Tutti incominciò nel lontano 2004, quando in Belgio, la Sabam, che equivale più o meno alla nostra SIAE, aveva denunciato il provider locale Scarlet Extended reo di permettere lo scambio di materiale protetto tra i suoi utenti. In parole povere, il provider permetteva l’uso di programmi P2P tra i suoi utenti. Nulla di strano, ne il solito tentativo di porre un freno al P2P, ne che un provider ne conceda l’uso sulla propria rete.
Eppure, un giudice locale di primo grado aveva dato ragione alla Sabam, condannando il provider a bloccare totalmente la possibilità di utilizzo di software P2P per la condivisione di materiale protetto, pena multe salatissime. Addirittura venne implementato un particolare sistema di firma digitale, l’Audible Magic, che permette di riconoscere immediatamente le tipologie di file scambiati e dunque capire se si tratta di materiale protetto o no.

Ebbene, il provider Scarlet Extended ha deciso di fare appello a questa sentenza e i giudici della Corte d’Appello hanno chiesto un parere alla Corte di Giusitizia Europea.
La Corte Europea non ha ancora dato una risposta ufficiale, ma sull’argomento si è espresso l’Avvocato Genrale Pedro Cruz Villalón, che ha di fatto anticipato ciò che la Corte di Giustizia Europea probabilmente dirà.
L’avvocato ha ribadito che un giudice locale non può imporre nulla a un provider senza che prima esista una specifica norma al riguardo. In poche parole, se non esiste una norma nazionale che preveda il blocco del P2P, un giudice non può obbligare un provider a porre vincoli alla sua rete.
Ovviamente questo è il solo parere dell’Avvocato Generale, ma come detto è molto probabile che la Corte di Giusitizia Europea segua la stessa linea visto che il parere dell’Avvocato Generale non è vincolante, ma è sempre preso in seria considerazione e spesso seguito alla lettera. L’Unione Europa si appresta dunque a bocciare i filtri al P2P?
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