Mentre leggo qualche dettaglio circa la novità del progetto sperimentale firmato Miur dal titolo “VALeS” per la valutazione di istituti e dirigenti, rifletto sull’acronimo scelto per facilitare la comprensione e già immagino la conflittualità che tale “certificazione” implicherà tra gli attori coinvolti come ai tempi del mai realizzato “concorsone”. Ma qualcuno mi suggerisce di occuparmi di un’altra notizia ben più inquietante, chiara e raccapricciante, che mi riporta con i piedi per terra. Grazie all’uso delle tecnologie oggi sappiamo ciò che è sempre accaduto, ma raramente trapelava in modo così clamoroso.
Questa volta tocca al Corriere del Veneto di Rovigo far conoscere le performances dell’ennesimo caso di maestra violenta, ora agli arresti domiciliari perché inequivocabilmente rea di aver somministrato, assieme alle conoscenze/competenze relative alle discipline scolastiche, anche una dose notevole di “schiaffi e calci” in varie parti del corpo degli scolaretti a lei affidati da genitori ignari di quanto accadeva tra le pareti dell’aula, dal 2009 al 2011.
Sollecitata dai numerosi e divergenti commenti al suddetto articolo di cronaca del Polesine, provo a ripercorrere le tappe della guerra senza esclusione di colpi consumata anche su quel campo di battaglia dove si è nuovamente evidenziata la “perdita del controllo degli impulsi”, come da copione già noto alla ricerca medico-scientifica.
Tutto ciò non accade dall’oggi al domani, occorrono anni di “incubazione” e un periodo di latenza più o meno lungo, evidentemente mai percepito né dalla docente né dal dirigente scolastico, datore di lavoro e responsabile di tutto ciò che avviene nella sua scuola. Nonostante ciò, i molteplici segnali e le stranezze devono avere insospettito i colleghi e impensierito alcuni genitori del tutto ignari. L’osservazione del “fenomeno”, peraltro appesantito dai continui ricatti e da castighi esagerati, hanno indotto la polizia ad agire in modo risoluto.
Ma è anche doveroso conoscere la “follia” istituzionale che permette alla maestra di presentare all’ufficio scolastico domanda di trasferimento e andare a lavorare in un’altra scuola elementare, sempre in provincia di Rovigo, questa volta come insegnante di sostegno. Una scelta inadeguata, che l’avrebbe condotta a reiterare le sue predisposizioni all’uso di una discutibile metodologia “correttiva”.
Se questo è lo spaccato di una vicenda non poi così rara e un copione già visto, come si dovrebbero comportare i genitori che non desiderano delegare alla scuola il ruolo educativo, ma intendono salvaguardare la serenità dei loro figli, consapevoli del delicato compito di coloro che esercitano la professione insegnante, magari da anni e con vera “passione”? Frequentemente la soluzione consiste nel cambiare loro di scuola per allontanarli da un ambiente divenuto irrimediabilmente ostile.
Tale azione è comprensibile, ma costituisce un ripiego, molto sofferto. I genitori che sanno ascoltare anche i silenzi e osservare i comportamenti inconsueti, sono sicuramente avvantaggiati e non vengono sopraffatti dagli eventi. Mai però esagerare con le domande, ammoniva Giovanni Bollea a riguardo del controverso caso dell’asilo di Rignano. Quando l’ossessione della ricerca della “verità” aveva superato i limiti, il luminare intervenne in difesa dei piccoli e bacchettò genitori e psicologi. Meglio prevenire raccogliendo, giorno dopo giorno, racconti di fatti ed eventi normali per aiutarli a giudicare, senza puntare l’indice, nel rispetto reciproco dei ruoli, sempre ben distinto. Ogni genitore attento conosce la modalità più adatta per cogliere eventuali squilibri del rapporto scolastico, considerando che drammatizzare potrebbe essere controproducente e invasivo. Una lezione e un monito che rimanda alla presentazione di “Scuola di follia”, dove il lungimirante e saggio, succitato neuropsichiatra indicava la giusta direzione:
“…Occorre fare delle profonde trasformazioni nella preparazione e negli argomenti sulla classe insegnanti perché si tratta di un problema enorme e la Scuola costituisce ancora la base della nostra Nazione. C’è un’ottima sintesi finale… sui suggerimenti per decifrare precocemente il passaggio dalla stanchezza pedagogica alla patologia vera e propria. ...Lavoro importante… da leggere, meditare e diffondere non solo nel mondo della scuola, ma tra i medici e gli psicologi e ricordare sempre che ‘insegnare logora’”. Mentre qualcuno si contende il titolo vacante di presidente della Commissione cultura della Camera, credo sia doveroso sollecitare chi di dovere ad indossare occhiali adatti per iniziare a superare la pericolosa miopia. Errare humanum est, perseverare... diabolicum.


di Anna Di Gennaro




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