La Cassazione ha stabilito che si può chiedere il rimborso del sistema operativo e dei programmi di Microsoft installati su quasi tutti i computer. Ecco chi può farlo e come. E quali sono le alternative
Chi ha acquistato un computer con un sistema operativo preinstallato ma vuole rinunciarvi per usarne un altro può chiedere un rimborso al produttore. A deciderlo è la Cassazione che, con la sentenza 19161/2014, ha sancito il principio di non correlazione tra hardware e software (sistemi operativi ma anche pacchetti di applicazioni, come Office). Anzi, secondo i giudici «l’impacchettamento alla fonte di hardware e sistema operativo Windows-Microsoft (così come per qualsiasi altro sistema operativo a pagamento) risponderebbe a una politica commerciale finalizzata alla diffusione forzosa di quest’ultimo».
La vicenda
La decisione della Cassazione arriva dopo un contenzioso cominciato nel 2005, quando un consumatore denunciò Hewlett-Packard per il mancato rimborso del sistema operativo Windows Xp Home Edition, installato su un computer da lui acquistato. Nel 2007 il Giudice di Pace di Firenze gli dà ragione e Hp ricorre prima in Appello e poi in Cassazione. Nel frattempo l’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori segnala il fatto all’Antitrust, che nel 2006 conferma il diritto dei consumatori a farsi rimborsare le spese per i sistemi operativi non richiesti.
Chi ci rimette
La sentenza della Cassazione è un duro colpo per Microsoft. Anche se ad avere torto è Hp, chi rischia di subirne le conseguenze è chi i sistemi operativi li ha sempre prodotti e su di essi ha costruito un business. Per evitare un’ondata di richieste di rimborso cui far fronte, infatti, alcuni produttori potrebbero allargare l’offerta software alle tante alternative open source, che non comportano costi aggiuntivi e sono più vantaggiose per i consumatori. È anche per questo motivo che Microsoft ha già cominciato ad abbassare drasticamente (in qualche caso addirittura ad azzerare) i costi dei sistemi operativi per alcuni dispositivi, tablet in testa. Ma se questo non dovesse bastare Microsoft dovrà trovare una terza via. Una soluzione potrebbe essere seguire l’esempio di Apple, che sviluppa in parallelo hardware e software, li vende assieme ma fa pagare solamente il primo, offrendo il secondo gratuitamente ai suoi clienti.
Come fare per avere il rimborso
Per chiedere il rimborso, intanto, l’utente deve inviare una richiesta all’azienda entro 30 giorni dall’acquisto del prodotto, e soprattutto senza aver accettato le condizioni di licenza Microsoft. Così si legge sul sito di Acer, l’unica che ha aperto una sezione dedicata alle richieste di rimborso. Una volta approvata la richiesta dall’azienda, l’acquirente dovrà provvedere alla spedizione del computer a un centro di assistenza assieme ai cd di installazione del sistema operativo (se presenti al momento dell’acquisto). Dopo la disinstallazione del software il prodotto sarà rispedito all’utente. Il tutto a spese del consumatore e per un rimborso massimo di 90 euro (la Cassazione ha quantificato il rimborso in 140 euro, ma la cifra può variare in base al tipo di software presente sul computer).
La lettera di diffida
Come ha scritto l’Aduc in un comunicato, «la sentenza non ha conseguenze immediate e dirette sul comportamento dei produttori» ed è per questo che l’associazione consiglia di «continuare a fare causa a chi non si comporta “secondo buona fede” nel tentativo di dissuadere il consumatore a ottenere il giusto rimborso». Per questo l’Aduc ha già pubblicato sul suo sito un modulo per la “Messa in mora e diffida ad adempiere per il rimborso della licenza d’uso Microsoft Windows non accettata”. Insomma, la sentenza è stata depositata ma la battaglia dei consumatori sembra essere lontana dalla fine. L’obiettivo è fissato: «fino a quando le denunce non raggiungeranno un costo significativo per i produttori, le cose non cambieranno» ma, aggiunge l’Aduc, «se i numeri dovessero diventare importanti è probabile che potremmo ottenere un cambio di rotta sulla strada di un rimborso possibile e facile».
Le alternative a Windows
Esistono numerose alternative gratuite a W indows, realizzate con tecnologie e grafiche molto diverse tra loro. Le più comuni, però, restano i sistemi operativi della famiglia Linux, come Ubuntu (il più diffuso grazie all’ampio numero di programmi gratuiti), Linux Mint (adatto per chi cerca un’interfaccia user-friendly ma non vuole passare a Mac OS X) e Fedora. Il passaggio a un sistema open source può spaventare un utente inesperto: c’è da scaricare un file di dimensioni importanti, masterizzarlo su cd o dvd o copiarlo su chiavetta usb, poi riavviare il computer e installare il software. Non tutto funzionerà, all’inizio, bisognerà scaricare driver, estensioni e aggiornamenti, ma la sensazione di libertà arriverà subito, cliccando “Sostituisci Windows”. Attenzione, dando l’ok si cancellerà tutto quello che c’è sul computer: meglio informarsi bene prima di procedere.
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