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Discussione: Il Governo non cambia linea: in arrivo un’altra mannaia triennale

  1. #1
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    Predefinito Il Governo non cambia linea: in arrivo un’altra mannaia triennale

    Risiede nella manovra economica in via di approvazione. Ecco il piano per la scuola: allungare al 2014 il congelamento delle retribuzioni; impedire che dal 2012 possa tornare a crescere il numero di docenti e Ata; impartire a tutti i prof competenze base sul sostegno; verificare le diagnosi che portano al supporto didattico per alunni con limiti d’apprendimento; creare istituti unici per materne, primarie e medie; affidare le scuole piccole a dirigenti non di ruolo.
    Nemmeno il tempo di portare termine l’ultima tranche di tagli previsti dalla Finanziaria di fine 2008 che per la scuola è in arrivo un’altra mannaia triennale: il Governo, su proposta del ministro Tremonti, ha infatti in serbo una nuova manovra economica che oltre all’allungamento del blocco delle retribuzioni di un anno, fino al 2014, come per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione, prevede diverse altre disposizioni che come minimo faranno storcere la bocca al personale scolastico, agli studenti ed alle famiglie.
    L’ultima bozza del provvedimento di finanza pubblica – attraverso cui il Governo ha intenzione di recuperare 47 miliardi di euro (2 miliardi per il 2011, 5 per il 2012 e 20 miliardi rispettivamente per il 2013 e 2014) - prevede anche l’imposizione al Miur di non far lievitare il numero di cattedre e di Ata complessivi. Rimanendo quindi fermi all’organico della prossima estate, privato negli ultimi tre anni di oltre 130.000 posti: "a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013 – si legge nel testo relativo alla manovra economica - le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed Ata della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell’anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell’articolo 64 della legge 6 agosto 2008, n. 133".
    Nel testo sembra essere inoltre accolta, in tempi record, la proposta fatta solo pochi giorni fa da Fondazione Agnelli, Caritas italiana e associazione Treelle a proposito della necessità di formare ad uno livello minimo tutti i docenti della scuola per far fronte al numero crescente di studenti che necessitano del sostegno. Una “mossa”, quella del Governo, che oltre a rendere i docenti più preparati di fronte agli alunni con problemi di apprendimento, renderebbe più facilmente collocabili i docenti di ruolo in sovrannumero (soprattutto alle superiori a seguito della riforma in atto): "nell’ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente – si legge nella manovra in via di approvazione - viene data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili".
    La “stretta” non risparmia nemmeno l’operato delle Commissioni mediche che, attraverso la diagnosi funzionale sull’alunno, reputano se è il caso di assegnare il sostegno scolastic: "le commissioni mediche di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di valutazione della diagnosi funzionale costitutiva del diritto all’assegnazione del docente di sostegno all’alunno disabile sono integrate obbligatoriamente con un rappresentante dell’inps, che partecipa a titolo gratuito".
    La manovra metterà mano anche alle dirigenze scolastiche: prima di tutto alle sedi più piccole - con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche – verranno assegnati presidi assunti a tempo determinato.
    Nel testo della manovra si legge anche che, ufficialmente "per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione", d’ora in poi "la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado", saranno "aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente".
    L’ultimo giorno di giugno, giovedì 30, il Consiglio dei ministri si riunirà per l'approvazione della manovra: è molto probabile che, malgrado i tentennamenti della Lega Nord, alla fine arriverà il sì del Cdm. In tal caso, il Governo farebbe bene a sapere che anche ai sindacati più moderati le novità previste non piacciono; come la Uil scuola, la cui segreteria nazionale ha espresso “netta contrarietà al ventilato blocco delle retribuzioni. Il sistema di istruzione, risorsa virtuosa per lo sviluppo del Paese, ha necessità di personale che veda riconosciuto impegno, professionalità e funzione”, ha concluso il sidacato.
    E a poco servono le rassicurazioni del dicastero di viale Trastevere, il quale in una nota del 28 giugno ha ristretto il problema ai tagli al personale: il Miur ha fatto sapere che "al momento nessun taglio agli organici della scuola, ai fondi per l`università e sui finanziamenti alla ricerca è previsto nella manovra economica attualmente in discussione che sarà presentata in Consiglio dei ministri". Sul resto della manovra nessun accenno.



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  2. #2
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    Finanziaria 2011, i sindacati alzano la testa


    Contro quello che definiscono un duro colpo alla scuola pubblica, protestano Gilda e Flc-Cgil: tra i timori maggiori figurano la scomparsa di 3.000 sedi di dirigenza e l’ulteriore blocco del contratto. Il sindacato di Pantaleo ha organizzato per il 6 luglio un presidio davanti al Senato. No "mirato" della Cisl.
    Le prime reazioni alla Finanziaria erano stata in puro stile “sindacalese”, quasi a prendere tempo. Poi, con il passare dei giorni si sono fatte più critiche. Fino a diventare un coro di proteste. Si è sviluppata più o meno così, attraversata da un crescendo di perplessità, sino all’organizzazione di contestazioni di piazza, la presa di coscienza da parte dei sindacati nei confronti di una manovra economica che alla scuola per l’ennesima volta non fa sconti. Anzi.
    Il sindacato più agguerrito è ancora una volta, dopo quelli di base, la Flc-Cgil: che mercoledì 6 luglio presiederà, dalle ore 11,30, l'entrata del Senato per ricordare ai parlamentari chiamati ad esprimersi che si tratta di un testo "totalmente privo di contenuti, soprattutto rispetto alla stabilizzazione di lavoratrici e lavoratori precari del mondo della conoscenza, tolto il fantomatico piano triennale di assunzioni nella scuola, che è comunque indefinito nei numeri e nei tempi e pertanto del tutto nebuloso. Si cancella, inoltre, il diritto dei precari alla stabilità per i contratti a tempo determinato reiterati per più di tre anni violando la normativa comunitaria".
    Anche secondo Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, si tratta di "un altro durissimo colpo alla scuola pubblica statale" che metterà l'istruzione pubblica "sempre più in ginocchio": il sindacalista sottolinea il fatto che "gli accorpamenti dei plessi previsti dalla manovra provocheranno la scomparsa di 3.000 sedi di dirigenza, a cui si aggiungono molti altri aspetti fortemente negativi, fra i quali un ulteriore anno di blocco del contratto che non viene rinnovato da ben sei anni, con un taglio degli stipendi che, progressivamente, ha raggiunto il 15%".
    Sempre sul fronte remunerativo, Di Meglio evidenzia che "il destino degli scatti di anzianità rimane ancora sospeso". Il leader della Gilda, poi, denuncia i mancati tagli ai costi della politica e cita due esempi: la soppressione delle province, non prevista dalla finanziaria "nonostante si tratti di enti inutili che comportano spese ingenti nel bilancio pubblico", e il mantenimento di circoscrizioni anche in Comuni molto piccoli.
    La Gilda degli Insegnanti punta l'indice anche contro "la proliferazione dei manager pubblici che, in maniera totalmente ingiustificata, percepiscono stipendi astronomici, oltre 5.000 euro al mese, a cui non corrispondono risultati adeguati".
    La Cisl per il momento si è scagliata, come spiegato in un altro articolo, sulla novità che costringerebbe i docenti reputati dalle commissioni mediche non più idonei all'insegnamento a cambiare mestiere: d’ora in poi saranno trasformati, peraltro entro 30 giorni dall'accertamento delle Asl, in semplici impiegati. Anche, se non c’è posto o non è stata prodotta la domanda entro i tempi prefissati, in un'altra amministrazione statale. “Non ci interessa sapere per quali ragioni si sia immaginata una soluzione così drastica e pesante, né quante probabilità abbia di essere davvero tradotta in pratica: per la Cisl Scuola – ha tirato corto il sindacato di Scrima - questa ipotesi è semplicemente da rimuovere”.



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    Le Regioni e il ridimensionamento delle istituzioni scolastiche

    Ci sono nella manovra di stabilizzazione finanziaria almeno due passaggi problematici che chiamano in causa il sistema Regioni e che potrebbero comportare tempi non brevi e procedure non semplici.
    Il primo problema riguarda la generalizzazione degli istituti comprensivi nel 1° ciclo. "Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione - dice l'art. 19 del decreto - a decorrere dall’anno scolastico 2011 – 2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado".
    Una ristrutturazione del genere non si fa in poco tempo (si parla addirittura dal 2011-12) e chiama in causa direttamente le Regioni e i Comuni che hanno competenza in materia. Impensabile che si possa decidere tutto in due o tre mesi.
    L'altro questione, contestuale alla prima (gli istituti compresivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche) e che, come la precedente, chiama direttamente in causa Regioni, Comuni e anche Province, è quella che prevede l'innalzamento del parametro di dimensionamento (calcolato sul numero degli alunni iscritti) che dovrebbe passare dagli attuali 500-900 ad almeno mille.
    Anche in questo caso il ridimensionamento non si fa a tavolino e richiede partecipazione, condivisione e accordi istituzionali sul territorio. L'esperienza di tre anni fa, ai tempi del cosiddetto commissario ad acta nei cnfronti delle Regioni inadempienti dovrebbe avere insegnanto qualcosa. O no?
    C'è poi l'aspetto finanzario, piuttosto controverso, derivante dalle due disposizioni. Nel caso dell'innalzamento del parametro alunni, non vi è dubbio che esso comporterà l'accorpamento e la soppressione (tutta da quantificare) di diverse istituzioni scolastiche, con minore spesa per decremento di organico ddi dirgenti scolastici, Dsga e applicati di segreteria.
    Nel caso invece di trasformazione delle direzioni didattiche e degli istituti principali di scuola media in istituti comprensivi (difficile prevedere se alla fine il numero complessivo sarà cambiato), la loro trasformazione comporterà l'aumento di una unità di personale amministrativo per ogni nuovo istituto comprensivo. E' davvero il caso di insistere?




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