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Discussione: Alti tassi di abbandono scolastico e preparazione sotto la media: così va la scuola al Sud

  1. #61
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    Sul piatto 1,5 miliardi per le misure di contrasto all’abbandono scolastico


    Tra le criticità individuate e fatte oggetto di intervento dedicato all’interno della Missione 4 del Pnrr, vi sono il gap nelle competenze di base, l’alto tasso di abbandono scolastico e i divari territoriali.
    Una recente indagine del ministero dell’Istruzione ha rilevato che il tasso di abbandono scolastico, correlato a disuguaglianze sociali e al tasso di deprivazione materiale e povertà, raggiunge nel nostro Paese livelli decisamente superiori alla media europea.
    D’altra parte, l’abbandono scolastico è strettamente correlato ai divari di competenze che si registrano, ad esempio, in lettura, matematica e scienze rispetto alla media Ocse: la mancata acquisizione delle competenze di base risulta, quindi, una delle principali cause di abbandono, con evidenti e consistenti differenze territoriali.
    Uno degli interventi teso alla riduzione di tali divari è oggetto della Missione 4, con l’asse destinato all’ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture scolastiche. L’investimento è destinatario, all’interno del Pnrr, di un finanziamento di 1,5 miliardi di euro ed ha come obiettivo il monitoraggio e la riduzione dei divari territoriali, anche attraverso il consolidamento e la generalizzazione dei test Pisa/Invalsi, oltre che lo sviluppo di una strategia di contrasto alla dispersione e all’abbandono scolastico.
    Il progetto prevede innanzitutto il potenziamento delle competenze di base degli studenti, partendo dall’analisi dei dati delle prove standardizzate e implementando un portale formativo unico a livello nazionale. Le misure messe in campo prevedono la personalizzazione dei percorsi per le scuole che hanno registrato livelli critici nelle prove, azioni di supporto mirate ai dirigenti scolastici per almeno un biennio, mentoring e formazione per almeno il 50% dei docenti, il potenziamento del tempo scuola con incremento delle ore di docenza e la presenza di esperti per almeno 2mila scuole.
    Infine, sono previste iniziative di mentoring, counseling e orientamento professionale attivo con due diversi gruppi target, suddivisi per fasce d’età: per 120mila studenti tra i 12 e i 18 anni, sono previste sessioni di mentoring individuale e recupero formativo, mentre per 350mila giovani tra i 18 e i 24 anni, sono previste azioni di mentoring e di consulenza tese a favorire il rientro nel circuito formativo.
    Con 2,1 miliardi di euro destinati all’investimento “Scuola 4.0”, il Pnrr intende favorire la trasformazione degli spazi scolastici di circa 100mila classi tradizionali, affinchè diventino connected learning environments flessibili con i relativi dispositivi digitali, e la creazione di laboratori per le professioni digitali tecnologicamente avanzati. Accanto a questo, sono altresì previsti il cablaggio di circa 40mila edifici scolastici e la digitalizzazione delle Amministrazioni scolastiche. Con tali iniziative, il cui finanziamento è a carico del ministero dell’Istruzione, si persegue l’obiettivo di accelerare la transizione del sistema scolastico italiano verso il 4.0.


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  2. #62
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    La scuola serale, il luogo dove si combatte l’abbandono scolastico

    Colpisce, dalle pagine di un blog, l’invito postato in questi giorni, rivolto al premier Mario Draghi e al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, affinchè si rechino a conoscere da vicino la scuola serale.
    Lo scrive Mariano Turigliatto, docente torinese, che si rivolge alle massime autorità, dicendo non so se il premier Mario Draghi o il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi abbiano mai visto dal vivo una scuola serale, gli adulti che la frequentano, gli insegnanti che ci lavorano, insomma il mondo che ruota intorno a questo angolo nascosto della scuola italiana. È un’esperienza che dovrebbero fare – il ministro Bianchi più che il premier, visto che è addirittura titolare della cattedra Unesco “Educazione crescita e uguaglianza” –, si accorgerebbero subito che differenza c’è fra addestramento, formazione professionale e istruzione. Forti di questa nuova consapevolezza, maturerebbero certamente una diversa visione del rapporto fra economia, politica e istruzione.
    L’istruzione degli adulti
    Il blog del docente torinese accende i riflettori sul segmento dell’istruzione serale, partendo dalla consapevolezza che la conoscenza è il fondamento principale della democrazia e per questo l’alfabetizzazione diventa un fattore di emancipazione. Infatti, negli ultimi cinquant’anni, la scuola serale ha funzionato come ascensore sociale collettivo proprio grazie al tempo pieno per le fasce più giovani e alle 150 ore, corsi destinati ai lavoratori che tornavano a scuola per ottenere la licenza media.
    Questo, in circa 30 anni circa, ha determinato la scomparsa degli analfabeti, oggi il 4%, e il rilancio dei corsi serali delle scuole prevalentemente ad indirizzo tecnico. Nel frattempo, i flussi migratori hanno portato nuova linfa ai corsi serali, che in pochi anni sono diventati questa volta ascensore sociale per i migranti.
    Scuola di cittadinanza
    La scuola è tornata con gli immigrati strumento potente di integrazione, proponendo come poteva agli adulti modelli e saperi certamente utili a trovare lavoro, ma soprattutto a ottenere ascolto e cittadinanza, scrive ancora il docente piemontese.
    Oggi le scuole serali, che davvero sono poco considerate e dai più sconosciute, anche quando sono nello stesso edificio scolastico, sono il luogo dove si combatte l’abbandono scolastico, di chi non ha finito gli studi prova a frequentare il serale per riscattare il fallimento, sono l’approdo di quegli adulti italiani, che avevano abbandonato gli studi e, che per questo forse, hanno perso il lavoro (poco qualificati) e sono soprattutto l’approdo per i tanti stranieri motivati, che nella proposta di istruzione gratuita (spesso sconosciuta nel loro paese d’origine), vengono a scuola, magari con una laurea alle spalle, che per mancati o incompleti accordi tra Stati non possono essere riconosciuti.


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  3. #63
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    Alunni che scappano via dalla scuola, figli di genitori che non credono nei docenti


    Alunni che abbandonano la scuola, “drop-out”. L’annoso tema della dispersione scolastica è stato inevitabilmente ripreso dagli interventi del ministro Bianchi a Catania, nel corso del G20 dedicato all’istruzione e al lavoro. Secondo rilevazioni ISTAT del 2019, la dispersione scolastica in
    Italia ha raggiunto il 13.5%, un dato in netta diminuzione rispetto al decennio precedente, ma che ci vede ancora lontani dal 10,2% della media UE.
    Ma cosa spinge tanti ragazzi ad abbandonare gli studi precocemente o a maturare nei confronti della scuola un rifiuto profondo, che si esprime spesso anche nelle forme della cosiddetta dispersione implicita (con frequenza “platonica” dell’alunno, ma senza alcun effettivo sviluppo
    formativo)?
    Fra i tanti fattori in gioco in questo triste fenomeno, le evidenze scientifiche puntano il dito su due fondamentali: sul benessere psicologico sperimentato a scuola da parte dell’alunno e sulle aspettative dei genitori sui ragazzi e sul ruolo della scuola rispetto al loro futuro. Il peso delle aspettative, quindi, supera quello della carenza di stimoli di alto livello cognitivo che si registra in alcuni contesti familiari.
    Non a caso, i sistemi scolastici che funzionano meglio a livello mondiale (Corea del Sud, Singapore, Hong Kong, Finlandia, Giappone), pur così diversi fra loro, hanno in comune la considerazione in cui vengono tenute, dalle famiglie e dalla società nel suo insieme, la scuola ed il ruolo sociale degli insegnanti. Il che fa pensare che, se non si parte dalla volontà di potenziare concretamente questo riconoscimento sociale, non c’è riforma scolastica che tenga.
    L’alleanza educativa scuola-famiglia si focalizza qui su un punto semplice quanto fondamentale e così riassumibile: Mettiamoci d’accordo una buona volta sul valore della scuola rispetto al futuro di vostra figlia, di vostro figlio.
    Ma perché tanti genitori hanno maturato una così bassa considerazione del sistema scolastico? Uno dei principali motivi è che molti di loro hanno fatto in precedenza, in prima persona, una pessima esperienza di vita a scuola, per cui hanno sviluppato una idiosincrasia epidermica verso aule e libri (e professori).
    Questo fattore di propagazione sociale della disaffezione alla scuola dovrebbe porre all’attenzione dell’opinione pubblica la natura pericolosamente sistemica del fenomeno della dispersione.
    Il rischio sociale che va considerato va inquadrato insomma nel fatto che tale sentimento di disaffezione non si chiude nello spazio di drammaticità di una esistenza singola. Esso tende infatti a spalmarsi diacronicamente su più generazioni, secondo meccanismi di contagio sociale che fanno sì che lo studente disperso oggi si presenti come un perfetto candidato a trasmettere ai figli la stessa sensazione di avversione alla scuola che ha maturato nella propria dolorosa esperienza formativa.
    Una sorta di staffetta generazionale in cui si corre tutti appassionatamente in una stessa masochistica direzione, che purtroppo è quella esattamente opposta rispetto al traguardo (lo sviluppo culturale della persona) che dovrebbe essere raggiunto.
    La variabile fondamentale in mano ai docenti, oltre al non semplice rapporto scuola-famiglia, rimane quella del lavoro mirato, costante e faticoso sul benessere psicologico degli alunni a scuola. Perché è ampiamente dimostrato che una buona relazione educativa ed un ambiente di apprendimento improntato alla serenità emotiva e relazionale, indipendentemente dalla qualità dei voti riportati in pagella dall’alunno, possono riuscire a sovvertire meccanismi demotivanti e destini di fallimento altrimenti dettati dal gap sociofamiliare di partenza.


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  4. #64
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    Abbandono scolastico, Italia quasi maglia nera UE per “colpa” di Sicilia, Campania e Calabria




    L’allarme giunto dal G20 di Catania sulla dispersione scolastica in Italia è confermati ora da uno studio nazionale: nel nostro Paese ammonta a 543mila la quantità di giovani che nel 2020 hanno lasciato la scuola dopo la licenza media, con punte preoccupanti al Sud. Così l’Italia si colloca al terzo posto nell’Unione europea per tasso di dispersione scolastica. La ricerca è stata prodotta dalla Cgia, la quale evidenzia anche un paradosso: le aziende, specie del Nord, hanno difficoltà di reperire figure professionali ad elevata specializzazione. E nei prossimi anni, con l’avvento della cosiddetta “rivoluzione digitale”, ma anche con la pandemia in corso che ha aumentato gli abbandoni, queste criticità assumeranno dimensioni maggiori.
    Secondo Unioncamere del milione e 280mila nuove assunzioni previste dalle imprese tra luglio e settembre di quest’anno, quasi il 31% sarà difficilmente reperibile. E sono circa 400 mila le posizioni lavorative inevase.
    Perchè un giovane lascia la scuola?
    I motivi degli abbandoni prematuri della scuola sono principalmente culturali, sociali e economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con un basso livello di istruzione, spiegano gli esperti, hanno maggiori probabilità di fermarsi prima di aver completato il percorso di studi che li porta a conseguire almeno il diploma.
    In alcuni casi l’abbandono dei banchi di scuola può essere causato da una insoddisfazione per l’offerta formativa messa a disposizione dalle scuole.
    Scuole professionali: ancòra di salvataggio
    Come anche rilevato più volte dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, molto importante in questo contesto è il ruolo degli istituti di Istruzione e Formazione Professionale: sono diventati, infatti, un punto di riferimento per gli allievi di nazionalità straniera, per quelli con disabilità e per gli studenti reduci da insuccessi scolastici.
    Sono questi istituti che potrebbero rappresentare l’ancora di salvataggio per oltre mezzo milione di giovani che lasciano la scuola anzitempo, per andare a riempire, quasi sempre, la categoria dei Neet, di cui l’Italia detiene purtroppo il primato.
    Servono sinergie
    Solo qualche giorno fa, su questo argomento avevamo auspicato l’esigenza di generare “una benefica interazione tra gli istituti scolastici e le strutture del territorio. Anche con il cosiddetto ‘terzo settore’: è attraverso i privati, le associazioni, le cooperative, che, ad esempio, si sta realizzando il Piano Estate”. E ancora: “occorre agire sulle aziende, cercando di coinvolgerle in attività di formazione e tirocinio: la Germania è il modello da imitare.
    Occorre poi coinvolgere altre istituzioni, ad iniziare dagli altri ministeri che ruotano attorno ai giovani, ma anche gli enti locali, che entrano in gioco quando le situazioni familiari si fanno drammatiche”.
    Per dare un’idea della vastità del fenomeno della dispersione scolastica in Italia, basta dire che questa è ben otto volte superiore ai cosiddetti “cervelli in fuga”: i 543mila studenti che, soprattutto nel biennio delle superiori, hanno abbandonato prematuramente la scuola, sono un numero molto più alto dei 68mila con un titolo di studio medio-alto che si sono spostati all’estero per ragioni di lavoro.
    I numeri ufficiali suddivisi per Regioni
    I numeri sono eloquenti. Nel 2020 l’Italia si è collocata al terzo posto tra i 19 paesi Ue per abbandono scolastico tra i giovani tra 18 e 24 anni, collocandosi al 13,1%, con appunto 543mila giovani che lasciano senza avere conseguito il diploma.
    Solo Malta (16,7%) e Spagna (16%) fanno peggio dell’Italia. La media dell’Unione europea è al 10,2% (quasi 3 punti in meno dell’Italia).
    Tra il 2010 e il 2020 la riduzione del fenomeno nel nostro Paese è stata del 5,5%, pressoché in linea con la media UE (-5,2%).
    Nel Meridione si registrano i livelli più alti di abbandono: in Sicilia il 19,4%, poi la Campania (17,3%) e la Calabria (16,6%) dove, in 10 anni, l’abbandono scolastico è aumentato dello 0,6%.
    Le Regioni più virtuose sono Abruzzo (8%), Friuli Venezia Giulia (8,5%), Molise (8,6%) e Emilia Romagna (9,3%).
    Il Nord Est è l’area che soffre meno di questo fenomeno sia per l’incidenza percentuale di abbandono (9,9%) che per il più basso numero in termini assoluti di “uscite” premature dalla scuola (-77mila).
    Con la pandemia, però, questi dati sono destinati ad essere ancora più preoccupanti: il tasso di abbandono scolastico, infatti, si è elevato. A breve, ne avremo la conferma anche dall’Istat.


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    Dispersione scolastica, Fuoriclasse in Movimento: un progetto per ripartire dagli studenti


    Riparte Fuoriclasse in Movimento la rete di oltre 170 scuole in tutta Italia unite per favorire il benessere scolastico degli studenti e garantire il diritto all’istruzione di qualità per tutti, con l’ambizione di contribuire, al rinnovamento di metodologie e strumenti con cui si affronta il fenomeno della dispersione scolastica in Italia. Con il seminario online “Ripartire dagli studenti per superare la crisi” ha preso infatti ufficialmente in questi giorni avvio il nuovo triennio di attività di Fuoriclasse in Movimento.
    Il sondaggio di Save the Children
    Save the Children ha condotto recentemente un sondaggio tra oltre mille docenti, per la maggior parte della scuola primaria e secondaria di primo grado, e sono emersi diversi aspetti preoccupanti: oltre la metà degli insegnanti ha rilevato negli studenti una perdita generale degli apprendimenti, 1 su 4 ha notato l’emersione di disturbi psicologici in almeno un caso tra i suoi studenti, 1 su 5 constata un forte impatto della povertà su famiglie e studenti, Il 6,5 % dei docenti consultati segnalano nella propria scuola almeno un caso di abbandono scolastico.
    Per questo per favorire il benessere degli studenti a scuola e contrastare la dispersione scolastica il progetto Fuoriclasse in Movimento punta a raggiungere i seguenti seguenti obiettivi:

    • favorire la partecipazione degli studenti nella scuola,
    • formare ed accompagnare i docenti e i dirigenti scolastici sui temi della didattica innovativa e partecipativa attraverso webinar e tutoraggi pedagogici,
    • costruire reti locali e nazionali per rafforzare lo scambio di buone pratiche tra docenti e dirigenti scolastici su didattica innovativa, protagonismo degli studenti, comunità educante.


    Le attività
    Il Movimento si basa sul livello trasversale dall’attività del Consiglio “Fuoriclasse”, percorso di partecipazione gestito da rappresentanze di docenti e studenti, per concretizzare un’azione di cambiamento stabile nella scuola. Gli ambiti di lavoro sono: spazi scolastici, didattica, relazioni tra pari e con gli adulti, collaborazione con il territorio e sono previste diverse attività, che contribuiscono a rendere la scuola una sorta di palestra di innovazione didattica, tra cui i tutoraggi pedagogici, realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE).
    Per maggiori informazioni sul progetto si può scrivere a fuoriclasse@savethechildren.org.


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    Dispersione scolastica, Sicilia si conferma prima Regione d’Italia



    La Sicilia si conferma la Regione italiana con il numero di abbandoni scolastici più alto. Si tratta del 19,4% della popolazione compresa tra i 18 e i 24 anni, ragazzi che hanno lasciato la scuola senza la possibilità di accesso a corsi di formazione o università. Come riporta ‘La Repubblica’, a seguire ci sono la Campania con il 17,3% e la Calabria con il 16,6%. Una differenza anche di genere quella che esiste in Sicilia, i ragazzi che lasciano la scuola superano di gran lungo le ragazze, 23,4% contro 15,1%. Altri dati che emergono sono quelli relativi ai minori che non svolgono attività legate all’istruzione (7,4%).
    Eppure i dati, come conferma il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Stefano Suraniti al quotidiano, sono in miglioramento. Nel raffronto con il 2020 e il 2019 si nota una diminuzione del 3% degli abbandoni (variazione significativa soprattutto per le studentesse). La dispersione scolastica si lega strettamente alla povertà educativa. Ben 88.833 sono le persone che non possono affrontare spese impreviste superiori alle 800 euro e gli indici di povertà regionale e delle famiglie (22,1% e 17,7%) fanno emergere chiaramente il legame. Alla base ci sarebbero anche altri motivi però. L’accesso a numero chiuso ai corsi di laurea secondo alcuni, è un deterrente. Così come può influire il fatto che la Sicilia è la prima in classifica per l’assenza di copertura delle borse di studio e dei posti letto, rispetto agli idonei.



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