Pagina 4 di 4 PrimaPrima ... 234
Risultati da 31 a 36 di 36

Discussione: TESTI E STORIE DI NATALE (racconti)

  1. #31
    Data Registrazione
    Apr 2010
    Messaggi
    11,196
    Post Thanks / Like
    Downloads
    2
    Uploads
    0

    Predefinito

    IL PETTIROSSO



    Nella stalla dove stavano dormendo Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù, il fuoco si stava spegnendo. Presto ci furono soltanto alcune braci e alcuni tizzoni ormai spenti. Maria e Giuseppe sentivano freddo, ma erano così stanchi che si limitavano ad agitarsi inquieti nel sonno.
    Nella stalla c'era un altro ospite: un uccellino marrone; era entrato nella stalla quando la fiamma era ancora viva; aveva visto il piccolo Gesù e i suoi genitori, ed era rimasto tanto contento che non si sarebbe allontanato da lì neppure per tutto l'oro del mondo.
    Quando anche le ultime braci stavano per spegnersi, pensò al freddo che avrebbe patito il bambino messo a dormire sulla paglia della mangiatoia. Spiccò il volo e si posò su un coccio accanto all'ultima brace.
    Cominciò a battere le ali facendo aria sui tizzoni perché riprendessero ad ardere. Il piccolo petto bruno dell'uccellino diventò rosso per il calore che proveniva dal fuoco, ma il pettirosso non abbandonò il suo posto. Scintille roventi volarono via dalla brace e gli bruciarono le piume del petto ma egli continuò a battere le ali finché alla fine tutti i tizzoni arsero in una bella fiammata.
    Il piccolo cuore del pettirosso si gonfiò di orgoglio e di felicità quando il bambino Gesù sorrise sentendosi avvolto dal calore.
    Da allora il petto del pettirosso è rimasto rosso, come segno della sua devozione al bambino di Betlemme.


    Il dono di un cuore generoso

    Gesù è nato nella povertà, tra gente semplice. li racconto suggerisce che anche il piccolo pettirosso rappresenta una virtù particolare: la generosità, il sacrificio anche a costo di pagare di persona.

    Gesù è venuto nel mondo per salvare gli uomini e lo ha fatto donando la sua stessa vita sulla croce.


    PREGHIERA

    Gesù,
    tu sei nato debole
    perché io
    non abbia mai paura di te.

    Sei nato povero
    perché io ti consideri
    la mia unica ricchezza.

    Sei nato piccolo
    perché io non cerchi
    di dominare gli altri.

    Sei nato in una grotta
    perché ogni uomo
    sia libero di incontrarti.

    Sei nato nella semplicità
    perché io smetta
    di essere complicato.

    Sei nato per amore
    perché io non dubiti
    mai del tuo amore.
    ex tomtom
    ex comics





  2. #32
    Data Registrazione
    Apr 2010
    Messaggi
    11,196
    Post Thanks / Like
    Downloads
    2
    Uploads
    0

    Predefinito

    Un'altra sponda
    di Gianfranco Ravasi


    Mi rendo conto che la meditazione qui proposta sembra sposarsi male col natale. Eppure, nella nascita di Gesù è già presente il seme della sua morte, indispensabile conclusione perché la nostra salvezza fosse interamente compiuta. Con la sua nascita e la sua morte, ma soprattutto con la sua Resurrezione, il figlio di Dio non solo si è caricato dei nostri peccati conducendoci alla purificazione, ma ci ha consegnato la rasserenante prospettiva della vita eterna, dando così senso alla nostra vita terrena. (N.d.R.)
    Questo è il messaggio dell'Altissimo: "Quando il gufo striderà il suo lamento funebre e le ali della morte volteggeranno sul tuo capo per disperdere i tuoi giorni in un placido tramonto, vano è fuggire. Lascia serenamente che la tua barca sciolga la vela per approdare all'altra sponda, ove sorge un'altra aurora!".

    Finisce così, nelle varie versioni che ha subito nella sua trasmissione, la celebre novella araba dell'uomo che volle fuggire la morte e che decise di migrare nella remota Samarcanda. In città, però, incontrerà l'angelo della morte che l'aveva atteso proprio là, dimostrandogli in tal modo l'impossibilità assoluta di sottrarsi al decreto estremo e supremo della morte.
    Sul tema del morire è ancora l'Islam a farci balenare una verità che il cristianesimo aveva affermato in modo ancor più alto e intenso con la Pasqua di Cristo.
    La barca della vita, nella morte, non è destinata a sfracellarsi sugli scogli, ma a intraprendere una nuova navigazione verso un'altra sponda. Il placido tramonto della nostra esistenza non è votato a una notte senza fine, ma a un'altra aurora, quella di "un giorno unico nel quale non ci sarà più dì e notte ma a sera ritornerà a risplendere la luce", come diceva il profeta Zaccaria (14,7). Ritroviamo, perciò, la forza dell'attesa e della speranza anche quando siamo di fronte alla tomba. Una preghiera musulmana dice: "Dio mio, fa' che la tomba sia la più bella delle case. Concedici di morire nel desiderio di incontrarti. Concedici di prepararci al giorno dell'Incontro".
    ex tomtom
    ex comics





  3. #33
    Data Registrazione
    Apr 2010
    Messaggi
    11,196
    Post Thanks / Like
    Downloads
    2
    Uploads
    0

    Predefinito

    COMINCIA A NEVICARE
    di Grazia Deledda


    - Siamo tutti in casa? - domandò mio padre, rientrando una sera sul tardi, tutto intabarrato e col suo fazzoletto di seta nera al collo. E dopo un rapido sguardo intorno si volse a chiudere la porta col paletto e con la stanga, quasi fuori s'avanzasse una torma di ladri o di lupi. Noi bambine gli si saltò intorno curiose e spaurite.
    - Che c'è, che c'è?
    - C'è che comincia a nevicare e ne avremo per tutta la notte e parecchi giorni ancora: il cielo sembra il petto di un colombo.
    - Bene - disse la piccola nonna soddisfatta. - Così crederete a quello che raccontavo poco fa.
    Poco fa la piccola nonna, che per la sua statura e il suo viso roseo rassomigliava a noi bambine, ed era più innocente e buona di noi, raccontava per la millesima volta che un anno, quando anche lei era davvero bambina (nel mille, diceva il fratellino studente, già scettico e poco rispettoso della santa vecchiaia), una lunga nevicata aveva sepolto e quasi distrutto il paese.
    - Quattordici giorni e quattordici notti nevicò di continuo, senza un attimo d'interruzione. Nei primi giorni i giovani e anche le donne più audaci uscivano di casa a cavallo e calpestavano la neve nelle strade; e i servi praticavano qualche viottolo in mezzo a quelle montagne bianche ch'erano diventati gli orti ed i prati. Ma poi ci si rinchiuse tutti in casa, più che per la neve, per l'impressione che si trattasse di un avvenimento misterioso; un castigo divino. Si cominciò a credere che la nevicata durasse in eterno, e ci seppellisse tutti, entro le nostre case delle quali da un momento all'altro si aspettava il crollo. Peccati da scontare ne avevamo tutti, anche i bambini che non rispettavano i vecchi (questa è per te, signorino studente); e tutti si aveva anche paura di morire di fame.
    - Potevate mangiare i teneri bambini, come nel mille - insiste lo studentello sfacciato.
    - Va via, ti compatisco perché sei nell'età ingrata, - dice il babbo, che trova sempre una scusa per perdonare, - ma con queste cose qui non si scherza. Vedrai che fior di nevicata avremo adesso. Eppoi senti senti...
    D'improvviso saliva dalla valle un muggito di vento che riempiva l'aria di terrore: e noi bambine ci raccogliemmo intorno al babbo come per nasconderci sotto le ali del suo tabarro.
    - Ho dimenticato una cosa: bisogna che vada fuori un momento - egli dice frugandosi in tasca.
    - Vado io, babbo - grida imperterrito il ragazzo; ma la mamma, bianca in viso, ferma tutti con un gesto.
    - No, no, per carità, adesso!
    - Eppure è necessario - insiste il babbo preoccupato. - Ho dimenticato di comprare il tabacco.
    Allora la mamma si rischiara in viso e va a cercare qualche cosa nell'armadio.
    - Domani è Sant'Antonio; è la tua festa, ed io avevo pensato di regalarti...
    Gli presenta una borsa piena di tabacco, ed egli s'inchina, ringrazia, dice che la gradisce come se fosse piena d'oro; intanto si lascia togliere dalle spalle il tabarro e siede a tavola per cenare.
    La cena non è come al solito, movimentata e turbata da incidenti quasi sempre provocati dall'irrequietudine dei commensali più piccoli; tutti si sta fermi, quieti, intenti alle voci di fuori.
    - Ma quando c'è questo gran vento, - dice la nonna - la nevicata non può essere lunga. Quella volta...
    Ed ecco che ricomincia a raccontare; ed i particolari terribili di quella volta aumentano la nostra ansia, che in fondo però ha qualche cosa di piacevole. Pare di ascoltare una fiaba che da un momento all'altro può mutarsi in realtà.
    Quello che sopratutto ci preoccupa è di sapere se abbiamo abbastanza per vivere, nei giorni di clausura che si preparano.
    - Il peggio è per il latte: con questo tempo non è facile averlo.
    Ma la mamma dice che ha una grossa scatola di cacao: e la notizia fa sghignazzare di gioia il ragazzo, che odia il latte. Gli altri bambini non osano imitarlo; ma non si afferma che la notizia sia sgradita. Anche perché si sa che oltre il cacao esiste una misteriosa riserva di cioccolata e, in caso di estrema necessità, c'è anche un vaso di miele.
    Delle altre cose necessarie alla vita non c'è da preoccuparsi. Di olio e vino, formaggio e farina, salumi e patate, e altre provviste, la cantina e la dispensa sono rigurgitanti. E carbone e legna non mancano. Eravamo ricchi, allora, e non lo sapevamo.
    - E adesso - dice nostro padre, alzandosi da tavola per prendere il suo posto accanto al fuoco - vi voglio raccontare la storia di Giaffà.
    Allora vi fu una vera battaglia per accaparrarsi il posto più vicino a lui: e persino la voce del vento si tacque, per lasciarci ascoltare meglio. Ma la nonnina, allarmata dal silenzio di fuori, andò a guardare dalla finestra di cucina, e disse con inquietudine e piacere:
    - Questa volta mi pare che sia proprio come quell'altra.

    Tutta la notte nevicò, e il mondo, come una grande nave che fa acqua, parve sommergersi piano piano in questo mare bianco. A noi pareva di essere entro la grande nave: si andava giù, nei brutti sogni, sepolti a poco a poco, pieni di paura ma pure cullati dalla speranza in Dio.
    E la mattina dopo, il buon Dio fece splendere un meraviglioso sole d'inverno sulla terra candida, ove i fusti dei pioppi parevano davvero gli alberi di una nave pavesata di bianco.
    ex tomtom
    ex comics





  4. #34
    Data Registrazione
    Apr 2010
    Messaggi
    11,196
    Post Thanks / Like
    Downloads
    2
    Uploads
    0

    Predefinito

    La canna



    La notte in cui nacque Gesù, gli angeli scesero dal cielo, e cantarono, danzando girotondi a grappoli intorno alla grotta di Betlemme. La melodia del canto era la più pura e toccante che mai si fosse sentita sulla terra, ma non molti la notarono. Gli abitanti dei dintorni percepirono solo un leggero brusio, si voltarono dall'altra parte e continuarono a dormire. Bisogna avere un cuore speciale per sentire il canto degli angeli. Ma in fondo ad un canalone, sulle rive di uno stagno, una giovane canna l'ascoltò. Cominciò a vibrare al ritmo della melodia, ondeggiando flessuosa con tutte le sue fibre. "Piantala!" brontolò una vecchia canna, "Mi fai venire il mal di testa!". "Lasciaci dormire", fecero eco le altre canne.
    Anche fra le canne, non tutte riescono a sentire le musiche degli angeli. Ma la giovane canna continuò ad assorbire quell'armonia dolcissima che scendeva dal cielo e ripeteva, danzando leggera nell'aria:"Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

    Il flauto
    Passò del tempo. La giovane canna divenne robusta e nodosa, ma ogni volta che il vento soffiava, vibrava ripetendo la lontana melodia degli angeli. Un giorno un giovane pastore portò le sue pecore ad abbeverarsi allo stagno. Mentre le pecore si accalcavano per raggiungere l'acqua, il pastore si guardava intorno. Il suo sguardo fu attirato dalla canna. Da tempo voleva fabbricarsi un nuovo flauto, perché quello vecchio era scheggiato e il canto non era più sonoro e nitido. Impugnò il coltello e tagliò la canna, la studiò un momento e cominciò ad intagliarla. Quando lo appoggiò alle labbra e cominciò a soffiare, il suono che uscì dal flauto sorprese il pastore. Era un suono limpido e leggero, sembrava andare diritto al cuore di chi l'ascoltava. Quella sera accanto al fuoco, il pastore trasse il flauto dalla bisaccia e cominciò a suonare. Di colpo tutti tacquero e sembrò per un attimo che anche il fuoco cessasse di crepitare, per ascoltare quel suono, quella purissima melodia. Anche il pastore era sbalordito, gli pareva, a tratti, di non essere lui a suonare. Era come se il flauto andasse per conto suo e che quella melodia angelica fosse dentro le sue fibre di legno. Un vecchio pastore chiuse gli occhi e mormorò:"Mi pare di averla già sentita, una notte, tanto tempo fa, dalle parti di Betlemme...".Ma il flauto serbava un segreto ancora più sorprendente. Un giorno tra due gruppi di pastori scoppiò una lite furibonda per ragioni di precedenza in alcuni pascoli. Volarono le prime bastonate e qualche mano corse al coltello. Colpito da una improvvisa ispirazione il giovane pastore portò alle labbra il flauto e cominciò a suonare. Il suono era apparentemente debole, ma i litiganti si fermarono, le mani strette a pugno si aprirono e ai pastori venne una gran voglia di fare la pace e darsi una mano perché la vita è già abbastanza difficile. Da quel giorno, ogni volta che scoppiava un litigio, i presenti chiamavano il pastore e gli dicevano:" Suona il flauto" e al suono del flauto le tensioni si placavano, le voci irose si addolcivano e le collere si spegnevano. I cuori di ghiaccio si scioglievano e i sorrisi rifiorivano. Ma quale fu il destino dello splendido strumento che racchiudeva il canto degli angeli?

    L'eredità
    Quando si sentì vecchio, il pastore affidò il flauto al figlio. Questi divenne celebre con il nome di "pacificatore".Quando pacificatore morì, il flauto passò al figlio, che a sua volta lo lasciò al figlio e così via per secoli, finché un crociato lo comprò come ricordo di Terrasanta e lo portò in Europa. Ma nessuno si ricordava più dello straordinario potere del flauto. Passò di baule in baule, di eredità in eredità, finché...
    "Nonno, di chi è questo vecchio flauto?"domandò Albi, nove anni mentre rovistava negli scatoloni della soffitta."L'aveva comprato il bisnonno ad un asta di cimeli, probabilmente è molto antico", rispose il nonno."Lo posso tenere?". "Certo"."Magari è magico...", concluse Albi e cominciò a lucidarlo con il fazzoletto. Lo portò alle labbra, il suono era dolce e limpido. Il mattino dopo, Albi portò il suo nuovo flauto a scuola. Non faceva bella figura, era nero e opaco. La maestra era in ritardo e la classe in subbuglio. Riccardo e Mario si erano messi a litigare furiosamente e si stavano picchiando, rovesciando libri e banchi. Albi si rifugiò in un angolo e provò il flauto. Un'armonia soave e leggera avvolse i bambini. Riccardo e Mario si fermarono come per incanto. "Scusami", disse Riccardo, "Facciamo la pace", rispose Mario. Tutti guardarono Albi, "Come suoni bene!", esclamò Mirella, "Io veramente ci ho solo soffiato dentro..." mormorò Albi, arrossendo. "Lo sapevo che era magico", pensò, felice della scoperta. Ma più felice era il cuore della giovane canna che aveva conservato per secoli il canto degli angeli, senza perderne neppure una nota.
    ex tomtom
    ex comics





  5. #35
    Data Registrazione
    Apr 2010
    Messaggi
    11,196
    Post Thanks / Like
    Downloads
    2
    Uploads
    0

    Predefinito

    Il regalo di Babbo Natale

    di Riccardo Aldighieri

    Babbo Natale partì dal Polo Nord il giorno della vigilia. I folletti quel giorno ebbero un gran da fare per terminare i giocattoli e fare pacchettini, per riempire la slitta.
    Finalmente partì.
    Il viaggio fu abbastanza movimentato e pieno di soste.
    In una di queste incontrò un ragazzo povero ma entusiasta del Natale che lo aspettava con ansia. A Babbo Natale, quando vide la gioia negli occhi di quel bambino, gli si riempi il cuore di felicità; gli piaceva consegnare i doni se come ricompensa portava allegria ai bambini.
    Finalmente, il Buon Vecchio dalla barba bianca arrivò alle porte della città a bordo della sua tintinnante e scintillante slitta. Quest'anno la slitta era più carica del solito: c'erano pacchi, pacchetti, pacchettoni, di tutti i colori e di tutte le forme.
    Che incanto guardarla!
    Babbo Natale non vedeva l'ora di consegnare tutti quei regali ai bambini e di godersi la gioia dei loro visetti al momento di scartarli. Incitò le sue renne e a gran velocità entrò allegramente sotto l'arco della porta principale.
    Era notte fonda. Al principio non se ne accorse ma... dopo un po'... cominciò a vedere qualcosa di strano.
    Non vedeva in giro neanche un segno del Natale: non c'erano alberi addobbati, nessuna stella cometa fatta di lampadine, le vetrine erano tutte buie.
    Quando poi la sua slitta passò sotto le finestre della scuola elementare il suo sbalordimento fu davvero grande; non c'era niente alle finestre, neanche un piccolo disegno.
    Ma insomma - disse, anche un po' seccato - che modo è questo di ricevermi?
    Babbo Natale fu preso dallo sconforto e cominciò a pensare che si fossero dimenticati di lui, ma subito si riprese e bussò ad una porta per chiedere spiegazioni.
    Venne ad aprire un vecchio malandato che lo guardò con occhi assenti e spiegò a Babbo Natale che anche quel giorno avevano subito dei bombardamenti, perché quella città era in guerra e quindi la gente aveva paura di morire.
    Per questo i bambini non andavano a scuola e si erano nascosti, e tutte le luci della città erano spente per non farsi vedere dal nemico.
    A queste parole Babbo Natale si rattristò moltissimo e allo stesso tempo pensò che doveva regalare un po' di felicità.
    Tirò fuori dal sacco un mantello nero e avvolse tutta la città per nasconderla al nemico.
    Suonò la campana e raccolse tutti in piazza dove addobbò il più grosso albero di Natale, illuminò tutta la città di mille luci e distribuì tanti doni, a piccoli e grandi.
    E, come per incanto, anche gli occhi delle persone tornarono a brillare.
    ex tomtom
    ex comics





  6. #36
    Data Registrazione
    Apr 2010
    Messaggi
    11,196
    Post Thanks / Like
    Downloads
    2
    Uploads
    0

    Predefinito

    Luce del mondo
    di Gregorio Curto


    Mentre la neve lieve a terra cade
    mille luci già adornano le strade
    per un festa che non ha l’uguale:
    tra pochi giorni ormai sarà Natale.
    Papà Francesco e il piccolo Giovanni
    come sogliono ormai da molti anni
    sul ripiano del mobile in soggiorno,
    la grotta al centro e un bel paesaggio intorno,
    con statue in gesso e un gran cielo stellato
    da poco un bel presepe hanno ultimato.
    Poi si rivolge il padre al figlioletto
    con un racconto che gli vien di getto:
    “Fu proprio San Francesco a voler fare
    il primo dei presepi e a rievocare
    con l’aiuto di un uomo a lui fedele,
    al chiarore di fiaccole e candele,
    Gesù che, nato in una mangiatoia,
    viene per dare al mondo luce e gioia.
    Sceglie una grotta come fu a Betlemme
    non certo adorna di preziose gemme;
    angusto è il luogo ed umido il terreno:
    presso la greppia solo un po’ di fieno,
    mentre, adagiati su povera paglia,
    un bue muggisce e un asinello raglia.
    Uomini e donne accorrono festanti,
    giungono a frotte, sono proprio tanti;
    famiglie intere vengon da lontano
    ciascun con una fiaccola alla mano.
    A Greccio – questo è il nome del paese
    dove Francesco con gran zelo intese
    riproporre alla sua generazione
    l’unico evento dell’Incarnazione –
    s’affrettano a salir frotte di frati
    che, da semplici torce rischiarati,
    ad una voce, trepidi, gioiosi
    si mettono a cantar cori festosi.
    Dolce e chiara è la notte, come giorno
    nel qual risplenda il sole tutt’intorno,
    e poi che un prete celebra la messa
    la scena a tutti ben rimane impressa.
    Narrano poi che uno dei presenti
    mentre eran tutti nel bel canto intenti
    in braccio al Santo – par cosa inaudita –
    vide un bimbo tornare a prender vita.
    Se vedi attorno a te la sofferenza
    che ti suscita un senso di impotenza,
    non mancar di gustare ciò che è bello
    chè questo solo aspetta il tuo fratello.
    Nulla puoi dare se non hai stupore
    per ciò che è bello: un’alba, un canto, un fiore
    che spunta tra le rocce in un mattino...
    o il sorriso sul volto di un bambino.
    Orma di Dio, ricorda, è la bellezza
    e della sua perenne giovinezza,
    di Dio che il cuore scruta nel profondo
    e per sempre sarà luce del mondo.”
    disegni di Antonella Barbafiera
    ex tomtom
    ex comics





Pagina 4 di 4 PrimaPrima ... 234

Informazioni Discussione

Utenti che Stanno Visualizzando Questa Discussione

Ci sono attualmente 1 utenti che stanno visualizzando questa discussione. (0 utenti e 1 ospiti)

Tag per Questa Discussione

Segnalibri

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •