La School of Management del Politecnico di Milano parla di 5 milioni di oggetti connessi tramite Sim. E indica una strada già praticabile per città intelligenti
claudio leonardi







La School of Management del Politecnico di Milano ha presentato ieri un dettagliato rapporto sullo stato dell’arte del cosiddetto Internet of things in Italia: nel 2012 sono stati censiti 5 milioni di oggetti interconnessi tramite rete di telefonia cellulare, un balzo del 25% rispetto al 2011.


Quando si parla di Internet delle cose, è facile che la fantasia corra su scenari in cui il frigorifero ci manda una mail per avvertirci che manca il prosciutto, o la cassetta del gatto digita un sms perché è urgente svuotarla. Fantasie che potrebbero diventare realtà, e nemmeno troppo in là nel tempo, ma la ricerca promossa da Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet of Things dell’ateneo milanese, per ora ci dà un quadro più legato alle grandi infrastrutture che alla vita domestica, pur avendo un impatto significativo sulle nostre vite.

Secondo Angela Tumino, Co-responsabile della ricerca, “La maggior parte delle attuali applicazioni sfrutta solo in parte le potenzialità di questo paradigma, ma il segnale è molto positivo: c’è un interesse concreto verso processi e servizi che necessitano di oggetti connessi”.

Già, ma di che oggetti stiamo parlando? Le automobili innanzitutto, che da sole coprono quasi la metà degli oggetti connessi (42%), una tendenza che sembrerebbe in linea con il mercato europeo. Si tratta soprattutto di “box GPS/GPRS per la localizzazione dei veicoli privati e la registrazione dei parametri di guida con finalitàassicurative, oppure soluzioni per la fornitura di informazioni geo-referenziate sulla situazione del traffico (Infomobility) su smartphone o dispositivi ad hoc” si legge nel rapporto. Al secondo posto c’è il cosiddetto Smart Metering, con cui molti di noi hanno sicuramente familiarizzato: si tratta dei contatori intelligenti, soprattutto gas ed elettricità, per la misura di consumi, una corretta fatturazione e la telegestione della lettura.

Ma è proprio dai nostri contatori che potrebbe partire la rivoluzione delle smart city nel nostro Paese. Per una volta, infatti, sembra che una forzatura normativa possa dare qualche buon risultato. “L’obbligo (tutto italiano) dell’installazione di contatori intelligenti presso almeno il 60% delle utenze domestiche entro la fine del 2018 - scrivono i ricercatori - può diventare un’opportunità per abilitare applicazioni diverse come, ad esempio, l’illuminazione pubblica, la verifica del riempimento dei cassonetti dei rifiuti, il monitoraggio degli spazi verdi, il monitoraggio del traffico, la gestione dei parcheggi”. Ed è esattamente questo che si intende quando si parla di città intelligenti.

L’Osservatorio del Politecnico non nega gli ostacoli, ma va oltre proponendo una possibile soluzione. “L’Italia”, si legge, “si trova ancora all’inizio di un percorso di trasformazione che presenta difficoltà di diverso tipo: economici (costi elevati, capacità di spesa limitata, difficoltà nella valorizzazione dei benefici e quindi nella giustificazione degli investimenti), organizzativi (gestione del cambiamento e dell’innovazione, governance) e - in alcuni casi - anche tecnologici (standard di comunicazione e applicativi, efficienza energetica dei dispositivi)”.

Ma la soluzione ci sarebbe: una “rilettura dello Smart Metering gas in chiave di città intelligente”. “E’ fondamentale ricercare sinergie con altre applicazioni di Metering, ma soprattutto con applicazioni più aperte e orientate alla Smart City – afferma Giovanni Miragliotta, Co-responsabile della ricerca – Ad esempio, condividere parte dell’infrastruttura tecnologica con l’illuminazione intelligente potrebbe consentire di “alleggerire” i costi imputabili all’adempimento dell’obbligo normativo dello Smart Metering gas. E potrebbe essere un volano per le Smart City nella loro interezza, innescando un circolo virtuoso a livello locale e, se ben progettato, a livello Paese”.

Ammettiamolo, è dura guardare all’odioso contatore del gas o della luce come lo strumento rivoluzionario che potrebbe coinvolgere il mondo delle App e approdare quindi al quadretto con cui abbiamo esordito: frigoriferi che ordinano la spesa e animali domestici che reclamano cure via Rete. Eppure, questa è la competente e realistica via proposta dall’Osservatorio della School of Management del Politecnico, che individua anche la soluzione tecnologica per questo approdo: la realizzazione di una Smart Urban Infrastructure, un’infrastruttura di comunicazione di secondo livello nativamente condivisa tra più applicazioni i cui nodi di primo livello non possono appoggiarsi a reti di comunicazione già esistenti su scala nazionale (come la rete mobile) o locale (come la rete WiFi). Le rivoluzioni intelligenti non c’è bisogno di urlarle, necessariamente, purché ci sia qualcuno, al posto giusto, che sappia ascoltare.