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Discussione: Scatti stipendiali: sindacati divisi

  1. #151
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    Aumento stipendi da luglio 2020, decreto taglio cuneo fiscale diventa legge


    tipendio, aumenti da luglio 2020 in seguito al taglio del cuneo fiscale
    Il decreto legge n. 3 del 5 febbraio 2020 diventa legge in seguito all’approvazione definitiva della Camera, come riferisce la Flc Cgil.
    A breve ci sarà la pubblicazione in GU.
    Cosa prevede
    La misura riguarda i lavoratori dipendenti, personale della scuola compreso, prevede meno tasse da pagare in busta paga con il taglio del cuneo fiscale e sarà applicata a partire dal mese di luglio 2020.
    Aumento bonus Renzi
    Il bonus Renzi passa a 100 euro al mese (più 20 euro rispetto all’attuale beneficio) per chi non supera la soglia di reddito dei 28mila euro annui.
    L’aumento, come avevamo riferito, avverrà nella maniera di seguito indicata:

    • per coloro che rientrano nella fascia compresa tra i 28 e i 35 mila euro annui scatta una detrazione fiscale, a scalare con l’aumento dei guadagni, che oscilla tra i 100 e gli 80 euro al mese, per un massimo di 960 euro in più all’anno;
    • gli appartenenti all’ultima fascia, da 35 a 40 mila euro avranno una detrazione, sempre a scalare in proporzione con i guadagni, che va da 80 euro fino all’azzeramento.


    Il taglio del cuneo fiscale riguarda i lavoratori che beneficiano già del bonus Renzi e quelli che finora non hanno beneficiato di tale del bonus, che hanno redditi tra 26.000 e 35.000 euro, con riduzione progressiva fino ai 40.000 euro.
    Modifiche apportate in sede di conversione
    Le modifiche apportate al decreto in sede di conversione parlamentare, come riferisce la Flc Cgil, riguardano il trattamento integrativo e le ulteriori detrazioni. Ecco quali
    Trattamento integrativo

    • i sostituti d’imposta riconoscono in via automatica il trattamento integrativo
    • i sostituti d’imposta compensano il credito maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo, mediante l’istituto della compensazione nell’ambito del modello di pagamento F24
    • Nel caso in cui sede di conguaglio si verifichi che il trattamento integrativo non spetti, i sostituti di imposta provvedono al recupero dell’importo. Il recupero è effettuato in 8 rate (invece che 4) di pari ammontare qualora lo stesso ecceda 60 euro.


    Ulteriore detrazione fiscale per redditi di lavoro dipendente
    Nel caso in cui sede di conguaglio si verifichi che tale detrazione non spetti, i sostituti di imposta provvedono al recupero dell’importo. Il recupero è effettuato in 8 rate (invece che 4) di pari ammontare qualora lo stesso ecceda 60 euro.


    Orizzontescuola
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  2. #152
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    Stipendio, previsto un aumento di 95 euro dalla legge di bilancio


    Sarebbe di 95 euro mensili lordi l‘aumento di stipendio che la legge di Bilancio dovrebbe portare ai lavoratori della scuola. Troppo poco per rimpinguare le tasche di docenti e personale Ata, fra le più vuote d’Europa.
    Fondi insufficienti dalla legge di bilancio
    Dalla legge di bilancio arriveranno 3 miliardi e 715 milioni di euro per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, anche se i sindacati hanno chiesto almeno altri 2 miliardi, il governo avrebbe intenzione comunque di aumentare la dotazione finanziaria di non più di 500 milioni di euro, si legge su Italia Oggi.
    Ad ogni modo, parte di questa cifra rimarrebbe comunque indisponibile per garantire la perequazione delle retribuzioni più basse prorogando le misure già adottate con il precedente contratto. E questo andrebbe a condizionare inevitabilmente gli aumenti anche dei dipendenti con stipendi più alti.
    Resta il divario fra stipendi alti e stipendi bassi
    Complessivamente, la retribuzione del personale scolastico si colloca al di sotto della media del pubblico impiego di circa 6 mila euro. E il divario è destinato ad ampliarsi, se non verrà modificato il criterio con il quale vengono fissati gli importi degli incrementi retributivi da applicare alle varie categorie del pubblico impiego. Criterio che al momento va a privilegiare i lavoratori con stipendi più alti che avranno aumenti sempre maggiori a danno dei lavoratori con stipendi base più bassi.
    Contratto scuola scaduto da due anni: a quando il rinnovo?
    Il contratto scuola è scaduto il 31 dicembre 2018, come abbiamo riportato in precedenza, ma al momento non sono previsti i tavoli tecnici con le organizzazioni sindacali che dovrebbero portare al rinnovo del contratto scuola 2019-2021.
    L’intesa sottoscritta il 23 aprile 2019 con le organizzazioni sindacali prevedeva un rinnovo contrattuale volto a recuperare, nel corso del triennio 2019-2021, la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni e avvicinarle il più possibile ai livelli europei, in cui un docente tedesco guadagna in molto di più rispetto al collega italiano.

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  3. #153
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    Nuovi fondi per il contratto Si arriva a 50 euro netti in più


    Stanziati 400 milioni di euro in più per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. I fondi sono previsti nella bozza di legge finanziaria predisposta dal governo e vanno ad aggiungersi alle risorse già stanziate dall’articolo 1, comma 436, della legge 145/2018: 1.100 milioni di euro per l’anno 2019, 1.750 milioni di euro per l’anno 2020 e 3.375 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. I 400 milioni andranno ad impinguare la dotazione finanziaria dal 2021 in poi. Quindi, la somma a regime dovrebbe essere pari a 3775 milioni di euro. Considerato che i dipendenti pubblici, secondo le rilevazioni Istat del 2018 (le più recenti disponibili) sono 3.342.816, i fondi consentono incrementi retributivi medi di 1.129 euro l’anno a testa.
    L’importo, però, è al lordo delle trattenute fiscali e previdenziali (cosiddetto lordo stato). Per arrivare alla cifra netta bisogna togliere circa il 50%. Che è pari, grosso modo, all’importo dei contributi e delle ritenute fiscali. A conti fatti, 40-50 euro in più a testa. Nella scuola gli importi potrebbero essere ancora inferiori. Perché il criterio che viene applicato per la distribuzione degli aumenti consiste nell’applicare una percentuale identica a prescindere dall’importo di partenza delle retribuzioni. E siccome le retribuzioni della scuola sono le più basse del pubblico impiego, ad ogni rinnovo contrattuale la forbice si apre sempre di più e il divario tra qualifiche analoghe nei vari comparti aumenta costantemente. Resta il fatto che il contratto collettivo nazionale del comparto istruzione e ricerca è scaduto dal 2018. E sebbene i fondi per il rinnovo fossero stati già stanziati con la legge di bilancio del 2019 il governo non ha ancora avviato le trattative. Con i 400 milioni in più previsti nella legge di bilancio di quest’anno ci si attende almeno l’emanazione dell’atto di indirizzo all’Aran da parte del governo. Atto di indirizzo necessario per aprire il tavolo negoziale.
    Ma la questione degli adeguamenti retributivi non è la sola ad essere rimasta in sospeso. Il contratto attualmente vigente, infatti, non reca il testo coordinato delle disposizioni effettivamente in vigore. L’accordo sottoscritto il 19 aprile del 2018, infatti, reca solo alcune disposizioni di carattere generale e, per gli aspetti puntuali della regolazione del rapporto di lavoro, si limita a un mero rinvio alle disposizioni contenute nel contratto del 2007 (si veda l’articolo 1, comma 10, del nuovo contratto). In buona sostanza, l’Aran, a causa della fretta, imposta dal governo dell’allora presidente Gentiloni, di chiudere il contratto in tempo utile per capitalizzare il risultato in vista delle elezioni che si sarebbero tenute di lì a breve, non riuscì a predisporre il «testo unico» contrattuale che viene redatto in queste occasioni. Ma le elezioni politiche si tennero il 4 marzo e il testo fu sottoscritto comunque più di un mese dopo.
    Resta il fatto che la consultazione del testo negoziale in vigore risulta di particolare complessità. Non solo per il fatto di essere costituito da due testi diversi recanti disposizioni talvolta in contrasto tra loro. Ma anche e soprattutto perché la gabbia normativa costruita dal legislatore intorno al contratto, per legare le mani all’autonomia delle parti, rende particolarmente complicato capire quale sia la disciplina da applicare. Il legislatore, infatti, è intervenuto a gamba tesa su molte materie contrattuali quali, per esempio, le procedure stragiudiziali di composizione delle controversie di lavoro. Oggi praticamente inesistenti. Oppure la mobilità. Si pensi, per esempio, alla chiamata diretta introdotta dal governo Renzi, la cui applicazione, in via procedurale, è stata bloccata dal governo Conte 1, ma le disposizioni sostanziali non state ancora abrogate per effetto del cambio della guardia tra Lega e Pd all’atto della costituzione del governo Conte 2. Blocco intervenuto per effetto del veto del Pd attualmente ancora in essere. E poi c’è la questione della formazione obbligatoria.
    La legge 107/2015, infatti, ha trasformato la formazione degli insegnanti da diritto a dovere specificando che va effettuata in servizio. Sebbene la legge sia del 2015 il contratto del 2018 non ha regolato la materia. E dunque non è stato ancora chiarito se la formazione vada effettuata con esonero dalle attività di insegnamento oppure, come auspicabile, facendo rientrare tali attività nel monte delle 40 ore delle riunioni del collegio dei docenti.
    La giurisprudenza, peraltro, si è pronunciata in più occasioni nel senso della necessità di retribuire le prestazioni eccedenti le 40 ore a titolo di attività aggiuntive funzionali all’insegnamento. Infine, c’è la questione della didattica a distanza. Che essendo stata demandata alla contrattazione integrativa, necessiterebbe comunque di una definizione generale della prestazione da parte della contrattazione collettiva nazionale integrando la clausola negoziale che regola attualmente le attività di insegnamento.


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  4. #154
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    In arrivo per i docenti aumenti da 60 a 160 euro


    Aumenti di stipendio in vista per i prof italiani. Come per gli altri comparti della Pa; probabilmente più che negli altri comparti perché, con poco più di 30mila euro lordi di retribuzione media annua secondo l’ultimo aggiornamento dell’Agenzia Aran, il mondo della scuola dovrebbe beneficiare ampiamente anche dell’effetto cuneo fiscale. Al netto di eventuali (e ulteriori) risorse che il governo e il parlamento dovessero trovare per aumentare la dote destinata al rinnovo del contratto nel suo complesso, in aggiunta ai 400 milioni già previsti dalla manovra 2021, al momento gli insegnanti porterebbero a casa 92-93 euro di aumento contrattuale medio (60 netti) più altri 100 euro (ma solo fino a 28mila euro di redditi) derivanti dal taglio all’Irpef che viene rifinanziato dalla stessa legge di bilancio.
    Il rinnovo per l’istruzione
    Dei 3,7 miliardi a disposizione per il rinnovo dei contratti pubblici 2019-2021 (riassunti nella tabella qui accanto) alla scuola, che fa parte del comparto Istruzione e ricerca, ne sono destinati 1,8 miliardi. Secondo i primissimi calcoli dell’Istruzione per i circa 850mila docenti italiani l’aumento previsto si attesterebbe sui 92-93 euro medi mensili lordi, comprensivi dell’elemento perequativo (che vale in media 11,50 euro), previsto dal precedente Ccnl 2016-2018, rinnovato da Valeria Fedeli. In quel caso erano stati garantiti agli insegnanti aumenti retributivi medi di 96 euro lordi al mese (da un minimo di 80,40 euro fino a un massimo di 110, in base ad anzianità e grado di scuola). La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha già messo al lavoro i suoi tecnici e punta a definire l’atto di indirizzo (per l’Aran) entro gennaio. Per il ministero, con la doppia operazione rinnovo Ccnl e taglia-cuneo (in vigore dal 1° luglio) per una fetta molto ampia di professori si raggiungerebbe il famoso aumento a tre cifre, promesso da Marco Bussetti prima, da Lorenzo Fioramonti poi, e rinnovato dall’attuale governo Conte. Ma per i sindacati l’aumento a tre cifre, come da accordi sottoscritti, deve arrivare dal nuovo Ccnl, e quindi chiedono risorse aggiuntive: «Servono tra i 600 e i 700 milioni ulteriori», evidenzia Gianluigi Dotti, responsabile del Centro studi della Gilda.
    L’impatto del taglio al cuneo
    L’operazione taglia-cuneo, stabilizzata in manovra, in attesa della riforma complessiva dell’Irpef, garantisce da quest’estate 100 euro netti al mese a scalare fino a 40mila euro di reddito. Il meccanismo, che assorbe il bonus Renzi, è modulato sugli scaglioni reddituali. Fino a 28mila euro entrano in stipendio 100 euro al mese, da 28mila a 35mila euro, si parte da 100 a scendere fino a 80 euro, sotto forma di detrazione fiscale, per poi ridursi via via da 35mila euro di reddito e azzerarsi nei pressi dei 40mila. In pratica, per chi guadagna fino a 26.600 euro, il beneficio in busta paga è di 20 euro al mese (240 l’anno) poiché assorbe gli 80 euro del ”vecchio” bonus Renzi. Per chi invece ha un reddito compreso tra i 26.600 e i 28mila euro ne vale 100 al mese (1.200 euro l’anno). Un situazione in cui verserebbe, secondo i sindacati, il 10% di tutti i docenti.
    Facciamo un altro paio di esempi per raccontare come gli aumenti in arrivo siano in realtà diversi da caso a caso. I docenti dell’infanzia fino a 25 anni di anzianità, della primaria fino a 20 anni, di medie e superiori con 15 anni di servizio hanno stipendi piuttosto bassi (sotto i 26.600 euro), e prendono, perciò, solo 20 euro aggiuntivi oltre ai 60 in arrivo con il rinnovo. Una larghissima fetta di professori con 35 anni di anzianità (e sono molti vista l’età media piuttosto elevata) hanno redditi di 36mila euro imponibili, che possono superare i 40mila, magari perché sommano le risorse extra del fondo d’istituto e i progetti Pon. Costoro non traggono beneficio dal taglia-cuneo, che è calcolato sul reddito Irpef e non sulla retribuzione (quindi non è pensionabile). Per loro, dunque, l’impatto del rinnovo si sostanzierà in 60 euro netti in più al mese.


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  5. #155
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    Aumenti stipendio: “110 euro a regime ma non è esattamente così”. Rapporto Aran


    “Apprendiamo dalla stampa che per il prossimo contratto dei dipendenti pubblici sono previsti aumenti di 110 euro mensili lordi. Felici e incuriositi per così tanta manna che piove dal cielo abbiamo cercato la fonte di tale notizia. È l’Aran. Fonte autorevolissima in molti campi, tra cui quello di fare i conti sulle retribuzioni dei lavoratori pubblici. E così siamo andati a cercare da dove sono saltati fuori questi 110 euro di aumento a regime, cioè alla fine del triennio 2019-2021”.
    A dirlo in una nota Michelangelo Librandi e Sandro Colombi, Segretari Generali di Uil Fpl e Uilpa.
    “Non abbiamo avuto difficoltà a individuare il documento: è l’ultimo “Rapporto semestrale Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti”. Rapporto dove a pag. 12 si parla di 107 euro di aumento – proseguono i Segretari –. Ma i giornali hanno dimenticato di aggiungere: a) che si tratta di un aumento medio lordo che non distingue tra comparto e dirigenza; b) che l’elemento perequativo è già in pagamento. Pertanto, per la grande maggioranza dei dipendenti pubblici l’aumento sarà giusto di qualche decina d’euro, sempre lordi”.
    “In ogni caso – affermano i sindacalisti – questi giochetti finalizzati a fuorviare l’opinione pubblica e mettere i lavoratori pubblici contro quelli privati sono ormai “vecchi come il Cucco” e non divertono più”.
    Librandi e Colombi concludono: “E voi dell’Aran convocateci. Convocate i sindacati anziché lasciar girare queste informazioni, che come vedete vengono manipolate a fini politici. È parecchio tempo che vi aspettiamo. Abbiamo anche una nuova proposta da farvi: 110 euro di aumento medio per tutti i lavoratori della Pubblica Amministrazione. Ciò che sfora il bilancio, sul dove trovarlo andatelo a chiedere ai direttori dei giornali, chissà che dal cilindro esca qualche monetina. Attediamo fiduciosi”.
    RAPPORTO ARAN


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  6. #156
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    Bianchi apre ai sindacati: nel Patto per l’Istruzione si parlerà anche di rinnovo contrattuale




    Martedì 16 marzo 2021 il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha convocato le organizzazioni sindacali confederali per discutere di un Patto per l’Istruzione e la Formazione.
    Un impegno che è il segnale, da parte del ministro Bianchi, di una apertura nei confronti del sindacato, aspetto che con la ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina era venuto a mancare sin dai primi mesi del suo mandato. Il sindacato FLC CGIL promette di portare sul tavolo del confronto anche la questione del rinnovo contrattuale, oltre alle criticità legate alla mobilità e al precariato.
    Il comunicato di FLC CGIL
    La FLC CGIL porterà sul tavolo del confronto il tema nodale degli investimenti per la valorizzazione del sistema scolastico e del personale docente, dunque chiederà un impegno concreto per il superamento delle problematiche legate alla mobilità, alla precarietà, alla dotazione organica da rafforzare per aggredire la dispersione scolastica attraverso l’ampliamento del tempo scuola in tutto il Paese e, soprattutto, al rinnovo del contratto nazionale di lavoro.



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  7. #157
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    Contratti pubblici al via, Brunetta firma l’atto di indirizzo per le Funzioni Centrali, a breve ci sarà quello per la scuola


    La stagione contrattuale sembra davvero in fase di avvio.
    In queste ore il Ministro della Pubblica Amministrazione ha inviato all’Aran l’atto di indirizzo per il contratto dell’area delle Funzioni centrali.
    Stando alle informazioni in nostro possesso in questo momento, a breve dovrebbe essere firmato anche l’atto di indirizzo per la Sanità che necessita anche di una intesa con le Regioni.
    Nelle prossime settimane potrebbe partire anche la procedura per il contratto della scuola, il più importante di tutti perché riguarda 1.200.000 dipendenti, più di un terzo dell’intero pubblico impiego.
    Difficile avere una idea sulle cifre disponibili perché non è ancora del tutto chiaro come le risorse in campo verranno distribuite fra i diversi comparti.
    Soprattutto non sappiamo ancora quale criterio il Governo voglia indicare all’Aran le modalità di distribuzione degli aumenti: saranno uguali per tutti o saranno più alti per chi ha stipendi più bassi?
    Lo sapremo nei prossimi giorni quando l’atto di indirizzo sarà reso noto.


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  8. #158
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    Stipendi insegnanti, il rapporto Eurydice conferma: Italia indietro rispetto al resto d’Europa


    L’Italia si conferma ancora una volta indietro rispetto alla media europea per quanto riguarda le retribuzioni degli insegnanti. A svelarlo il nuovo rapporto della rete Eurydice su stipendi e indennità di insegnanti e capi di istituto in Europa che pone la lente di ingrandimento su composizione e differenze nelle retribuzioni degli insegnanti e dei capi di istituto di 38 sistemi educativi europei.
    Nel rapporto si analizzano gli stipendi di base degli insegnanti a inizio carriera, le loro prospettive di progressione di stipendio, le differenze tra i livelli di istruzione. Secondo i dati raccolti dalle reti Eurydice e OCSE emergono differenze nei vari Paesi tra le retribuzioni degli insegnanti a inizio carriera che possono variare da 5.000 a 80.000 euro lordi. Più alto è il PIL pro capite, maggiore è lo stipendio medio annuo.
    Il confronto tra l’Italia e gli altri Paesi europei vede uno squilibrio evidente. Nel nostro Paese un insegnante a inizio carriera oscilla tra i 22.000 e i 29.000 lordi annui (come Francia, Portogallo e Malta), ben lontani dai 50.000 e più che si registrano in Danimarca, Germania, Lussemburgo, Svizzera e Lichtenstein, ma inferiori anche a quelli di Belgio, Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia (tra i 30.000 e i 49.000).
    L’Italia risulta indietro anche nel corso della carriera. L’anzianità di servizio non corrisponde infatti ad aumenti di stipendio consistenti. Dopo 35 anni di servizio le retribuzioni possono aumentare di circa il 50%. Altro dato che non va a favore del nostro Paese riguarda gli aumenti degli ultimi anni, generalmente modesti, infatti, così come in Francia, il potere d’acquisto degli insegnanti è rimasto più o meno lo stesso negli ultimi cinque anni.
    L’ultimo dato riguarda i capi di istituto, in Italia lo stipendio minimo di base è il doppio dello stipendio di un insegnante con 15 anni di servizio, al contrario di molti altri Paesi del resto d’Europa.


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  9. #159
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    Contratto scuola: gli aumenti potrebbero arrivare dal bonus fiscale per i redditi più bassi




    C’è delusione nel mondo della scuola per le disposizioni della legge di bilancio relative al rinnovo dei contratti pubblici.
    La legge, che peraltro è ancora solamente una proposta e deve ancora passare al vaglio del Parlamento, prevede somme molto modeste per i rinnovi contrattuali del triennio 2022/2024.
    L’articolo 153 del disegno di legge presentato ora dal Governo indica rispettivamente in 300 e 500 milioni gli importi previsti per il 2022 e il 2023.
    Le cifre sono persino inferiori a quelle che erano state stanziate per il triennio 2019/2021 come si può osservare da questa tabella sintetica.
    Con la legge di bilancio per il 2019 erano già stati stanziati 1,1 miliardi per il 2019, 1,425 per il 2020 e 1,775 per il 2021.
    Con le due finanziarie successive vennero aggiunti complessivamente altri 2,325 miliardi in modo da ottenere una disponibilità totale per i rinnovi pari a 3,775 miliardi (i restanti 2,850 miliardi servono di fatto per pagare gli “arretrati” del 2019 e 2020).

    Va detto che gli stanziamenti della legge di bilancio 2022, peraltro modestissimi, sono necessariamente finalizzati al rinnovo dei contratti del triennio 2022/2024 che, per poter essere chiuso con risorse uguali a quelle del periodo 2019/2021, dovrebbero essere incrementati nei prossimi due anni di almeno 6 miliardi complessivi.
    Ecco perché – con le risorse attuali – gli aumenti a tre cifre non ci saranno neppure nel prossimo triennio.
    D’altra parte il Governo pensa di incrementare di fatto le buste-paga dei dipendenti pubblici facendo leva sulle detrazioni fiscali per gli stipendi più bassi.
    In pratica, insomma, il problema potrebbe essere risolto usando una tecnica simile a quella voluta da Renzi alcuni anni fa quando però il suo “bonus” da 80 euro mensili venne definito da molti una inaccettabile “mancetta”.
    Non va dimenticato poi che – proprio in queste settimane -proseguono le trattative per la chiusura dei contratti degli statali per i quali Aran e sindacati stanno facendo appunto riferimento alle risorse di cui abbiamo detto senza fare il conto su improbabili finanziamenti aggiuntivi.



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