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Discussione: Edilizia scolastica

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    Via libera al decreto che distribuisce 26 milioni per l’edilizia scolastica


    La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha firmato ieri il decreto di riparto di 26,4 milioni di euro che le Regioni potranno utilizzare per l’adeguamento sismico degli edifici scolastici. Si tratta della prima delle prossime dieci azioni annunciate dalla ministra nel corso della conferenza stampa sull’edilizia scolastica tenutasi lo scorso 18 luglio a Palazzo Chigi. Azioni che saranno messe in campo fino alla metà di agosto.
    La ripartizione
    Lo stanziamento totale previsto dal decreto firmato oggi è di 26.404.232 euro che si sommano agli altri fondi che vengono stanziati annualmente per l’edilizia scolastica e, in particolare, per l’antisismica. La Campania è la regione alla quale vanno le risorse più consistenti pari a 4.517.764,10 euro. Seguono la Sicilia con 3.952.713,53 euro; il Lazio con 2.806.769,86 euro; la Calabria con 2.273.404,38 euro.
    I criteri
    Le risorse sono state ripartite secondo i criteri previsti dal Dpcm del 12 ottobre 2015. I fondi, gestiti in raccordo con la Protezione civile, potranno essere spesi per interventi di adeguamento strutturale e antisismico degli edifici scolastici di proprietà pubblica situati in zone sismiche e per la costruzione di nuovi edifici scolastici nel caso in cui la realizzazione ex novo sia preferibile alla messa in sicurezza di quelli già esistenti.


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    Edilizia scolastica, sbloccati 2,7 miliardi

    In arrivo nuove risorse per circa 2,7 miliardi destinate all’edilizia scolastica. La luce verde si accende oggi – nella giornata nazionale dedicata alla sicurezza nelle scuole – con la firma della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli a due misure attuative.
    La prima è il decreto Miur che sblocca oltre un miliardo di euro – esattamente 1,058 miliardi – nell’arco del triennio 2017-2019 (di cui 291 milioni per l’annualità 2017). Il Dm che la ministra firmerà, e invierà alla Corte dei Conti per la registrazione, distribuisce alle Regioni le risorse riservate alle scuole a valere sul maxi-fondo da 46 miliardi in capo alla presidenza del Consiglio (istituito dalla legge di Bilancio 2016, articolo 1, comma 140). I soldi serviranno in massima parte per finanziare interventi mirati alla sicurezza antisismica delle strutture. Se tutto fila liscio, le risorse saranno nella disponibilità delle regioni entro la fine di quest’anno. Il riparto vede al primo posto la Campania (con quasi 149 milioni di euro), seguita dall’Emilia Romagna (con 94,4 milioni) e dalla Calabria (con 87,5 milioni). All’ultimo posto il Molise, con 17 milioni di euro.
    L’altra notizia è la firma – sempre oggi – del protocollo d’intesa tra la ministra dell’Istruzione e il vicepresidente della Banca europea per gli investimenti Dario Scannapieco per attivare un nuovo maxi-prestito da destinare a interventi di edilizia scolastica. La cifra indicata nel protocollo è di 1,3 miliardi, ma le risorse erogate dalla Bei saranno di più perché si sommano ad altri 310 milioni circa previsti dal precedente accordo Bei ma non ancora “tirati” dagli enti locali. In tutto, le risorse Bei salgono dunque a 1,7 miliardi.
    Il protocollo andrà poi a Palazzo Chigi per essere firmato anche dal premier Paolo Gentiloni. Il nuovo mutuo Bei viene pagato dallo Stato con 150 milioni all’anno per dieci anni. La Bei anticipa l’intero importo, mettendolo a disposizione degli enti locali (attraverso Cassa depositi e prestiti) a fronte della presentazione dei progetti e (dopo l’apertura del cantiere) del certificato di avanzamento lavori.
    Il protocollo Bei anticipa il Dm Economia-Infrastrutture-Istruzione sulla programmazione nazionale di edilizia scolastica 2018-2010. Lo schema di decreto dovrebbe ricevere il parere nella conferenza unificata di domani pomeriggio (dopo una riunione tecnica nella mattinata con le Province, che avevano chiesto al governo più fondi per le scuole da loro gestite) e poi andare in firma ai ministri.
    Le novità non finiscono qui. La ministra Fedeli annuncerà oggi nuovi concorsi di idee per selezionare i progetti di “scuole innovative” in sette città di Veneto, Piemonte, Calabria, Puglia e Lombardia. Il 6 novembre scorso si è chiuso il concorso lanciato dal Miur nel maggio 2016 per selezionare 50 “scuole innovative” da realizzare in varie città d’Italia con i fondi messi a disposizione dall’Inail (in conto investimenti). Tutti i progetti sono ora esposti in una mostra che si apre oggi a Roma.
    Sarà inoltre annunciato anche il nome del Comune dove sarà realizzata la “scuola modello” disegnata dai ragazzi delle scuole superiori coordinati dall’architetto Mario Cucinella. Il comune sarà sorteggiato tra gli 11 comuni colpiti dal sisma (in rappresentanza delle quattro regioni colpite dal terremoto del Centro Italia) che si sono candidati a ospitare la struttura.
    Infine, domani, sempre a Roma, Inarcassa (con Fondazione Inarcassa) e Miur annunciano il lancio di un fondo di rotazione che metterà a disposizione degli enti locali un milione di euro per anticipare i costi della progettazione di nuovi interventi. «Una iniziativa concreta per gli enti locali e per la sicurezza nelle scuole», sottolinea il presidente di Inarcassa Giuseppe Santoro. A fare da apripista sarà il comune di Barletta.


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    L’Italia delle scuole che crollano. Serve l’anagrafe degli edifici




    Trenta episodi nell’anno che sta per chiudersi. Quattro giorni fa, prima di Fermo, c’era stato il cedimento del solaio piombato nella scuola elementare di Eboli con quattro bambini feriti. L’anagrafe degli edifici è ancora incompleta. Al Sud 3.397 euro all’anno per gli interventi
    L’unico ad aver fatto il suo dovere è stato S. Giuseppe da Copertino. Come santo patrono doveva proteggere gli studenti e l’ha fatto. Lasciando che il soffitto di una aula di Fermo venisse giù in un boato di calcinacci in una giornata in cui i ragazzi erano impegnati altrove. Tutti gli altri però, dalle autorità locali a quelle nazionali, il loro dovere non l’hanno fatto per niente.
    La scheda
    Dice tutto la scheda «edilizia scolastica» dell’Istituto Tecnico Tecnologico «G. e M. Montani» di Fermo, sulla costa marchigiana, pubblicata all’indirizzo cercalatuascuola.istruzione.it/cercalatuascuola/istituti/APTF010002/itt-g-e-m-montani-fermo/edilizia/. Scheda obbligatoria per l’anagrafe nazionale di tutti gli istituti decisa proprio per affrontare finalmente i problemi del degrado spesso inaccettabile nel nostro patrimonio. Per alcune voci, certo, la risposta c’è: «Fascia di età di costruzione: tra il 1800 e il 1899». «Impianto idrico: necessità di manutenzione parziale». «Impianto di riscaldamento: necessità di manutenzione completa». «Impianto igienico-sanitario: necessità di manutenzione completa». E così via. Sono le cose più importanti, però, quelle che possono spingere un papà, una mamma o uno studente a raccogliere l’invito di «cercalatuascuola.istruzione.it» per sapere se «quella» scuola sia o meno a rischio. E qui, vuoto totale. Solai? Casella bianca. Coperture? Bianca. Intonaci interni? Bianca. Controsoffitto? Bianca. E non si tratta di dati vecchi, rimasti lì nella muffa di qualche data center. Come spiega l’introduzione al sito, «i dati contenuti nella presente sezione contengono tutte le informazioni di carattere tecnico relative agli edifici scolastici attivi censiti così come comunicati dagli enti locali proprietari degli stessi» e «son riferiti all’anno scolastico 2017/18».
    A chi tocca?
    A chi toccava occuparsi delle perizie e riempire quel modulo? Alla scuola, al comune, alla provincia, alla regione? A chi? Tocchi a chi tocchi, i cittadini devono essere informati. Perché sull’anagrafe degli edifici scolastici si gioca non solo il futuro edilizio della pubblica istruzione ma il diritto stesso dei nostri figli a studiare senza correre il rischio che cadano loro in testa il tetto dell’istituto nel quale passano gran parte delle loro giornate.
    Nel solo anno scolastico corrente, accusa Cittadinanza Attiva, sono finiti sui giornali (il penultimo, prima di Fermo, era stato tre giorni prima il cedimento del solaio piombato nella scuola elementare di Eboli con quattro bambini feriti) almeno trenta crolli. Nella scia di 44 nel 2016/2017. E di altri 112 nel triennio precedente. Per un totale negli ultimi cinque anni, stando a questo calcolo, di almeno 186 episodi.
    «È inammissibile che ad oggi non si abbia un’anagrafe dell’edilizia scolastica completa e affidabile che permetta di sapere quali sono gli edifici più a rischio e di definire le priorità di intervento», sferzano Vanessa Pallucchi e Francesca Pulcini, vice presidente nazionale e presidente regionale di Legambiente, «Non si può pensare di affidare la sicurezza degli edifici scolastici al fato». E insistono: l’anagrafe va finita entro il 2020.
    L’anagrafe
    E già questa, come ricorda Adriana Bizzarri che di CittadinanzAttiva è coordinatrice per la scuola, è una scadenza che grida vendetta. La legge istitutiva, infatti, è del lontano 11 gennaio 1996. Per capirci: venti giorni prima che a Venezia prendesse fuoco la Fenice. Tanto, tanto tempo fa. Da allora son passati dodici ministri e dodici premier. Ma dopo ventidue anni l’anagrafe non c’è ancora. Meglio, c’è a macchia di leopardo: «In Toscana e qualche altra regione ci siamo», dice Laura Galimberti oggi assessore a Milano e ieri coordinatrice della Struttura di missione di Palazzo Chigi per la riqualificazione dell’edilizia scolastica, «Altrove è andata a rilento. Non so quante volte abbiamo spronato i comuni…».
    Colpa anche, forse, del passaggio da un modulo con 150 domande a uno con 500. Un incubo, a riempirlo tutto. Tanto più per chi è in ritardo, spiega ancora la Bizzarri. Come a Napoli. O a Roma dove la macchina è lentissima. E perfino a Milano, dove l’ex assessore Gabriele Rabaiotti è arrivato a sfogarsi: «I dati ci sono ma, pare impossibile, sono su carta». Eppure Dio sa quanto l’Italia avrebbe bisogno di conoscere metro per metro o almeno scuola per scuola la situazione del patrimonio edilizio che ospita, dalle materne alle superiori, circa 8 milioni di alunni. Per capire qual è esattamente il problema, dove sono le emergenze, quali sono le priorità.
    Il dossier
    L’ultimo dossier Ecosistema Scuola di Legambiente ricorda che «oltre il 41% delle scuole (15.055) si trova in zona sismica 1 e 2, cioè a rischio di terremoti fortissimi o forti» che il 43% di questi edifici «risale a prima del 1976, e cioè a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica», che «solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato successivamente alle tecniche antisismiche». Per finire: «Negli ultimi quattro anni solo il 3,5% degli interventi ha riguardato l’adeguamento sismico delle aree a rischio: 532 interventi per 15.055 edifici». Al punto che, avanti così, «il raggiungimento dell’obiettivo sicurezza in quelle aree arriverà tra 113 anni».
    Di più: «La media di investimenti in manutenzione straordinaria annua per singolo edificio degli ultimi cinque anni vede una media nazionale di 20.535 euro, con una forbice che va dai 28.536 euro degli edifici del Nord Italia ai 3.397 del Sud». Rileggiamo: 3.397 euro. Insufficienti non solo per una manutenzione minima ma perfino per passare uno straccio e scopare per terra.
    Cittadinanza Attiva
    Accuse confermate dai rapporti sulla sicurezza di Cittadinanza Attiva. L’ultimo denuncia: «Per le scuole situate in zona sismica (oltre la metà), la situazione non è incoraggiante: solo un quarto ha l’agibilità statica, poco meno della metà il collaudo. In poco più di un quarto (27%) è stata realizzata la verifica di vulnerabilità sismica, obbligatoria dal 2013. Ben pochi gli edifici su cui sono stati effettuati interventi di miglioramento e adeguamento sismico: la media nazionale è rispettivamente del 12% e del 7%. Assai indietro il Lazio (3%) e la Campania (6% di scuole migliorate sismicamente e 4% adeguate)». Quanto alla cura quotidiana, solo «una scuola su quattro ha una manutenzione adeguata e solo il 3% è in ottimo stato. Un quarto circa di aule, bagni, palestre e corridoi presenta distacchi di intonaco». Tanto, pensa qualcuno, c’è sempre S. Giuseppe da Copertino…



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    Edilizia scolastica, piano sicurezza al rallentatore: in 15 anni attuato al 61%



    Sovrapposizione di troppe norme, risorse inadeguate, mancato passaggio dalla logica dell’intervento emergenziale alla logica della prevenzione, mancato dialogo tra amministrazioni competenti, carente progettazione delle opere programmate.
    È lunga la lista delle “criticità” che emergono dalla relazione della Corte dei Conti sul “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici nelle zone a rischio sismico ”, avviato con la legge 289/2002 e attuato in vari programmi stralcio.
    Intanto i numeri: «A distanza di oltre 15 anni dalla legge 289/2002 – si legge nella relazione – a fronte di 2.645 interventi complessivamente programmati, ne risultano avviati 1.945, mentre 637 non sono mai iniziati (24 per cento). Gli interventi ultimati sono complessivamente pari a 1.617 su 2.651 previsti, pari al 61 per cento». Sulla base di questi dati, la valutazione non può che essere negativa: «Complessivamente, non può ritenersi adeguato lo stato di attuazione, essendo tutti i piani, a distanza di 15 anni, ancora in corso di attuazione, peraltro parziale».
    Sulle cause della lentezza, la relazione fornisce varie indicazioni. «La messa in sicurezza degli edifici scolastici – osserva la Corte dei Conti – è prevista da una pluralità di norme tra loro sovrapposte» e anche una pluralità di finanziamenti. «Questa Sezione – si ricorda – aveva osservato che le risorse avrebbero potuto essere meglio utilizzate ove avessero fatte parte di un unico piano coordinato nelle modalità e nei criteri, in modo da garantire uno stanziamento adeguato di risorse, la regolarità nella loro erogazione ed evitare che su uno stesso immobile fossero effettuati interventi, contemporaneamente o in tempi diversi, finanziati in base a leggi diverse e che i lavori non potessero essere estesi all’intero immobile perché legati a finalità proprie delle specifiche normative».
    Una confusione che genera inefficienza. Emblematico è un grave caso di mancato dialogo tra amministrazioni centrali. «Lascia perplessi – dice la Corte – che, in sede istruttoria, solo il Mit, nonostante le disposizioni esaminate attribuiscano specifiche competenze anche al Miur, fosse informato dello stato di attuazione dei piani straordinari predisposti in attuazione della legge 289/2002. Va anche sottolineato che, in sede istruttoria, né il Mit, né la Conferenza unificata e il Cipe sono stati in grado di trasmettere l’elenco degli interventi originariamente previsti per il Terzo piano stralcio».
    Anche sulle risorse si esprime una valutazione negativa, nel senso che non sono lontanamente adeguate al problema. A dirlo sono i numeri. Rispetto al fabbisogno prioritario indicato in 4 miliardi di euro (rispetto a un fabbisogno totale di 13 miliardi), «sono stati stanziati 193,88 milioni (pari al 4,84 per cento del fabbisogno) per il Primo programma stralcio, 295,2 milioni per il Secondo (corrispondenti al 7,38 per cento) e 111,8 milioni per il Terzo (pari al 2,8 per cento), per un totale complessivo, tenendo conto del piano di rimodulazione, di 600,88 milioni, corrispondenti al 15 per cento del fabbisogno originariamente stimato».
    A fronte di queste inefficienza, la Corte esprime invece apprezzamento per l’istituzione dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica. «Va valutato positivamente – si legge nella relazione – l’avvio dell’Anagrafe degli edifici scolastici, dopo oltre venti anni dalla sua previsione normativa. Dall’analisi dei dati disponibili, riferiti all’anno scolastico 2017-2018, un numero pari a 17.160 edifici (pari al 43 per cento) risultava essere in zona sismica 1 e 2 (cioè dove possono verificarsi terremoti, rispettivamente fortissimi e forti), oltre il 50 per cento di questi edifici risale a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica (1976) e solo il 21 per cento delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica. Dall’anagrafe è peraltro possibile verificare che, complessivamente, il patrimonio edilizio scolastico risulta di bassa qualità, con carenze significative di vario tipo, dalla messa in sicurezza antisismica, all’acquisizione del certificato di idoneità statica, di agibilità e di prevenzione incendi come previsto dalla normativa». I magistrati contabili concludono con un monito: «Tale circostanza deve essere vista, per ovvie ragioni, con forte preoccupazione e, tenendo conto della più recente giurisprudenza in materia penale, che ha affermato la categorica impossibilità di utilizzare gli istituti non a norma, può determinare rilevanti rischi per l’organizzazione dell’attività didattica».


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  5. #5
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    Il governo congela 1,7 miliardi


    Sono quelli previsti dal piano di edilizia scolastica 2018/2019: il decreto di riparto non c’è
    In ritardo il decreto che sblocca 1,700 milioni per 1.000 interventi sulle scuole. E mancano i testi dei decreti per il riparto dei 75 milioni per l’assistenza degli alunni disabili e per le borse di studio sia del 2017 sia del 2018. La lunga lista dei ritardi del governo Conte è stata messa a punto dalla regioni, in un documento approvato nell’ultima conferenza delle regioni di fine 2018.
    Ci sono «questioni urgenti in materia di edilizia scolastica e di istruzione» che richiedono «chiarimenti ed aggiornamenti», insistono. Quattro i provvedimenti sul banco degli imputati.
    Il primo è il decreto di autorizzazione alla stipula dei mutui e avvio delle procedure di appalto per interventi sul Piano di edilizia scolastica 2018/2020. Nonostante le modifiche di semplificazione apportate alla procedura per l’adozione del Piano dal decreto legge n.86 del 12 luglio 2018 e nonostante l’accordo per rendere più rapida l’assegnazione delle risorse sancito in Conferenza unificata il 6 settembre 2018. Gli enti locali denunciano come «anche questa volta siamo alla fine dell’anno senza che sia stato approvato il decreto che autorizza le regioni a stipulare i mutui e, quindi, gli enti locali ad avviare le procedure d’appalto». Si ritarda così l’utilizzo dei 1.700 milioni di euro, attivabili in termini di volume di investimento, derivanti dall’utilizzo dei contributi pluriennali previsti dalla legge n.232 dell’11 dicembre 2016, come rimodulati dalla legge n. 205 del 27 dicembre 2017.
    Si tratta di quasi 1.000 interventi di notevole importanza (l’importo medio è di 1,9 milioni) che non prenderanno avvio nei tempi previsti, sottolineano gli enti locali. Il decreto, infatti, doveva essere adottato entro 90 giorni dalla approvazione della programmazione unica (dm 615 del 12 settembre 2018) e, quindi, entro il 12 dicembre 2018. Di qui «la richiesta di approvare con urgenza il decreto che autorizza le regioni a stipulare i mutui», ribadisce la Conferenza delle regioni.
    Seconda questione: il riparto del contributo di 75 milioni di euro per l’anno 2018 a favore delle regioni a statuto ordinario e degli enti territoriali per l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche e sensoriali. Predisposto in base alla legge n. 2018 del 28 dicembre 2015 (art. 1, comma 947), il decreto del presidente del Consiglio dei ministri non ha ottenuto l’intesa in Conferenza Unificata il 1° agosto 2018 ed è, poi, stato approvato dal Consiglio dei Ministri in via definitiva il 24 settembre 2018.
    Da allora, però, non si sono avute più notizie. «Considerata la delicatezza della tematica e la difficoltà di assicurare il servizio sui territori», gli enti locali chiedono «la pubblicazione del Dpcm o comunque di ricevere il testo registrato alla Corte dei conti nel più breve tempo possibile». Da una parte, infatti, le regioni avevano proposto che la ripartizione delle risorse fosse basata per 2012-14 e avevano chiesto al governo che il fondo diventasse strutturale e venisse incrementato fino a raggiungere il fabbisogno stimato dallo stesso governo, pari a 112 milioni di euro. Dall’altra parte l’Anci, appoggiando i criteri di riparto proposti dalle regioni, aveva sollecitato un tavolo di confronto tra tutti i soggetti interessati per criteri condivisi per gli anni successivi. Tavolo interistituzionale che anche l’Upi aveva richiesto, sebbene fosse favorevole al criterio del governo per la distribuzione delle risorse basata sul numero degli alunni disabili. Infine, la Conferenza delle regioni chiede chiarimenti su due provvedimenti che riguardano le borse di studio.
    Gli schemi dei decreti del Miur sulle modalità di erogazione delle borse di studio sia per l’anno 2017 sia per il 2019, in base al decreto legislativo n.63 del 13 aprile 2017 (art. 9 comma 4). Nel primo caso, la Conferenza delle regioni, «come già richiesto in sede di Conferenza Unificata del 18 ottobre 2018», torna a chiedere «di ricevere una nota esplicativa su tempi e modalità di riscossione del beneficio per una corretta informazione alle famiglie». Anche nel secondo caso, poiché «l’intesa sul provvedimento è stata resa nella seduta della Conferenza Unificata del 18 ottobre 2018», la richiesta è «di ricevere il testo registrato alla Corte dei conti nel più breve tempo possibile».



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    Proroga al 2021 per adeguamento antincendio: emendamento M5S





    Il termine per adeguare le scuole e gli asili nido alla normativa antincendio, già fissato al 31 dicembre 2018, potrebbe slittare al 31 dicembre 2021 per gli istituti comprensivi e superiori e a fine 2019 per i nidi. Ne parla Il Fatto Quotidiano.
    Il capogruppo al Senato del Movimento 5 stelle, Stefano Patuanelli ha presentato un emendamento al decreto “Sblocca cantieri” che dovrebbe essere discusso a palazzo Madama.
    Secondo i dati a disposizione di “Cittadinanza attiva”, le scuole a norma sono solo una su tre: l’obiettivo dell’emendamento è di mettere tutte le scuole in sicurezza per evitare che i presidi decidano di chiuderle non essendo a norma. Per Cittadinanza attiva i 50 milioni di euro l’anno non sono certo sufficienti per mettere in sicurezza tutte le scuole.


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    Giornata sicurezza scuole: iniziative per oggi 20, 21 e 22 novembre. Nota Miur




    22 novembre 2019 Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole per promuovere, valorizzare e condividere le attività e le iniziative realizzate dalle scuole sui temi della sicurezza e della prevenzione dei rischi. Nota Miur numero 32475 del 31 ottobre.
    La Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole è stata istituita per ricordare tutte le vittime della scuola e, in particolare, il tragico evento avvenuto nella Città di Rivoli presso il liceo scientifico statale Darwin il 22 novembre 2008 e quelli della Scuola “Jovine” di San Giuliano di Puglia e della “Casa dello Studente” de L’Aquila e per far riflettere tutti sull’importanza di iniziative e momenti di formazione e informazione sul fondamentale valore della sicurezza.
    Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha individuato, nei giorni 20, 21 e 22 novembre 2019, le date in cui le scuole che aderiscono alla Giornata nazionale per la sicurezza possono:

    • partecipare attivamente alla Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, candidando e condividendo le proprie iniziative didattiche e inserendole sulla mappa nazionale delle attività;
    • partecipare al concorso fotografico “la sicurezza a scuola”.




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