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Discussione: Sostegno

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    Come sostenere i docenti di sostegno


    Affrontare i problemi degli allievi disabili con logica burocratica tradisce i principi dell'integrazione e, quel che è peggio, danneggia i ragazzi.
    Purtroppo, ciò avviene sempre più spesso nella scuola italiana, come ci segnala il caso scoppiato a Torino pochi giorni fa. Al momento delle assegnazioni di circa 300 posti di sostegno, si è scoperto che oltre due terzi erano stati attribuiti a docenti «soprannumerari», vale a dire insegnanti curricolari di ruolo che, non potendo più insegnare nella loro scuola a causa della riduzione del monte ore della loro materia, della diminuzione delle classi o dell'arrivo di un collega con maggiore anzianità di servizio, avrebbero accettato una posizione di sostegno nello stesso istituto invece del trasferimento in un'altra scuola. Peccato che la quasi totalità di costoro non avesse la qualificazione per lavorare con i ragazzi con disabilità. Dopo molte polemiche, c'è stata una parziale marcia indietro.
    L'idea di assegnare al sostegno docenti senza una preparazione specifica è sbagliata, doppiamente sbagliata. Da un lato, poiché nessuno penserebbe mai di fare insegnare matematica a chi fino a ieri ha insegnato latino, stupisce che un docente abbia così poca considerazione della sua professionalità da rinunciare alla sua disciplina, pur di non trasferirsi di qualche chilometro. Dall'altro - ed è l'aspetto più preoccupante - la vicenda conferma come il sostegno sia spesso considerato dall'amministrazione scolastica (e dai sindacati) un impiego di serie B, al punto da assegnarlo a chi non è qualificato a farlo, perdendo di vista che l'alunno con disabilità richiede competenze e metodologie didattiche particolari, formazione specifica ed esperienza.
    In questo, come in altri campi, nel nostro Paese c'è un conflitto fra principi e pratica. Nei principi, il modello di integrazione è probabilmente fra i più avanzati al mondo: prevede infatti che i ragazzi con bisogni educativi speciali siano pienamente inseriti nella vita quotidiana - non solo didattica, ma anche di relazione - della classe, con l'aiuto dell'insegnante di sostegno. In molti Paesi, come Francia e Germania, esistono invece ancora scuole e classi differenziali. Nella pratica, però, le cose non funzionano bene, come emerge da un recente studio di Associazione Treellle, Caritas italiana e Fondazione Agnelli. Il sostegno si trasforma spesso in una trafila burocratica, che traduce meccanicamente la certificazione di disabilità delle Asl in ore di sostegno, senza una vera lettura dei bisogni dei ragazzi; gli altri insegnanti tendono a delegare in toto l'integrazione scolastica del disabile al docente di sostegno; è ormai pratica frequente che gli insegnanti acquisiscano la specializzazione sul sostegno per accelerare il passaggio in ruolo, salvo poi rientrare nei ranghi «normali» appena possibile, con grande spreco di risorse; infine, il turn-over sul sostegno è perfino più elevato di quello degli altri insegnanti: se la mancanza di continuità didattica è un danno per qualsiasi studente, figuriamoci per uno con disabilità. Insomma, si privilegiano gli aspetti organizzativi della professione insegnante all'aiuto effettivo alle famiglie e ai ragazzi.
    Come ritornare allo spirito originario della legge? La nostra proposta è l'opposto di quanto stava per accadere a Torino: invece di assegnare il sostegno a persone non qualificate, tutti gli insegnanti della classe vanno qualificati e coinvolti nell'educazione del ragazzo con bisogni speciali (il disabile, ma anche chi soffre di disturbi specifici dell'apprendimento, come la dislessia, o lo straniero con problemi di lingua), eliminando progressivamente la figura del docente di sostegno. Naturalmente, perché questo si realizzi occorre che gli insegnanti normali ricevano un'adeguata formazione. Inoltre, servirebbero su base territoriale nuclei di esperti altamente specializzati nella pedagogia speciale, che supportino scuole e famiglie nella lettura dei bisogni e nella fatica quotidiana. Lo sappiamo: non è cosa che si faccia dall'oggi al domani. Ma si deve cominciare subito a preparare questa prospettiva, prima che il modello d'integrazione collassi, soffocato dall'effetto congiunto di risorse in calo e aumento degli allievi con bisogni educativi speciali.

    La scuola italiana inizia il nuovo anno con il consueto bagaglio di sfide e problemi, inclusa la piena integrazione dei ragazzi disabili. In questo campo l'Italia vanta un primato di civiltà: sarebbe davvero vergognoso se, per esigenze di bilancio, inerzia burocratica o interessi corporativi, la scuola facesse un passo indietro.



    Eduscuola

    "L'esperienza è maestra di vita"



  2. #2
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    Sostegno, per la Cassazione non è ammissibile risparmiare riducendo le ore assegnate

    I magistrati ermellini con la sentenza 25011 hanno condannando il Miur e una scuola friulana per condotta discriminatoria verso una bimba disabile iscritta alla scuola dell’infanzia: l’amministrazione ha gli strumenti per dare piena attuazione alle misure corrispondenti alle esigenze del bambino, per come prefigurate in concreto a seguito della redazione conclusiva del piano educativo individualizzato.
    I tagli di spesa, che riducono il monte ore degli insegnanti di sostegno, sono inammissibili quando si ha a che fare con bambini con grave disabilità iscritti alla scuola dell’infanzia. A stabilirlo è la Cassazione, che con la sentenza 25011 ha condannando il Miur e una scuola friulana per condotta discriminatoria verso una bimba disabile.
    Secondo i magistrati ermellini, l’amministrazione scolastica deve garantire il monte ore nella sua interezza, senza alcuna discrezionalità, nella misura programmata attraverso il piano educativo individualizzato.
    “In presenza di un handicap grave – affermano le Sezioni Unite civili della Cassazione – l’amministrazione ha gli strumenti per dare piena attuazione alle misure corrispondenti alle esigenze del bambino, per come prefigurate in concreto a seguito della redazione conclusiva del piano educativo individualizzato (Pei), il quale, accertando la misura in cui il servizio di sostegno è necessario per quel disabile, individua un nucleo indefettibile insuscettibile di riduzione o compressione in sede di determinazioni esecutive”.
    Per questa ragione, i supremi giudici, hanno confermato che a una bimba friulana con handicap del 100% deve essere garantito tutto il monte ore settimanale di sostegno, pari a 25 ore stabilite dal Pei, che le consentirebbe di frequentare l’asilo a tempo pieno mentre l’amministrazione scolastica dell’Istituto comprensivo di Tavagnacco (Udine), dove era iscritta, le aveva dato il tutor solo per 12 ore e mezzo. Invano il Miur e la scuola si sono difesi dall’accusa di comportamento discriminatorio facendo presente che “l’alunna, nel corso dell’anno scolastico 2011-2012, ha usufruito di 12,5 ore di sostegno e di 9 ore di educatore socio-educativo, per un totale di 21,5 ore settimanali, interamente coperte dalle predette figure professionali, oltre che dai docenti ordinari, e che il personale scolastico si è attenuto ad una ‘logica e pratica inclusiva’, senza affidamento esclusivo ad un docente differenziato rispetto ai compagni”.
    “Di qui – ad avviso del Miur e della scuola, difesi dall’Avvocatura dello Stato – l’irrilevanza del monte ore, non potendo trarsi alcuna discriminazione dal fatto che la minore abbia frequentato la scuola fino alle ore 13 anzichè a tempo pieno”. Inoltre, per l’avvocatura erariale, sussiste “un potere discrezionale della pubblica amministrazione nell’erogazione del servizio pubblico”, e poi “la scuola dell’infanzia, non è scuola dell’obbligo, sicchè non entrerebbe in gioco alcun diritto all’istruzione” tanto è vero che c’è il “contingentamento delle sezioni e le liste di attesa”, e dunque non è un diritto “assoluto e incomprimibile”.
    Nel loro verdetto i supremi giudici replicano che “è esatto che l’iscrizione alla scuola dell’infanzia è facoltativa, ma ciò non toglie che, per espressa previsione legislativa (art.12 legge n.104 del 1992), il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata è garantito anche nella scuola d’infanzia”. “Quanto poi al limite delle risorte disponibili, occorre rilevare che il quadro costituzionale e legislativo – rileva l’alta Corte – è nel senso della necessità per l’amministrazione scolastica di erogare il servizio didattico predisponendo le misure di sostegno necessarie per evitare che il bambino disabile altrimenti fruisca solo nominalmente del percorso di educazione e di istruzione”. E anche i bambini ‘normali’ ne avranno vantaggio perchè – conclude la Cassazione – avere in classe un bambino ‘diverso’, “può indurre a rispettare ed accettare la diversità come parte della diversità dell’umanità stessa”.
    Per danni morali, Miur e scuola devono indennizzare con cinquemila euro i genitori della bimba che hanno agito in sua rappresentanza e difesa.



    Tecnica della scuola
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  3. #3
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    La Buona Scuola? Ecco cosa riserva il Miur per gli specializzati sostegno


    Inviato da Coordinamento Nazionale TFA Sostegno - Oggetto: Spendibilità del titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico istituito con D.M. n. 706/2013
    Con il presente documento, i docenti abilitati con Tirocinio Formativo Attivo (TFA) e con Scienze della Formazione Primaria (SFP), che hanno conseguito o che sono in procinto di conseguire il titolo di Specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità ai sensi del DM n. 706 del 9/8/2013, intendono sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulla grave disparità di trattamento nella spendibilità del titolo di specializzazione.
    I docenti abilitati con TFA/SFP, a differenza dei colleghi di corso abilitati con precedenti tipologie di corso/concorso (SSIS ed altri), a fronte del superamento della medesima procedura selettiva/concorsuale, della frequenza del medesimo corso e del superamento dei medesimi esami finali, saranno in possesso di un titolo che avrà, allo stato attuale della normativa vigente, valore e conseguenze estremamente differenti ed auspicano che possano essere rimossi gli ostacoli di natura legislativa al fine di una piena fruizione del titolo di Specializzazione a fini lavorativi.
    Le criticità riguardanti il differente trattamento degli specializzati, abilitati con TFA/SFP rispetto agli abilitati con precedenti tipologie di corso/concorso si enucleano principalmente attorno ai seguenti punti:
    1. La spendibilità del titolo di specializzazione limitata a un contingente di venti scuole (Graduatorie di istituto di seconda fascia) all’interno di una sola provincia a fronte di un elevato fabbisogno presente sul territorio nazionale.
    2. L’assenza di un canale di reclutamento che contempli la specificità del titolo conseguito nonostante vi sia un elevato fabbisogno di docenti specializzati in tutti gli ordini e gradi d’istruzione.
    In merito al primo punto, è facile considerare che la spendibilità del titolo nelle Graduatorie di Istituto, limitato ad un contingente di venti scuole, sarà verosimilmente eterogenea sul territorio nazionale in considerazione del numero di specializzati presenti nelle GAE o graduatorie di merito (GM), diverso da provincia a provincia.
    Infatti, nonostante in molte province le GAE e le GM riguardanti il sostegno siano attualmente esaurite, allo stato attuale sembra non essere intenzione del Governo coprire i posti disponibili se non con supplenze temporanee, lasciando il concorso su materia come unico canale di stabilizzazione. Così deciso, mentre i docenti Specializzati presenti in GAE, potranno col medesimo titolo essere stabilizzati, gli specializzati fuori dalle GAE no, generando una grave disparità di trattamento tra specializzati.
    Per gli abilitati TFA/SFP tale condizione si profila come doppiamente penalizzante a seguito del DDL La Buona Scuola, sia per il quasi azzeramento degli incarichi di supplenza riguardante la propria classe di abilitazione sia per l’impossibilità di prendere parte al Piano di stabilizzazioni straordinario sul sostegno previsto dal Decreto Carrozza (ultimo anno Piano Carrozza non colmerà il fabbisogno dei docenti specializzati in organico di diritto, pertanto si dovrà ricorrere a personale precario come esplicitato nel documento iniziale de La Buona Scuola).
    Alla luce di ciò, nel prossimo anno scolastico potrebbero profilarsi le seguenti drammatiche condizioni:
    1. In alcune province dove le GAE e le Graduatorie di Merito del Sostegno sono esaurite e dove il numero degli specializzati presenti in seconda fascia delle GI è insufficiente, potrebbero essere conferiti incarichi/supplenze a non specializzati;
    2. In altre province, dove tutti i posti in organico saranno occupati dalle immissioni in ruolo, gli specializzati sulle attività didattiche di sostegno non potranno lavorare.
    Ciò, oltre a costituire un vero e proprio paradosso, è gravemente lesivo dei diritti degli alunni con disabilità nel vedersi riconosciuto un insegnante specializzato nelle attività didattiche di sostegno prima di un docente non specializzato come la normativa prescrive ed a seguito delle numerose pronunce giurisprudenziali sul punto.
    In merito al punto due, se si considera che i docenti in II GI avranno il solo concorso come canale di reclutamento e che la possibilità di essere immessi in ruolo su Sostegno dipende esclusivamente dal superamento del concorso sulla disciplina per cui si è abilitati, è immediato considerare che si creerebbe una forte e ingiusta disparità fra docenti Specializzati sul sostegno appartenenti ad una classe di concorso con più posti a bando e docenti Specializzati sul sostegno appartenenti ad una classe di concorso più “sfortunata” (storia dell’arte, economia, diritto, filosofia, ecc.)
    Ciò posto, va considerato anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea sul perpetrarsi di contratti a tempo determinato oltre i trentasei mesi di servizio su posto vacante e disponibile, pena risarcimenti.
    Dunque, se non si porrà riparo all’ordinamento vigente, il vincolo del solo concorso su materia, unito al restringimento degli incarichi per requisiti di servizio comporterà verosimilmente un reale “spreco di risorse formate e specializzate” che vedranno la loro professionalità fortemente osteggiata dall’ordinamento vigente e giova ripeterlo, con grave danno per i diritti degli alunni con disabilità.
    Inoltre, se è vero che l’intenzione del governo è dar vita ad una separazione totale delle carriere tra l’incarico di sostegno e le classi disciplinari, come si evince nella PDL 2444 presentata in Commissione Cultura, non si comprende come l’amministrazione non ponga al più presto riparo a tali discrepanze sin qui espresse e come le associazioni di categoria (FISH e FAND in primis) non sollevino tali problematiche come estremamente connesse all’impianto generale della PDL, al fine di favorire l’ingresso stabile di specializzati nei ruoli di sostegno.
    Poste le notevoli criticità sopra espresse, nell'atteggiamento di rispetto reciproco, dialogo e collaborazione, i docenti abilitati con TFA/SFP chiedono alle Istituzioni competenti di prendere posizione per la difesa della validità ed equità del titolo di Specializzazione sul Sostegno e con la loro mobilitazione, chiedono in ordine di priorità:
    - Ottenere la creazione di una graduatoria provinciale per l'attribuzione degli incarichi di supplenza che superi il limite di 20 istituti scolastici;
    - Assicurare che, su tutto il territorio nazionale, i docenti specializzati sul sostegno abbiano assoluta precedenza rispetto ai non specializzati.
    A titolo esemplificativo e chiarificatore: uno specializzato sul sostegno inserito in II Fascia GI in una provincia SATURA (X) deve poter avere la precedenza – anche tramite MAD – su tutti i non specializzati della provincia (Y), in subordine agli specializzati della stessa provincia (Y).
    - Ottenere la possibilità di essere inseriti nelle immissioni in ruolo - una volta esauriti gli elenchi sostegno delle GAE e delle GM - mediante il piano straordinario de “La Buona Scuola” a fronte dell’effettivo fabbisogno sul territorio nazionale sul sostegno.
    Solo riformando l’ordinamento vigente nelle direzioni ivi individuate si potrà porre rimedio ad un grave paradosso nel conferimento degli incarichi di sostegno, riconoscendo a pieno i diritti degli alunni con disabilità e le professionalità dei docenti formati che li avranno in carico in un’ottica inclusiva del sistema scolastico italiano.

    Orizzontescuola
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  4. #4
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    Va sempre provato il danno per la mancata assegnazione delle ore di sostegno



    Se l’istituto scolastico non assegna correttamente all’alunno disabile il monte ore di sostegno a lui spettante, il risarcimento del danno patito dal minore non avviene in maniera automatica e in via equitativa, ma le conseguenze pregiudizievoli della mancata assegnazione devono essere adeguatamente provate, nonché rapportate alle limitate risorse finanziarie degli istituti scolastici. Questo è in sintesi il contenuto della sentenza del Consiglio di Stato 3400/2015.
    La vicenda
    La questione era sorta in seguito al ricorso presentato dinanzi al Tar dell’Abruzzo dai genitori di un ragazzo disabile, volto a ottenere il risarcimento del danno sofferto per la non completa assegnazione delle ore di sostegno. La scuola, infatti, aveva assegnato al minore per i primi 4 mesi dell’anno scolastico soltanto 9 ore di sostengo, a fronte delle 18 a lui spettanti. I giudici amministrativi di primo grado avevano riconosciuto il diritto al risarcimento del danno e lo avevano quantificato in via equitativa in 5mila euro.
    Di diverso avviso si è mostrato invece il Consiglio di Stato che ha ribaltato la decisione del Tar e ha fornito alcune precisazioni sulla prova del danno e sul diritto all’assistenza scolastica.
    È necessaria la prova del danno patito dal minore
    In primo luogo, i giudici ritengono che il danno non patrimoniale subìto dal minore in conseguenza della mancata assegnazione dell’esatto monte ore di sostegno a lui spettanti non può essere considerato in re ipsa, ma per addivenire a una riparazione per equivalente è necessario dare la prova, anche per presunzioni, «che il minore abbia subìto “micro-pregiudizi”per effetto della mancata assegnazione di un numero sufficiente di ore». Nel caso di specie, il Consiglio di Stato evidenzia come i genitori del minore non abbiano assolutamente dimostrato che la mancata assegnazione di un numero congruo di ore di sostegno ha provocato un pregiudizio all’apprendimento scolastico del figlio, il quale non ha subìto per ciò «deficit cognitivi che abbiano pregiudicato il suo corso di studi».
    La parità di bilancio e l’assistenza scolastica
    Ciò posto, i giudici sottolineano un aspetto importante della vicenda, ovvero il corretto rapporto che deve sussistere tra il diritto all’assistenza scolastica e le esigenze finanziarie dell’amministrazione. Per il Consiglio di Stato, infatti, il primo non è un diritto incondizionato «dovendo coniugarsi e essere posto in giusta e ragionevole proporzione con le esigenze generali rivenienti dalla limitatezza delle risorse finanziarie degli istituti scolastici», non potendo in tal caso rimproverarsi l’istituzione scolastica di non essersi adoperata per far fronte alle esigenze assistenziali di cui il minore aveva bisogno.


    Edscuola
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  5. #5
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    Sostegno. Daniela Boscolo: No alle carriere separate, ma docenti per aree disciplinari


    Daniela Boscolo, nella lista Varkey Foundation dei 50 “migliori” insegnanti al mondo interviene sul nodo problematico del momento, l'organizzazione dell'insegnamento di sostegno.
    In una intervista al Messaggero la docente specializzata ribadisce la sua contrarietà all'ipotesi di separazione tra le carriere di docente di sostegno e docente curricolare. "Il docente conosce le problematiche di una cattedra - afferma la Boscolo - di una cattedra, e sa quali metodi utilizzare".
    Il vero problema affrontato dalla professoressa è la mancanza di ore di sostegno assegnate agli alunni. La media infatti è di 9 ore a settimane, con il rischio che nel tempo residuo trascorso a scuola l'alunno stia da solo, in classe o nel corridoio.
    Il deficit - conclude la Boscolo, va risolto oltre che con le assunzioni, anche con docenti di sostegno per aree disciplinari: in un liceo classico, ad esempio, deve andare il docente umanistico che possa collaborare al meglio nelle materie.
    Intanto il Sottosegretario Faraone annuncia "Il docente entrerà in ruolo sul sostegno con un percorso dedicato. Ma questo non c'entra nulla con l'interazione con gli altri docenti", spiega. "Prevediamo corsi di formazione per tutti: docenti curricolari, dirigenti scolastici, personale amministrativo per un contesto realmente inclusivo".

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