Due anni fa WhatsApp aveva avviato una collaborazione con Open Whisper Systems, società fondata dal noto crittografo Moxie Marlinspike, ideatore tra l'altro di Signal, applicazione "concorrente" che da sempre consente lo scambio di messaggi cifrati per comunicazioni sicure (Signal è utilizzata dallo stesso Edward Snowden).
Da tempo, quindi, WhatsApp usa la crittografia a chiave pubblica (o asimmetrica) end-to-end. Ciò significa che né i tecnici della società, né Facebook (che detiene la proprietà di WhatsApp) possono accedere alla comunicazioni private fra gli utenti dell'applicazione.

Il Dipartimento della Giustizia (DOJ) statunitense, però, ha deciso di aprire un "nuovo fronte di guerra". Mentre il braccio di ferro sulla vicenda legata allo sblocco dell'iPhone usato da uno dei terroristi dell'attentato a San Bernardino (California) continua, i responsabili governativi avrebbero chiesto a WhatsApp di fornire, in chiaro, le comunicazioni tra alcuni soggetti protagonisti di un'indagine di polizia.
Questa volta non c'è di mezzo il terrorismo ma il Dipartimento della Giustizia a stelle e strisce ha subito deciso di chiamare in causa WhatsApp.
Difficile che WhatsApp, che tra l'altro sostiene attivamente Apple in tribunale (Le aziende che supportano Apple contro FBI e governo), accetti di modificare l'app per inserire, ad esempio, codice aggiuntivo utile per decodificare le conversazioni private dei soli soggetti ricercati dalle forze di polizia.
Anche perché, così facendo, WhatsApp perderebbe la fiducia dei suoi utenti.
Uno spyware che viene distribuito insieme con un normale aggiornamento di WhatsApp e che si attiva solo sulle utenze da controllare? Sarebbe una mossa davvero pericolosa anche perché, verosimilmente, con un'attività di reverse engineering sarebbe possibile rilevare la modifica.

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