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Discussione: I nativi digitali? Non hanno competenze digitali

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    Predefinito I nativi digitali? Non hanno competenze digitali

    A dirlo Ecdl, l’Ente Ue per le certificazioni informatiche: i 15-29enni sopravvaluta le proprie conoscenze del Web
    I “nativi digitali” non possederebbero competenze informatiche avanzate e infatti quasi la metà dei giovani italiani mostra performance piuttosto scarse, nonostante dichiari di avere “ottime conoscenze” del Web. LEcdl - l’Ente che sovrintende a tutti i programmi delle Certificazioni informatiche europee, patente Ue del computer in primis – lo dice in un documento appena diffuso, mettendo in fila i risultati delle più recenti indagini internazionali per dimostrare quanto ci sia ancora da fare sul fronte dello sviluppo delle competenze digitali dei giovani.
    Secondo Ecdl, in base a quanto riporta Il Sole 24 Ore, è tempo di smascherare il falso mito dei nativi digitali che, proprio per essere cresciuti nell’era di Internet, sono capaci di usarlo con innata dimestichezza.
    Una recente indagine condotta sugli studenti universitari italiani, per esempio, svela che il 42% dei giovani non è ben consapevole dei rischi di navigare usando una rete wi-fi aperta, il 40% non protegge all’accesso il proprio smartphone e addirittura il 50% non si preoccupa di controllare le autorizzazioni richieste per l’installazione di app. Secondo Ecdl, scrive sempre Il Sole, in generale i giovani tendono a sopravvalutare le proprie capacità: uno studio del 2015 rivela che l’84% degli intervistati aveva dichiarato di possedere ottime o buone conoscenze del Web ma poi il 49%, sottoposto a un test pratico, ha conseguito risultati scarsi. E il maggior «gap» tra le conoscenze percepite e quelle reali, dicono i dati, riguarda il campione dei 15-29enni.

    Tecnica della scuola
    "L'esperienza è maestra di vita"



  2. #2
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    Predefinito

    Nativi digitali: più liberi, ma più fragili



    I ‘nativi digitali’ pensano diversamente, rispetto alle generazioni precedenti, ma sanno più cose anche se hanno anche grosse lacune; la loro modalità di ragionare li rende più liberi ma anche più fragili rispetto alle dipendenze.
    “Le evidenze delle neuroscienze mostrano come siano sollecitate aree cerebrali diverse”, spiega Laura Ambrosiano, psicoanalista della Società psicoanalitica Italiana.
    “Il funzionamento della mente dei ‘nativi’ è diverso rispetto agli ‘immigrati digitali’, come viene definito chi appartiene alle generazioni precedenti. In futuro – spiegano gli esperti della Società – psicoanalitica italiana- la loro modalità di pensiero costantemente iperconnessa potrebbe portare a modificazioni importanti. Ora tuttavia possiamo provare a tracciare un identikit del nativo, sulla base degli studi disponibili”.
    Per esempio, c’è correlazione tra le ore di esposizione alle nuove tecnologie e l’aumento del quoziente intellettivo: significativamente, a troppe ore di esposizione non corrisponde alcun aumento.
    I nativi, inoltre, mostrano di possedere un sapere enciclopedico, più vasto degli immigrati, eppure meno sistematico, e a volte con gravi lacune: ciò che imparano lo condividono col gruppo e “in questo continuo condividere, sembra che non vi sia tempo sufficiente alla strutturazione della tensione etica: il modello etico si fonda su quello prevalente nel gruppo, quello personale resta in secondo piano. Il concetto di privacy, come lo intendiamo noi, per loro non esiste”.
    “La nostra esperienza clinica con gli adolescenti- sostengono gli esperti- ci porta a osservare come il pensiero dei ragazzi tenda ad abbandonare strutture logico-deduttive e strutture etiche strettamente sorvegliate (superegoiche), per prendere altre strade, in cui prevalgono modalità eccitatorie. Questo può renderli più liberi, ma anche più vulnerabili, per esempio alle dipendenze”.

    tecnica della scuola
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