Che cosa è successo il 17 giugno che ha fatto abbassare drasticamente il livello di buonumore di Twitter, tanto da farlo segnare come giorno da «bollino rosso», con 38 mila post più o meno pessimisti? È stato il test Invalsi, come ha certificato Voices from the blog, la società a cui l’Istituto di valutazione nazionale ha demandato la missione di cogliere il «sentiment» della rete, ovvero le riflessioni, i commenti e le paure dei ragazzi di terza media alle prese con il test. Risultato: gli studenti del Sud sembrano più in difficoltà rispetto ai contenuti delle prove, quelli del Nord più sicuri di sé. Uno specchio fedele del nuovo rapporto Invalsi, presentato ieri sulla base dei risultati delle classi campione (circa 9.000 su 142 mila) alle prove che si sono svolte in oltre 13 mila scuole dal 7 maggio al 17 giugno. Il Nordovest (Val d’Aosta, Piemonte, Liguria e Lombardia) si conferma la zona più preparata d’Italia, con valori superiori alla media nazionale (208 rispetto a 200) sia in italiano sia in matematica. Prima in classifica la provincia autonoma di Trento, che consegna risultati positivi in tutti i livelli e gli ambiti, seguita da Bolzano, che ha uno scatto soprattutto per le prove di italiano. Segue il Nordest, mentre i fanalini di coda sono il Sud e le isole, anche se migliorano le performance di alcune regioni, come Puglia, Basilicata e Abruzzo. E soprattutto, come accade già da 2-3 anni, ottimi risultati vengono raggiunti dalle Marche. Il rapporto conferma anche le differenze di genere: «I maschietti non escono mai benissimo dalle comprensioni di lettura, ma migliorano con l’innalzarsi dei livelli scolastici», spiega il direttore Invalsi Roberto Ricci. In matematica invece accade il contrario: i maschi sono più bravi con i numeri e diventano sempre più in gamba man mano che proseguono nella loro carriera in aula, a differenza delle femmine. Resta anche la divisione tra livelli di apprendimento tra immigrati e italiani: anche se gli stranieri di seconda generazione, nati in Italia, sono molto meno distanti dai propri coetanei italiani rispetto a quelli di prima generazione, nati all’estero. In matematica il divario scende, a dimostrazione del fatto che sono spesso le barriere linguistiche a rendere complicata la comprensione dei test da parte dei ragazzini figli di migranti. Ma i numeri restano una gatta da pelare difficile per tutti: «Se il 50% degli studenti sbaglia gli esercizi di matematica — sbotta Giorgio Bolondi, professore all’università di Bologna — ci sarà da chiedersi il perché». Certo, è molto diverso se frequenti il liceo più prestigioso della città o un oscuro istituto tecnico-professionale: i dati rivelano che un’altra barriera è quella creata, alle scuole superiori, dall’indirizzo dell’istituto. Per capirci: un ragazzo che frequenta un istituto tecnico consegue in media 16 punti in più rispetto al suo coetaneo che frequenta un professionale e 15 in meno rispetto ad un liceo. Insomma, l’indirizzo di studio sembra incidere sulle performance dei ragazzi più delle motivazioni personali. E a volte persino più del contesto. «Vengano a vedere come lavoriamo nelle zone disagiate della Campania e poi ne parliamo — contesta Filomena Zamboli, preside di un circolo didattico e reggente di un istituto comprensivo a Trecase, periferia di Napoli —. Ci sono i bambini che in seconda elementare non conoscono il significato di parole semplici. Quelli che dobbiamo andare a prendere a casa tutti i giorni perché vengano a scuola. I ragazzini segnalati dai servizi sociali. Altro che scuole scevre dal contesto». E a chi continua a contestare il test, come molti sindacati e famiglie, risponde direttamente il ministro all’Istruzione Anna Maria Carrozza: «Il momento della valutazione nella nostra vita prima o poi arriva: valutare e valutarci ci dà l’opportunità di conoscere quello che siamo. Non è un giudizio divino».


Corriere della sera