In gioco c´è il futuro di migliaia di famiglie e dei nostri figli. Come può questo governo essere così cieco e sordo pur di lavorare ho accettato di lasciare mio marito e tre bambini e di andare a Brescia. Ora tutto viene cancellato;
«Sono figlia di un agricoltore e ho l´orgoglio di essere diventata maestra elementare. Ai miei tre figli ho insegnato il rispetto e la passione per la scuola, ho lavorato nei quartieri a rischio di Palermo, dove i bambini bisognava andarli a cercare nei vicoli e nei cortili per farli entrare in classe e "rubarli" alla criminalità che li assolda e li sfrutta. Pur di lavorare ho accettato di lasciare mio marito e i miei tre figli e di andare al Nord, in una scuola di Brescia, vivevo in una stanza d´albergo, cucinavo in un angolino, dei 1300 euro di stipendio non rimaneva nulla, ma non importa, ripartirei domani... E adesso questi 14 anni di precariato vengono cancellati, calpestati da un ministro che si rifiuta anche di incontrarci. Sì, lo so, corro un grave rischio a continuare lo sciopero della fame, soffro del morbo di Crohn e i medici sono stati chiari. Ma qui in gioco c´è il futuro di migliaia di famiglie, dei nostri figli e della scuola pubblica. Come può questo governo essere così cieco e sordo?»
Distesa su una barella del Pronto Soccorso dell´ospedale "San Giovanni" di Roma, Caterina Altamore, 37 anni, insegnante precaria di Roccamena provincia di Palermo, all´ottavo giorno di digiuno, racconta la sua battaglia, la durezza delle ultime settimane, il presidio davanti a Palazzo Chigi, «in tenda, con i topi che si infilavano dappertutto, le notti improvvisamente diventate fredde» fino alla delusione di ieri, dopo il rifiuto secco della Gelmini, "no, non incontrerò i precari". Un muro. Una barriera. «Per loro siamo numeri, roba da niente», mormora. E aggiunge: «Il ministro dice che siamo politicizzati? La sfido a dire qual è la mia tessera».
Poi nel pomeriggio il malore, la corsa in ospedale con il 118, ma Caterina è una donna forte, decisa, occhi scuri fermi e diretti, mentre attende che la flebo di glucosio le restituisca le forze risponde al telefono, rassicura tutti. La sorella da Palermo, il marito Angelo Moscatelli, i colleghi: «Sto bene, sto bene, adesso torno al presidio, non vi preoccupate...». Anche lì in corsia si accende la solidarietà. Pazienti, infermieri: «Stanno distruggendo la scuola, resistete».
Caterina Altamore ringrazia, sorride, anche se il foglio di dimissioni non lascia dubbi: «Deve riprendere ad alimentarsi il prima possibile» scrivono i medici. Ma Caterina, ormai il simbolo di questa protesta durissima che sta saldando Nord e Sud contro i tagli che hanno espulso dal mercato del lavoro migliaia di insegnanti, va avanti. «Lo faccio per i miei figli, a cui ho comunicato l´orgoglio per lo studio e per il sapere, e infatti hanno la media del 10. Ma lo faccio per i ragazzi di tutta Italia, a cui questi tagli travestiti da riforma stanno togliendo il diritto costituzionale ad avere una scuola pubblica che funzioni, e non con classi di 40 alunni e le aule fatiscenti. Lo faccio per quei bimbi del "Capo" di Palermo, quelli che avevo in classe, e che senza tempo pieno resteranno per strada, in attesa di diventare soldati della mafia. E per noi, vite da precari, disposti a tutto pur di fare gli insegnanti, anche appunto a lasciare i miei tre bambini in Sicilia e andare in Lombardia». Nuovi migranti tra i migranti, e in gran parte donne, aggiunge Caterina. «Perché non è vero che la gente del Sud non si muove, non si sposta. A Brescia l´esperienza è stata bella e importante, lì ci sono ricchezza, strutture, ma il taglio di fondi sta demolendo anche quel mondo. Un anno di viaggi e di valige, di nostalgia, e meno male che a casa c´erano mia madre e mia suocera...». La famiglia appunto. Un punto fermo per Caterina, cattolica praticante, che si è sposata a 21 anni, e poi con Angelo ha fatto tre figli. «Ma non ho mai saltato una supplenza, ogni volta che mi è stato dato un incarico l´ho portato fino in fondo, e ancora oggi ho lo stesso entusiasmo, credo davvero che le cose possano cambiare, la gente se ne sta accorgendo, certo la cosa assurda è che per parlare di scuola pubblica ci voglia il gesto estremo dello sciopero della fame».
Dimessa dall´ospedale Caterina torna al presidio davanti a Palazzo Chigi. Il referto sotto il braccio. L´avvertenza di smettere il digiuno e di bere il più possibile. Il morbo di Crohn è una malattia grave, provoca ulcere e lesioni interne. «Senza lavoro per me sarà anche più difficile curarmi, la Sanità in Sicilia è così distrutta che spesso devo utilizzare le strutture private e una colonoscopia costa anche mille euro». Un velo di tristezza, di preoccupazione. Ma è un attimo. Caterina torna allegra. «Meno male che da ieri sera è arrivato il camper della Cgil. Ora la notte sarà meno dura». Ad aspettarla lì, come ormai da giorni, gli altri colleghi con cui condivide lo sciopero della fame, Giacomo Russo e Salvo Altadonna. «Quanto andrò avanti? Fino a che non avremo delle risposte, fino a che le forze me lo permetteranno. I miei figli? Lo sanno e mi sostengono. Mio marito? E´ preoccupato, ma sa che io non mi fermo. Non posso. Corro un rischio, è vero, ma è una battaglia di civiltà».



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