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Discussione: Test Invalsi due volte all'anno

  1. #31
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    Test Invalsi, si allarga il fronte dei no


    Parte dei sindacati, studenti, docenti e genitori rifiutano le verifiche. Per i Cobas il 20% dei prof è contrario. Uds: in un liceo artistico di Roma le prove lasciate in bianco e la preside sospende decine di studenti. Il Miur minimizza. Lo sciopero Unicobas del 13 potrebbe creare tensioni: rifiutata la richiesta della questura di non manifestare su viale Trastevere.
    Sindacati di base, associazioni degli studenti, insegnanti ed anche genitori: si allarga, giorno dopo giorno, il fronte dei no ai test Invalsi, che nelle intenzioni del Miur dovrebbero avvicinare la scuola italiana a quella internazionale, iniziati il 10 maggio con la novità delle seconde classi delle scuole superiori, ripresi il 12, con le prime classi delle medie, e che si chiuderanno venerdì 13 maggio con le seconde e quinte della primaria.
    Per i Cobas, che hanno boicottato in tutti i modi le prove standardizzate, almeno il 20% degli insegnanti non avrebbe collaborato allo svolgimento dei test. “A tanti docenti – hanno spiegato i Cobas - è stato impedito fisicamente di entrare nelle proprie classi (come alla nostra responsabile di Trieste, Daniela Antoni, il cui preside si è piazzato sulla porta impedendole l’accesso e provocandole un collasso); altri sono stati incredibilmente sostituiti da bidelli ed addetti di segreteria come in alcune scuole di Torino”. Su internet sono apparsi, inoltre, diversi interventi di genitori indignati per il metodo unilaterale, privo di riscontri collegiali scolastici, con cui sono state imposte le verifiche: per i figli niente prove.
    Per il Miur si tratta, però, di casi marginali e di dati privi di riscontro; tanto che nel primo giorno di somministrazione dei test, alle superiori, "su un campione di 2.300 classi – ha comunicato il Ministero di viale Trastevere - solo 3 non hanno svolto il test Invalsi" e "quindi la percentuale di classi che non hanno eseguito il test è pari allo 0,13%".
    I malumori però ci sono, eccome. "Le prove Invalsi – ha detto Jacopo Lanza, tra i responsabili nazionali dell’Unione degli studenti- sono motivate da un preciso progetto politico che mira ad indebolire la libertà di insegnamento. Il primo effetto disastroso di questo test è già visibile: la corsa al ‘premio’ fra scuole ha scatenato reazioni antidemocratiche, repressive e talvolta letteralmente illegali dei dirigenti scolastici".
    Secondo Lanza, inoltre, "i collegi docenti non sempre hanno avuto la possibilità di esprimersi e gli studenti sono stati schiacciati dall'opacità di norme non chiare (il ministero non ha la facoltà di imporre direttamente il test)", per colpa di "dirigenti che spesso dimenticano che il rispetto per l'altro è un dovere che nella scuola si basa sulla reciprocità e non sull'autorità".
    Il rappresentante Uds si sofferma su quanto sarebbe accaduto nel Liceo artistico – istituto d'Arte Roma 2 di Roma, una delle città dove c’è più fermento per la somministrazione delle prove, dove "più di quaranta studenti hanno lasciato il test Invalsi in bianco. La protesta – ha detto Lanza - è stata spontanea ed è partita nel momento in cui gli alunni si sono accorti che il quiz non era anonimo, come era stato loro detto, ma veniva ricondotto a un identificativo; inoltre venivano richieste informazioni personali sulle quali i ragazzi, tutti minorenni, non si sarebbero potuti esprimere trattandosi di dati coperti da privacy".
    Il rappresentante Uds ha quindi riferito che la Preside della scuola superiore romana si sarebbe anche "rifiutata più volte nella giornata di ascoltare le domande di chiarimento e confronto dei ragazzi e ha sospeso decine di studenti da un giorno all'altro per tre giorni. Quanto accaduto – commenta Lanza - è di una gravità sconcertante in quanto viola l'art. 4 comma 6 della legge 249/1998, poiché la sanzione disciplinare sarebbe dovuta partire dal Consiglio di Classe e non dalla presidenza".
    Intanto la vigilia della manifestazione dello sciopero per l’intera giornata dell’Unicobas del 13 maggio è stata contrassegnata dalle polemiche: la questura romana ha comunicato al sindacato che per evitare ripercussioni al traffico cittadino la mobilitazione del personale scolastico si dovrà svolgere non su viale Trastevere, come richiesto dal sindacato da febbraio, ma in largo Bernardino da Feltre, sul lato opposto della strada. Per Stefano d'Errico, segretario nazionale Unicobas, si tratta di "un sito ben poco visibile" e si trascura che da decenni gli organizzatori delle manifestazioni stipulano con le forze dell'ordine un "impegno scritto a rimanere su scalini e marciapiedi, non ostacolando il traffico".
    Secondo il sindacalista sarà proprio la scelta di spostare la manifestazione a mettere "a rischio l'ordine pubblico, dal momento che non è concepibile che a fronte di una richiesta prodotta il 22 febbraio" si ponga "il divieto solo il giorno prima della manifestazione, mettendo a rischio l'incolumità dei tanti cittadini e lavoratori che manifesteranno rispondendo ad una chiamata di piazza affissa da giorni nelle strade di Roma con appuntamento sotto il ministero". Il leader dell'Unicobas annuncia, quindi, che i manifestanti "costi quel che costi, manifesteranno ugualmente sotto il Miur".


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  2. #32
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    Prove Invalsi per i disabili: polemiche fuori luogo

    Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le polemiche. Da più parti si è detto che secondo Miur e Invalsi i disabili non avrebbero dovuto partecipare alle prove. In realtà le cose stanno in modo diverso.
    La somministrazione delle prove Invalsi si è conclusa, fra le consuete e inevitabili polemiche, alcune comprensibili altre molto meno.
    Come per esempio quelle relative alla partecipazione alle prove da parte degli alunni disabili.
    In queste ultime settimane le proteste di siti,blog e movimenti di base sino sono moltiplicate.
    Il motivo ? Semplice: il Ministero e l’Invalsi avrebbero disposto che gli alunni con necessità educative speciali (e non solo i disabili, quindi) dovessero essere esclusi dalle prove.
    In realtà le cose stanno in modo ben diverso e basta leggere la documentazione disponibile nel sito dell’Invalsi per rendersene conto di persona.
    Le istruzioni fornite dall’Istituto sono chiare: “La decisione di far partecipare o meno (e se sì con quali modalità) gli alunni con certificazione di disabilità intellettiva (o di altra disabilità grave), seguiti da un insegnante di sostegno, alle prove INVALSI è rimessa al giudizio della singola scuola per il tramite del suo Dirigente”.
    “Solo la scuola - si legge ancora nelle istruzioni - può conoscere la specificità di ogni situazione e valutare, quindi, la scelta più opportuna”.
    Sempre secondo le indicazioni dell’Invalsi per gli alunni disabili si potevano adottare due soluzioni diverse: non far partecipare a una o a tutte le prove gli alunni con disabilità intellettiva o altra disabilità grave, impegnandoli nei giorni delle prove in un’altra attività oppure far partecipare a una o a tutte le prove SNV gli allievi con disabilità intellettiva o altra disabilità grave insieme agli altri studenti della classe (“purché sia possibile - precisa l’Invalsi - assicurare che ciò non modifichi in alcun modo le condizioni di somministrazione”)
    Insomma l’esclusione degli alunni disabili o la loro partecipazione alle prove viene demandata del tutto alle decisioni autonome delle scuole.
    Non si capisce davvero perché si debbano diffondere notizie scorrette e soprattutto non è chiaro perché si debba nascondere la possibilità, riconosciuta dallo stesso Invalsi, che le scuole possano decidere autonomamente. Il fatto è che l’autonomia comporta anche l’assunzione di responsabilità e questo, forse, preoccupa un po’.


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  3. #33
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    Rivoluzioniamo i test della discordia

    Ai sensi dell’art.17 del D.leg. 213/09 l’Invalsi ha tra i suoi compiti: la promozione di periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti, il supporto alle scuole per la valutazione dei risultati, lo studio di modelli e metodologie per la valutazione delle istituzioni scolastiche e dei fattori che influenzano gli apprendimenti. Le prove nazionali perciò, se intese come verifiche per correggere le disfunzioni del sistema e migliorare gli interventi, sono uno strumento fondamentale e necessario. Mase, come pure il punto e prevede, devono servire «a realizzare iniziative di valorizzazione del merito » (un merito non meglio identificato), non ci si può meravigliare se le scuole contestano le prove. È avvenuto infatti un naturale cortocircuito tra la somministrazione dei test, quest’anno introdotti per la prima volta anche nella scuola superiore, e le reiterate dichiarazioni della Gelmini che vuole premiare gli insegnanti sulla base dei risultati di apprendimento dei ragazzi, avvalendosi proprio delle prove Invalsi. Senza considerare inoltre che la correzione dei test è per i docenti coinvolti un lavoro che non si improvvisa e un ulteriore impegno non retribuito. E così in molte scuole è scoppiata la rivolta. Gli studenti si sono rifiutati di rispondere ai test perché non vogliono essere «etichettati» (infatti le prove dovrebbero essere anonime, ma attraverso un codice è possibile risalire all’autore). Gli insegnanti perché pensano che saranno valutati sulla base dei risultati degli studenti. Così come al solito si butta il bambino con l’acqua sporca, mentre di un uso intelligente delle prove ci sarebbe un gran bisogno. Per far questo occorrerebbero però alcune condizioni:

    1) Sapere le finalità dei test. Sarebbe utile sentirsi dire che le prove non servono a stilare graduatorie tra scuole, né a premiare gli insegnanti migliori,ma a ragionare sul funzionamento degli istituti autonomi e del sistema nel complesso.

    2) Conoscere che cosa si voglia monitorare: l’allievo, la classe, l’insegnante, la scuola?

    3) Avere chiarezza di quali siano i livelli di apprendimento, descritti in termini di obiettivi e competenze, al termine dei vari cicli scolastici.

    4) Essere consapevoli che le prove sono solo uno strumento, non il fine della scuola, nessun docente perciò dovrebbe mai pensare di addestrare gli allievi al superamento dei test a danno del tempo finalizzato all’acquisizione di saperi fondamentali. 5) Rendere realmente anonimi i test.

    6). Costruire prove ben strutturate.

    7) Informare gli insegnanti sul significato delle rilevazioni, sui criteri di attribuzione dei punteggi.

    8) Investire in ricerca e costruire alleanza con le scuole.




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  4. #34
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    Predefinito Invalsi Prove di Italiano 2011







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  5. #35
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    Predefinito Prove Invalsi: non c'è obbligo per i docenti

    E' la conclusione a cui si è arrivati in Sardegna dove il direttore regionale decide sul "non luogo a procedere" nei confronti di alcuni insegnanti che si erano rifiutati di somministrare le prove nelle proprie classi.
    Il comportamento mantenuto dai docenti che si sono rifiutati di somministrare le prove Invalsi ai propri alunni “non attiene a profili disciplinari in quanto inserito in un particolare contesto caratterizzato da contrapposizioni sindacali e argomentazioni portate avanti anche a livello giurisdizionale”: lo scrive il direttore regionale della Sardegna a conclusione di una lunga e complessa vicenda che si è trascinata per diversi mesi in un circolo didattico di Nuoro.
    La questione risale ad alcuni mesi addietro e su di essa si era già espresso anche il Tar al quale si erano rivolti i Cobas che avevano impugnato la mancata convocazione del collegio dei docenti nel circolo didattico “Fureddu” di Nuoro.
    A quel punto la dirigente scolastica della scuola aveva convocato il collegio che però aveva deliberato di non aderire alla somministrazione delle prove Invalsi.
    Dopo aver chiesto lumi al direttore regionale la dirigente riconvocava il collegio.
    Nella successiva seduta il collegio confermava la precedente decisione che veniva subito disattesa dalla dirigente scolastica “in virtù - scriveva la dirigente stessa - della delega conferita dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Sardegna”.
    Contemporaneamente la dirigente mediante un apposito ordine di servizio disponeva la somministrazione delle prove e nei confronti di alcuni docenti che si rifiutavano di obbedire apriva un procedimento disciplinare.
    Va anche detto che secondo la dirigente il comportamento dei docenti “disobbedienti” sarebbe stato particolarmente grave tanto che anziché ricorrere ad una sanzione di sua competenza (dall’avvertimento scritto fino alla sospensione dal servizio per non più di 10 giorni, passando anche attraverso la censura) trasmetteva gli atti all’Ufficio scolastico regionale chiedendo una sanzione superiore ai 10 giorni di sospensione.
    Ed è a questo punto che la vicenda si conclude in modo del tutto imprevisto e per certi aspetti contraddittorio: nonostante i “suggerimenti” dati alle scuole e ai dirigenti scolastici fino a pochi giorni fa, il direttore regionale scrive alla dirigente scolastica e chiarisce che il comportamento dei docenti disobbedienti non è perseguibile sul piano disciplinare.
    I Cobas della Sardegna commentano entusiasticamente: “la vicenda dimostra ciò che i Cobas hanno sempre sostenuto: i quiz Invalsi non sono obbligatori”.



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  6. #36
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    Predefinito Il pediatra, orari sbagliati per il test Invalsi

    Troppo presto per la prova di matematica che richiede il ricorso ad operazioni astratte.


    Lunedì c’è l’appuntamento con le prove Invalsi. «Ma, così come sono disegnati, i test per gli alunni di terza media non permettono di scattare una fotografia oggettiva del livello dei ragazzi. Inoltre saranno favorite le piccole “allodole”, quei bambini che vanno a letto presto e si svegliano all’alba senza fatica, rispetto ai gufi, che alla mattina impiegano più tempo per “carburare”». Lo spiega all’Adnkronos Salute il pediatra di Milano Italo Farnetani.
    Secondo l’esperto le prove per l’accertamento dei livelli generali e specifici di apprendimento in italiano e in matematica degli studenti italiani a conclusione del primo ciclo di istruzione dovrebbero essere «più rispettose della cronobiologia e dunque dei ritmi naturali dei ragazzi».
    Infatti «ormai grazie agli studi sappiamo che il momento in cui è più attiva la memoria a breve termine, e dunque è più opportuno programmare i compiti in classe, va dalle 11.00 alle 13.00. Fino alle 10.00, in media, l’alunno si sta ancora svegliando. Ebbene, lunedì i ragazzi si troveranno a iniziare alle 8.30 addirittura con i 75 minuti della prova di matematica, quella che richiede maggiormente il ricorso alle operazioni astratte. Invece - sottolinea - se proprio si vuole iniziare presto, sarebbe meglio farlo con la prova di italiano».
    Insomma, far “scaldare” gli studenti con l’italiano per poi proporre i test di matematica. «Inoltre ormai è ben noto - prosegue Farnetani - che due alunni su tre non fanno una prima colazione sufficiente. E lunedì, complice la paura, sicuramente mangeranno poco. Così si ritroveranno a fare il test senza “carburante” per la mente. E senza neppure poter contare sul rinforzo garantito dallo spuntino di metà mattina».
    Dunque, secondo il pediatra, l’organizzazione delle prove Invalsi «non è su misura per i ragazzi: occorrerebbe ritardare un po’ l’inizio dei test, o invertirli - propone - per consentire agli alunni di dare davvero il massimo».


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  7. #37
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    bè...che aggiungere: non era solo l'orario sbagliato! Le prove non erano calibrate sui programmi che il ministero ci ha imposto (almeno quelle che ho sperimentato con glii alunni: mat classi quinte scuola primaria)
    ciao beva

  8. #38
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    Predefinito Invalsi, studenti soddisfatti non era tanto difficile

    Per alcuni la prova d’italiano è stata più ostica di matematica.
    A fine mattinata arrivano le prime impressioni sul test Invalsi dell'esame di terza media che a detta degli insegnanti è stato meno difficile dell’anno scorso. Gli studenti sembrano soddisfatti seppure con qualche perplessità.
    Entusiasta per essere riuscita a completare la parte dedicata alla matematica, Jaala, alunna dell’istituto “Alberto Sordi” di Roma, confessa di aver avuto più difficoltà con Italiano «C’era un articolo di Piero Ottone sulla pubblicità, mi è piaciuto, ma non sono sicura di aver fatto bene tutto bene» racconta all’uscita di scuola sfatando il luogo comune che vuole la matematica “bestia nera” per gli studenti.
    Come lei anche Lorenzo, che ha frequentato la terza media alla “Giustiniana”, ha inciampato più nell’italiano che in matematica «Sono riuscito a fare tutto in tempo. Era facile - dice - ma alcuni quesiti grammaticali mi sono sembrati difficili».
    Per Giacomo, studente della “Manzoni” «qualche domanda di italiano non si capiva bene. Tutto sommato era facile ma credo di aver sbagliato qualcosa sulle percentuali. La sufficienza la prenderò di sicuro, ma non so se riuscirò ad avere il punteggio che speravo di ottenere».
    «I prof ci hanno detto - riferisce Marco, alunno della stessa scuola - che quest’anno la prova è stata più facile dell’anno scorso. Col brano di Vittorini penso di essermela cavata e le domande di logica erano di media difficoltà».
    Tutti concordi, i ragazzi, invece, nel promuovere l’allungamento dei tempi: quei 15 minuti in più concessi per ciascuna delle due prove, hanno evitato a tutti almeno l’affanno della corsa contro il tempo.
    E per quel che riguarda le valutazione pare sarà impossibile prendere meno di 4. Anche chi ha combinato un disastro può stare “tranquillo”. I tecnici dell'Istituto nazionale di valutazione hanno dato istruzione di non attribuire votazioni inferiori al 4. Per prendere il voto minimo, si legge nei documenti inviati ai docenti per la correzione, servono dai 40 punti in giù. Per la sufficienza servono, invece, almeno 55 punti. Per raggiungere il top, il 10, si va dai 92 ai 100.
    Il fascicolo di matematica prevedeva 26 domande classificate in diversi blocchi, in relazione al loro grado di difficoltà: blocco A (massimo 30 punti), blocco B (massimo 15 punti), blocco C (massimo 5 punti). Alla prova di Matematica sono attribuiti al massimo 50 punti. Le domande del blocco C, i più difficile, sono relative alla matematica argomentativa.
    Basta rispondere, comunque, a 2 domande su 4 del blocco più complesso per ottenere i 5 punti in ballo. Per ottenere i 30 punti del blocco A l'alunno deve fornire almeno 14 risposte corrette su 16. Per ottenere i 15 punti del blocco B l'alunno deve fornire almeno 10 risposte corrette su 13.
    Gli studenti non sono in grado di sapere prima a quale blocco appartengono le domande. Anche le domande di italiano erano divise in blocchi.



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  9. #39
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    Dal 2012 test nazionale per la maturità

    Dal prossimo anno la maturità potrebbe avere una nuova prova: un test a risposta multipla di tipo anglosassone simile a quello che l’Invalsi predispone per l’esame di terza media.
    Lo ha ribadito il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, commentando al Tg1 l'esito delle prime due prove della maturità. L’obiettivo è quello di disporre di un “sistema di valutazione omogeneo per tutto il Paese”.
    Il ministro ha ringraziato di nuovo i docenti e il personale della scuola impegnati per il buon andamento dell'esame. “Tutto si è svolto regolarmente - ha detto il ministro - le tracce sono rimaste riservate fino all'ultimo”, cosa “non scontata” nell’era della tecnologia. Quanto alle copiature il ministro non si è mostrata preoccupata, definendole un fenomeno “marginale”.
    Sulle notizie relative all’aumento del numero dei non ammessi all’esame Gelmini ha affermato che “non è mai bello quando un ragazzo viene bocciato”, ma ha difeso la linea del rigore applicata in questi ultimi anni: “una scuola che aiuta tutti non aiuta a crescere”.


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  10. #40
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    Prova nazionale Invalsi, Sì o no?

    La prova nazionale InValSi non deve far parte delle prove d’esame di terza media. E’ questo l’appello della Flc-Cgil per chiedere la modifica del D.P.R. n. 122/2009 nella parte in cui prevede la prova nazionale InValSi come parte integrante dell’esame.
    C’è infatti una vistosa incongruenza determinata dal fatto che una singola prova (tra l’altro parziale poiché svolta solo su due materie su dodici!) possa essere messa sullo stesso piano della valutazione triennale dell’alunno, distorcendo, attraverso il meccanismo delle medie aritmetiche, il processo di valutazione finale. L’appello denuncia proprio quest’aspetto, visto che “un voto di ammissione, che rispecchia una valutazione di tre anni ed un percorso globale, individualizzato e personalizzato, che ha attraversato gli otto anni del ciclo primario, è messo sullo stesso piano di una singola prova scritta o di una prova orale.”
    Si tratta dunque di “una inammissibile distorsione della prassi valutativa, in quanto l’elaborazione di un giudizio che tenga conto dell’insieme delle reali competenze acquisite dallo studente, come richiesto dallo stesso Ministero, non può “basarsi su calcoli di tipo statistico”, a maggior ragione in un esame rivolto a studenti e studentesse al termine del ciclo primario.”
    E che dire del fatto che le modalità e tempi di svolgimento sono assolutamente incongrui con l’età degli esaminandi e li costringono ad una frenetica applicazione mentale, in tempi ristrettissimi, su molteplici livelli, completamente diversi e lontani tra loro?
    D’altronde perché, si chiede la Cgil, la prova nazionale Invalsi deve insistere sempre su lettere e matematica, già valutati in altre singole prove scritte? In tal modo gli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione risultano più impegnativi di qualsiasi altro esame dell’ordinamento scolastico e non rispecchiano tempi e modalità pedagogiche proprie di tutto il ciclo primario.
    Di conseguenza, la prova InValSi non può e non deve far parte delle prove d’esame del primo ciclo.
    Ma mentre si chiede tale eliminazione, fa capolino un altro spauracchio. A quanto pare, dal prossimo anno la prova nazionale Invalsi farà parte addirittura dell’esame di maturità con un test a risposta multipla di tipo anglosassone. Secondo il ministro ciò consentirà un sistema di valutazione omogeneo su tutto il territorio nazionale.
    Insomma sentiremo ancora parlare tanto di queste prove, che piacciano o meno a sindacati, alunni e docenti.


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