“Hello Italy! We see you – dicono nel loro blog gli autori di Mulve, una nuova applicazione per scaricare musica da Internet”. Sembra proprio che, da quando si è sparsa la voce dell’esistenza di un programma gratuito che consentiva di spulciare e prendere i brani che interessano da un catalogo di dieci milioni di canzoni, i nostri connazionali si siano fiondati in massa a verificare di persona la bontà della segnalazione.

E non solo loro: Mulve ha suscitato interesse in tutto il mondo, tanto che dopo poche ore dal lancio, gli autori del software - due musicisti che alcuni anni fa si sono messi in testa di rivoluzionare il panorama della musica online - sono stati costretti a utilizzare un server più potente per poter far fronte alle richieste dei fan.
Per non avesse avuto ancora modo di provarlo, diciamo subito che Mulve, malgrado di si tratti di un programma di dimensioni molto contenute, appena 2 Mb, funziona benissimo. L’interfaccia è spartana ma efficace, con un campo di ricerca in cui digitare il nome della canzone o dell’artista preferito, e la velocità di trasferimento del file sul computer dell’utente è davvero eccezionale. Malgrado ricordi un po’ Napster o Limewire, Mulve, tuttavia, non è un programma di file-sharing.
L’utente non deve condividere nulla, col rischio di essere spiato dalle major discografiche, o di infettare il proprio Pc con qualche virus che si cela dietro il nome di una canzone o il titolo di un film. In questo modo però cade anche la giustificazione dello “scambio” di file propri che può in qualche modo legittimare, anche se non dal punto di vista legale, i servizi di condivisione online. Chi usa Mulve per scaricare materiale protetto da copyright compie un’azione illegale, e su questo non ci piove.
Va detto però che i patiti di musica nostrani non hanno a disposizione, rispetto ai loro colleghi europei e americani, alcune alternative legali gratuite. Come il popolarissimo servizio di condivisione in streaming Spotify (disponibile solo in Svezia, Norvegia, Finlandia, Regno Unito, Francia, Spagna e Paesi Bassi), il cui utilizzo è libero, perché le canzoni sono intervallate da interruzioni pubblicitarie. I proventi degli spot vanno a ripagare i diritti delle major, con cui gli autori del software hanno stretto degli accordi di licenza.
Oppure Grooveshark, una sorta di juke box online che si regge anch’esso sulla pubblicità. Questo può forse spiegare in parte, assieme al fatto che programmi tradizionali di condivisione come Emule risultano sempre più insicuri e poco efficienti, come mai l’arrivo di Mulve sia stato tanto gradito nel Bel Paese.



La Stampa