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Discussione: Il merito premia i docenti "gestori". E gli altri?

  1. #1
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    Predefinito Il merito premia i docenti "gestori". E gli altri?

    La conclusione della sperimentazione “Valorizza” (276 insegnanti premiati su 905 docenti di 33 scuole in Piemonte, Lombardia e Campania) introduce nel quadro dell’attuale politica scolastica un fattore attinente al profilo professionale del docente che fuoriesce dagli schemi tradizionali della gestione ministerial-sindacale dei posti in organico da conservare o da implementare. La discussione concerne ora la valutazione della qualità del lavoro in classe e non più soltanto la modalità con cui determinare e assegnare i posti. La fase che è stata aperta ha un rilievo ancora maggiore se si pensa che alla valutazione dei docenti si affianca l’altro progetto sperimentale, che ha iniziato il suo iter triennale, riguardante la valutazione della qualità in 77 scuole italiane (VQS). La valutazione richiede una cultura della valutazione che, nel caso della scuola, tocca questioni di capitale importanza, quali: il significato dell’insegnamento, lo scopo della comunicazione didattica, la percezione del bisogno dell’alunno.
    Il progetto “Valorizza” è imperniato su un’idea di misurazione dei risultati conseguiti dai docenti, connessa a tre azioni strettamente intrecciate tra di loro: l’autovalutazione del docente singolo; il grado di apprezzamento all’interno della scuola (validato dalla cosiddetta “utenza”); la premiazione del merito professionale. La valutazione non è concepita, dunque, come fine a se stessa, ma appunto associata ad una forma di incentivazione economica, che in questa prima tornata di prove si risolverà in una mensilità di stipendio in più assegnata ai docenti selezionati (il 30% di coloro che ne hanno fatto richiesta all’interno delle scuole che hanno aderito).
    Nella misura in cui l’esperimento tende alla messa a punto di un modello di rilevamento delle eccellenze professionali che non è descrittivo, ma in gran parte quantitativo (dove per “quantità” si intende una percentuale rilevante di comportamenti utili), le osservazioni, positive o negative che siano, devono centrare la fondatezza del criterio e non svicolare verso la scarsa accoglienza ricevuta dal corpo docente. Non c’è infatti una assoluta e aprioristica opposizione alla valutazione da parte dei docenti, come s’è visto. E non tanto perché il docente sia più sensibile al merito (magari anche questo, in tempi di vacche magre), quanto perché la categoria si è frammentata e le funzioni si sono estremamente diversificate.
    Bene, se si esaminano le carte, ossia i materiali utilizzati per il monitoraggio delle eccellenze professionali, dalle domande fornite ai docenti per l’elaborazione delle griglie di autovalutazione emerge un profilo professionale di docente attivo, molto piegato sulla soluzione dei compiti, piuttosto che sulla costruzione, per così dire, di una propria identità umana e professionale.
    Si chiede, ad esempio, se il docente sia pronto ad adeguare “il processo di insegnamento/ apprendimento ai cambiamenti dei curricola” e, ancora, se sia in grado di gestire “con successo la risoluzione dei vari conflitti che possono emergere nel gruppo classe”. Insomma, senza insistere troppo su questo excursus, pare che i meccanismi premianti si attaglino grosso modo ad una figura di docente collaborativo, che promuove progetti all’interno del suo istituto ed è efficace gestore dei processi di apprendimento degli alunni. Una figura simile coincide con l’insegnante abile fruitore e utilizzatore di metodologie didattiche (anche di matrice tecnologica) che è stimato perché promotore di iniziative che hanno una certo impatto presso i genitori (cui si chiede per esempio, nella scheda a loro riservata, se il docente usi “metodi e strumenti innovativi”) e anche presso gli alunni.
    Forse non farà testo, o forse sì, ma una delle scuole i cui docenti hanno partecipato al progetto “Valorizza” (la media “Pascoli” di Valenza, in provincia di Alessandria) è stata menzionata dalla rivista Panorama per le lavagne multimediali, i computer, i corsi di pianoforte e francese.
    Il docente “innovatore” è indubbiamente sensibile al merito, proprio perché si sente investito di una responsabilità che lo distingue dagli altri colleghi, senza che ciò comporti chiusure preconcette, ma appunto stimoli e capacità progettuale. In questo senso però, se il miglioramento degli apprendimenti è collegato in modo unilaterale all’attivazione di pratiche didattiche e gestionali innovative, si rischia di tagliare via (e di escludere dalla partecipazione alla valutazione) l’insegnante che aiuta gli alunni a maturare conoscenze e competenze perché è aperto ad una continua verifica dello spessore culturale della professione, intesa come insieme di legami con la realtà (i propri maestri, gli oggetti dell’insegnamento, la partecipazione a luoghi associativi) che, non meno degli atteggiamenti precedenti, comportano un percorso professionale meritevole di attenzione.
    Perché non avere chiesto al docente se sia in qualche modo lui stesso protagonista di cultura professionale attraverso la coltivazione di rapporti e reti tra docenti che esulano dall’ambito del consiglio di classe o del collegio di appartenenza? E, allo stesso modo, la ricerca di una chiarezza epistemologica concernente l’oggetto del proprio insegnamento (prospettiva che vede il docente sempre inserito in una comunità disciplinare o di interesse), non è un altro tema meritevole di rilevazione?
    In conclusione, oltre che sul metodo di tipo premiale (non diverso, tutto sommato, dai riconoscimenti incentivanti che sono previsti dai contratti sindacali) v’è da discutere a fondo sulla sostanza dei documenti di valutazione/ autovalutazione, al fine di riconoscere chi nella scuola lavora non solo perché “gestisce”, ma anche perché “agisce”, cioè si assume delle responsabilità verso la propria materia di insegnamento e il contesto educativo nella quale essa è inserita.
    Tutto questo oggi si può fare a ragion veduta e in conformità ad un percorso avviato: bene l’inizio, ma la pianta deve ancora crescere.



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  2. #2
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    Gelmini: «Insegnanti per merito e con piani triennali»


    Puntualmente si riapre, come ogni anno, la polemica sul precariato nella scuola: da una parte le proteste sui punteggi, sul trasferimento di aspiranti insegnanti in fuga da graduatorie super affollate del Sud e dall' altra una sterile polemica basata sulla necessità di aprire in modo indiscriminato i percorsi di laurea per diventare insegnanti o per conseguire l' abilitazione all' insegnamento. Come si sono formate negli anni graduatorie di insegnanti abilitati ed in attesa di posti che non sono e non potranno essere mai in un numero sufficiente? Proprio attraverso concorsi che per migliaia di insegnanti, che non entravano nel numero dei posti programmati e messi a concorso, valevano comunque l' abilitazione. In questo modo si sono formate graduatorie di oltre 240.000 precari, alcuni dei quali sono in attesa da anni di entrare in ruolo. Con il piano di assunzioni varato dal governo abbiamo dato una risposta importante a queste lunghe attese ed una consistente sforbiciata alle graduatorie, assumendo oltre 67.000 unità tra insegnanti e personale amministrativo. Ma il problema ha ancora dimensioni gigantesche: resteranno nelle graduatorie oltre 200.000 insegnanti abilitati. Dopo aver coperto tutti i posti disponibili fino ad oggi con il piano di assunzioni appena varato, nei prossimi anni gli unici posti disponibili saranno quindi quelli derivanti dai pensionamenti. Il sistema informativo del ministero e gli uffici di statistica calcolano che mediamente, in base all' età e all' anzianità di servizio, andranno in pensione, a seconda degli anni, dai 22.000 ai 25.000 insegnanti. Se calcoliamo per i prossimi anni il rapporto tra i posti che saranno disponibili ed il numero degli insegnanti già abilitati, il saldo resterà a lungo passivo per tutti i livelli scolastici. La domanda quindi è: abbiamo bisogno di creare nuovi abilitati? Evidentemente no, visti i numeri. Dobbiamo alimentare nei giovani false speranze, creare nuovamente una fabbrica di illusioni pensando che comunque nella scuola con qualche sanatoria si riuscirà prima o poi ad entrare? Anche in questo caso l' unica risposta responsabile è quella che abbiamo dato con il nuovo percorso di studi per diventare insegnanti che si fonda appunto su un numero chiuso, programmato proprio sulla base dei posti disponibili. Posti solo in base alle reali necessità della scuola italiana. Fine del precariato a vita. Gli studenti che oggi fanno la scelta dell' insegnamento devono prima di tutto sapere quale è il fabbisogno di posti al momento in cui termineranno gli studi e quindi poter valutare in maniera realistica la speranza di ottenere un' occupazione nella scuola. Lo Stato non può più creare artificialmente posti di lavoro che non esistono, come ha fatto irresponsabilmente per decenni. Non corrisponde a verità l' accusa secondo la quale i provvedimenti del ministero penalizzerebbero i giovani a favore dei più anziani che attendono di essere assunti nelle graduatorie. Una gran parte infatti dei posti disponibili sarà data ai giovani, garantendo loro una concreta chance per accedere all' insegnamento. Quello che non farò mai però è prendere in giro i ragazzi. Questo non è un esecutivo irresponsabile e non vuole alimentare quel meccanismo che ha portato a generare il fenomeno del precariato nella scuola. Offriremo dunque una concreta possibilità ad una generazione di giovani aspiranti insegnanti di entrare in ruolo. Tutto ciò sarà fatto solo all' interno dei posti disponibili e di cui la scuola ha veramente bisogno. In ogni caso, la concreta opportunità di entrare in ruolo dipenderà esclusivamente dalla possibilità di bandire procedure concorsuali basate sul merito. Questa è appunto la nuova disciplina di reclutamento a cui sto lavorando. Non è quindi solo con la determinazione dei numeri del TFA che si dà una seria risposta alle giovani generazioni. Per rilanciare la scuola italiana e renderla moderna è necessario un sistema organico di misure, in parte già attuate, come la riforma degli ordinamenti, il piano triennale di assunzioni, la nuova disciplina della formazione iniziale e altre da approvare, come il nuovo reclutamento che sarà realizzato solo su base meritocratica. Mariastella Gelmini ministro all' Istruzione, Università e Ricerca.


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    Il merito in Consiglio dei ministri tra critiche e riserve


    E’ in arrivo in Consiglio dei ministri il provvedimento sul merito voluto dal governo Monti e dal ministro dell'Istruzione Profumo. Potrebbe essere un decreto legge anziché un disegno di legge, come inizialmente previsto. La riforma riguarda sia gli studenti di scuola secondaria che gli universitari.
    Lo ‘studente dell'anno’, scelto da ogni scuola fra i 100 e lode della maturità, riceverà una borsa di studio aggiuntiva e uno sconto del 30% sulle tasse universitarie. Sono previsti anche corsi estivi gratuiti per i più bravi, nonché premi anche per le scuole migliori e più test per tutti all'università con l’obiettivo di orientare gli studenti nella scelta dei corsi di laurea.
    Sul provvedimento non mancano critiche e riserve da parte dei diversi schieramenti politici e dei sindacati. Per l'ex ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni il suo successore Profumo sta seguendo una strada sbagliata: “Spero che il ministro eviti scelte precipitose e poco accorte. L'Italia ha bisogno di una scuola di qualità per tutti e non di una scuola di élite per pochi, con il rischio di abbandono per molti”. Simile anche la valutazione della Cisl scuola, il cui segretario Scrima afferma che “Il merito, nella scuola, va certamente riconosciuto, ma non possiamo accettare che si stravolga l'anima di un sistema scolastico votato a garantire una buona scuola per tutti”.

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    Il merito di Profumo scontenta tutti


    Un miliardo di euro di fondi europei per l'istruzione al Sud, 117 milioni per le scuole che offrono una seconda chance a chi ha abbandonato gli studi. E 400 milioni per gli asili nido. E per il merito? «Solo 30 milioni». É con questi numeri che ieri il ministro dell'istruzione, università e ricerca, Francesco Profumo, ha provato a smantellare il grattacielo di critiche che ha collezionato la sua proposta di riforma sul merito nella scuola e nell'università: contrarie le associazioni di genitori e i sindacati (si confonde il merito con la qualità della scuola, una delle critiche più diffuse).
    In una nota inviata ai sindacati e pubblicata sul sito del miur, ieri Profumo rivendica l'impegno a favore della scuola di tutti, a cui la riforma del merito toglierebbe poche risorse. «Spero che la lettera del ministro sia solo il preliminare di un approfondito confronto di merito che dia corpo a relazioni sindacali vere e non soltanto epistolari», è la secca replica di Francesco Scrima, segretario Cisl scuola. E sugli stanziamenti citati da Profumo a dimostrazione della sua buona volontà: «Non vorremmo che si trattasse in larga parte di un déja vu (fondi europei), o di spese non propriamente riconducibili all'istruzione, come nel caso di quelle destinate agli asili nido», che sono a carico del ministero del welfare. «Una scuola migliore? Accettiamo la fida», rilancia Massimo Di Menna, segretario Uil scuola. La riforma era attesa al consiglio dei ministri la scorsa settimana, quando era già alla terza versione. Poi è stata rinviata a domani, per metterla a punto in modo da farla piacere ai contestatari e a chi vuole che si faccia a tutti i costi: del resto il premier Mario Monti l'ha già illustrata (non si sa però in quale versione) al capo dello stato, Giorgio Napolitano. Restano le contrarietà dei sindacati. Intanto però non è neanche certissimo che domani se ne ridiscuta al cdm, potrebbe subire un nuovo rinvio, una nuova pausa di riflessione. Al ministero dicono: il testo è ancora in riscrittura. Ma che cosa prevede di così radicale e urticante la riforma Profumo? ItaliaOggi ha avuto modo di leggere una delle ultime bozze: 31 pagine, divise in due capi, il primo per la scuola, il secondo per l'università. Titolo: «Schema di decreto legge recante misure urgenti per la valorizzazione della capacità e del merito nell'istruzione, nell'università, nell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e nella ricerca». Il primo articolo è dedicato alla capacità e al merito nelle scuole: tutti gli istituti, compresi quelli paritari, devono prevedere sistemi premianti per gli alunni migliori, coinvolgendoli in competizioni nazionali o internazionali. La regola vale sia per gli studenti delle superiori che per quelli più piccoli delle elementari. Competizioni come le olimpiadi della matematica, per le quali in verità i fondi a disposizione sono sempre di meno. Dal prossimo anno scolastico, si prevedono master class estive di formazione per chi si piazza ai primi tre posti delle olimpiadi e di altre competizioni equivalenti. Le scuole individueranno tra i propri ragazzi che alla maturità otterranno 100/100, ovvero il massimo, il più bravo, a cui andrà la medaglietta di «studente dell'anno». Un riconoscimento che comporterà la riduzione di almeno il 30% della retta universitaria. Quanti potranno essere gli studenti dell'anno dipenderà dalle risorse, che dovranno essere stabilite con decreto dell'istruzione d'intesa con il ministero dell'economia. A copertura si indica la legge 440/1997: inizialmente era destinata alle scuole per la realizzazione del piano dell'offerta formativa e per la formazione e l'aggiornamento del personale, è stata poco per volta depauperata. Tanto che al Tesoro hanno storto il naso: sarebbe meglio per la copertura cercare altrove. L'altrove ad oggi però non si è ancora trovato.


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    Il merito di Profumo scontenta tutti


    Un miliardo di euro di fondi europei per l'istruzione al Sud, 117 milioni per le scuole che offrono una seconda chance a chi ha abbandonato gli studi. E 400 milioni per gli asili nido. E per il merito? «Solo 30 milioni». É con questi numeri che ieri il ministro dell'istruzione, università e ricerca, Francesco Profumo, ha provato a smantellare il grattacielo di critiche che ha collezionato la sua proposta di riforma sul merito nella scuola e nell'università: contrarie le associazioni di genitori e i sindacati (si confonde il merito con la qualità della scuola, una delle critiche più diffuse).
    In una nota inviata ai sindacati e pubblicata sul sito del miur, ieri Profumo rivendica l'impegno a favore della scuola di tutti, a cui la riforma del merito toglierebbe poche risorse. «Spero che la lettera del ministro sia solo il preliminare di un approfondito confronto di merito che dia corpo a relazioni sindacali vere e non soltanto epistolari», è la secca replica di Francesco Scrima, segretario Cisl scuola. E sugli stanziamenti citati da Profumo a dimostrazione della sua buona volontà: «Non vorremmo che si trattasse in larga parte di un déja vu (fondi europei), o di spese non propriamente riconducibili all'istruzione, come nel caso di quelle destinate agli asili nido», che sono a carico del ministero del welfare. «Una scuola migliore? Accettiamo la fida», rilancia Massimo Di Menna, segretario Uil scuola. La riforma era attesa al consiglio dei ministri la scorsa settimana, quando era già alla terza versione. Poi è stata rinviata a domani, per metterla a punto in modo da farla piacere ai contestatari e a chi vuole che si faccia a tutti i costi: del resto il premier Mario Monti l'ha già illustrata (non si sa però in quale versione) al capo dello stato, Giorgio Napolitano. Restano le contrarietà dei sindacati. Intanto però non è neanche certissimo che domani se ne ridiscuta al cdm, potrebbe subire un nuovo rinvio, una nuova pausa di riflessione. Al ministero dicono: il testo è ancora in riscrittura. Ma che cosa prevede di così radicale e urticante la riforma Profumo? ItaliaOggi ha avuto modo di leggere una delle ultime bozze: 31 pagine, divise in due capi, il primo per la scuola, il secondo per l'università. Titolo: «Schema di decreto legge recante misure urgenti per la valorizzazione della capacità e del merito nell'istruzione, nell'università, nell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e nella ricerca». Il primo articolo è dedicato alla capacità e al merito nelle scuole: tutti gli istituti, compresi quelli paritari, devono prevedere sistemi premianti per gli alunni migliori, coinvolgendoli in competizioni nazionali o internazionali. La regola vale sia per gli studenti delle superiori che per quelli più piccoli delle elementari. Competizioni come le olimpiadi della matematica, per le quali in verità i fondi a disposizione sono sempre di meno. Dal prossimo anno scolastico, si prevedono master class estive di formazione per chi si piazza ai primi tre posti delle olimpiadi e di altre competizioni equivalenti. Le scuole individueranno tra i propri ragazzi che alla maturità otterranno 100/100, ovvero il massimo, il più bravo, a cui andrà la medaglietta di «studente dell'anno». Un riconoscimento che comporterà la riduzione di almeno il 30% della retta universitaria. Quanti potranno essere gli studenti dell'anno dipenderà dalle risorse, che dovranno essere stabilite con decreto dell'istruzione d'intesa con il ministero dell'economia. A copertura si indica la legge 440/1997: inizialmente era destinata alle scuole per la realizzazione del piano dell'offerta formativa e per la formazione e l'aggiornamento del personale, è stata poco per volta depauperata. Tanto che al Tesoro hanno storto il naso: sarebbe meglio per la copertura cercare altrove. L'altrove ad oggi però non si è ancora trovato.


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    Il ‘merito’ slitta a venerdì. Forse


    Slitta probabilmente a venerdì 8 la presentazione in Consiglio dei ministri del cosiddetto ‘pacchetto merito’, in precedenza annunciata per il 6 giugno.
    La ragione del rinvio si deve alle limature al testo, che nei giorni scorsi aveva sollevato parecchie critiche, e non è nemmeno escluso che il provvedimento venga spacchettato in due facendo confluire le misure relative alla scuola in un ddl e le misure previste per l'università in un decreto.
    Si preciseranno meglio i requisiti per premiare capacità e merito sia a scuola che nelle università. Ci saranno incentivi e premi ai docenti e ai ricercatori migliori, e i docenti a tempo pieno dovranno garantire cento ore di didattica a stagione.
    Inoltre ci si potrà iscrivere a due facoltà contemporaneamente e con una media alta si potrà sostenere l'esame di laurea con un anno di anticipo. Per prevenire l'abbandono universitario tutte le facoltà sottoporranno le matricole a un 'test diagnostico' per capire se sono tagliate per quell'indirizzo (molte, peraltro, lo fanno già).
    Non è chiaro invece se e quali saranno le modifiche alle procedure di selezione del personale accademico, contro le quali ha espresso una dura e argomentata posizione critica Andrea Inchino con un articolo pubblicato in prima pagina sul Corriere della Sera.


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  7. #7
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    "Anche se - aggiunge Profumo - magari non tutti usano questa parola, ma molti insegnanti e molti genitori chiedono la valorizzazione di capacità e impegno". Questo e altro ha detto il Ministro nel corso di una interivsta a Sky TG24
    Sull’ “operazione merito” il ministro Profumo non ha molti dubbi e, nel corso di una intervista rilasciata pochi minuti fa alla direttrice di Sky TG24 Maria Latella afferma, in sintesi, che nel nostro Paese continua a permanere una cultura della cooptazione che ha sempre reso difficile prestare attenzione alla valorizzazione delle persone, del loro impegno e delle loro capacità.
    “La dimensione europea nella quale siamo immersi - ha detto in altre parole il Ministro - comporta però la necessità di confrontarci con l’idea del merito”.
    “D’altronde - ha proseguito Profumo - se ascoltassimo di più il Paese reale avremmo una percezione diversa del problema. In questi mesi ho visitato molte scuole o ho parlato con molte persone. Ebbene, non è affatto vero che genitori e insegnanti sono contrari al merito; anzi ci sono molti che chiedono misure per la valorizzazione delle capacità e dell’impegno dei docenti e degli studenti. Magari non lo chiamano merito, non usano questa parola, ma la sostanza è quella”.
    Ma, ha ricordato anche il Ministro, è assolutamente indispensabile sostenere con forza i segmenti più deboli del nostro sistema scolastico: il fatto è che non è vero - ha chiarito Profumo - che la nostra scuola è particolarmente indietro rispetto ad altre Nazioni, mentre è vero che ci sono forti sperequazioni fra le diverse aree del Paese.
    Proprio per questo è indispensabile sostenere le aree più deboli: “Ed è esattamente quello che stiamo facendo con il progetto di sostegno a 100 micro-aree del territorio nazionale. Per questo progetto abbiamo deciso di investire 117 milioni che comprendono anche fondi che provengono dal Ministero degli Interni” .
    Rispondendo ad una domanda di Maria Latella sulla questione della riforma universitaria Profumo ha detto quasi testualmente: “Non intendo fare nessuna riforma. Piuttosto ho intenzione di intervenire per via amministrativa in modo da oliare i meccanismi della riforma attuale”
    La “battuta” del Ministro era riferita all’Università ma è molto probabile che quella di limitarsi ad “oliare” le riforme già fatte sia una idea che Profumo intende applicare anche all’intero sistema scolastico.
    In chiusura Profumo ha fatto un riferimento anche all’esame di maturità dicendosi sicuro del fatto che il “plico telematico” funzionerà.
    E’ stata fatta una simulazione sulle 4.500 scuole dove si svolgeranno gli esami e solo in 5 casi ci sono stati intoppi.
    “Con l’operazione del plico telematico - ha dichiarato il Minsitro - chiudiamo il millennio precedente e avviamo un processo di modernizzazione molto significativo”.


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  8. #8
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    Merito, Profumo è sicuro: presto chiuderemo la pratica


    Al settimanale "A", il Ministro ha detto che sta lavorando per migliorare i tre cardini della riforma: valutazione rigorosa, selezione trasparente e meritocrazia. Poi è tornato ad elogiare chi studia in Italia: all`estero va forte. Infine ha diviso i prof in soddisfatti e lamentosi.
    Sulla ‘riforma del merito’ il ministro Profumo è disposto solo a fare qualche aggiustamento. Ma non certo a tornare indietro sui suoi passi. Il responsabile del Miur lo ha spiegato rispondendo ad un'intervista pubblicata da "A", il settimanale diretto da Maria Latella, in edicola da mercoledì 20 giugno. La prima bozza del testo (che ha creato tante polemiche) sta per essere ridefinita. Poi, appena vi sarò l’occasione, sarà portata in Consiglio dei ministri. Sicuramente prima della pausa estiva, assicura lo stesso Ministro. "I criteri su cui si basa – ha spiegato Profumo - sono tre: la valutazione rigorosa, la selezione trasparente e meritocrazia. Ci stiamo lavorando e nelle prossime settimane chiuderemo la pratica". Il messaggio è chiaro: sul merito nessuna retromarcia.
    Nel corso dell’intervista, Profumo è tornato a ribadire che "chi studia in Italia, all`estero va forte: le nostre non sono scuole o università di élite, ma sono un giusto mix che prepara molto bene. I nostri studenti e ricercatori sono considerati tra i migliori all`estero: il 40% dei vincitori di un recente concorso in Francia, all`istituto superiore di ricerca, erano italiani", ha sottolineato il Ministro, commentando con la rivista anche il film "Detachment" dedicato alla difficile condizione della scuola americana.
    "Un Paese che lascia morire la sua scuola – ha sottolineato Profumo - è condannato a morire, perché il futuro è nell`educazione. Il vero investimento deve essere nell`istruzione, solo così si creano le basi di un paese migliore", avverte il responsabile del dicastero di viale Trastevere. E sugli insegnanti italiani dice: "Li divido in due gruppi, quelli che hanno un atteggiamento positivo, per cui il loro è il più bel mestiere del mondo, e gli altri, che si lamentano per i pochi investimenti e perché si sentono sottovalutati e poco stimolati". In quale dei due gruppi si trovano i nostri lettori che esercitano la professione dietro la cattedra?


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    Non basta il merito per migliorare il sistema-scuola


    Nel dibattito in corso attorno alla questione del merito c'è un uso di proposizioni assertorie che mal si concilia con il carattere più o meno probabile che si deve riconoscere alle conoscenze educative. Se si seguisse un criterio di maggiore prudenza, si eviterebbe di dare per scontate relazioni che, se pure qualche volta vere, sono anche in molti altri casi false, o di dubbia interpretazione. Così, per esempio, affermare che premiando il merito (ovvero l'emergere nella popolazione di allievi con livelli particolarmente elevati di profitto) si attivano processi che migliorano il funzionamento delle scuole è un'affermazione di senso comune della quale non si può dire che sia vera, né che sia falsa. Quel che è certo, è che continuare ad accreditare tale senso comune non contribuisce ad accrescere la qualità del sistema educativo, perché ripropone vecchie logiche di conoscenza dei fenomeni che, non da oggi, avrebbero dovuto essere abbandonate e sostituite da argomenti più razionali, capaci di dar conto delle conoscenze che negli ultimi decenni la ricerca educativa ha gradualmente acquisito.
    I sistemi scolastici costituiscono oggi realtà complesse che debbono essere indagate con procedure appropriate. Occorre analizzare la rete delle variabili che in qualche misura concorrono a definire la situazione di intervento e a far assumere a ciascun sistema questo o quell'andamento. E bisogna essere capaci di stabilire in quale misura tale andamento corrisponda agli intenti che ci si era proposti di conseguire, quali cambiamenti di contesto siano intervenuti a complicare il quadro degli interventi e quali si ritiene che sarebbero necessari per ricostituire l'equilibrio originariamente ipotizzato o per crearne uno nuovo, meglio rispondente alla necessità di adeguare la proposta d'istruzione all'evoluzione della domanda sociale.
    In breve, la conoscenza educativa non può che essere il risultato di approcci dinamici, che facilitino una revisione continua delle interpretazioni: è il contrario del senso comune, che si fonda sul principio della conferma, per il quale ci si attende che ciò di cui si è avuta esperienza continui a manifestarsi in modi non troppo diversi in momenti successivi. Ma, come diceva John Stuart Mill, le inferenze fondate sulla conferma sono solo un terreno di coltura per il pregiudizio (nel senso etimologico, di giudizio formulato prima di conoscere adeguatamente il fenomeno al quale si riferisce). In altre parole, la conferma procede per semplice enumerazione di casi, e conserva il suo valore finché non si manifesti un caso contraddittorio.
    Lo sviluppo del nostro sistema educativo soffre oggi per la mancanza di una cultura capace di riconoscere e valorizzare la contraddizione. Nella gestione del sistema, così come negli interventi che si vogliono introdurre, si rivela una cultura ingessata, ripetitiva, incapace di cogliere e interpretare le nuove esigenze che devono essere soddisfatte. I goffi tentativi di ammodernamento fondati su modifiche marginali delle pratiche, per esempio quelle legate all'uso di nuove risorse tecnologiche, non sono sostenute che da suggestioni acquisite di rimbalzo da altri settori della vita sociale. Il fatto è che un salto di qualità nella cultura del sistema educativo non potrebbe che derivare da un forte impegno nella promozione e nell'organizzazione della ricerca educativa. Non si può continuare a parlare di qualificazione del personale docente e non far nulla per acquisire la conoscenza necessaria a sostenere i nuovi profili professionali, di qualità degli apprendimenti senza chiedersi quali variabili debbano essere prese in considerazione per disporre di analisi approfondite (ben oltre quelle che possono ricavarsi da rilevazioni comparative, come quelle dell'Ocse), di merito senza disporre di modelli per interpretare i fattori generatori del successo o dell'insuccesso.
    Quel che è peggio, la medesima confusione accomuna gli interventi dei politici e quelli dei tecnici, essendo sfumata, fino a venir meno, la differenza tra l'elaborazione di intenti che si collega al perseguimento di obiettivi a lunga scadenza (questo dovrebbe essere il compito del politici) e l'individuazione di soluzioni attraverso le quali procedere nella direzione sulla quale si manifesti più ampio consenso, trovando infine espressione in precisi enunciati legislativi (dovrebbero farlo i tecnici).
    Per uscire dal pantano in cui ci si continua a trascinare si dovrebbe dar vita a una struttura nazionale cui demandare lo sviluppo della ricerca fondamentale sull'educazione e la promozione di quella applicata. E, perché possa costituire il punto di partenza per una ricostruzione della cultura educativa, dovrebbe trattarsi di una struttura del tutto autonoma dalla gestione del sistema scolastico.


    Eduscuola
    "L'esperienza è maestra di vita"



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