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Discussione: Libri digitali obbligatori a scuola, il Ministero boccia la carta

  1. #11
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    Professori e tutor virtuali E’ digitale la scuola del futuro


    La scuola del futuro sarà sempre più digitale. Gli studenti potranno essere seguiti online dai professori. Avranno dei tutor virtuali che li aiuteranno a studiare l’italiano piuttosto che l’inglese. Il libro di carta cederà il passo al libro elettronico. E’ questa la fotografia della scuola 2.0 scattata durante iSchool la manifestazione romana, curata da Riccardo Luna e promossa da World Wide Rome, il progetto ideato da Asset-Camera e Tecnopolo. Hanno partecipato oltre 5mila studenti. La kermesse è stata aperta dall’attivista sociale indiano Bunker Roy che nel 1972 ha fondato il Barefoot College in Rajasthan con l’obiettivo di fornire educazione e servizi alle comunità rurali e renderle autosufficienti. Diversi i progetti presentati durante l’iniziativa. Primo fra tutti Eugenio (www.eugeniotutoritaliano.it), il tutor digitale interattivo per l’analisi del testo italiano, creato da Matteo Boero, giovane startupper già ideatore di Cicero, primo tutor di Latino online utilizzato da oltre 5mila studenti. Ancora, è stata illustrata la versione rinnovata del portale Oilproject (www.oilproject.org), la più grande scuola virtuale in Italia con 250mila studenti connessi negli ultimi 12 mesi, ideata dal ventiduenne Marco De Rossi. Gratuita, aperta a tutti, permette di informarsi su diversi temi: attualità, economia, letteratura, filosofia, Internet e politica. E ora il portale è stato arricchito da corsi e da più di 400 nuovi contenuti didattici destinati a studenti delle superiori. E per incentivare la creazione di queste start up, Andrea Mondello, presidente Tecnopolo insieme a Stefano Venditti di Asset-Camera hanno proposto la creazione di un fondo sovrano della Camera di Commercio di Roma, in collaborazione con Venture Capitalist privati, per sostenere le baby aziende innovative.


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  2. #12
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    Scuola, l'ultima rivoluzione così si studierà solo su ebook


    Stop alla carta e gli istituti daranno in prestito i tablet. L'obiettivo: far risparmiare. Ogni anno la spesa per i manuali equivale al 20 per cento di tutto il mercato editoriale.
    PLATONE e la geometria, le equazioni e la storia: tra un anno, in classe si studierà solo sugli ebook. La scuola italiana si prepara all'ennesima rivoluzione: il libro di testo digitale. La novità arriva dal decreto legge sulla crescita in vigore da due settimane, che spiega nel dettaglio come cambierà la didattica nel prossimo anno scolastico.
    Per la verità, il libro di testo in formato misto - cartaceo e digitale - era già stato introdotto da precedenti riforme, ma finora ha stentato a decollare. Stavolta, il ministero dell'Istruzione prova a lanciare la sfida definitiva. L'obiettivo: far risparmiare le famiglie sull'acquisto dei libri di testo. Ma anche creare una didattica su misura per i nativi digitali, quei giovani che arrivano alle scuole medie già bravissimi con pc e tablet. Il cartaceo non verrà abbandonato del tutto, precisano al ministero, ma sarà alleggerito di quei contenuti extra che rendono da sempre i testi ancora più voluminosi e costosissimi.
    Già, perché in Italia, come denunciano da sempre i genitori e le associazioni dei consumatori, i libri di testo equivalgono a un salasso. Il giro d'affari dei manuali è da solo di 649 milioni di euro all'anno, quasi il 20 per cento di tutto il mercato editoriale. Per questo, in passato, non sono mancate le promesse dei ministri di tagliare una spesa importante. Lo stesso libro di testo digitale sarebbe dovuto entrare in uso già quest'anno, sebbene in forma mista ebook-cartacea, ma le
    associazioni dei genitori hanno fatto notare come questa novità abbia nella maggior parte dei casi costretto tutti a spendere due volte: per il libro di carta e per i costosi cd-rom allegati.
    Adesso, però, la legge tenta di invertire la rotta: dal prossimo anno le scuole superiori dovranno adottare libri di testo completamente digitali. E quelli adottati in forma mista potranno esserlo solo a patto che le appendici si possano acquistare in rete separatamente dai volumi base, senza doversi caricare una seconda volta la spesa. Anche gli stessi insegnanti - e questa è un'altra novità - potranno cimentarsi nella creazione dei contenuti delle proprie discipline, per poi eventualmente venderle agli alunni. Una rivoluzione copernicana? Così parrebbe, visto che di ogni titolo si comprerà una versione base, priva di tutti quei supplementi (esercizi, simulazioni, approfondimenti) che spesso si acquistano, ma arrivano a giugno senza che i ragazzi li abbiano mai davvero sfogliati.
    Al centro della riforma c'è ovviamente il tablet, e anche qui il ministero è atteso al varco. La digitalizzazione delle scuole, infatti, tra lavagne multimediali e pc, lascia ancora molto a desiderare. L'acquisto della tavoletta sarà a carico delle famiglie. Ma la spesa complessiva per il supporto e i testi non potrà superare il tetto previsto dalla legge per i soli libri. In più, per venire incontro alle famiglie meno abbienti, la legge prevede che chi non potrà permettersi l'acquisto del tablet, lo chiederà in prestito alla scuola, che sarà obbligata a fornirlo.
    Con l'arrivo dei tablet, il ministero ha anche sancito altre novità che potrebbero sembrare in contraddizione con l'obiettivo di far risparmiare le famiglie. Saltano, infatti, i due vincoli che il ministro pdl Gelmini aveva introdotto per provare a impedire il salasso. In particolare, viene cancellato il divieto per le scuole di adottare nuovi testi prima di sei anni, mentre le case editrici potranno tornare a variare anche prima di cinque anni il contenuto dei libri, per rimetterli sul mercato sotto forma di nuove (e più care) edizioni. Ma per evitare che la spesa delle famiglie cresca oltre i limiti, la legge prevede che le delibere di adozione dei testi da parte dei collegi dei docenti siano sottoposte al controllo preventivo dei revisori dei conti. Basterà?

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  3. #13
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    é vero che venderanno qualche tablet in più, ma poi gli editori che fanno smettono di stampare libri?
    nelle nostre scuole per far si che la gente non venda i propri libri agli alunni che frequentano le classe inferiori, i professori o chi per loro fanno in modo che i libri dell'anno in corso non vadano più bene per il prossimo anno.
    "Si dice che i pazzi non capiscano niente.....
    Io penso che sono diventati pazzi proprio perché hanno capito tutto."​

  4. #14
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    Non rottamate i libri di testo


    È difficile trovare una ragione per l’accanimento che il ministero dell’Istruzione sta dimostrando nei confronti della cultura italiana. In apparenza si tratta di intervenire sull’organizzazione del lavoro, come nel tentativo di aumentare da 18 a 24 ore l’orario di cattedra degli insegnanti, senza porsi il problema del contesto dell’attività. Oppure di promuovere nelle università corsi in lingua inglese, non si capisce destinati a chi, ma che hanno come unico effetto quello di affermare un’immagine subalterna degli studi superiori. La mancanza di un disegno che non sia la semplice amplificazione di un generico senso comune si ritrova anche nelle disposizioni recentemente emanate sulla sostituzione dei testi cartacei con supporti elettronici. In altre parole, gli allievi non dovranno più studiare utilizzando libri stampati, ma useranno tavolette digitali. Ovviamente, questo passaggio dal cartaceo al digitale è presentato come una svolta epocale. Nessuno si è preoccupato però di immaginare quali potranno esserne le conseguenze, sia quelle che si possono solo immaginare (perché non ci sono elementi, in positivo o in negativo, a favore o contro l’uso dei supporti digitali), sia quelle che è fin troppo facile anticipare, perché fanno riferimento a dati di comune possesso. Tra le conseguenze che si possono immaginare c’è un cambiamento del rapporto tra gli allievi e i libri. Cambia (è solo qualche esempio) la percezione fisica del testo, le operazioni che si compiono nel processo di apprendimento, il riferimento mnemonico a questo o a quel passo. Chi ci assicura che usando libri digitali sia possibile ottenere risultati quanto meno non peggiori di quelli che si ricavano dai testi cartacei? Non sarebbe stato opportuno, prima di intervenire per via normativa su un aspetto così delicato del funzionamento della didattica, passare attraverso una limitata, ma rigorosa fase sperimentale per stabilire i punti di forza e quelli di debolezza dei libri tradizionali e di quelli modernizzati tramite le tecnologie digitali? Ma la questione dei libri non si esaurisce solo con considerazioni di funzionalità didattica. In un Paese come l’Italia, in cui la lettura costituisce, malgrado il grande aumento della popolazione scolarizzata, un’attività alla quale si dedica solo una parte minoritaria della popolazione e in cui le opportunità di lettura pubblica sono scarse per i limiti della rete bibliotecaria, i libri di scuola rappresentano spesso, proprio dal punto di vista fisico, l’unico contatto con quello che resta, malgrado tutto, il riferimento culturale più evidente. In un contesto regressivo della capacità di comprendere il testo scritto, com’è quello che in misura crescente caratterizza i paesi industrializzati, la scomparsa dei libri dagli oggetti percepiti entro le mura domestiche rischia di accelerare la perdita della capacità di utilizzare i repertori simbolici che sono stati alla base della grande trasformazione culturale e sociale negli ultimi secoli. Occorre anche chiedersi quali testi saranno disponibili per le tavolette digitali. Certo, se si tratterà solo di riprodurre i libri già esistenti su carta, l’operazione sarebbe di assai modesto rilievo. Gli unici a compiacersi del cambiamento sarebbero i produttori di tavolette. Non potremmo non attenderci, invece, un peggioramento delle condizioni, già non brillanti, dell’industria editoriale che potrebbe perdere una percentuale consistente del suo fatturato. C’è anche da chiedersi, una volta riprodotti testi esistenti, chi potrebbe impegnarsi nel predisporne di nuovi, oltretutto senza disporre di riferimenti certi circa il modo in cui potranno essere utilizzati nell’educazione scolastica. Vale la pena di aggiungere che i libri su carta possono essere letti in un tempo lungo. L’accesso alla Bibbia di Gutenberg presenta difficoltà di ordine culturale, perché è scritta in latino, ma non tecnico, perché i caratteri continuano a essere perfettamente leggibili. Nel caso delle edizioni digitali si deve prevedere una doppia caduta: quella che investe la tecnologia, che richiede la sostituzione sempre più rapida dei prodotti ora proposti, e quella dei sistemi di codifica, che anche se in tempi un po’ più lunghi rende inutilizzabili codifiche effettuate su supporti non attuali (quanti usano ancora i dischetti magnetici? E per quanto tempo continueremo a usare i supporti ottici?). Occorrerebbe, per cominciare, incoraggiare la ricerca e fondarla, invece che sul senso comune, su solide basi sperimentali. Intanto, si deve evitare di rendere le scuole sempre più povere, visto che, per acquisire mezzi che potranno essere usati per un tempo breve, sono costrette a rinunciare a quelle dotazioni che potrebbero essere alla base di attività creative e progettuali, tali da impegnare il pensiero e l’azione di bambini e ragazzi.


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  5. #15
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    “Abcd”, il salone italiano dell’educazione

    Dalla lavagna alla ricreazione
    Oggi in classe arriva il futuro

    I nuovi strumenti di comunicazione ma anche l’organizzazione
    delle lezioni. Ecco la scuola 2.0 secondo il salone dell’educazione che si apre a Genova
    La scuola 2.0 è arrivata. D’accordo, gli istituti completamente digitalizzati, dove gli studenti prima di entrare strisciano il badge poi si siedono al banco, aprono il tablet e si connettono alla lavagna interattiva multimediale mentre l’insegnante rileva presenti e assenti con il registro elettronico sul computer collegato in rete, e magari utilizzano e-book, sono 17 in Italia su oltre 36 mila.
    «Una piccola avanguardia - ammette Giovanni Biondi, capo dipartimento del Miur, il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca - ma con l’accordo fra ministero e regioni stiamo cercando di recuperare terreno. Investendo oltre 51 milioni, abbiamo installato durante questo anno scolastico 53.900 lavagne interattive multimediali con pc, mettendo 77 mila tablet a disposizione degli studenti. Visto che le classi in Italia sono 322 mila, quelle che hanno le “Lim” sono poco più del 17%. Ancora poche, purtroppo, le classi in cui gli alunni sono dotati di minicomputer per interagire in tempo reale: appena 2.700».
    Il problema, però, è anche un altro. Moltissimi istituti scolastici italiani sono stati costruiti prima del Novecento, molti non sono neppure a norma. Edifici spesso inadeguati e fatiscenti, basati, per quanto riguarda le medie inferiori e le superiori, sul modello della classe raccolta attorno al docente. Un luogo rigido di insegnamento e apprendimento. Strutture (aule, corridoi, sala professori, aula magna, laboratori e palestra quando ci sono) che non rispondono più alle esigenze di un mondo in profonda e continua evoluzione.
    Cosa significa, allora, fare lezioni con nuove modalità didattiche, risorse digitali, nuove tipologie di spazi e classi, nuove dotazioni tecnologiche e di arredo? Il Miur e l’istituto «Indire», che ad esso fa capo, offriranno le prime risposte a partire da oggi in una tre giorni organizzata alla Fiera di Genova: «Abcd», il salone italiano dell’educazione. Su un’area di 600 metri quadrati verranno ricreati i cinque ambienti sui quali dovrebbe articolarsi la nuova scuola: classe, spazio informale, spazio individuale, spazio di esplorazione e agorà. La scuola al tempo della società della conoscenza.
    La classe
    Presenta soluzioni modulari prestandosi a una varietà di configurazioni: dai modelli più tradizionali, banchi allineati per una lezione frontale, a modelli di lavoro in gruppi, con arredi pensati per favorire un’agile composizione e scomposizione dell’ambiente e per accompagnare l’alternarsi delle diverse attività. Sono presenti zone per la proiezione, collegamento Internet e «device» per il «one to one teaching».
    Spazio informale
    Avete presente la ricreazione? Cambia tutto. È l’ambiente dedicato ad attività non strutturate, senza orari, che possono avere luogo in punti diversi. Uno spazio con grandi cuscini per i momenti di pausa, per ripassare o studiare insieme, per rilassarsi e magari distendersi e leggere un libro. Un luogo dove è possibile usare il proprio «personal device» per vedere un video o comunicare con gli amici o, ancora, ascoltare musica sul proprio lettore Mp3.
    Spazio individuale
    In questo ambiente lo studente sviluppa un personale percorso di apprendimento. Nello spazio individuale può riflettere sulle informazioni ricevute, svolgere ricerche in autonomia col supporto di strumenti cartacei e contenuti digitali, può avere un confronto individuale con i propri docenti anche per definire percorsi di rinforzo o di recupero. A disposizione un desktop con il quale navigare e stampare.
    Spazio di esplorazione
    Qui lo studente attiva un approccio laboratoriale e si confronta con l’esperienza usando strumenti specifici. Osservare, raccogliere dati, analizzare, manipolare, elaborare e sperimentare sono alcune delle attività che gli alunni potranno svolgere in questo spazio. Strumenti e attrezzature potranno essere specifici per i vari ambiti disciplinari, o trasversali a essi.
    Agorà
    Al posto della vecchia aula magna, è il luogo per condividere eventi o presentazioni in modalità plenaria. Gli alunni possono presentare i loro lavori ad altri alunni, docenti e genitori. Si possono creare occasioni di condivisione con esperti esterni o altri soggetti in grado di fornire un contributo su temi specifici di approfondimento.
    Uno spazio che si può aprire anche fuori degli orari scolastici tipici e a eventi organizzati da genitori e associazioni. Così il territorio entra nella scuola e questa si trasforma in un vero e proprio «civic center».


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  6. #16
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    Presentato a Genova il sistema proposto da Samsung


    Sono davvero tante le soluzioni per una scuola più moderna e digitale presentate alla manifestazione ABCD+Orientamenti in corso a Genova. Nel giorno di inaugurazione era toccato a Intel e Microsoft (assieme a Giunti editore e Paperlit) presentare le ultime novità tecnologiche per una scuola davvero 2.0, ieri è stata la volta di Samsung che ha organizzato una dimostrazione del progetto “Smart School ”, con tanto di lezione interattiva di inglese tenuta al proprio stand.
    Il sistema proposto da Samsung si compone, dal punto di vista hardware, di tablet Galaxy Note per gli studenti e l’insegnante, e di una speciale lavagna, un po’ più sofisticata delle normali Lim (le lavagne interattive multimediali). Sul piano del software invece, il colosso asiatico mette a disposizione della classi una piattaforma onnicomprensiva che copre tutti gli aspetti riguardanti l’interazione docente-alunni e la condivisione dei materiali di insegnamento all’interno e all’esterno della classe. Diventa perciò possibile mettere in comunicazione il tablet di ciascuno studente con il notebook o un altro dispositivo mobile dell’insegnante, con l’e-board o i monitor interattivi utilizzati durante le lezioni, e con i tablet dei compagni.
    In questo modo, da una parte, arrivano sui monitor dei ragazzi materiali didattici, applicazioni per l’apprendimento, orari delle lezioni, avvisi e le informazioni legati alle attività extrascolastiche; dall’altra, l’insegnante può seguire passo a passo il percorso formativo di ciascun singolo alunno tenendo sotto controllo la frequenza alle lezioni degli studenti, lo storico dei voti, le eventuali note di demerito ricevute.
    “La didattica va cambiata progressivamente – sottolinea Ernesto D’Alessandro, supervisore del settore Prodotti & Soluzioni di Samsung Italia – per questo è importante il feedback che riceviamo dalle scuole che hanno aderito al progetto pilota Smart School”. Si tratta di quattro istituti, tutti situati nel nord Italia: uno a Milano, uno a Bolzano, a Monza e a Paderno Dugnano. La messa in commercio di Smart School è prevista per il primo trimestre 2013.
    “I vantaggi più immediati del passaggio al digitale – prosegue D’Alessandro – sono la riduzione dei costi e dell’ingombro conseguente all’eliminazione dei testi cartacei, la possibilità di accedere a e condividere rapidamente risorse in formato telematico presenti su Internet o prelevate da altre fonti, e la maggiore collaboratività”. Il docente ha il controllo totale su ciò che avviene in classe: può scegliere di far condividere ad un alunno il display del proprio tablet sulla lavagna multimediale, oppure può al contrario, bloccare diverse funzionalità.
    “Venendo incontro ai problemi di privacy delle scuole – spiega il referente Samsung – si può scegliere ad esempio di inibire la fotocamera sui tablet degli allievi”. E non solo questo: se i ragazzi si distraggono troppo o fanno troppa confusione, si può impedire l’accesso a Internet o ai social network e perfino far comparire sullo schermo di ognuno una schermata nera, con la scritta “stai attento”. Un po’ Orwelliano, ma efficace. E, poi, d’accordo, il monitoraggio può far paura, ma c’è anche l’altra faccia della medaglia; chissà quali nuove opportunità il digitale fornirà ai ragazzi per copiare...


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  7. #17
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    Frenata sui libri digitali in classe: l’introduzione sarà graduale

    Un emendamento al dl Sviluppo stabilisce che nel prossimo a.s. saranno coinvolte solo le seconde classi della scuola secondaria di I grado e le prime della secondaria di II grado che aderiscono al piano “Scuola digitale-Classi 2.0″. Successivamente le altre. Intanto da un’indagine Nielsen sembrerebbe che il consistente calo dei consumi dei libri cartacei si stia arrestando. L’introduzione dei libri digitali nella scuola media e superiore non può essere imposta da un anno all’altro. Dopo i proclami ministeriali degli ultimi anni, ora il Governo in carica decide di frenare: cosciente dei limiti finanziari e delle resistenze degli editori, ammette che l’adozione dei libri digitale dovrà per forza di cose essere graduale. A stabilirlo è un emendamento al dl Sviluppo, voluto proprio dal Governo e depositato in commissione Industria al Senato. L’emendamento stabilisce che l’adozione dei libri digitali o misti verrà continuata anche nel 2013/14. Ma saranno coinvolte solo le seconde classi della scuola secondaria di I grado e le classi di quella di secondaria di II grado che aderiscono al piano “Scuola digitale-Classi 2.0″.
    Nell’anno scolastico successivo, il 2014/15, i libri ‘informatici’ troveranno spazio anche nelle le seconde classi della scuola secondaria di I grado e nelle prime classi della scuola secondaria di II grado che non aderiscono al progetto nazionale. Dal successivo, 2015/16, toccherà alle classi rimanenti.
    Il provvedimento permetterà anche di non “affossare” l’editoria libraria cartacea tradizionale. Il cui mercato, riporta un’indagine Nielsen, sembra dare lievi segnali di miglioramento: a fine ottobre è stata rilevata infatti una piccolissima ripresa, dopo il consistente calo dei consumi del libro, che arriva a segnare un -7,5% a valore (pari a 82milioni di euro di spesa in meno nei canali trade). Si tratta di un segno meno ancora importante, spiegano dall’Associazione italiana degli editori, che però indica un progressivo recupero. Il mercato, infatti, registrava un -11,7% a fine marzo e un -8,6% a inizio settembre. La Nielsen presenterà l’indagine nel corso di “Più libri più liberi”, la fiera nazionale della piccola e media editoria nell’ambito dell’appuntamento organizzato dall’Aie “Quanto vale il pluralismo in un mercato che sta cambiando?”, in programma giovedì 6 dicembre, alle 14 nella Sala Smeraldo del Palazzo dei Congressi dell’EUR. La seconda parte dell’incontro – partendo proprio dai dati economici del mercato domestico e dello scenario imposto dai cambiamenti tecnologici e competitivi provenienti dal mercato internazionale – affronterà il tema delle leve necessarie al mantenimento e allo sviluppo del pluralismo dell’offerta, dell’accesso ai contenuti e alla loro distribuzione, messi in discussione o compromessi proprio dalle trasformazioni in atto e dalla contrazione delle vendite.


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  8. #18
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    Libri di testo digitali, avanti sempre più adagio

    La commissione Industria di Palazzo Madama ha rallentato ulteriormente i tempi: nel maxiemendamento al decreto sviluppo, in un colpo solo è stata posticipata di un anno, al 2014/2015, l’adozione di “libri nella versione digitale o mista”. E pensare che il Governo Berlusconi prevedeva che già da quest’anno li avrebbero dovuti adottare tutte le classi. L’ultima parola spetta ora alla Camera. Il destino dei libri di testo scolastici va certamente verso delle versioni sempre più digitali e meno cartacee. Solo che ciò avverrà con tempi decisamente distesi.
    Nei giorni scorsi avevamo riportato la notizia sulla volontà espressa dal governo di far approvare un emendamento al dl Sviluppo, attraverso la commissione Industria al Senato, per far adottare dal prossimo anno scolastico i libri digitali o misti solo nelle seconde classi della scuola secondaria di I grado e nella secondaria di II grado che aderiscono al piano “Scuola digitale-Classi 2.0″. Dal 2014/15 i libri ‘informatici’ avrebbero dovuto trovare spazio anche nelle le seconde classi della scuola secondaria di I grado e nelle prime classi della scuola secondaria di II grado che non aderiscono al progetto nazionale. Dal successivo, 2015/16 sarebbe toccato alle classi rimanenti.

    Il provvedimento rappresentava, se approvato, già un bel passo indietro rispetto a quanto stabilito nella Legge 133 del 2008, che aveva previsto la messa a regime del passaggio progressivo al formato misto-digitale già dall’anno scolastico in corso. E anche rispetto alla prima versione del decreto sviluppo approvato un paio di mesi fa dal Governo Monti, secondo cui che introduceva le versioni “miste” già dal 2013/14 in tutte le scuole superiori. E nel successivo nella primaria e nella secondaria di primo grado.
    Ora, però, la commissione Industria di Palazzo Madama ha rallentato ulteriormente i tempi. Nel maxiemendamento al decreto sviluppo passato, con la fiducia, il 6 dicembre al Senato, in un colpo solo è stata infatti posticipata di un anno, al 2014/2015, l’adozione di “libri nella versione digitale o mista, costituita da un testo in formato digitale o cartaceo e da contenuti digitali integrativi, accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto”. E, tra l’altro, solo nelle prime classe o in quelle che devono iniziare delle materie nuove. Quindi solo nelle prime e quarte classi della primaria, nelle prime classi delle medie, nelle prime e terze delle superiori. Per avere un’introduzione completa delle versioni digitali bisognerà aspettare l’a.s. 2016/17. Ora il testo passa alla Camera.
    Ci dobbiamo aspettare ulteriori slittamenti? Probabilmente no. Ci sono ancora diversi anni per approvarli…


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  9. #19
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    Didattica e scuola digitale, la Consip lancia il bando


    È l’atto definitivo del progetto Mercato elettronico della Pubblica Istruzione, un’area del Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione, a disposizione delle scuole italiane per acquistare on line beni e servizi destinati alla didattica ed alla gestione organizzativa della Scuola Il 6 marzo la “Concessionaria Servizi Informativi Pubblici”, più nota come ‘Consip’, ha pubblicato il bando “MePI Soluzioni per la scuola: Soluzioni integrate per la scuola digitale“: si tratta dell’atto definitivo del progetto Mercato elettronico della Pubblica Istruzione (MePI), un’area del Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione, a disposizione delle scuole italiane per acquistare on line beni e servizi destinati alla didattica ed alla gestione organizzativa della Scuola.
    Si tratta di un’iniziativa sicuramente innovativa. Ma non è una novità assoluta. Il progetto rientra, in effetti, nell’ambito della collaborazione già avviata negli anni scorsi tra ministero dell’Istruzione, ministero dell’Economia e delle Finanze, oltre che la stessa Consip.
    Ma quali saranno ora i passaggi successivi e gli scenari che si andranno a comporre per vedere realizzato un mercato elettronico di buona fattura? È facile da riassumere: le imprese che offrono soluzioni integrate per la Scuola digitale potranno pubblicare i loro cataloghi e, una volta raggiunto un idoneo “popolamento”, le istituzioni scolastiche potranno procedere alle operazioni di acquisto del materiale digitale.


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  10. #20
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    Ocse, la scuola italiana in ritardo sul digitale

    Servono più risorse per una maggiore presenza di dotazioni tecnologiche nelle aule
    L’Ocse boccia l’Italia sulle dotazioni multimediali e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) nella scuola, sulle quali siamo «in ritardo rispetto alla maggioranza dei paesi: nel 2011 solo il 30% degli studenti italiani di terza media utilizzava le Ict come strumento di apprendimento durante le lezioni di scienze, rispetto a una media del 48% in altri Paesi dell’Ocse», dice l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nello studio sul Piano nazionale italiano per la Scuola Digitale, presentato oggi a Roma al Ministero dell’Istruzione.
    Secondo l’Ocse il Piano, lanciato nel 2007 dal Miur, «utilizza le sue modestissime risorse finanziarie per attuare una visione realistica e ambiziosa dell’innovazione: le scarse risorse del Piano – sottolinea l’organizzazione – hanno limitato l’efficacia delle sue diverse iniziative. È soprattutto a causa della mancanza di risorse più che di una scarsa domanda da parte delle scuole e degli insegnanti, che la presenza delle dotazioni tecnologiche nelle classi è ancora molto bassa».
    Nel suo dossier l’Ocse ricorda che sulle dotazioni multimediali e sulle Ict il Piano italiano per la Scuola Digitale «ha stanziato 30 milioni di euro all’anno per 4 anni, ossia meno dello 0,1% della spesa pubblica per l’istruzione (ovvero meno di 5 euro per studente di scuola primaria e secondaria all’anno). Un aumento significativo delle risorse attraverso finanziamenti pubblici o privati è una condizione necessaria al successo del Piano così com’è attualmente configurato».
    «Viste le attuali restrizioni di bilancio, è difficile prevedere un aumento delle risorse, e il rapporto propone di riconsiderare alcuni aspetti del Piano per raggiungere due obiettivi: accelerare l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle scuole e nelle classi; creare una Rete di Laboratori per l’Innovazione in cui alcune scuole pilota sperimentino e concepiscano nuove pratiche didattiche e organizzative per migliorare il sistema scolastico italiano, reindirizzando i progetti di innovazione sull’iniziativa scuol@ 2.0», conclude l’Ocse.

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