Il ministro Poletti ha aperto alla possibilità di ulteriori modifiche all’apprendistato: «Ci stiamo ragionando». Mentre nel decreto «Buona Scuola», atteso per fine febbraio, il Miur dovrebbe raddoppiare le ore di alternanza (portandole fino a 200) nelle ultime tre classi degli istituti tecnici e professionali. Inoltre, «puntiamo a rendere strutturale l’apprendistato a scuola previsto dal decreto Carrozza – ha spiegato il sottosegretario, Gabriele Toccafondi -. E sugli Its semplificheremo la rendicontazione, introducendo regole comuni, e le competenze acquisite dai ragazzi saranno certificate nel corso dell’esame finale per renderle subito spendibili sul mercato».


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    Predefinito Si rafforza l’asse scuola-lavoro: più laboratori e 600 ore di formazione on the job

    Si rafforza l’asse scuola-lavoro: più laboratori e 600 ore di formazione on the job


    I periodi di alternanza scuola-lavoro avranno una durata di 200 ore l’anno, e potranno svolgersi anche durante l’estate. Saranno interessati gli studenti del secondo biennio dell’ultimo anno degli istituti tecnici e professionali (si sale così a 600 ore totali – oggi invece le ore di formazione on the job sono in media 70/80 l’anno e sono svolte quasi esclusivamente dai ragazzi delle classi quarte).
    Potenziamento dei laboratori
    Sarà poi portata a regime la possibilità, prevista fino al 2016 dal decreto Carrozza, per gli alunni degli ultimi due anni delle superiori di poter apprendere in azienda attraverso la stipula di contratti di apprendistato di alta formazione (a oggi è in piedi la sola sperimentazione Enel che, a settembre scorso, ha assunto 150 studenti-apprendisti). Si potenzieranno i laboratori, con un bando per i laboratori consortili aperti al territorio e co-progettati da reti di scuole, università, realtà produttive, terzo settore ed enti locali; e si sgraveranno le imprese dai compiti di svolgere corsi di formazione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in favore degli studenti in alternanza (ci penseranno direttamente gli istituti scolastici e le Asl).
    Si va riempiendo di contenuti il decreto «Buona Scuola» che il ministro, Stefania Giannini, porterà in Consiglio dei ministri a fine febbraio. Del resto, anche ieri, il premier, Matteo Renzi, ha ribadito la «centralità» della riforma dell’Istruzione, «che dovrà entrare in vigore il prossimo 1° settembre».
    Formazione obbligatoria, e più lingue
    Il provvedimento non conterrà la sola stabilizzazione di circa 140mila docenti precari. Si punterà anche sul rafforzamento di alcune materie (inglese, storia dell’arte, musica, economia, diritto inteso come educazione alla cittadinanza, competenze digitali); verrà introdotta una nuova carriera per gli insegnanti (con scatti di carriera basati sulla valutazione delle performance); e sarà resa davvero obbligatoria la formazione in servizio.
    Un piatto forte del Dl è il rafforzamento dell’asse scuola-lavoro, guardando al modello duale tedesco. «L’occupazione giovanile deve essere un’ossessione quotidiana del Paese e sicuramente lo è per questo governo – spiega al Sole24Ore il ministro Giannini -. Per questo vogliamo potenziare l’apprendimento attivo. Non possiamo parlare di politiche occupazionali se non facciamo prima politiche coerenti della formazione».
    Il Miur pensa di realizzare un albo nazionale delle imprese, una piattaforma dinamica dove far incontrare le scuole con le aziende disponibili ad accogliere studenti in alternanza e attraverso cui accreditare le imprese che fanno formazione. Inoltre, si valorizzerà una didattica basata sul “saper fare”. Verrà finanziata la creazione di laboratori di nuova generazione. Si punterà a rendere strutturale l’apprendistato negli ultimi due anni delle superiori.
    Puntare su competenze linguistiche e digitali
    «Stiamo lavorando ad una policy sull’alternanza – sottolinea Giannini – che ci aiuti a curare la patologia della dispersione scolastica e anche a dare una risposta alle imprese che, in un momento storico in cui la percentuale di disoccupati fra i giovani è molto alta, non trovano personale specializzato. Fra scuola e aziende è andato in scena finora un dialogo fra sordi. Dobbiamo invertire questa situazione, creare un legame più forte fra queste due realtà. E dobbiamo farlo con l’alternanza, ma anche dando ai nostri ragazzi le competenze di cui hanno bisogno per entrare nel mondo del lavoro, sicuramente quelle linguistiche e digitali».
    Il Dl prevede poi una razionalizzazione dei percorsi di istruzione tecnica e professionale (quest’anno va a regime la riforma varata nel 2010). Per ora, il Miur pensa solo a ridurre alcuni indirizzi “doppioni” dell’istruzione professionale per farli confluire nei settori dell’istruzione tecnica (perchè ritenuti più corrispondenti). Si lavora anche per aumentare le attività didattiche laboratoriali, attraverso una rimodulazione, a parità di tempo scuola, dei quadri orari degli indirizzi, con particolare riferimento al primo biennio. Si sta ragionando, infine, sulla possibilità di valorizzare il periodo trascorso in alternanza all’esame di maturità: avrà un peso reale nella prova orale, oggi essenzialmente limitata alla discussione di una tesina preparata dallo studente.

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    Predefinito Per il Cts ruolo centrale nell’alternanza scuola-lavoro della riforma che verrà

    Uno degli interventi previsti dal disegno di legge di marzo 2015, sulla riforma del sistema di istruzione e formazione e il riordino della legislazione scolastica vigente, è l’aumento delle ore che gli studenti del secondo ciclo, a partire dall’età di 15 anni, dovrebbero svolgere in modalità di alternanza scuola-lavoro: l’articolo 4, c.1, del Ddl prevede, infatti, che «al fine di incrementare le opportunità di lavoro degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77 sono attuati negli istituti tecnici e professionali per una durata complessiva nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi per almeno 400 ore e nei percorsi liceali per una durata complessiva nel triennio di almeno 200 ore».
    Questo intervento appare in linea con la Raccomandazione emanata il 2 giugno 2014 dalla Commissione europea in merito alla necessità di accrescere l’apprendimento basato sul lavoro negli istituti per l’istruzione e la formazione-professionale del ciclo secondario superiore e rafforzare l’orientamento professionale nel ciclo terziario.
    Inquadramento normativo dell’alternanza scuola-lavoro
    L’alternanza scuola-lavoro viene introdotta dal ministro Moratti, con la legge 53/2003, come modalità di realizzazione dei percorsi del secondo ciclo, nel sistema dei licei, dell’istruzione e della formazione professionale.
    Il Dlgs 77/2005 ha definito in maniera puntuale ed esaustiva le norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, determinando l’ambito, le finalità e le modalità di realizzazione, l’organizzazione dei percorsi, le caratteristiche della funzione tutoriale e le condizioni per la verifica delle competenze acquisite.
    Dopo che erano trascorsi alcuni anni nei quali i percorsi di alternanza faticavano a decollare, la “riforma Gelmini” con i Dpr 87-88-89/2010 ha ripreso e valorizzato tali esperienze lavorative in relazione alla loro valenza laboratoriale, formativa e orientativa nei diversi percorsi di istruzione secondaria di secondo grado. La riforma del secondo ciclo ha, peraltro, previsto l’introduzione dell’alternanza come percorso obbligatorio per gli studenti delle quarte e quinte degli istituti professionali in sostituzione dell’allora (2010) esistente terza area professionalizzante, fino alla messa a regime del riordino, oggi attuato.
    Organizzazione e criticità
    L’organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, per permettere agli studenti di raggiungere livelli di apprendimento di conoscenze e competenze in accordo con il profilo di uscita dalla scuola, dovrebbe coinvolgere gran parte dei docenti del consiglio di classe in una ri-programmazione didattica individualizzata e calibrata sulle finalità concordate con l’azienda ospitante. La realizzazione di detti percorsi si scontra non solo con le oggettive resistenze di una parte del corpo insegnante, ma anche con la difficoltà di reperimento delle aziende disposte ad ospitare gli studenti e a delineare un progetto formativo da seguire in sinergia con il tutor scolastico: l’alternanza scuola-lavoro troverebbe infatti la piena realizzazione se estesa a tutti gli studenti della classe.
    Al fine di favorire il coinvolgimento dei docenti è opportuno far sì che essi possano frequentare corsi di formazione/aggiornamento mirati, stimolando altresì la loro crescita professionale e mantenendo la scuola al passo con le innovazioni metodologiche e tecnologiche, oltre che con le sempre nuove richieste in termini di competenze specifiche provenienti dal mondo del lavoro.
    Il coinvolgimento dei docenti di area non professionalizzante si rende necessario perché il percorso di alternanza prevede una conoscenza complessiva dell’organizzazione del lavoro e dell’azienda e non solo il settore specifico dell’attività professionale.
    In questo contesto, riveste un ruolo fondamentale il Cts (Comitato tecnico scientifico), organo consultivo costituito nelle scuole e composto, oltre che dal dirigente scolastico e dai docenti che curano il contatto con il mondo del lavoro e con la formazione post-diploma, da rappresentanti delle associazioni di categoria, delle imprese del territorio ed esponenti degli enti locali. Compito fondamentale del Cts è quello di indicare le competenze maggiormente spendibili nel mondo del lavoro, collaborando per la realizzazione di percorsi che consentano di orientare gli studenti all’uscita dalla scuola superiore, ovvero individuare e sollecitare le realtà imprenditoriali del territorio per l’accoglienza di studenti in scuola-lavoro.


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    Predefinito Alternanza scuola-lavoro, tutte le istruzioni per il censimento del Miur

    Alternanza scuola-lavoro, tutte le istruzioni per il censimento del Miur



    Progetti, risorse e tempi per inserire i ragazzi nel mondo del lavoro: il ministero chiama a raccolta gli istituti superiori per reperire i dati relativi all’alternanza scuola-lavoro. Una sorta di accurato censimento per monitorare quei progetti che, in base al testo di riforma della scuola pubblica e nel rispetto della legge di stabilità, saranno uno dei punti cardine del futuro dell’istruzione italiana.
    Con la nota 1533 del 4 maggio scorso, il Miur ha lanciato un monitoraggio nelle scuole e la raccolta dei dati andrà avanti fino al 31 luglio. Fino allo scorso anno le rilevazioni erano di competenza dell’Indire che, d’ora in poi, manterrà solo la raccolta dei dati qualitativi. Spetta invece al ministero di viale Trastevere reperire informazioni su tutto quel che concerne i progetti a livello quantitativo.
    Se la scuola non collabora, niente fondi
    La partecipazione al monitoraggio da parte delle scuole è condizione essenziale per ricevere i finanziamenti dal ministero. Per la raccolta dati è disponibile sul portale Sidi una funzione ad hoc: “Alternanza scuola lavoro”, si trova nell’area Alunni-Gestione alunni. La nuova pagina va quindi a sostituire quella utilizzata finora su Alternanza-tirocini-stage presenti nella scheda Alunno.
    Parola d’ordine: massima trasparenza
    La pagina Sidi chiede alle scuole informazioni dettagliate relative ai percorsi di alternanza scuola-lavoro attivati durante l’anno scolastico. Per il monitoraggio esistono infatti due sezioni distinte e vanno compilate in ordine di presentazione. La prima riguarda i percorsi e la seconda entra nella sfera degli alunni e delle loro attività.
    Nel report anche le imprese coinvolte
    Trattandosi di dati prettamente quantitativi, le scuole dovranno fornire al rilevamento le informazioni relative ai percorsi inserendo una descrizione delle attività svolte. A questa prima fase segue poi l’inserimento dei dati sulla tipologia dei percorsi distinguendo tra l’Alternanza scuola lavoro o l’Impresa formativa simulata. A seguire ci sono poi i campi relativi alla durata del progetto riportandone la data di inizio, alle fonti di finanziamento utilizzate e alle strutture associate con cui collaborare.
    Per gli studenti arriva il curriculum vitae
    Nella seconda fase del report vengono forniti i dati relativi agli studenti. La scuola “entra” nel merito delle singole classi e fornisce i dati relativi ai precedenti percorsi effettuati dagli studenti. Creando una sorta di storico e garantendo quindi una continuità formativa durante gli anni della scuola superiore. Non solo uno sguardo al passato, il Miur a breve fornirà alle scuole nuove indicazioni per inserire le certificazioni delle competenze conseguite dagli alunni. Un passaggio che avverrà solo alla fine dell’anno scolastico.
    Massima attenzione dal Miur
    Il ministero dell’Istruzione seguirà con attenzione l’andamento della raccolta dati effettuando un costante monitoraggio sulle modalità e i tempi. La scadenza prevista è fissata al 31 luglio. Una volta chiusa la funzione non sarà possibile per le scuole correggere dati eventualmente errati. Per evitare possibili errori nel procedimento, quindi, è possibile consultare la Guida operativa specifica, presente nell’area procedimenti amministrativi, oppure contattare il Servizio statico o il numero verde del sistema informativo del Miur 800 903 080.


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