In base alla regola generale di corrispettività delle prestazioni, la retribuzione è dovuta solo se la prestazione di lavoro è effettivamente eseguita. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 2760/13.

Il caso
La Corte di Appello dichiara la legittimità del licenziamento per assenza prolungata di un dipendente di una società, condannando però quest’ultima al pagamento delle retribuzioni e del TFR maturati fino alla data della lettera di licenziamento (25 gennaio 2000), nonché a una percentuale del premio di produzione stabilito. Il dipendente, a seguito di un equivoco cambio di mansioni, non si era più presentato al lavoro nonostante una comunicazione della società che lo invitava formalmente a riprendere servizio. La società ricorre in Cassazione, lamentando essenzialmente la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in quanto non si giustificherebbe il pagamento delle retribuzioni maturate, dal momento che il dipendente, dopo il godimento delle ferie, non si era più presentato e dunque non aveva più svolto alcuna attività lavorativa per la società. Gli Ermellini rilevano che effettivamente il lavoratore, terminate le ferie il 16 dicembre 1999, non aveva più ripreso servizio ed era quindi stato formalmente invitato a presentarsi con una nota del 22 dicembre: la retribuzione per il periodo successivo al dicembre 1999 non è pertanto dovuta. Secondo la Suprema Corte, infatti, al dipendente che sospenda volontariamente l’esecuzione della prestazione lavorativa, non spetta la retribuzione finché egli non provveda nuovamente a mettere la stessa a disposizione del datore di lavoro. La Cassazione cancella con rinvio la sentenza impugnata.

Fonte: w**.dirittoegiustizia.it