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Discussione: Test Invalsi due volte all'anno

  1. #51
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    Presidi, Invalsi, trasparenza: qual è il filo rosso che li unisce?


    I giorni di chiusura delle scuole per le vacanze natalizie non sono privi di notizie di rilievo per la scuola. Forse non è il momento più adatto per accorgersi di alcuni segnali interessanti, ma sarebbe un peccato non coglierli. Fra le occasioni di riflessione: si sono svolti a metà dicembre i due compiti scritti per gli aspiranti presidi, le scuole stanno ricevendo il pacchetto dei dati Invalsi relativi alle loro classi, con armamentario di percentuali e grafici, sta per partire il progetto “Scuole in chiaro”. Quale filo rosso unisce queste tre notizie?
    Cominciamo dal concorso a presidi: sul sito dell’Adi sono state raccolte impressioni a caldo dei candidati, tendenzialmente negative riguardo alle tracce e in generale allo svolgimento della prova. Il sito presenta anche, regione per regione, le due tracce assegnate, una di carattere generale e dai margini ampi, e l’altra presentata come “studio di caso” di un problema specifico in un determinato contesto. Noto a margine che fra gli studi di caso in cui immaginare di intervenire, tutta una serie di situazioni diciamo così “problematiche”, e tali che potrebbero dissuadere un aspirante preside dal perseguire nel suo intento: bullismo, situazioni di abbandono scolastico diffuso, demotivazione degli insegnanti, incapacità di risolvere il problema degli alunni stranieri, calo di iscrizioni, clima di elevato tasso di degrado culturale, tensioni all’interno dei consigli di classe, ecc. (naturalmente al candidato è chiesto di ipotizzare un’azione risolutiva).
    Se si trattasse un’immagine anche implicita della scuola, sarebbe quantomeno parziale: in realtà non è meno impegnativo per un dirigente scolastico riuscire a convogliare e a valorizzare le risorse magari frammentarie e scoordinate ma positive di un corpo docenti che prova a rispondere dal basso alle provocazioni del contesto.
    Fatta questa osservazione a margine, vorrei segnalare che in ben tre regioni, Abruzzo, Sicilia e Sardegna, la traccia chiedeva all’aspirante ds come avrebbe potuto utilizzare i risultati delle prove Invalsi: “L’Invalsi ha di recente restituito alla scuola le schede diagnostiche dei risultati conseguiti dalle classi, raffrontati con i livelli medi rilevati nella regione di appartenenza e sul territorio nazionale…”; “A seguito delle prove Invalsi somministrate agli alunni partecipanti agli esami di stato della scuola secondaria di primo grado, il Dirigente scolastico dell’I.C. “G. Pascoli”, inaspettatamente, apprende che i risultati sia della prova di italiano che di quella di matematica non sono soddisfacenti…”; “il Dirigente scolastico prende atto che il Collegio dei docenti ha evidenziato che alcune classi presentano delle prove Invalsi notevolmente peggiori di quelli registrati dalle altre classi, mentre gli esiti degli scrutini sono nella norma della generalità della scuola…”.
    Si tratta di un segnale importante, nel momento in cui l’Europa stessa vede nelle rilevazioni standardizzate uno dei possibili strumenti per tenere sotto controllo l’offerta formativa e l’incremento del capitale umano necessario alla ripresa, benché non sia ancora chiaro con quali modalità. Fra le 39 richieste di chiarimento di Olli Rehn al nostro governo, all’interno del capitolo “condizioni favorevoli alla crescita – incremento del capitale umano” figura, insieme alle richieste di incentivi per gli insegnanti, la seguente richiesta (al numero 13): “Quali sono le caratteristiche dei programmi di ristrutturazione per le scuole che hanno risultati insoddisfacenti nelle prove Invalsi?”: come dire che quello dell’Invalsi non è che il termometro diagnostico di problemi che vanno comunque affrontati, in una qualche giusta sede.
    Senza cadere nell’illusione che si possa automaticamente tradurre i risultati in provvedimenti, certamente il primo passo è che le scuole prendano molto sul serio i dati loro inviati: da qui la sensibilizzazione dei futuri dirigenti. In questi giorni le scuole stanno ricevendo i dati riservati sui risultati delle loro classi, in forma disaggregata fino alle percentuali di risposta domanda per domanda. Le più attente fra le scuole ci stanno lavorando già da qualche anno. Più di 200 persone della sola Lombardia, fra referenti per la valutazione, dirigenti e insegnanti interessati, hanno seguito un ciclo di quattro incontri svoltosi nei mesi di ottobre e novembre presso l’Ansas Lombardia, coordinato da chi scrive. Abbiamo assistito alla “solita” parabola, solita per chi ha svolto analoghe operazioni in altre parti d’Italia: i partecipanti passano (condizioni di ingresso) dal giudizio negativo, non di rado per scarse conoscenze se non per partito preso, allo stupore per la qualità e la quantità dei dati, all’intuizione della opportunità di riflettere criticamente e con profitto non solo sui dati ma sul fare scuola, fino al capovolgimento dei giudizi con cui sono entrati, e a volte dei giudizi sugli stessi alunni. Quanti ragazzi che “vanno bene” alle prove Invalsi vanno male a scuola (e viceversa)? Ah, se i “diligenti” ragionassero di più, e i “divergenti” studiassero!
    Nel questionario di commento sul ciclo di incontri emergono anche molte preoccupazioni: chi svolgerà, e con quali competenze specifiche, l’analisi dei dati? Quali sono le informazioni essenziali e significative in una tale mole di materiale (rapporti, indici di difficoltà delle domande, curva dei livelli di apprendimento, ...)? Quanti anni occorrono perché le pratiche didattiche, a volte ancorate a routine decennali, possano trarre impulso da queste ricerche? E come combattere contro l’influsso determinante dei contesti socioculturali, magari in zone dove la corruzione e l’evasione fiscale dominano? Allo stupore si accompagna lo sgomento. I partecipanti a questo ciclo di seminari mostrano che ci sono scuole volenterose e interessate, che vanno aiutate a trarre un beneficio reale da tutta l’operazione che, se ha ricadute importanti sul sistema, può averne anche all’interno delle scuole, purché non siano lasciate a se stesse. Il momento in cui i dati vengono scaricati è solo il primo atto di un processo comunque impegnativo.
    Forse qualcosa è cambiato, in questi anni, rispetto ai risultati delle prove standardizzate: lo dimostrerebbe l’attenzione recentemente riservata al Rapporto della Fondazione Agnelli, e l’accesa discussione ospitata da queste colonne, che ci auguriamo non si interrompa. Al di là del merito della questione, sul quale non ho competenze per intervenire, guardo con gratitudine al fatto che i risultati delle prove standardizzate siano oggetto di discussione scientifica nel merito, come a maggio lo fu la qualità delle prove Invalsi. Uno dei guai dell’Italia è quando prevale la posizione ideologica, l’appartenenza di corrente, il preconcetto. Si discute, invece che argomentare, se fare le prove o no, se scaricare i dati o no, se lavorarci sopra o no. A volte sono i giornali che dettano la linea, e non l’interesse delle scuole. Invece è necessario argomentare nel merito, sui metodi, sui vantaggi, sulle ragioni, ed anche sui limiti e sul modo di superarli.
    Intanto, una notizia che certo sfugge ai più riguarda il progetto “Scuola in chiaro” di cui si è parlato anche su queste pagine. Durante un convegno al Cnr (fonte: Tecnica della scuola) il ministro, oltre ad annunciare l’istituzione della scheda contenente le caratteristiche della offerta formativa delle scuole (con informazioni “anagrafiche” per esempio sulle dotazioni di risorse interne), avrebbe detto che i circa 10 mila istituti saranno “sensibilizzati” a rendere pubblico anche il loro Piano dell'offerta formativa, “possibilmente corredato con i dati sugli esiti degli esami, delle prove”, sulle assenze, sulla dispersione, naturalmente lasciando “alle scuole, nella loro autonomia, l'inserimento di tutti quei dati relativi ai risultati delle valutazioni degli apprendimenti” ottenuti “tramite prove strutturate e standardizzate, che consentano confronti tra i risultati”.
    Da notare l’idea che ogni scuola si possa servire dei dati forniti da Invalsi per una prima informazione agli utenti. Si è detto come questo passaggio non sia affatto scontato e richieda un lavoro di interpretazione dei dati, ma certamente invitare le scuole a farlo è un suggerimento che supererebbe la mera “anagrafe” nella direzione proprio dell’accountability anglosassone. Certamente meno impegnativa sarebbe la pubblicazione almeno degli esiti finali in termini di promossi, promossi con debito ecc. nel corso degli anni, come pure che le scuole si informassero se gli alunni, a un anno o due di distanza dall’uscita dall’istituto, sono in corso con gli esami universitari, per le superiori, oppure si collocano positivamente rispetto al segmento di studi successivo, per il I grado.
    Sono alcuni elementi già suggeriti da Pier Cesare Rivoltella, che paiono più realistici rispetto a una “valutazione degli insegnanti”, la cui attuazione tecnica è allo stato attuale degli studi ancora in fase del tutto sperimentale, ed è causa non ultima della deleteria diffidenza verso le prove dell’Invalsi.
    Per quanto riguarda gli insegnanti, invece, nel corso del medesimo convegno del Cnr sono stati presentati i risultati della sperimentazione sulla valutazione dei docenti, svolta lo scorso anno fra molte contestazioni in 33 istituti di Piemonte, Lombardia e Campania, con non poca fatica per reperire “candidati”. Il metodo pare meno adeguato di quanto non si fosse sperato, anche se la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo e Treellle, che hanno svolto l’indagine, sottolineano che “nella maggioranza delle scuole coloro che non rilevano errori nella lista dei premiati sono stati più numerosi di chi invece ha rilevato errori”. È comunque un segnale della necessità di superare l’autoreferenzialità, pur fra le grandi criticità che sono emerse in questo esperimento.
    Altri elementi più condivisibili potrebbero provenire dall’altra sperimentazione Gelmini, quella sulla valutazione degli istituti scolastici, il VSQ in corso di svolgimento in quattro province (Siracusa, Arezzo, Pavia, Mantova), che potrebbe produrre indicatori esportabili per la lettura dall’interno delle diverse situazioni. Tutti elementi che, insieme alla creazione di uno spazio informativo per genitori e studenti sollecitato dal Miur, all’interesse della Fondazione Agnelli per la forbice creata nella scuola media, e fin da alcuni temi dati ai candidati alla dirigenza scolastica, indicano che i tempi non sono più quelli in cui un circoscritto numero di scuole boicottava la prova di seconda superiore ritenendola politicamente scorretta. Anche questo fa parte del “rigore” necessario per far fronte alla sfida presente.


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    Test Invalsi, entra il "valore aggiunto" risultati al netto dei "vantaggi sociali"


    Il ministero dell'Educazione presenta il sistema VALeS: analisi della qualità dell'insegnamento anche considerando il contesto socio-economico e il background familiare. "Evitiamo che le scuole si avvantaggino o vengano penalizzate da fattori esterni al loro controllo". Uno studio di questo tipo è già stato condotto in Veneto: ribaltata la graduatoria tra istituti tecnici e liceidi
    Quando i professori italiani scopriranno il vero significato del "valore aggiunto" del sistema VALeS verranno percorsi da un brivido lungo la schiena. Perché, anche se il tutto rimarrà chiuso tra le pareti scolastiche, sarà possibile individuare i prof "più bravi" e quelli "meno bravi". Ieri, il ministro dell'Istruzione, Francesco Profum0, ha presentato ufficialmente il sistema di valutazione VALeS, rivolto alle scuole medie e superiori e ai relativi dirigenti scolastici. "Con il progetto sperimentale VALeS - spiega il sito del ministero - si offre alle istituzioni scolastiche e ai dirigenti scolastici del primo e del secondo ciclo l'opportunità di partecipare alla definizione di un processo che lega la valutazione ad un percorso di miglioramento continuo".
    Delle novità relative alla valutazione dei dirigenti scolastici Repubblica ha già riferito in anteprima. Ma una novità di rilievo è contenuta anche nel percorso che porterà alla valutazione delle singole scuole: per il momento su base volontaria, ma che successivamente potrebbe diventare obbligatoria. In ogni caso, l'Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) sarà in grado di individuare i docenti "più attrezzati" e i "fannulloni": quelli che non riescono a far fare il salto di qualità ai propri alunni. Almeno, secondo il sistema messo in piedi dall'Invalsi per la valutazione
    delle prime e terze classi della scuola media e per la seconda classe delle superiori. Vediamo come.
    E' lo stesso ministero a spiegare in che modo si orienterà. "Ai risultati degli apprendimenti misurati con il calcolo del valore aggiunto contestuale a cura dell'Invalsi, si sono affiancate le analisi approfondite dei nuclei di valutatori esterni che hanno osservato la scuola da molteplici prospettive". In altre parole, gli apprendimenti misurati attraverso i test Invalsi non verranno più valutati in modo "grezzo". Se una scuola ha infatti la fortuna di avere un'utenza dalle condizioni socio-economiche più favorevoli è ovvio che i suoi alunni avranno performance migliori. Ma, allora, come si fa a valutare gli alunni in modo oggettivo?
    Quella del Valore aggiunto, spiegano da viale Trastevere, "è una misura di quanto ciascuna scuola aggiunge al livello degli apprendimento conseguito dai propri allievi - spiega il ministero - tenendo conto della preparazione pregressa degli studenti in entrata e delle loro caratteristiche (come il background socio-economico-culturale)". Inoltre, "il valore aggiunto è calcolato tenendo conto degli effetti (positivi o negativi) del contesto in cui opera la scuola". "I modelli di valore aggiunto consentono di confrontare le scuole a parità di condizioni (...) evitando che queste si avvantaggino - o siano penalizzate - da quanto non è sotto il loro diretto controllo".
    Ma quello che il ministero non dice è che le scuole, alla fine del percorso valutativo, potranno scaricare dal cervellone dell'Invalsi le performance delle singole classi. In questo modo, a prescindere dai voti e dalla promozione, il preside potrà valutare il lavoro dei propri insegnanti, o meglio dei singoli consigli di classe. Ad onor del vero, in ogni singola istituzione scolastica, attraverso il passaparola dei genitori, si sa quali sono i prof più bravi e la corsa è proprio ad iscrivere i figli nelle sezioni dove insegnano gli insegnanti "migliori". Ma con la valutazione dell'Invalsi attraverso il metodo del "valore aggiunto" ci sarà l'imprimatur dei numeri.
    Il meccanismo è semplice. Gli alunni della prima media vengono sottoposti ai test Invalsi di Italiano e Matematica. I loro risultati vengono quindi "depurati" dei cosiddetti fattori "individuali" (genere, origine immigrata, condizioni socio-economiche-culturali, posticipatario), di quelli "strutturali" relativi alla scuola e dei fattori di "contesto territoriali". Quando in terza ripeteranno le prove, il risultato confrontato con quello della prima classe fornirà quanto la scuola avrà influito sulla preparazione degli alunni e, per le singole classi, quanto il singolo consiglio di classe avrà influito nella crescita culturale degli alunni. Stesso discorso per la scuola superiore, confrontando i dati dei test di terza media, quelli della seconda e quelli della quinta classe, non ancora partiti.
    Al tal proposito, una sperimentazione in tal senso è già stata condotta in Veneto quattro anni fa, confrontanto le diverse scuole. Ma si può fare anche con le singole classi. Gli studiosi dell'Ansas (l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica) del Veneto, sulla base dei test Ocse-Pisa del 2006 di Scienze, ha stilato la graduatoria "grezza" delle 45 scuole superiori del Veneto in cui ai primi posti si posizionano 5 licei e agli ultimi posti gli istituti tecnici e professionali. Ma non appena i punteggi vengono depurati del valore aggiunto la classifica si ribalta: nelle prime cinque posizioni si piazzano altrettanti istituti tecnici, seguiti da un professionale. Lo studio è stato realizzato da Angela Martini, in collaborazione con Roberto Ricci ora a capo dell'Invalsi.




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    L’Invalsi è “potenziato” ma deve arrangiarsi


    Cambiano le regole che definiscono il funzionamento dell'Invalsi. Le nuove disposizioni sono contenute nell'art. 51 del decreto legge n. 5
    Il nuovo testo del Decreto legge in materia di semplificazione e sviluppo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9-2-2012, cambia anche la norma sull’Invalsi. L’articolo ha ora il numero 51, si intitola come prima “Potenziamento del Sistema nazionale di valutazione”, e stabilisce che all’Invalsi è affidato il “coordinamento funzionale” del Sistema. A tale fine si avvale dell'Agenzia per la diffusione di tecnologie per l'innovazione. Però la revisione del Mef anche qui ha lasciato il segno: “Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. La frase è ripetuta ossessivamente in tutti i quattro articoli che riguardano le “Disposizioni per l'istruzione”. Qualche spiraglio si apre circa la “Modernizzazione del patrimonio immobiliare scolastico” perché si punta a “sviluppare utili sinergie” coinvolgendo soggetti pubblici e soprattutto privati. Per l’Invalsi sparisce inoltre la possibilità scritta espressamente di avvalersi “anche della prestazione professionale di esperti di comprovata e specifica esperienza” come prevedeva la versione precedente, pur con la precisazione di rimanere “nei limiti delle risorse finanziarie attribuite all’Istituto medesimo”. Resta invece il contestato comma in base al quale “le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d'istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti”, già oggetto di forti critiche sindacali. Vedremo cosa uscirà dopo l’esame del Parlamento.


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    Pisa in Focus: opuscoli Ocse di orientamento alle politiche educative

    Sono disponibili in un’apposita area del sito dell’Invalsi denominata “PISA in Focus” una serie di opuscoli di orientamento alle politiche educative che l’Ocse pubblica mensilmente in lingua inglese.
    L’ultimo fascicolo di gennaio 2012 cerca di rispondere ad una domanda: i ragazzi e le ragazze sono pronti all’era digitale? In media, le ragazze superano numericamente i ragazzi nella lettura digitale, ma i ragazzi tendono ad avere maggiori abilità di navigazione digitale e quindi un punteggio più alto nella lettura digitale. In generale, gli studenti che hanno buone capacità di lettura su carta, le hanno anche su schermo. Dall’indagine PISA 2009 è emerso che alcuni paesi sono stati molto più efficaci di altri nell’aiutare gli studenti a partecipare appieno all'era digitale. Per esempio, oltre il 17% degli studenti in Australia, Corea e Nuova Zelanda sono top performer nella lettura digitale, mentre meno del 3% degli studenti in Austria, Cile e Polonia raggiunge tale livello di prestazioni.
    Segnaliamo anche l’opuscolo di dicembre 2011 “Che cosa possono fare i genitori per contribuire alla riuscita scolastica dei figli?”, che, sempre sulla base dei dati PISA 2009, evidenzia l’importanza del coinvolgimento dei genitori nell’istruzione dei figli, perché il sostegno della famiglia è fondamentale per il successo scolastico di bambini e ragazzi. Infatti, anche quando si mettono a confronto studenti con un background socio-economico simile, emerge che quelli con i quali i genitori leggevano regolarmente libri quando erano al primo anno di scuola primaria ottengono, in media, 14 punti in più degli studenti i cui genitori non avevano tale abitudine. I risultati di PISA mostrano inoltre una stretta correlazione fra alcune delle attività che genitori e figli svolgono insieme, quando i figli hanno 15 anni, e la performance degli studenti in PISA. Ad esempio, gli studenti con i quali i genitori discutono di politica o di temi d'attualità ogni giorno o ogni settimana ottengono, in media, 28 punti in più di quelli con i quali i genitori discutono di tali argomenti con minore frequenza o per niente. Il vantaggio maggiore si ha in Italia – 42 punti – e il minore a Macao-Cina (una delle economie partner) – 14 punti.
    Se si considera anche il background socio-economico, il vantaggio nel punteggio diminuisce, ma resta importante – 16 punti – e si osserva in tutti i paesi e le economie partecipanti.
    I risultati PISA mostrano anche che altre attività che genitori e figli svolgono insieme, quali “discutere di libri, di film o di programmi televisivi”, “discutere di come vanno a scuola i fi gli” “cenare insieme seduti a tavola” e “passare il tempo a parlare insieme”, sono associate a una migliore performance degli studenti in lettura.


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    Prove Invalsi obbligatorie? No dei Cobas

    Bernocchi: "Nessuna discontinuità fra Fioroni, Gelmini e Profum0. Noi contestiamo alla radice i meccanismi di valutazione di scuole, docenti e studenti". Secondo i Cobas il decreto semplificazioni propone norme incostituzionali e lesive delle prerogative contrattuali.
    Negli ultimi anni i sindacati di base si sono contraddistinti per la loro ferma contrarietà alla rilevazione degli apprendimenti condotta nelle scuole dall'Invalsi.
    Le ultime novità normative potrebbero però cambiare lo scenario. Ne parliamo con Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas.

    Domanda
    L’articolo 51 del decreto semplificazioni prevede che la somministrazione delle prove Invalsi debba essere considerata come “attività ordinaria” per le istituzioni scolastiche. Cosa ne pensano i Cobas?

    Bernocchi
    Fin dallo sciagurato rilancio dell'Invalsi da parte di Fioroni, il MIUR e tanti presidi cercano di imporre illegalmente a scuole, studenti e docenti l'obbligatorietà dei quiz. L'anno scorso il "must" in materia era un articoletto, peraltro falsificato, di Laura Paolucci, dell'Avvocatura di Stato che tanti capi di istituto sbandieravano per dimostrare tale obbligo. Dopo la sentenza della magistratura che, su un nostro ricorso, confermava la non obbligatorietà, il MIUR fu costretto a tirare le orecchie ai presidi che non avevano convocato i Collegi docenti per deliberare sull'Invalsi e che pretendevano di imporli a tutti. Questa frasetta, infilata in un decreto che niente a che fare ha con il tema, ha la stessa irrilevanza dei pareri "alla Paolucci". Anche le gite scolastiche sono "attività ordinaria". Ma i collegi docenti devono stabilire se è il caso di farle e come, e non possono obbligare nessun docente o Ata a parteciparvi. Lo stesso vale per i quiz. Nè il MIUR nè i presidi possono rendere legge l'obbligatorietà dei quiz, che si scontra sia con il contratto per gli obblighi di lavoro, sia - e soprattutto - con la Costituzione: art.117 sull'autonomia delle istituzioni scolastiche e art. 33 sulla libertà di insegnamento, in base ai quali gli Organi collegiali e i singoli docenti hanno libertà di decisione su qualsiasi "attività ordinaria", compresa la valutazione sull'apprendimento degli studenti. I quiz restano non obbligatori per docenti e studenti.

    A questo punto quali “contromisure” pensate di attivare?

    Bernocchi
    Ovviamente al MIUR sanno benissimo come stanno le cose e pensano con quella frasetta (l'hanno fatta inserire apposta a Monti) di ingannare docenti e studenti. Dunque, innanzitutto continueremo nella nostra campagna per fare circolare il più possibile l'informazione nelle scuole, come abbiamo fatto in questi giorni raccogliendo (molto positivamente) le liste RSU. Purtroppo il MIUR e i sindacati monopolisti ci negano il diritto di libera assemblea e limitano l'opera di chiarificazione. Ma l'epicentro dello scontro tra i difensori della scuola pubblica e i sostenitori della scuola-miseria e della scuola-quiz ci sarà tra l'8 e l'11 maggio quando il Ministero e molti presidi cercheranno di imporre i quiz agli istituti, ai docenti e agli studenti. Stiamo discutendo con varie organizzazioni studentesche e di genitori come organizzare il più ampio boicottaggio dei quiz e le forme di esso, compresa la possibilità di uno sciopero per i primi due giorni dei quiz (l'8 i quiz riguarderanno le superiori, il 9 una parte delle elementari).

    Ormai in Europa la valutazione di sistema è un fatto assodato e scontato. E voi pensate davvero di continuare ad opporvi alla valutazione di scuole, docenti e studenti?

    Bernocchi
    Assolutamente sì. La valutazione non è per nulla "fatto assodato e scontato". La pubblicistica USA (gli inventori dei quiz per la carriera militare, lavorativa e scolastica) è piena di testi che negli ultimi anni hanno stroncato la valutazione quizzarola. Un bravo docente è uno che:
    1) sa la sua materia e la sa mettere in relazione con un sapere più ampio, oltre che con la realtà sociale esterna;
    2) la sa trasmettere efficacemente, raccogliendo anche gli spunti che vengono dagli studenti;
    3) sa comunicare, motivare e calamitare l'attenzione della classe;
    4) è capace di gestire il gruppo-classe, e non solo o soprattutto sul piano disciplinare;
    5) ha empatia verso i suoi studenti, è davvero interessato a che migliorino non solo le propria conoscenze ma anche le relazioni reciproche e le doti di solidarietà e collaborazione essenziali per una società migliore. Nessun quiz o esame orale e scritto sarà mai in grado di valutare tutte queste doti.
    L'unico modo per farlo è partecipare ad un intero ciclo di lezioni e vedere gli effetti sulla classe. Ogni altra pretesa valutazione è truffaldina ed ha altri scopi. Nello specifico, la scuola-quiz impone una istruzione-miseria, impoverita materialmente (i micidiali tagli bipartisan dell'ultimo ventennio: allora su 100 lire che lo stato spendeva circa 13 andavano all'istruzione, oggi su 100 euro ne vanno meno di 9) e culturalmente, ridotta a infarinatura culturale e disciplinamento di futuri precari senza pretese e disposti ad accettare ogni imposizione padronale; mentre il destino degli insegnanti sarebbe quello standardizzato di "fornitori di servizi educativi", anch'essi dequalificati e disponibili per ogni servizio.


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    Esame di Stato II ciclo: disponibili due rapporti Invalsi

    L’Invalsi ha pubblicati due rapporti riferiti agli esami di Stato del II ciclo
    L’Invalsi ha pubblicati due rapporti riferiti agli esami di Stato del II ciclo: il primo si riferisce alle prove di Italiano svolte nell’a.s. 2009/2010 e riguarda la rilevazione degli errori più diffusi nella padronanza della lingua italiana. Il secondo rapporto si basa, invece, sulle prove scritte di Italiano e matematica dell’esame del medesimo anno scolastico ed individua gli elementi dalla prova di matematica per l’analisi delle competenze linguistiche.
    Dalla lettura dei risultati è emerso, in particolare, che gli studenti hanno dimostrato particolari carenze soprattutto nell’utilizzo dei segni di interpunzione: solo uno studente su cinque è in grado di scrivere un testo in cui non ci sia nemmeno un errore di punteggiatura. Nell'”Uso consapevole della punteggiatura in relazione al tipo di testo”, la percentuale di errori sfiora addirittura l'80%. Non va meglio per l’uso di apostrofo e accento: nei due casi la percentuale di errore si aggira intorno al 20%.
    Altra area di “sofferenza” è la competenza ideativa: carenti appaiono soprattutto i descrittori IV.3 (“Presenza di affermazioni a vario titolo imprecise, che tradiscono una preparazione lacunosa o affrettata ovvero indulgente supinamente ai luoghi comuni”) e IV.4: “Presenza di affermazioni estemporanee o non meditate, che rivelano scarso approfondimento di un argomento e talvolta scarsa disciplina mentale”. In entrambi i casi la quota di errori supera l'80%.


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    Invalsi: valutare il sistema e non alunni e docenti



    Confermata la necessità di un sistema nazionale di valutazione, ma siccome di valutazione di sistema si tratta e non di valutazione degli alunni nè dei docenti, tale rilevazione può utilmente esser fatta su un campione statistico tramite rilevatori esterni
    La Flc-Cgil fa sapere che è stato accolto dal Governo un odg sull'art. 51 del decreto semplificazioni che cambierebbe tutto relativamente alle prove Invalsi su cui la polemica non cessa mai di stupire.
    L'art. 51 decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo (A.S. 3194), recita: "Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti", ma violando, secondo il sindacato, le norme contrattuali che impongono remunerazione adeguata per ulteriori carichi di lavoro aggiuntive per il personale della scuola.
    Per emendare tale articolo sono state raccolte delle firme il cui testo, grazie pure alla mobilitazione di tanti docenti, è stato trasformato in “Ordine del giorno” che, ottenuto il parere favorevole della commissione affari costituzionali, è stato accolto dal Governo che si impegna “affinché, ai fini di un adeguato potenziamento del sistema nazionale di valutazione delle istituzioni scolastiche, siano assicurati adeguati criteri, tra cui la previa individuazione con metodo statistico del campione su cui effettuare le rilevazioni, nonché la somministrazione delle prove mediante rilevatori esterni adeguatamente formati e la diffusione dei risultati alle istituzioni scolastiche coinvolte".
    Ora si tratta, aggiunge la Flc, di dar seguito concreto ed operativo all'odg. E' necessario perciò che il MIUR assuma l'ordine del giorno e ne tragga le immediate conseguenze.La FLC CGIL chiederà, in occasione del tavolo tecnico sulla valutazione che si aprirà il 12 aprile prossimo, che venga attuato il contenuto dell’impegno preso dal governo con l’odg e che si affronti il tema della valutazione di sistema, senza forzature ideologiche.
    Inoltre a quel tavolo proporremo di affrontare con urgenza la questione della prova nazionale d'esame conclusivo del primo ciclo che costituisce una vera anomalia tanto più alla luce di questi ultimi sviluppi.


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    Prove Invalsi: altro rinvio. Non più il 15 ma a data da destnarsi


    Spostate dal 7 al 15 maggio, le prove Invalsi slittano ancora a data da destinarsi (forse il 16).
    L’Invalsi si è accorto, purtroppo in ritardo, che proprio il 15 maggio in Sicilia si festeggia lo Statuto autonomistico per cui le scuole sono chiuse in tutta la regione, come da noi tempestivamente segnalato.
    Spostate già dal 7 al 15 maggio, le somministrazioni delle prove di italiano e matematica nella secondaria di secondo grado saranno dunque ulteriormente traslate a data da destinarsi (forse il 16 maggio).
    L’Invalsi, nel comunicare lo spostamento delle prove, dice pure che provvederà a comunicare tempestivamente la nuova data.
    In ogni caso tutto fa pensare che l’istituto si stia orientando per il 16 maggio e farebbe bene, a nostro avviso, a non andare oltre perché già nelle scuole da metà maggio in poi fervono le operazioni più delicate di fine anno.


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    Prove Invalsi scuole superiori: 16 maggio


    Determinata finalmente la data, dopo lo spostamento al 15 maggio
    Per via delle elezioni amministrative che vedranno molte scuole impegnate con i seggi elettorali, le prove Invalsi per le scuole secondarie di II grado sono state rinviate dalla data inizialmente prevista (8 maggio) al 15 maggio 2012. Ma anche questa data ha creato qualche problema, perché nella regione Sicilia le scuole sono chiuse per via della Festa dell’Autonomia siciliana.
    E così l’Invalsi si è visto costretto a spostare ulteriormente la data e, dopo una ricognizione svolta presso tutti gli uffici scolastici regionali, ha deciso che le proveper tutto il territorio nazionale e per tutte le scuole secondarie di secondo grado (classi II) si svolgeranno il 16 maggio 2012.
    Per comprovati motivi è comunque possibile per le singole istituzioni scolastiche richiedere un rinvio, presentando apposita richiesta entro e non oltre le ore 12.00 del 12 aprile 2012 ed esclusivamente via fax al numero 0694185228.
    Resta, invece, invariata la modalità di inoltro di qualunque altra comunicazione, che potrà essere effettuata solo attraverso il modulo domande e risposte (http://www.invalsi.it/snv2012/accesso_scuole/index.php).

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    Prove Invalsi per allievi con bisogni educativi speciali


    Come gli anni passati, anche quest’anno l’Invalsi ha pubblicato un’apposita nota riguardante lo svolgimento delle prove Snv 2012 per gli allievi con bisogni educativi speciali.
    La nota si riferisce solo ed esclusivamente alle prove del Snv (classe II e V scuola primaria, classe I scuola secondaria primo grado, classe II scuola secondaria secondo grado), mentre per la Prova nazionale prevista nell’ambito dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione è necessario fare riferimento alla normativa attualmente vigente.
    Considerato che le esigenze degli allievi con particolari bisogni educativi sono molteplici e difficilmente individuabili a priori in modo completo e esaustivo, l’Invalsi demanda al dirigente scolastico - che è a conoscenza della situazione dei propri studenti - la valutazione del singolo caso. Ed è pertanto lo stesso dirigente che potrà decidere quali misure adottare per consentire da un lato il regolare svolgimento delle prove per tutti gli studenti e, dall’altro, di tener conto delle necessità di ogni allievo con bisogni educativi speciali.
    Ogni tipo di disabilità o Dsa deve essere segnalato sulla scheda-risposta dei singoli studenti, barrando l’opzione più appropriata:

    1 = disabilità intellettiva;
    2 = disabilità visiva: ipovedente;
    3 = disabilità visiva: non vedente;
    4 = Dsa;
    5 = altro.

    In questo modo, i risultati degli alunni con bisogni educativi speciali saranno considerati separatamente dagli altri e non rientreranno nella elaborazione statistica dei risultati di tutti gli altri alunni.
    Tali studenti sono, invece, dispensati dalla compilazione del Questionario studente, ove previsto (classe V primaria, I secondaria di primo grado e II secondaria di secondo grado).


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