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Discussione: Educazione con insegnanti "Usa e getta"

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    Predefinito Educazione con insegnanti "Usa e getta"

    Provate a inserire la parola “precariato” su Google, e vi renderete conto che – nonostante si tratti di un problema di carattere generale – l’intera prima pagina di occorrenze riguarda la scuola. Un termine che nella lingua italiana designa una condizione che riguarda molte categorie – quasi tutte oggi – di lavoratori; ma che indicativamente, viene individuata dal motore di ricerca come specifica o prioritariamente riferibile al mondo della scuola, al pari di POF, competenza, collegio.
    Il precario per antonomasia è, insomma, il precario della scuola. Vorrà pur dire qualcosa. L’ultima Commissione d’inchiesta istituita dal Parlamento italiano ad aver aperto un’indagine conoscitiva sul fenomeno risale alla XV legislatura, anni 2006-7. Gli ultimi dati pubblicati dal MIUR in proposito sono quelli del 2009-10, che evidenziano come il precariato rappresenti tra i docenti l’unico dato di certezza in un panorama caotico, che negli anni è diventato sempre più complesso, grazie anche ai restyling improvvisati e pedestri di Mariastella Gelmini. E che individuano una progressiva tendenza alla scuola usa-e-getta, a cominciare dal trattamento riservato alle donne e agli uomini che in essa gravitano, docenti e ATA. Un trattamento che si ripercuote – oltre che sul diritto al lavoro – sul diritto allo studio degli studenti, troppo sovente sottoposti a una discontinuità didattica che ne compromette gli apprendimenti.
    A fronte di un corpo docente scolastico italiano pari a circa 800 mila unità, coloro che vengono assunti per supplenze annuali (circa 20 mila) o fino al termine dell’anno scolastico sono passati dai 64.000 del 1998/99 ai 116.973 del 2009/10: la maggior parte delle supplenze ‘lunghe’ assegnate riguardano la secondaria superiore(circa 40 mila contratti), seguono le medie, la primaria e i maestri della scuola dell’infanzia.
    Dati che, com’è evidente, non tengono conto di quanti vengono chiamati per frazioni di tempo inferiori all’anno scolastico: quelli che rimpiazzano assenze brevi o lunghe, ma che non vedono garantita e riconosciuta la conclusione; altre 50 mila persone (dato stimato Flc). A questi vanno aggiunti gli Ata (personale tecnico e ausiliario), con 5 mila precari “stabili” e altrettanti saltuari. Nel 1998 vi era solo un docenteprecarioogni12diruolo, oggi uno ogni 7. L’aumento più significativo di precarietà dell’ultimo decennio si è registrato nella scuola primaria (quasi il 7%) e nella scuola media (11.7%).

    Ecco, sinteticamente, i frutti di una programmazione di posti di lavoro allegra,demagogica e irresponsabile, che negli anni ha investito sul mercato del lavoro – in nome di una flessibilità ante litteram – migliaia di donne e uomini che hanno prestato la propria opera senza garanzie definitive, spesso iniziando a lavorare a ottobre e concludendo il giorno dello scrutinio estivo: ferie non pagate, sedi svantaggiate, mancanza di continuità didattica, discontinuità nell’anzianità di servizio. Diritti a metà, lavoratori dimezzati. Merce di scarto del mercato del lavoro.
    Il fenomeno è talmente endemico che, per definirli e distinguerli dalle “new entry”, è stato necessario “inventare” una vera e propria formula, quella di “precari storici”: laurea-ti, a volte plurilaureati, che si sono sotto-posti a prove concorsuali diversificate, che hanno subito letteralmente regole e condizioni imposte dallo Stato. Ma non sono ancora riusciti ad entrare in ruolo. Hanno la stessa età che avevano i nostri genitori quando noi eravamo alla fine della scuola superiore o all’università. Vivono uno stato di pseudo-adolescenza coatta: troppo adulti per cambiare strada, riciclarsi, inventarsi un mestiere “da grandi”, troppo giovani per metterci una pietra sopra.
    Sono quelli che Renato Brunetta ha chiamato “L’Italia peggiore”, quelli cui si è rivolto dicendo: “Voi non lavorate, siete dei poveracci”. Quelli che si rivolsero al non compianto ministro con cassette piene di titoli di studio, qualifiche e contratti indecenti. E dei quali non si riesce ad immaginare cosa direbbe il supersponsorizzato Michel Martone, che – dall’alto del suo rispettabilissimo e rispettatissimo pedigree – ha apostrofato “sfigati” quelli che non si laureano entro i 28 anni.
    Indubbiamente Francesco Profumo si è trovato davanti una situazione di non semplice risoluzione. Ma i suoi primi passi nel caos del precariato hanno destato non poche perplessità. Il ministro è tornato a più riprese sul tema di un imminente concorso, che dovrebbe essere bandito entro il 2012. Inizialmente la sua previsione di affluenza fu di 300mila docenti, corretti qualche giorno dopo a 200 mila. Un numero comunque enorme , che mal si concilia con il fatto che – dal 2009 al 2011 – sono stati tagliati 87 mila posti di docente; e che – contemporaneamente a questa iniezione di gioventù di cui la scuola italiana avrebbe bisogno – il governo ha alzato notevolmente l’età pensionabile. Messaggi contraddittori, che non trovano per il momento conferma.
    È durata infine solo qualche ora l’illusione dell’assunzione di 10 mila docenti nella scuola per sostenere tempo pieno e bisogni speciali degli alunni: governo e commissioni parlamentari sono infatti orientati a mantenere fisso l’organico del comparto scuola, bloccandolo a quello in vigore nell’anno scolastico 2011/2012, evitando il trascinamento dei tagli previsti dalla legge 133/08; eventuali sforamenti – non quantificati a priori – saranno coperti con un fondo già in possesso del Miur, quello sul merito, e verrà introdotto nel decreto Semplificazioni un comma di salvaguardia: se necessario il ministero dell’Economia, attraverso i Monopoli di Stato, potrà variare il prelievo sui giochi già esistenti per raccogliere i fondi per le assunzioni. Commenta ironicamente un gruppo di insegnanti di sostegno precari dell’IIS Beccari di Torino: “Quanti gratta-e-vinci e quante schedine del SuperEnalotto dovrebbero comperare i cittadini italiani per dare qualità e certezze alla scuola pubblica?”.


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  2. #2
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    Nelle classi più studenti e meno insegnanti


    Lo stato della scuola. La crescita di allievi al Nord. «Tagliati» quasi 17 mila prof
    La politica ha discusso, lo scontro fra governo e Parlamento è stato acceso. Ma alla fine le 10 mila assunzioni nella scuola non sono arrivate. Dovevano essere finanziate alzando le tasse sull'alcol e sui giochi, trasformando il vizio in virtù, o almeno in posti di lavoro. Ma l'emendamento al decreto legge sulle semplificazioni presentato dal Pd e approvato in commissione è stato cancellato, sostituito da un meccanismo pieno di curve: le assunzioni saranno possibili ma solo in caso di aumento degli studenti, da verificare ogni tre anni, e a patto che il settore abbia risparmiato qualcosa. Nessun impegno preciso, non una sorpresa visto il momento di sacrifici per tutti. Ma mentre la politica discute, nelle scuole che cosa succede? Il confronto tra l'anno in corso e quello precedente ci dice che, anche se di poco, il numero degli studenti è salito, più 0,1%. Mentre quello degli insegnanti è sceso, con una tendenza più marcata, 2,6%. Il risultato è che abbiamo meno classi, lo 0,6%. E che sono diventate un po' più affollate: da una media di 21,28 alunni siamo passati a 21,45, anche se restiamo in linea con la media dell'Ocse, l'Organizzazione che raggruppa 34 Paesi a economia avanzata. I numeri non dicono tutto, non misurano sempre la qualità e nemmeno l'impegno dei singoli. Ma le ultime tabelle distribuite ai sindacati dal ministero dell'Istruzione sono un ottimo punto di partenza per capire cosa è successo.
    Più studenti
    Considerando tutto il percorso dell'istruzione, dal primo anno di materna all'ultimo delle superiori, gli studenti italiani sono quasi 8 milioni, 7.826.232. Rispetto all'anno scorso ne abbiamo 8.436 in più. Gli italiani fanno meno figli ma il numero cresce grazie agli stranieri, ormai intorno all'8% del totale. Per capire meglio, però, bisogna abbassare la lente d'ingrandimento. Ci sono più alunni alle materne, alle medie e alle superiori, mentre scendono alle elementari. E soprattutto l'aumento riguarda il Nord (in Lombardia ci sono 11.579 studenti in più) ma non il Sud, la Sicilia quest'anno ne ha persi 7.539.
    Meno insegnanti
    Considerando sia quelli di ruolo che i precari, ma senza contare quelli di sostegno, gli insegnanti italiani sono 625.878. Rispetto all'anno scorso ce ne sono 16.980 di meno. È l'onda lunga dei tagli decisi dal governo Berlusconi, 87 mila cattedre in meno negli ultimi tre anni. Qui il calo riguarda tutti i gradini del percorso scolastico, anche se il sacrificio maggiore lo hanno fatto superiori ed elementari. Ma tra Nord e Sud non si salva nessuno: ci sono meno insegnanti (2.316) sia in Sicilia, dove gli studenti sono in calo, sia in Lombardia (2.074), dove invece sono aumentati. La nuova versione dell'emendamento per le assunzioni dice che per il futuro bisognerà tener conto dell'andamento demografico degli studenti. Finora non è andata così.
    Classi pollaio?
    La conseguenza inevitabile è che sale il numero di alunni per classe. In media siamo a 21,45 contro il 21,28 dell'anno scorso. I nostri vicini europei hanno valori più alti, 24,5 in Francia, 24,7 in Germania anche se lì non sempre vengono considerati gli insegnanti di sostegno che da noi rientrano invece nella stessa categoria. E anche in questa classifica il Nord sembra soffrire di più: in Emilia Romagna la media sale a 22,5 alunni per classe, in Calabria e Sardegna scende a 19,7. Le cosiddette classi pollaio, cioè con più di 30 studenti, sono circa 2 mila, lo 0,6% del totale. In compenso il 4% ha meno di 12 studenti, quasi sempre nei paesini e in zone di montagna.
    Il tempo pieno
    È stato uno dei temi più caldi degli ultimi anni. E qui i dati ufficiali consentono di fare chiarezza fino a un certo punto. Sulle medie non ci sono dubbi: rispetto all'anno scorso le classi con il tempo prolungato sono 1.479 di meno, un calo dello 0,4%. A poter usufruire di questo servizio sono 31.602 studenti in meno. Per le elementari le tabelle del ministero indicano un aumento di 979 classi, il 2,6% in più, 26.256 bambini. Ma il dato non dice tutto. Il modello originario del tempo pieno prevedeva 40 ore alla settimana con due maestre. «In molti casi — dice Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil scuola — quelle 40 ore sono diventate uno spezzatino, coperto da 4 o 5 insegnanti che si alternano trasformando in alcuni casi la scuola in un parcheggio». In ogni caso le domande per il tempo pieno superano di gran lunga l'offerta, non ci sono dati ufficiali ma molte famiglie restano fuori.
    Il sostegno
    È un altro tema delicato. Il numero degli studenti disabili è in costante aumento, quest'anno sono quasi 200 mila, 198.672, 10 mila in più rispetto all'anno scorso. Un vero e proprio boom se si pensa che dieci anni fa erano quasi la metà. Anche il numero degli insegnanti di sostegno è cresciuto — adesso siamo a 97.636, 3 mila in più — lasciando sostanzialmente inalterato il rapporto di due studenti disabili per ogni insegnante di sostegno. Una conseguenza della pronuncia della Corte costituzionale che due anni fa ha cancellato il tetto di 91 mila docenti di sostegno fissato con la Finanziaria del 2008, governo Prodi.
    Gli accorpamenti
    L'anno prossimo diversi istituti saranno chiusi e accorpati. La prima manovra estiva del 2011 ha stabilito che le scuole elementari e medie devono avere almeno mille studenti. Quelle più piccole devono fondersi fra loro, in modo da abbassare i costi di gestione. La previsione era di chiudere 1.300 scuole con un risparmio di 115 mila euro l'anno per ogni cancellazione. Dopo le proteste è partita una mediazione, sono le singole Regioni a decidere come ridisegnare la rete. Al momento è stato già deciso l'accorpamento di 400 scuole ma alla fine dovrebbero essere 1.056, poco meno della previsione iniziale. Questo non vorrà dire avere per forza meno classi o meno insegnanti. Ma le scuole piccole sono spesso nei piccoli centri. In alcuni casi per andare in classe sarà necessario viaggiare. E anche questo è un disagio.


    Lorenzo Salvia


    Il Corriere

    "L'esperienza è maestra di vita"



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