Strategie e soluzioni per cambiarci la vita dalla casa al lavoro BRUNO RUFFILLI
Lastampa.it
Come molti grandi invenzioni, il cloud computing nasce da un fallimento, quello del network computer, che fu lanciato nella seconda metà degli anni Novanta. L'intuizione era la stessa di oggi: ridurre al minimo le componenti più costose, come la memoria Ram, l'hard disk, il processore, e lasciare a un elaboratore centrale il compito di far girare i programmi. Il network computer era il terminale stupido, tutta l'intelligenza del sistema si trovava nel server. Ma per comunicare serviva un'infrastruttura, e internet nel 1996, quando c'era, non superava i 28,8 kB dei modem analogici: una velocità del tutto inadeguata perché il network computer fosse utilizzabile nella realtà. Furono pochissimi gli apparecchi venduti, anche perché nel frattempo il prezzo dei veri pc cominciò a calare: così, dopo pochi anni, il network computer fu archiviato, con cospicue perdite da parte di Oracle, Intel e Microsoft, che ne avevano promosso lo sviluppo e la realizzazione.

La svolta arriva intorno al 2007, con i netbook: dopo anni di crescita e incremento delle prestazioni, per la prima volta i pc non puntano sul primato della velocità del processore o dello spazio su disco, ma sul prezzo più basso possibile. Ma è difficile far girare più programmi contemporaneamente su un netbook: impossibile anche immaginare di scaricare le mail con tutti gli allegati, meglio ricorrere a un servizio webmail, come Gmail, lanciato nel 2004 e uscito dalla versione beta proprio nel 2007.

La nuvola per tutti
Google è stata tra i pionieri del cloud computing di massa, con Gmail, poi con Google Docs e ora col Chromebook, il primo computer pensato per la nuvola. In vendita da giugno, si avvia in appena otto secondi perché ha un sistema operativo ridotto all'osso: preferenze, segnalibri, contatti, applicazioni, calendari, documenti non risiedono sul computer, ma nei server di Google e vengono scaricati dal web. Così anche gli utenti più impacciati non si troveranno mai di fronte un virus, non avranno problemi di spazio per registrare i file, non perderanno mai un file. E' possibile anche lavorare offline, con la suite di programmi Google che per funzionare adesso non ha bisogno di una connessione internet (ma appena viene ripristinata sincronizza tutto con la nuvola). Altri programmi si acquistano online, sul Web Store di Google, che da poco ha anche una sezione in italiano.

In casa e fuori
Il Chromebook è un prodotto innovativo, ma dal futuro commerciale incerto, soprattutto considerando il prezzo, allineato a quello di un normale notebook di fascia bassa. Ma il cloud computing è destinato a crescere, cambiando radicalmente il modo di intendere il possesso e l'uso: che senso ha oggi registrare sul computer migliaia di brani musicali o di film, se poi basta connettersi a internet per averne milioni? Da questa considerazione è nata OnLive, una piattaforma web che permette di giocare con i titoli più recenti senza comprarli né installarli. Ci si abbona, si scarica un'applicazione e si accede ai videogiochi del catalogo, senza limiti (ma solo negli Usa). Il software, che sia un videogame o una suite di gestione dati, diventa così un servizio: non un oggetto da possedere, ma da pagare a seconda dell'uso, come la corrente elettrica.

Sono molti i software ibridi, come l'ultima versione di Office, che si installa regolarmente sul pc, ma comunica con i server di Microsoft per aggiornare i documenti tra più postazioni: così si può cominciare il lavoro in ufficio, proseguirlo a casa, rivederlo in treno, presentarlo al cliente, senza mai doversi chiedere qual è la versione più recente, senza perder tempo con chiavette usb e memorie. E' in questo modo che funziona anche iCloud, il servizio di Apple partito da poco più di una settimana: se si prende un appunto su iPhone, si potrà continuare a scrivere su iPad o sul computer senza nemmeno salvarlo. Anche canzoni e app acquistate vengono copiate automaticamente sui vari dispositivi: il cloud, nell’ultima visione di Steve Jobs, è il nuovo digital hub, il centro della vita digitale cui sono connessi i gadget più svariati. Soluzioni simili esistono anche per gli apparecchi basati su Android, il sistema operativo mobile di Google.

Le imprese
La nuvola porta molti vantaggi per i produttori di software, che in un colpo solo azzerano il problema della pirateria, e per le imprese che non hanno più bisogno di personale specializzato per gestire i computer e pagano solo software e risorse che effettivamente utilizzano.

Secondo una rilevazione del Politecnico di Milano, oltre il 60 per cento delle aziende italiane vede nel cloud computing un'opportunità per il futuro. Al momento, però, ad adottarlo sono soprattutto grandi protagonisti dell'economia nazionale, alcuni rami della pubblica amministrazione, istituzioni come l'Ospedale San Raffaele di Milano. O il Bambin Gesù di Roma, dove il cloud serve per conservare le cartelle cliniche dei pazienti e renderle subito consultabili dai medici attraverso smartphone e tablet.

Nelle piccole e medie imprese, invece, la nuvola è meno diffusa. Intanto le offerte aumentano: c'è Microsoft, con la piattaforma Azure, Amazon EC2 e il Cloud Drive per privati, ma un buon successo ha anche la Nuvola Italiana di Telecom, partita giusto un anno fa. Oggi le si affianca CloudPeople, una community pensata per promuovere e diffondere la cultura sul cloud computing, dove trovare notizie sempre aggiornate e condividere conoscenze. Meglio prepararsi, perché il Centre for Economic Business Research di Londra prevede che la diffusione della nuvola in Italia possa portare benefici per 151 miliardi di euro nel periodo 2010-2015, tra minori spese e nascita di nuove aziende: una cifra enorme, pari a oltre cinque manovre finanziarie.