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Discussione: Alunni disabili

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    Non autosufficienza e disabilità nel Recovery Plan


    Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza entrano due riforme: quella del Codice della disabilità che semplifica l’accertamento e l’accesso ai servizi e potenzia gli interventi individualizzati, e quella sulla non autosufficienza
    Una spinta al Codice della disabilità” per semplificare i meccanismi di accertamento della disabilità, semplificare l’accesso ai servizi e potenziare gli strumenti finalizzati alla definizione del progetto di intervento individualizzato: è quanto prevede il PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che l’Italia è chiamata a presentare alla Commissione europea per utilizzare i fondi provenienti dal programma Next Generation Eu.
    Il PNRR prevede la realizzazione di una riforma che verrà finanziata a partire dalle risorse del nuovo Fondo disabilità e non autosufficienza creato con la legge di bilancio 2020 (800 milioni complessivamente per il triennio 2021- 2023) e che sarà finalizzata alla realizzazione di quel “Codice della disabilità” che si propone di realizzare pienamente i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata dall’Italia fin dal 2009), secondo un approccio del tutto coerente con la Carta dei diritti fondamentale dell’Unione Europea e con la recente “Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030” presentata a marzo 2021 dalla Commissione Europea. In particolare, la riforma semplificherà l’accesso ai servizi, i meccanismi di accertamento della disabilità e potenzierà gli strumenti finalizzati alla definizione del progetto di intervento individualizzato.
    Disabilità, tutte le misure del PNRR
    All’interno del Piano sono previste le seguenti misure. Nella Missione 1, si rimuovono le barriere architettoniche e sensoriali in musei, biblioteche e archivi, per promuovere una cultura dell’accessibilità del patrimonio culturale italiano. Nella Missione 2 e nella Missione 3, gli interventi per la mobilità, il trasporto pubblico locale e le linee ferroviarie favoriscono il miglioramento e l’accessibilità di infrastrutture e servizi per tutti i cittadini. La Missione 4 prevede una specifica attenzione per le persone con disabilità, nell’ambito degli interventi per ridurre i divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado. La Missione 5 include un investimento straordinario sulle infrastrutture sociali, nonché sui servizi sociali e sanitari di comunità e domiciliari, per migliorare l’autonomia delle persone con disabilità. Nella Missione 6, il miglioramento di servizi sanitari adeguati sul territorio permette di rispondere ai bisogni delle persone con disabilità, favorendo un accesso realmente universale alla sanità pubblica
    La riforma della non autosufficienza
    Nel più generale ambito sociosanitario, a ciò si affianca una componente di riforma volta alla non autosufficienza, con l’obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani. Tale riforma, si legge nel PNRR, affronta in maniera coordinata i diversi bisogni che scaturiscono dalle conseguenze dell’invecchiamento, ai fini di un approccio finalizzato ad offrire le migliori condizioni per mantenere o riguadagnare la massima autonomia possibile in un contesto il più possibile deistituzionalizzato. Tale componente di riforma – si legge ancora nel PNRR – si inserirà in un progetto sociale che prevede un forte investimento volto alla ristrutturazione delle residenze per anziani e alla promozione di soluzioni abitative che permettano di continuare la vita autonoma nel proprio contesto territoriale anche attraverso il ricorso ad innovative dotazioni territoriali e a servizi domiciliari integrati, assieme al rafforzamento delle equipe destinate a permettere il ricorso in tutti i casi in cui è opportuno all’istituto delle “dimissioni protette”.


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  2. #102
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    Formazione sulla disabilità: è scontro fra Ministero e sindacati


    Di Reginaldo Palermo

    Sulla questione della formazione obbligatoria per i docenti che operano in classi che accolgono alunni con disabilità è ormai scontro aperto fra il Ministero e i sindacati ed è molto difficile che si possa arrivare ad una ricomposizione fra le parti in tempi brevi.
    Il problema prende origine da una disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 961, della legge di bilancio 2021: “Il fondo di cui all’articolo 1, comma 125, della legge 13 luglio 2015, n. 107, è incrementato di 10 milioni di euro per l’anno 2021 destinati alla realizzazione di interventi di formazione obbligatoria del personale docente impegnato nelle classi con alunni con disabilità. Tale formazione è finalizzata all’inclusione scolastica dell’alunno con disabilità e a garantire il principio di contitolarità nella presa in carico dell’alunno stesso”.
    “Con decreto del Ministro dell’istruzione, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge – prosegue la norma – sono stabiliti le modalità attuative, prevedendo il divieto di esonero dall’insegnamento, i criteri di riparto, le condizioni per riservare la formazione al solo personale non in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno, la determinazione delle unità formative comunque non inferiori a 25 ore di impegno complessivo, i criteri e le modalità di monitoraggio delle attività formative di cui al presente comma”.
    In questi giorni, con ampio ritardo rispetto ai trenta giorni previsti dalla legge il Ministero ha annunciato alle parti sociali che il decreto attuativo è pronto ma i sindacati hanno già espresso la propria contrarietà.
    Oltre alla Gilda, anche la Flc-Cgil si è detta in totale disaccordo e chiede di “sospendere l’emanazione del decreto o, in subordine, di rivedere il principio dell’obbligatorietà, la quantificazione delle ore, il divieto di esonero dal servizio, riportando le materie nell’ambito contrattuale e collegiale per gli aspetti di relativa competenza, anche al fine di stabilire un criterio di coerenza tra le disposizioni in oggetto e gli impegni assunti dal Governo con la sottoscrizione delle recenti Intese”.
    Su come le 25 ore saranno organizzate stanno già circolando le prime notizie: si parla di 17 ore di “lezione” sui temi della disabilità e di 8 ore di attività “laboratoriali”.
    Il modello però non piace a tutti: nel corso dei lavori dell’Osservatorio nazionale sulla disabilità, di cui però i sindacati non fanno parte, diverse associazioni e lo stesso Anci (Comuni Italiani) hanno chiesto che il percorso preveda anche la possibilità di formare gruppi d’insegnanti della stessa classe o della stessa scuola, in relazione a casi specifici seguiti, consentendo in tal modo di affrontare li aspetti fondamentali della didattica individualizzata, della didattica di gruppo, delle tecnologie didattiche e della valutazione formativa, in rapporto alle diverse tipologie di disabilità effettivamente presenti nella scuola.
    Ma alla fine sembra che si rimarrà fermi su una impostazione più “tradizionale”.
    Secondo molti, la prospettiva di rendere il corso di formazione obbligatorio per tutti è importante perché significa ribadire che il progetto di inclusione riguarda tutto il team docente e non solamente il docente di sostegno.
    “Trovo molto grave tutta la situazione” commenta Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico, per molti anni responsabile dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione, che aggiunge: “Ciò che sta accadendo mi sembra indicativo del fatto che la disabilità sta vivendo una deriva isolante sempre più grave. Questa vicenda delle 25 ore aumenterà il degrado, non per il numero di ore, i contenuti e la forma, ma per il significato anche simbolico del disinteresse. Nel documento di un sindacato si arriva perfino a scrivere che le 25 ore servono a formare i docenti curricolari sul sostegno così da ridurre nel tempo i posti di sostegno. La trovo una affermazione priva di senso e del tutto contraria ai più elementari principi pedagogici”.
    Resta in ogni caso il fatto che ad oggi resta del tutto irrisolto un aspetto importante: in non pochi casi gli alunni con disabilità frequentano classi in cui nessuno dei docenti del team ha mai svolto specifiche attività formative in materia di disabilità e inclusione e questa situazione – al di là delle buona volontà dei docenti coinvolti – non favorisce di certo i processi di inclusione.



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  3. #103
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    Sindrome di Down e integrazione: la denuncia di una mamma


    Un altro episodio di discriminazione che riguarda una persona con disabilità, e in questo caso una bambina, è emerso in questi giorni: ad Ostuni, in provincia di Brindisi, una giovane mamma ha denunciato che sua figlia, una bambina con sindrome di Down di 4 anni, in vacanza con i genitori e il fratello gemello, sarebbe stata rifiutata al baby club della struttura turistica dove la famiglia stava trascorrendo le ferie.
    Immediate le reazioni da più fronti, in particolare spicca quella del presidente della FISH, la Federazione Italiana Superamento Handicap, Vincenzo Falabella, che ha prontamente commentato l’episodio accaduto in Puglia. Si tratta di una storia particolarmente inquietante, ha detto, che purtroppo non è isolata, stando anche alle numerose segnalazioni che la FISH riceve.
    La denuncia
    Il caso era stato denunciato all’indomani dell’accaduto dalla madre della bambina con un lungo post su Facebook, che è stato anche ripreso dalla stampa locale. L’episodio, come riferisce la FISH, denota, oltre che una mancanza di sensibilità, anche una carenza della cultura di impresa, infatti, come emerge dalla denuncia della madre, la struttura ricettiva le avrebbe comunicato che, poiché la bambina aveva la sindrome di Down, avrebbero avuto di bisogno di più tempo per organizzarsi con il personale e anche che non avrebbero avuto le competenze a riguardo. Questa vicenda è particolarmente inquietante e dimostra che la strada per l’inclusione delle persone con disabilità e delle loro famiglie resta ancora lontana, ribadisce Falabella, per questo la lotta all’isolamento, anche dei bambini, sarà uno dei temi che porteremo all’attenzione delle forze politiche durante il prossimo congresso della Federazione, nei prossimi 16 e 17 luglio, che avrà come tema proprio la lotta all’isolamento e alle discriminazioni.
    Dal canto suo la risposta pubblica della struttura ricettiva ha confermato da parte della direzione di aver commesso degli errori e che le spiegazioni non servono a recuperare, dall’altro, invece, non c’è stato nessun riferimento al comportamento discriminatorio messo in atto.
    Integrazione scolastica
    Non è mai tempo perso, soprattutto quando vi sono episodi come quello appena riportato, ricordare che in Italia, secondo l’ex articolo 12 della Legge 104/92, tutti gli alunni in situazione di handicap (anche grave) hanno diritto a frequentare le classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado (scuola materna, elementare, media e superiore) Si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo esigibile: la scuola non può rifiutare l’iscrizione e se lo fa commette un illecito penale. Il diritto all’integrazione è garantito anche per l’asilo nido e l’università.
    Per saperne di più può essere utile fare riferimento al link del Ministero dell’Istruzione Alunni con disabilità – Miur.


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  4. #104
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    Alunni diversamente abili, alotolà alle ammissioni per sorteggio


    Avere educazione ed istruzione come tutti gli altri è diritto fondamentale del disabile. Diritto che trova riconoscimento nella stessa Carta costituzionale e nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificata dall’Italia nel 2009.
    L’obiettivo primario della normativa in parola è assicurare le massime garanzie di parità dei bambini disabili all’interno della classe e del gruppo scolastico. Un diritto che a ben vedere assume natura individuale, ma anche sociale, dal momento che l’istruzione rappresenta uno dei fattori maggiormente incidenti sui rapporti dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione personale e professionale.
    L’istruzione del disabile è quindi potente strumento anti-discriminatorio. Su queste coordinate il Tar di Palermo (sentenza 2107/2021) ha annullato gli atti di un liceo relativi alle operazioni di “sorteggio” dei minori disabili al fine di ammetterli nel numero massimo di uno per classe. Secondo il Tar siculo la disciplina regolamentare della scuola coinvolta comportava il paradosso per cui nell’obiettivo di esonerare dall’esame di ammissione gli alunni con disabilità dell’80%, apparentemente favorendoli rispetto agli altri alunni, invero ne produceva la discriminazione a causa del rigido limite numerico richiamato.
    In altre parole l’assenza di una qualsivoglia fase selettiva, seppure adeguata alle specifiche esigenze dell’alunno disabile, comportava la sostanziale estromissione di quelli più sfortunati, non “estratti”. Così intesa, la normativa di tutela degli alunni con disabilità si traduceva in uno strumento volto a “penalizzare” gli studenti disabili, i quali invece devono avere la possibilità di partecipare alle prove di ammissione esattamente come tutti gli altri. Anzi dovrebbero essere esonerati solo se richiesto dal genitore. Diversamente, una previsione di esonero dalla prova, da misura di integrazione finirebbe per diventare di fatto, una misura di disuguaglianza se non persino di discriminazione.


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  5. #105
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    Alunni con disabilità: devono tenere la mascherina in classe? Cosa fare per il personale nei casi in cui non potrà esserci distanziamento dallo studente?


    Il Ministero dell’Istruzione, nella sezione “Ritorno a scuola” ha aggiornato le FAQ relative alla gestione del Covid negli istituti. Spazio anche all’utilizzo della mascherina a scuola. Come ci si deve comportare in merito alla mascherina per gli alunni con disabilità?
    Il Ministero, con la FAQ apposita risponde: “È prioritario assicurare la presenza quotidiana a scuola degli alunni con bisogni educativi speciali, in particolare di quelli con disabilità“.
    Inoltre, “non sono soggetti all’obbligo di utilizzo gli studenti con forme di disabilità certificata che l’autorità sanitaria attesti non essere compatibile con l’uso continuativo della mascherina”.
    La FAQ specifica anche che “per il personale dedicato alla loro assistenza, non essendo sempre possibile garantire il distanziamento fisico, potrà essere previsto l’utilizzo di ulteriori dispositivi sulla base della valutazione del rischio“. Sono tanti, in effetti, i casi in cui l’insegnante di sostegno o anche l’assistente alla comunicazione, ad esempio, non potranno distanziarsi dallo studente con disabilità.



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  6. #106
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    Alunni con Dsa: per loro il PdP è obbligatorio?


    Il Piano didattico personalizzato (PdP) è obbligatorio, lo precisa il Ministero dell’Istruzione e chiarisce anche che esso va redatto entro il primo trimestre dell’anno.
    Di cosa si tratta?
    Il PdP è il documento pedagogico-didattico di tipo programmatico che prende in carico le problematiche connesse agli alunni con disturbi specifici di apprendimento, fornendo loro strumenti compensativi e misure dispensative o comunque pianificando interventi finalizzati a compensare o raggirare l’abilità deficitaria.
    Ricordiamo che la Legge 8 ottobre 2010, n. 170 riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, denominati DSA.
    Compito della scuola è facilitare la vita scolastica e gli apprendimenti agli alunni con questo genere di difficoltà, grazie ad azioni specifiche in grado di garantire il successo formativo di ragazzi e ragazze, bambini e bambine.
    Cosa dovrà contenere il PdP?
    Il Ministero dell’Istruzione chiarisce che per gli alunni con DSA, è il consiglio di classe a predisporre il Piano Didattico Personalizzato, nelle forme ritenute più idonee, articolato per le discipline coinvolte nel disturbo. Ecco cosa dovrà contenere il documento:

    1. Dati anagrafici
    2. Tipologia del disturbo
    3. Attività didattiche individualizzate
    4. Attività didattiche personalizzate
    5. Strumenti compensativi
    6. Misure dispensative
    7. Forme di verifica e valutazione personalizzata


    Gli strumenti compensativi
    Innanzitutto, cosa intendiamo per strumenti compensativi per gli alunni con DSA? Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria. Fra i più noti il Ministero indica:

    1. la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;
    2. il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della lezione;
    3. i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori;
    4. la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
    5. altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali, etc.


    Le misure dispensative
    Quanto alle misure dispensative, il docente si accerta di ciò che risulta all’alunno particolarmente difficoltoso e predispone un adeguato PdP nel quale si precisi da quali compiti l’alunno è dispensato.
    Per esempio – spiega il Ministero – non è utile far leggere a un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura. Rientrano tra le misure dispensative altresì le interrogazioni programmate, l’uso del vocabolario, poter svolgere una prova su un contenuto comunque disciplinarmente significativo, ma ridotto o tempi più lunghi per le verifiche.


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  7. #107
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    Legge sulla disabilità: ci vorranno almeno 3 anni per vederla applicata




    Abbiamo già dato notizia della approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di un disegno di legge in materia di disabilità.
    “Il cuore della riforma – spiega il Governo nel comunicato stampa ufficiale – sarà il nuovo sistema di riconoscimento della condizione di disabilità, in linea con la Convenzione Onu. Questo nuovo sistema si basa sulla valutazione multidisciplinare della persona, finalizzata all’elaborazione di progetti di vita personalizzati che garantiscono i diritti fondamentali”.
    “Tali interventi – si legge sempre nel comunicato – sono volti a supportare l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, prevenendo forme di istituzionalizzazione.
    Il disegno di legge prevede, inoltre, il potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali necessari”.
    Gli intenti sono di per sé nobili e condivisibili tanto che diverse associazioni che si occupano di disabilità hanno già annunciato la loro soddisfazione per l’iniziativa del Governo.
    Ma – se si esamina un po’ meglio la questione – si dovrà ammettere che non ci sono molti motivi per essere entusiasti.
    Intanto va detto che la legge non contiene stanziamenti specifici ma prevede che tutte le misure si realizzino con le risorse già disponibili nel bilancio dello Stato.
    Questo, però, è tutto sommato il problema meno rilevante.
    Il tema vero è un altro.
    Il Governo, in realtà, ha adottato una proposta di legge delega il cui iter è lungo e complesso e non privo di rischi.
    Intanto il testo predisposto dal Consiglio dei Ministri dovrà essere esaminato dalla Ragioneria Generale dello Stato e solo successivamente potrà essere depositato in Parlamento.
    A quel punto inizierà il dibattito, alla Camera e al Senato.
    Una volta approvata, la legge sarà pubblicata in Gazzetta e da quel momento decorreranno i termini per l’approvazione dei decreti legislativi previsti dalla delega.
    Il testo attuale prevede infatti che il Governo avrà 20 mesi di tempo per adottare i decreti delegati o legislativi che dir si voglia.
    A conti fatti il cronoprogramma potrebbe essere questo: deposito del disegno di legge in Parlamento nel mese di dicembre, approvazione della legge delega nell’estate 2022, adozione dei decreti legislativi nella primavera 2024.
    Ma la vicenda potrebbe anche non concludersi a quella data perché a quel punto potrebbero essere ancora necessari diversi altri decreti ministeriali applicativi.
    Gli esempi non mancano.
    La legge 107 del luglio 2015 (la cosiddetta legge sulla Buona Scuola), che aveva iniziato l’iter parlamentare a fine marzo del 2015 prevedeva la revisione delle norme in materia di inclusione scolastica; il decreto legislativo, il 66, venne approvato nell’aprile del 2017 e pubblicato in Gazzetta il mese successivo.
    Ancora oggi un importante decreto interministeriale applicativo, quello relativo al “nuovo PEI” non c’è ancora; e, se anche non ci fosse stata la bocciatura del TAR, sarebbe entrato in vigore nel settembre scorso, e cioè a più di 6 anni di distanza dall’avvio dell’iter parlamentare della legge che lo prevedeva.
    A questo punto ciascuno può farsi una idea di cosa potrebbe accadere con la legge delega sulla disabilità di cui si parla in queste ore.


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  8. #108
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    Disabilità, 10mila alunni senza assistente all’autonomia e alla comunicazione


    Trasporto – articolo 45 Livelli essenziali delle prestazioni in materia di trasporto scolastico di studenti disabili
    Una misura interessante sul fronte scolastico è la quota crescente di risorse (dai 30 milioni di euro per l’anno 2022 ai 120 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027) destinate al trasporto degli alunni disabili frequentanti la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di 1° grado, nell’ambito dei livelli essenziali di prestazione (LEP).
    Un tema che abbiamo trattato anche nell’ambito dell’intervista alla dirigente la cui scuola ha il triste primato dell’elevatissimo numero di alunni con disabilità entro le classi. Parliamo anche di 10 alunni con disabilità su 14 totali in una stessa classe, una criticità le cui ragioni sono legate anche alla problematica trasporti.
    Assistente alla comunicazione – articolo 49 Fondo per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione per gli alunni con disabilità
    Agli alunni viene potenziata la misura che prevede la figura dell’assistente all’autonomia e di quello alla comunicazione, finanziata con un Fondo denominato Fondo per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione per gli alunni con disabilità, avente una dotazione di 100 milioni di euro a decorrere dal 2022. A quali criticità si vuole porre rimedio? Guardiamo i numeri.
    La situazione in Italia degli alunni con disabilità e dei loro assistenti
    I numeri li riassume la nota tecnica che accompagna la legge di bilancio. In Italia gli alunni con disabilità, secondo il focus del Mi, sono 268.671, ai quali sono assegnati, secondo l’Istat, più di 57mila assistenti all’autonomia e alla comunicazione, con una media di un assistente ogni 4,7 alunni con disabilità; e un numero medio di ore di assistenza per alunno a settimana pari a 8,8. Sempre secondo l’Istat – inchiesta relativa agli anni 2018-2019 – il numero di alunni con disabilità che non usufruiscono dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione pur avendone bisogno sono stati 10.459.
    Il costo medio lordo annuo per ogni addetto è stimato attorno ai 33mila euro (costo orario di 21 euro), un dato tuttavia non preciso, in quanto questi lavoratori sono a carico delle cooperative del settore socio sanitario assistenziale educativo.
    Quanto al tipo di contratto, le cooperative stipulano normalmente con il lavoratore un contratto a tempo parziale o a tempo determinato per i soli mesi scolastici.
    Risorse autismo – articolo 50 Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità
    Per gli anni 2022 e 2023 sono assegnati 50 milioni di euro per ciascun anno, per favorire l’inclusione a scuola degli alunni con disabilità.
    Una misura che intende dare continuità alle azioni già intraprese entro progetti sperimentali e settoriali, ai cui risultati si vuole dare maggiore incisività.
    In particolare viene chiarito che gli interventi saranno destinati anche a iniziative specificamente rivolte alle persone con disturbo dello spettro autistico, laddove nell’intervento legislativo precedente si parlava genericamente di:
    a) promozione e realizzazione di infrastrutture, anche digitali, per le politiche di inclusione delle persone con disabilità, anche destinate ad attività ludico-sportive; b) inclusione lavorativa e sportiva, nonché per il turismo accessibile per le persone con disabilita.
    Una problematica, quella degli alunni con disabilità, che nelle scuole italiane presenta ancora criticità piuttosto gravi quali il numero elevato di alunni con disabilità in alcune classi di territori particolarmente svantaggiati. Un argomento affrontato anche dal nostro vice direttore Reginaldo Palermo.


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    Istruzione domiciliare per alunni con disabilità, i progetti saranno di fatto realizzati dal docente di sostegno


    In queste ore l’Osservatorio permanente sull’inclusione scolastica sta dando il via libera al decreto ministeriale in materiale di istruzione domiciliare per gli alunni con disabilità.
    Il decreto dà seguito anche alle Linee di indirizzo nazionali sulla scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare adottate dal Ministero nel giugno 2019, ma soprattutto porta in esecuzione una precisa disposizione del decreto legislativo 66/2017 che, al comma 2 bis dell’articolo 16, prevede che “con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità di svolgimento del servizio dei docenti per il sostegno didattico impegnati in attività di istruzione domiciliare”.
    Il provvedimento, che per il momento è in fase di “limatura”, potrebbe essere diramato già nelle prossime ore.
    Diverse associazioni sono poco soddisfatte del testo attuale perché la realizzazione del progetto viene di fatto demandata al docente di sostegno: “I docenti per il sostegno didattico – recita infatti l’articolo 3 del decreto – prestano il proprio servizio presso il domicilio dell’alunno, ove la tipologia e il grado della patologia lo consentano, per le ore e l’arco temporale stabilito nel progetto di istruzione domiciliare”.
    I progetti in questione potranno essere anche finanziati dall’USR di riferimento a condizione che riguardino alunni con disabilità certificata ai per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza scolastica per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione, anche non continuativi.
    Le istituzioni scolastiche potranno attivarsi sulla base di una richiesta della famiglia purché questa sia supportata da certificazione medica rilasciata dal medico ospedaliero o comunque dai servizi sanitari nazionali (sono escluse certificazioni di medici privati).
    Il progetto – chiarisce ancora il decreto – deve essere elaborato dal consiglio di classe per la scuola secondaria ovvero dal team docente per la scuola primaria e approvato dagli organi collegiali della scuola.
    In esse vanno indicati il numero dei docenti coinvolti, gli ambiti disciplinari cui dare la priorità e le ore di lezione previste.


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