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Discussione: Test Invalsi due volte all'anno

  1. #161
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    Con l’Invalsi arriva il Questionario dello Studente


    Il 12 Maggio è alle porte: i ragazzi di seconda superiore saranno chiamati a sostenere le Prove Invalsi per la valutazione delle loro conoscenze scolastiche (strutturate in due parti, una di Italiano e una di Matematica, da completare entrambe nella stessa giornata). Al termine saranno chiamati a compilare il Questionario dello Studente che negli scorsi anni è stato al centro di polemiche perché lo si accusava di ledere la privacy dei ragazzi.
    Una ventina di domande a carattere personale, tramite le quali si chiedono ai ragazzi alcuni dati anagrafici che, comunque, permettono di mantenere l’anonimato, di valutare la propria scuola, le lezioni, i prof e le prove stesse. In più, l’Istituto Invalsi, tramite questo strumento, prova a scavare nelle situazioni sociali, economiche e familiari dei ragazzi, con domande relative al lavoro dei genitori, alle metodologie di studio casalingo, e via dicendo. Lo studente può anche scegliere di lasciarlo in bianco.
    Skuola.net ha chiesto chiarimenti sul tema al presidente dell’Invalsi Annamaria Ajello, che ha spiegato come la privacy sia del tutto rispettata visto che i dati del Questionario dello Studente arrivano all’Invalsi sotto forma di codice e dunque del tutto anonimi.
    «Il questionario – ha chiarito Ajello – permette di integrare gli esiti delle prove con informazioni sull’ambiente di riferimento, contestualizzando gli esiti delle scuole. Così riusciamo anche a vedere come l’azione della scuola incida sui risultati degli studenti nelle diverse realtà: ad esempio esistono casi di scuole in zone problematiche che riscuotono ottimi risultati, e viceversa. In ogni caso si valuta sempre il sistema, e non il singolo individuo, sia esso alunno o professore».
    Ogni anno scolastico il Questionario dello Studente risulta leggermente diverso. «Cambia – ha spiegato Ajello – perché di anno in anno ci sono nuovi elementi che identificano il contesto sociale. In più ogni volta ripensiamo gli strumenti anche in base agli esiti, per migliorare in chiarezza o in efficacia. Ogni anno Invalsi impara qualcosa».
    Skuola.net ha visionato il Questionario dello Studente 2015. Diverse domande – riferisce – riguardano l’approccio allo studio. Si chiede quale significato abbia lo studio e quali obiettivi si pongono per la propria formazione: ad esempio quale sia il titolo di studio ambito. Oppure, se si ama o si detesta la matematica o l’italiano. Invalsi chiede anche quale sia l’importanza di frequentare la scuola e le abitudini riguardo al metodo di studio. E infine, anche se si ha la tentazione di abbandonare gli studi.
    Un altro punto «indagato» è il rapporto con la classe e la vita a scuola. Non solo si chiede se la classe è produttiva e l’ambiente positivo, ma anche se sono nati rapporti di amicizia al suo interno e se lo studente si sente coinvolto e rispettato.
    Prosegue l’indagine sull’ambiente di studio anche nelle domande successive, dove i ragazzi sono chiamati a rispondere sul loro stato d’animo durante le ore a scuola e sulla possibile presenza di fenomeni di bullismo.
    Dopo le domande sul voto conseguito in italiano o matematica lo scorso anno e le impressioni sul test Invalsi, si passa ad alcuni quesiti più personali. Si chiede quindi l’età, il genere, se la famiglia proviene da un paese straniero o meno e anche se l’alunno parla un particolare dialetto regionale italiano.
    I ricercatori hanno formulato, infine, domande relative all’ambiente in cui vivono i ragazzi (c’è a disposizione una cameretta per studiare? Una connessione Internet? Anche solo una scrivania privata dove fare i compiti?), la presenza di libri in casa (quanti?) e sul livello di istruzione dei genitori.

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  2. #162
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    Invalsi, dal 2017 le prove saranno digitali


    Oggi nuovo appuntamento con le prove Invalsi per le scuole superiori, ma presto, già dal prossimo anno potrebbe arrivare il formato digitale per le prove. È quanto ha annunciato a «Skuola.net» Roberto Ricci, responsabile Invalsi che ha dato alcune anticipazioni sulle future prove Invalsi. Una di queste novità riguarda la maturità.
    Il responsabile Invalsi si è mostrato infatti aperto alla possibilità del test Invalsi agli esami di Stato in un futuro prossimo. Quando? Nel 2017 o nel 2018, ipotizza: l’Invalsi a suo dire è pronta per accogliere la sfida. Ma solo il Miur ha la facoltà di decidere su questo argomento, precisa Ricci. Un’ulteriore anticipazione sul futuro del test Invalsi riguarda il nuovo formato digitale: da settembre 2015 cominceranno le sperimentazioni per approdare nel 2017 ad un formato informatico del test. Questo renderà molto più difficile per gli studenti copiare o falsare la prova. Infatti, spiega Ricci, i questionari saranno tutti differenti, somministrati a batteria su più turni. Il nuovo metodo, a detta di Ricci, porterà anche ad una diminuzione della portata delle proteste da parte degli insegnanti. Il fatto di sottoporre le prove in diversi momenti dell’anno porterà infatti le mobilitazioni a smembrarsi, e in più il nuovo metodo non farà più pesare sui prof la correzione delle prove. Di conseguenza anche per i ragazzi non potranno più esserci i tanto contestati voti sul registro in base all’esito del test Invalsi.È infatti abitudine comune a tantissimi professori delle superiori mettere un voto sull’esito della prova Invalsi. Tuttavia Roberto Ricci si è schierato contro questa abitudine e sostiene che l’Invalsi alle superiori al momento non deve influire sull’andamento scolastico e, quindi, i prof non dovrebbero mettere i voti.

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  3. #163
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    eh già..perchè il voto dell'invalsi è sui prof......
    ciao beva

  4. #164
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    Invalsi, l’autolesionismo di studenti e prof


    Il boicottaggio, lanciato come un gesto di protesta, diventa un danno per la scuola
    Un fantasma agita le scuole italiane, si chiama Invalsi e minaccia di introdurre nel paese del tiriamo a campare una pratica terroristica già in voga in tanta parte dell’Occidente (che, del tutto sconsideratamente, non solo non se ne preoccupa ma addirittura lo accetta): la valutazione. Di questo mostro si raccontano cose terribili: sarebbe una specie di Minosse dantesco che «giudica e manda secondo che avvinghia», al grido romanesco di «a chi tocca, tocca». Può la scuola italiana finire in un simile tritacarne? E allora tanto valer buttarla in caciara.
    Questo è il ragionamento che sta alla base del boicottaggio che le prove di valutazione Invalsi hanno subito quest’anno: il 10% delle classi, secondo i dati diffusi da Skuola.net, hanno disertato i questionari oppure hanno risposto con sberleffi, battutacce e ironie. Il gesto (forse ) vorrebbe essere di protesta, ma è totalmente autolesionistico.
    La valutazione, infatti, non serve per dividere i buoni dai cattivi, premiare i primi e punire i secondi. Ma ha la stessa funzione che in medicina hanno le analisi cliniche: serve per individuare dove si trovi il problema nella maniera più circostanziata e precisa possibile, in maniera di poterlo risolvere. Tutto qua. Scherzare sulla valutazione è come mentire al medico: il danno è tutto del paziente.
    «Ma agli insegnanti non piace essere valutati» dice la vulgata diffusa da alcuni (solo alcuni) sindacati. D’altronde già quando ci provò il ministro Berlinguer, nel ’99, scoppiò un putiferio. Il timore – secondo questa visione delle cose – è che dietro una valutazione asettica, si nasconda un criterio considerato insopportabile, e cioè una meritocrazia che premi solo i migliori e faccia tramontare la pratica consolatoria delle prebende miserevoli ma uguali per tutti.
    Senza dire che se la pratica della valutazione non va bene per gli insegnanti, perché dovrebbe andare bene per gli studenti? Non si valuti nessuno. E 6 politico per tutti.

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  5. #165
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    Invalsi, le prove della discordia: come funzionano nel resto d’Europa


    Invalsi, le prove della discordia: come funzionano nel resto d’Europa
    E’ sempre al centro delle polemiche l’Invalsi, la prova scritta di italiano e matematica che ha lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti. Nonostante manifestazioni di protesta e boicottaggi, ieri i test nella scuola secondaria di secondo grado hanno coinvolto circa 548 mila studenti delle classi seconde. Si è registrata una diminuzione della partecipazione: nelle classi campione è stata dell’80,52% mentre in quelle non campione la partecipazione è stata del 77,05%. La partecipazione complessiva è stata del 77,36%.
    Struttura e svolgimento
    In Italia le prove Invalsi sono strutturate in modo diverso in base al livello scolastico a cui si riferiscono, direttamente collegate con le Indicazioni nazionali (i programmi di studio) e vanno da un minimo di 20-25 domande per materia per la seconda primaria a un massimo di circa 50 domande, sempre per materia, per la seconda superiore. Anche i tempi previsti per lo svolgimento variano in funzione del livello scolastico: per la seconda della primaria gli alunni avranno a disposizione, sia per la prova d’italiano che di matematica 45 minuti mentre per la quinta e la terza media ci sono a disposizione 75 minuti. Per la seconda superiore gli studenti avranno a disposizione 90 minuti sia per la prova d’italiano che per matematica. Dall’anno scorso è scomparso il test in prima media. Per la scuola primaria si comincia con la prova preliminare di lettura e la prova di italiano per le seconde insieme alle quinte. Si prosegue con le classi seconde della secondaria di secondo grado con la prova di italiano, matematica e il Questionario studente. In chiusura le medie con la prova nazionale messa a punto dall’istituto per l’esame di terza media. (segue)
    Come funziona in Europa
    Una panoramica sull’utilizzo dei test in Europa è contenuta in un documento pubblicato dall’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (Eacea P9 Eurydice), che spiega come in tutti i paesi la valutazione degli alunni sia parte integrante dell’insegnamento. Il processo è solitamente regolamentato da testi legislativi specifici e/o linee guida che contengono i principi fondamentali della valutazione.
    Valutazione continua
    Il tipo di valutazione più comunemente utilizzato nell’istruzione obbligatoria è la valutazione continua. Il numero di anni scolastici in cui vengono somministrati i test nazionali varia sensibilmente da paese a paese. Per esempio, si legge nel rapporto, Danimarca, Malta e Regno Unito (Scozia) hanno sviluppato prove nazionali per quasi ogni anno di istruzione obbligatoria. Anche Regno Unito (Inghilterra) e Francia possono essere considerati paesi che utilizzano ampiamente i sistemi di valutazione nazionale, rispettivamente con sette e sei test nazionali. Al contrario, diversi paesi testano un numero molto inferiore di anni scolastici. Tra i paesi che somministrano soltanto un test nazionale durante il livello Cite 1 e 2 rientrano Belgio (Comunità fiamminga), Germania, Spagna, Cipro, Paesi Bassi, Slovacchia e Regno Unito (Irlanda del Nord). Se un paese prevede soltanto un test nazionale durante l’istruzione obbligatoria, in genere questo si svolge all’ultimo anno dell’istruzione primaria o secondaria inferiore. La maggior parte dei restanti paesi europei somministra test nazionali in due o tre specifici anni scolastici durante l’intero ciclo di istruzione obbligatoria: questo sembra essere il modello predominante in Europa.


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  6. #166
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    Gli studenti della moglie di Renzi scarabocchiano le prove Invalsi, lui non la prende bene


    Nel corso di "Porta a porta" del 19 maggio, il premier ha tenuto a dire: "chi ha qualcosa da dire, se la prenda con me", riferendosi al comportamento degli studenti della 2B dell’istituto superiore Balducci di Pontassieve, che anziché svolgere la verifica di italiano l’hanno invalidata.
    Non è passato inosservato il boicottaggio degli studenti della 2B dell’istituto superiore Balducci di Pontassieve: anziché svolgere la verifica scritta standardizzata di italiano - la materia insegnata dalla moglie del premier -, hanno scarabocchiato i fogli dei compiti, invalidando l’esame.
    Si sono comportati come molti altri alunni, oltre il 20%, ma la particolarità di quella classe è che la loro prof di Italiano non è una docente qualsiasi: si tratta di Agnese Landini, la moglie precaria del premier Renzi,
    Il fatto, riporta il Corriere della Sera, è successo martedì scorso. Nel giorno dello sciopero anti-prove Invalsi indetto alle superiori dai Cobas: se, nell’occasione, la prova di matematica è saltata, poiché il prof che doveva controllare lo svolgimento degli Invalsi ha scioperato, per quella di italiano sembrava che tutto filasse liscio.
    Invece, i ragazzi della professoressa Landini hanno escogitato un comportamento inaspettato: nessuna risposta alle domande a crocette, soltanto disegnini e scarabocchi.
    «Sì, in 2B gli Invalsi sono stati completamente boicottati – ha detto il preside, Giulio Mannucci - il test di italiano si è svolto, ma gli studenti non lo hanno compilato come si deve. La prova non è valida». Il ds, però, non l’ha presa bene: «al prossimo consiglio di classe, che si terrà il 3 giugno, proporrò dei provvedimenti contro di loro. Altrimenti il sistema non si regge più in piedi», ha detto il preside.
    Intanto, il 19 maggio, il premier Renzi ha ammesso di non aver gradito quella orma di protesta studentesca: durante la registrazione di "Porta a porta", Renzi ha tenuto a dire: "chi ha qualcosa da dire, se la prenda con me".


    Tecnica della scuola
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  7. #167
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    Borgonovi (Ocse) in difesa delle prove Invalsi: test standardizzati utili a docenti e scuole


    Spesso deprecati, se non boicottati in Italia, i test scolastici standardizzati sono utili agli insegnanti per insegnare e valutare, alle famiglie per scegliere e al sistema d’istruzione per progredire. Sono uno strumento per fotografare la qualità della scuola, tanto più in tempi di autonomia e sperimentazioni, «servono per vedere cosa funziona e cosa non funziona, senza nessun intento punitivo», sottolinea Francesca Borgonovi, economista all’Ocse specializzata nei temi dell’istruzione e autrice di molti studi di ambito Pisa, la versione internazionale degli Invalsi. «I test standardizzati hanno un valore per gli insegnanti, per capire il valore dei loro studenti e danno strumenti utili per aggiustare l’approccio pedagogico», spiega Borgonovi. È vero che gli insegnanti hanno tanti modi per valutare gli studenti, «ma quando c’è un’interazione diretta, il professore si pone in maniera diversa con lo studente. Tantissimi studi di sociologia fanno vedere che esistono differenziazioni del comportamento che insegnanti, genitori e gli stessi studenti hanno relazionandosi l’uno con l’altro». Per cui l’importanza del test standardizzato sta «anche nell’evitare questo tipo di condizionamenti e capire la competenza reale dei singoli studenti in aree molto specifiche, che spesso non vengono valutate in maniera approfondita dagli insegnanti».
    I test hanno poi un valore di sistema, «perché se accettiamo che una scuola sperimenti e abbia autonomia e cerchi di dare un’offerta formativa diversa, bisogna poi capire» che frutti produce. In questo modo si possono diffondere gli esperimenti e le autonomie che danno buoni risultati ed evitare quanto funziona meno. «L’autonomia funziona se esiste un meccanismo di trasparenza e di ‘accountability’» nei confronti del sistema centrale «che mette i soldi della comunità e può accertarsi tramite i test cosa porta quell’autonomia».
    In seconda battuta, i test possono far emergere i contesti di criticità, ad esempio legati ad ambiti socio-economici svantaggiati, a un ‘match’ di insegnanti-studenti non ottimale o a un approccio pedagogico che non funziona. «Individuare le criticità aiuta a correggerle», sottolinea Borgonovi. Tra le criticità ci sono i risultati degli ultimi test Pisa che mostrano, è vero, che le competenze medie degli studenti italiani sono basse rispetto ai loro coetanei degli altri Paesi Ocse, «ma è altresì vero che ci sono differenze notevoli non solo tra scuole in regioni diverse, ma anche tra scuole nella stessa regione». In una regione come la Puglia, anche in un contesto socio-economico svantaggiato, «ci sono stati miglioramenti notevoli nelle competenze che i 15enni esprimono negli ultimi anni», ricorda Borgonovi, citando anche «il Triveneto dove ci sono scuole che hanno competenze altissime non solo a livello italiano, ma mondiale». Insomma, “best practices” da cui trarre esempio.
    Avere test standardizzati con una copertura estesa del territorio nazionale può dare informazioni anche alle famiglie a cui vanno dati strumenti validi per orientarsi e scegliere le scuole per i figli. In Italia, nella scelta della scuola «ci si basa più spesso sulla reputazione di quell’istituto, che tuttavia è basata su criteri molto diversi rispetto a quello della vera qualità del servizio formativo», spiega l’economista. D’altro canto la reputazione è nella grande maggioranza dei casi l’unico orientamento disponibile, visto che i risultati Invalsi molto raramente sono resi pubblici. I test comunque non sono l’unico strumento che può essere utilizzato per valutare la qualità di una scuola. Nell’area Ocse sono utilizzati, ad esempio, anche i colloqui con professori o studenti, oppure controlli periodici di enti preposti alla valutazione delle scuole sotto molteplici profili. Nel mondo anglosassone, poi, i ranking delle scuole sono comuni.
    Un altro “nodo” su cui insiste Borgonovi è quello delle disparità di preparazione tra scuole che riflettono ambiti socio-economici diversi. Una soluzione potrebbe essere di offrire il trasferimento dei migliori insegnanti e dirigenti con adeguati incentivi economici e di carriera nelle scuole in contesti difficili e di fare poi ampio ricorso all’autonomia e alla sperimentazione, proponendo ad esempio il rafforzamento dello studio di alcune materie, delle lingue straniere o anche programmi bilingui. Questo, oltre ad aumentare competenze e chance degli studenti di quella scuola, «avrebbe anche la capacità di attrarre studenti di altre zone» e contesti, ottenendo una maggiore varietà che andrebbe a vantaggio di tutti e non solo nelle competenze. È su questa linea – ricorda Borgonovi – che si sono mossi in Cina, a Shanghai, dove, per inciso, ci sono i migliori studenti di matematica del mondo. Ma anche per arrivare a questo serve la valutazione standardizzata.


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  8. #168
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    Prova Invalsi matematica Esami I ciclo: quali strumenti si possono utilizzare


    In generale - risponde il Miur - la soluzione dei quesiti di matematica non richiede calcoli complessi e gravosi; tuttavia alcuni strumenti possono agevolare gli allievi nell'individuazione della risposta corretta.
    Si precisa che Il fascicolo di matematica è stato progettato e realizzato seguendo metodi e criteri analoghi a quelli delle altre prove di matematica delle Rilevazioni nazionali che si sono svolte a maggio (per orientarsi è possibile consultare il Quadro di riferimento
    Si elencano quindi gli strumenti necessari o semplicemente utili per rispondere alle domande del fascicolo di matematica.
    Si precisa, infine, che gli strumenti non esplicitamente previsti nella tabella riportata di seguito non sono consentiti.
    Strumenti necessari Righello graduato
    Strumenti fortemente consigliati Squadra
    Strumenti consentiti Goniometro, compasso
    Per gli allievi con particolari bisogni educativi si applicano, invece, tutte le misure compensative e dispensative previste dalla normativa vigente.

    Orizzontescuola
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  9. #169
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    Test Invalsi 2015, la prova in terza media. “Valutazione di un diritto di cittadinanza”



    Il 19 giugno coinvolgerà oltre mezzo milione di ragazzi. Il voto sarà espresso in decimi e farà media con le altre prove d’esame e il voto di ammissione. La presidente dell’istituto nazionale di valutazione: “Bisogna saper comprendere un testo scritto”
    Torna la prova Invalsi. Il test dell’istituto nazionale di valutazione venerdì coinvolgerà oltre mezzo milione (569.339) di ragazzi che stanno affrontando gli esami conclusivi della scuola secondaria. In questi giorni hanno cominciato le prove seguendo il calendario stabilito in autonomia da ogni singolo istituto ma il 19 scatterà l’ora del quiz tanto contestato. Il test Invalsi all’esame di terza media ha il fine di verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti dagli studenti in italiano e matematica.
    Per rispondere ai quesiti gli alunni avranno a disposizione settantacinque minuti per ciascuna delle due materie. Dopo la sessione del 19 giugno, sono previste una prima e una seconda sessione suppletiva il 24 giugno e il 2 settembre, sempre con inizio alle ore 8.30. Subito dopo lo svolgimento della prova, le sottocommissioni procederanno alla correzione avvalendosi di una griglia apposita predisposta dall’Invalsi e resa pubblica sui siti degli uffici scolastici regionali, degli uffici territoriali e sul sito dell’Invalsi stessa, a partire dalle 12 di venerdì. Il voto massimo che ciascun candidato potrà ottenere è di 10/decimi. Le scuole dovranno assicurare un accurato controllo, nominando due coppie di docenti per la vigilanza che dovranno insegnare una materia diversa da quella d’esame. Nessun altro, oltre ai professori nominati quali vigilanti e al presidente, potrà essere presente nelle aule durante le prove.
    Un test che anche quest’anno sembra essere destinato a suscitare polemiche. Gli studenti e i loro genitori sono preoccupati dall’andamento della prova, e altrettanti temono che il test possa mandare all’aria tutti gli sforzi fatti per uscire dalle scuole medie con una bella votazione. Al test Invalsi, che si svolge durante l’esame di terza media, viene infatti assegnato un voto che fa media con le altre prove.
    “E’utile sapere – spiega Daniele Grassucci di Skuola.net – che il voto finale di terza media viene espresso in decimi e risulterà dalla media aritmetica di tutte le prove d’esame, più il voto di ammissione che è assegnato dai prof alla fine dell’anno. In sintesi, è composto dal voto di ammissione o di idoneità; da quello della prima prova scritta di italiano; della seconda prova scritta di matematica; del test Invalsi; dell’esame scritto di lingue e dal colloquio orale.
    Ogni prova verrà valutata con un voto espresso in decimi. Anche alla prova Invalsi sarà attribuito un voto da 4 a 10, anche se il procedimento è un po’ più complicato. Qualsiasi esso sia, comunque, farà media con tutti gli altri, non incidendo particolarmente sulla promozione”. Diverso il parere della presidente dell’Invalsi che ritiene necessario il test alle “medie”: “All’ultimo anno della scuola secondaria dobbiamo valutare un diritto di cittadinanza, la gente deve saper comprendere un testo scritto. Quando sento alla tv un giornalista che dice ‘sopprimere un cadavere’, penso che ci sia un problema di comprensione che va appurato. Fare delle prove è una fase della vita, noi come adulti abbiamo la responsabilità di farle al meglio. L’Invalsi può migliorare sempre, faremo presto un convegno per discutere con precisione in merito. Ma saper fare delle cose a livello minimale è un diritto di cittadinanza”.


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  10. #170
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    Test Invalsi, Italia a due velocità: il Nord batte il Sud. “Studenti iper-stimolati, ma leggono pochi libri”


    E’ il risultato delle prove a cui sono stati sottoposti 2,25 milioni di alunni di 13mila scuole diverse, dalle primarie (classi seconde e quinte) alle secondarie di primo grado (classi terze) e di secondo grado (classi seconde): “Il risultato è complessivamente buono, ma fotografa i limiti di alcune realtà”. Da segnalare il successo delle Marche
    Un’Italia dalle due facce. È quella che si specchia nei risultati delle prove Invalsi presentati nella sede del ministero dell’Istruzione a Roma. Gli studenti delle regioni del Nord battono i coetanei del Centro, del Sud e delle Isole. Sia in italiano (comprensione del testo e grammatica) sia in matematica, le due materie oggetto dei test più volte contestati, somministrati tra il 6 maggio e il 19 giugno. Hanno partecipato 2,25 milioni di alunni di 13mila scuole diverse, dalle primarie (classi seconde e quinte) alle secondarie di primo grado (classi terze) e di secondo grado (classi seconde). “Il 70 per cento degli studenti italiani dispone delle competenze di base previste nei programmi nazionali – commenta Roberto Ricci, responsabile area prove Invalsi -. Il risultato è complessivamente buono, tuttavia ci sono dei punti d’ombra. I ragazzi fanno più fatica a comprendere i testi non letterari, cioè quelli di natura non narrativa ma argomentativa, per esempio l’articolo di giornale, il saggio breve socio-economico, una sintesi di un’indagine Istat. È importante che la scuola sviluppi queste capacità per formare i cittadini di domani”.
    Ci siamo accorti di una spaventosa povertà lessicale – dichiara Giovanna Ceccatelli, professoressa di italiano, latino e greco al liceo classico Parini di Milano -. Alla richiesta di trovare un sinonimo o spuntare il corretto significato di un termine spesso gli studenti sbagliano. Chi frequenta il calssico non ha particolari problemi nella grammatica e nell’analisi del testo, ma in generale gli adolescenti sono restii alla lettura dei libri, sono iper stimolati da migliaia di interessi extra, dalla tecnologia, e perdono la concentrazione davanti a una pagina scritta in bianco e nero”. Il suo suggerimento è “collaborare di più con gli insegnanti delle scuole medie per evitare una cultura nozionistica e insistere di più sulla scrittura”. La lettura del quotidiano in classe è un incentivo a migliorare. “Vero, da noi si fa ma è ancora a discrezione del professore di storia o di italiano”.La seconda nota negativa, invece, riguarda le soluzioni matematiche: “Difficilmente gli studenti riescono a motivare con la giusta consapevolezza i risultati dei problemi, perché viene scelta una strategia piuttosto che un’altra. Non sono abbastanza allenati”. Ma, fa notare la professore del Parini, che è anche referente Invalsi del suo liceo, “il programma di matematica che si studia in quinta ginnasio non è sempre attinente ai quesiti dei test, per esempio quelli relativi alla statistica”. Guardando al punteggio medio, le scuole superiori nelle aree del Nord Ovest scartano quelle del Mezzogiorno di 20 punti in italiano e di 26 in matematica. Il gap è quasi identico se si mettono sulla bilancia le classi secondarie di primo grado (18; 22). Mentre il trend è più o meno omogeneo alle primarie. Le Marche rappresentazione un’eccezione. “È il quarto anno di fila che la regione porta a casa buoni voti. È senz’altro un caso da studiare. Bisognerebbe diffondere la ricetta di questo successo”. Altro appunto: le performance degli allievi di origine straniera è inferiore rispetto a quella degli autoctoni. Il divario si assottiglia tra gli italiani di seconda generazione (i figli di immigrati nati in Italia).
    Rispetto al resto d’Europa come ci piazziamo? “Le regioni del Nord sono sullo stesso livello dei cugini europei. Non si può dire altrettanto per il Sud” risponde Ricci. Il tasso di partecipazione alle prove nel meridione è stato piuttosto deludente. Dal 25 al 50 per cento nelle scuole primarie della Sicilia, e dal 50 al 75 per cento in quelle di Sardegna, Puglia e Campania. Ancora più basso nei licei e negli istituti tecnici e professionali. La Sicilia è stata la peggiore registrando in tutti e tre i casi dallo zero al 25 per cento di adesioni.


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