Motorola ha spiegato che i suoi telefoni contengono un chip per impedire l'uso di ROM non autorizzate. Potenzialmente possono anche bloccare fisicamente i circuiti, anche se questa funzione non è usata. La comunità Android non l'ha presa molto bene.

I telefoni Motorola contengono un chip potenzialmente in grado di bloccare il dispositivo, ma l'azienda ha voluto chiarire che il loro unico scopo è proteggere la sicurezza dell'utente e dei dati. Questi chip, chiamati eFuse, hanno la particolare capacità di rendere quasi impossibili le operazioni di rooting sui terminali Android.
L'azienda è voluta intervenire per calmare una polemica che avrebbe potuto trasformarsi in una sorta di pestaggio mediatico. Alcuni siti specializzati, in particolare dedicati al mondo Android, affermavano infatti che l'installazione di ROM indipendenti portava alla rottura di alcuni circuiti, e l'unica soluzione era mandare il telefono in assistenza.
Potenzialmente questo è possibile, perché in telefoni come il Droid X e altri modelli Motorola (ma anche di altre marche) sono presenti chip eFuse, una tecnologia sviluppata anni fa da IBM. Questi chip possono modificarsi fisicamente se non trovano il software richiesto, e molti hanno pensato che Motorola abbia voluto giocare un brutto scherzo a chi vuole installare sullo smartphone una ROM alternativa.
Fare rooting sul Droid X è effettivamente molto difficile, e in molti casi chi ci ha provato si è trovato di fronte a un telefono che non si avvia. Per recuperare l'uso del telefono è però sufficiente reinstallare la ROM originale, e usarla per avviare il telefono. Di fronte alle voci in circolazione, Engadget ha voluto sentire direttamente l'azienda, ottenendo una risposta confortante, almeno in parte.
Un'operazione di rooting permette all'utente di prendere il controllo totale del telefono, attivare funzioni speciali, cambiare le frequenze di lavoro del processore, o instalalre diverse versioni del sistema operativo. Nel mondo Android alcuni lo fanno per installare il sistema operativo "pulito", cioè privo dell'interfaccia personalizzata del costruttore. Ma alle aziende non piace.
"(eFuse) non è installato con lo scopo d'impedire il funzionamento del dispositivo, ma per assicurare che funzioni solo con versioni aggiornate e autorizzate del software. Se viene installato software non autorizzato, il prodotto si avvia in modalità di recupero, fino a che non viene installato nuovamente il software legittimo", scrivono i responsabili Motorola.

Aggirare questa protezione e installare una ROM indipendente è quindi possibile anche sul famoso Droid X. È solo un'operazione più difficile, rispetto a quanto si potrebbe dire di un HTC Desire o di un Acer Liquid. Resta qualche dubbio sull'etica di questo approccio: da una parte l'azienda è libera di gestire come crede il proprio dispositivo, ma dall'altra c'è il mondo dell'open source, che prevede grande libertà d'azione per l'utente finale. Dove si trova il giusto punto d'equilibrio?


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