Le nuove regole di trattamento dei dati del motore di ricerca ripropongono il tema della privacy. Ma forse è ancora nelle nostre mani.

Dal primo marzo, Google cambierà le proprie regole nella gestione dei dati dei propri utenti, e c'è già chi si preoccupa. In effetti l'unificazione dei diversi profili compilati per i singoli servizi del motore di ricerca permetterà anche agli iscritti di semplificarne l'uso. Si potrà passare con maggiore disinvoltura dall'uno all'altro, e sfruttarli in modo più personalizzato. E tuttavia, la concentrazione di informazioni che Google è in grado di assemblare su di voi è ora ancora più evidente, e forse non è fuori luogo provarne un po' di inquietudine.
In verità, non fa male ricordarsi quali e quanti dati disseminiamo nel web con la semplice navigazione. Esistono strumenti specifici nei browser, come i cookie o i cosiddetti web beacon, che si occupano di tracciare e comunicare tutti i siti che visitate, da dove lo fate e persino con quale pc, ma anche se mettete questi fuori uso, il software con cui navigate continuerà a “spifferare”. Sì, il browser è un gran chiacchierone come può dimostrare un servizio offerto dalla Electronic Frontier Foundation. Si chiama Ponopticlik ed è in grado di quantificare il tasso di anonimato con cui vi aggirate per la Rete. Il test presenta le informazioni identificabili direttamente dal browser e genera un punteggio numerico che indica con quale facilità si potrebbe risalire a voi a partire dalla impronta digitale lasciata dal software.
Secondo una curiosa teoria dell'entropia, spiegata da Peter Eckersley nei Deeplinks Blog della EFF, 33 bit di entropia sono sufficienti per identificare una persona. Come si raggiunge una cifra simile? Be', secondo Eckersley, bastano la data di nascita di una persona e il mese e il CAP per arrivare a 32 bit. Se poi si scopre il sesso della persona (in fondo, le opzioni sono solo due) si arriva alla soglia identificabile di 33 bit. Non bisogna essere troppo ansiosi: il browser di chi scrive, senza troppi accorgimenti, ha dato come risultato poco più di 20 bit.
E in ogni caso, non è detto che comunicare molto di sé, online, sia un male. I dati personali sono la principale moneta con cui si scambiano servizi e informazioni sul web. Potenzialmente, Google o chi per esso, è in grado di proporvi offerte sempre più specializzate. Se il motore di ricerca conosce le vostre preferenze e i vostri amici su Google+ sarà forse in grado, un giorno, di suggerirvi che regalo di compleanno fare a qualcuno nelle vostre “cerchie”. Come in parte già fanno siti di e-commerce come Amazon.
Per non cadere nella paranoia e avere un quadro completo, un primo passo può essere una visita ai link e ai servizi che consentono di visualizzare e gestire le informazioni che condividete con Google. Alcuni di questi dati personali li avete inseriti volontariamente, mentre altri sono raccolti da dal motore di ricerca.
Il tutto (be', non proprio tutto) si può trovare nella Dashboard di Google, dove è possibile accedere a tutti i servizi associati all'account Google: Gmail, Google Docs, YouTube, Picasa, Blogger, AdSense, e, naturalmente, Google+. Dalla sala di controllo si possono anche gestire i contatti, il calendario, la cronologia Web, l'account di Google Voice, e altri servizi e, soprattutto, impostare le regole della privacy. Ruba un po' di tempo, ma poi si è più tranquilli.


La Stampa