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Discussione: Sostegno

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    Predefinito Sostegno

    Una ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli, dell'Associazione Treellle e della Caritas propone un modello nuovo per gli alunni disabili.
    E se facessimo a meno degli insegnanti di sostegno? Non è una provocazione e nemmeno un modo per seminare terrore nel mondo dei disabili a scuola. E’ una proposta serissima , circostanziata, e comunque di non immediata realizzazione, che la Fondazione Giovanni Agnelli, la Caritas e l’Associazione Treellle presenteranno stamattina ad un gruppo di parlamentari insieme con una proposta che vuole rivoluzionare il settore: la creazione dei Cri, Centri Risorse per l’Integrazione, destinati a diventare uno sportello unico per tutte le questioni relative ai giovani e bambini disabili.
    «L’inclusione italiana è stata una scelta di civiltà che il mondo ha poi imitato - sottolinea Attilio Oliva, presidente dell’Associazione Treellle - Ora che sono passati trent’anni ci siamo chiesti: la pratica è stata coerente con i principi? E con quale rapporto tra costi e benefici?».
    La risposta è contenuta in un rapporto, 237 pagine, il bilancio di questi tre decenni di disabili nelle scuole. E non è una risposta positiva. «Deve però essere chiaro - precisa Oliva - che non siamo a favore di tagli alle risorse previste. Vogliamo che la scuola sia di tutti, ma chiediamo una loro diversa distribuzione per evitare inefficienze e problemi che troppo spesso si verificano».
    Nel rapporto vengono elencati alcuni «nodi critici». Innanzitutto l’approccio. «Troppo medico», spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. «Le richieste di un insegnante di sostegno vengono esaminate dalle Asl non dalle scuole». Ma anche troppo «discrezionale» e rigido: «La certificazione si risolve sempre nell’assegnazione di ore di un insegnante di sostegno», è scritto nel rapporto. Anche quando non sarebbe necessario. Il risultato? «Insegnanti di matematica che devono occuparsi di bambini dislessici e con difficoltà di apprendimento. Non è la scelta più giusta, né la più economicamente efficiente», spiega Oliva.
    Quanto agli insegnanti di sostegno il bilancio non è molto più confortante: «Usano il posto come un canale privilegiato per entrare più rapidamente in ruolo», ricorda ancora Gavosto. Di conseguenza la preparazione non può essere di grande qualità. «C’è una cronica carenza di insegnanti di sostegno specializzati», si legge nel rapporto. I motivi sono diversi. «Il 43% degli allievi con disabilità nella primaria e secondaria di primo grando - spiega Gavosto - cambia insegnante di sostegno una o più volte all’anno». In sostanza, «Il sostegno è svolto spesso da personale inesperto e impreparato», conclude il rapporto. E gli alunni finiscono per avere una formazione del tutto inadeguata: «l’Italia è il Paese dove i disabili hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro, nonostante gli obblighi previsti per legge», afferma Gavosto.
    La soluzione, spiegano nel rapporto, è la creazione dei Cri a livello provinciale o anche subprovinciale. Saranno loro a esaminare i progetti presentati dalle scuole, ad assegnare tutte le risorse destinate alle scuole per l’integrazione e a svolgere un servizio di sportello unico assistendo le famiglie nei vari momenti di vita e integrazione. «Potrebbero diventare centri destinati a risolvere tutte le difficoltà sociali dei bambini con disabilità, anche al di fuori del tempo scolastico», avverte Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana.
    Gradualmente gli insegnanti di sostegno dovranno passare all’organico normale delle scuole ed essere assegnati da parte dei Cri in base ai bisogni delle scuole stesse. Alla fine rimarrebbe un congruo numero di insegnanti e personale ad alta specializzazone, di numero decisamente inferiore a quello attuale: stabili nel loro ruolo, a tempo pieno, senza insegnare ma operando nei Cri per svolgere consulenza tecnica e formazione per le scuole.
    «Non ci nascondiamo gli enormi ostacoli che questa proposta potrà incontrare. - conclude Oliva - Sappiamo però che, anche se difficile, è una strada inevitabile».



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    Unificare l’area sostegno per le superiori?


    Mentre suscita scalpore la proposta della Fondazione Agnelli, Caritas italiana e Treelle che propongono l’eliminazione dei docenti di sostegno e la specializzazione indifferenziata di tutti gli insegnanti, giunge una nuova proposta da parte dell’Associazione nazionale Professione insegnante, sostenuta da tanti docenti: perché non unificare, a partire dalle graduatorie d’istituto, l’area di sostegno per le scuole superiori?
    Se si è ritenuto di attendere ancora per l’unificazione delle aree nell’ambito delle Gradatorie ad Esaurimento (ex permanenti) in nome di un presunto diritto acquisito alla posizione che, invero, data la riapertura a pettine delle medesime avverrà, visto che con i trasferimenti ci sarà un rimescolamento delle posizioni in barba ai “diritti acquisiti” - perché non realizzarla per tutte le fasce delle Graduatorie di Istituto, in modo da consentire ai docenti che hanno maggior punteggio di avere quantomeno la precedenza nell’attribuzione delle supplenze?
    Tra l’altro per il sostegno non si può parlare di vere e proprie graduatorie, bensì di elenchi in cui annualmente avvengono cambiamenti che continueranno ad esserci a causa della possibilità di acquisire il titolo di sostegno anche tanti anni dopo l’abilitazione, possibilità offerta ai docenti che per abilitarsi hanno sostenuto concorsi a cattedra o semplici corsi abilitanti riservati.
    In effetti, La suddivisione degli insegnanti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado in 4 aree - scientifica (AD01) - umanistica (AD02)- tecnica professionale artistica (AD03) - psicomotoria (AD04) non trova riscontro nella Legge 104 del 1992, che dispone allo stesso modo per tutti i gradi di scuola e, inoltre, di fatto non viene attuata nelle scuole, dove di tale suddivisione non si tiene affatto conto.
    Finora il docente di sostegno è stato, a dispetto dell’area, un factotum, indipendentemente dall’area di appartenenza: a lui è stato chiesto da parte delle famiglie, dei coordinatori di sostegno, dei dirigenti scolastici e perfino da parte degli stessi colleghi curriculari, di affiancare questi ultimi in tutte le discipline e di seguire gli alunni in base alle loro necessità, mutevoli e non cristallizzabili. Il l comma 5 dell'articolo 13 della Legge summenzionata, recita infatti così: “Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato”.
    Il problema è stata l'espressione “nelle aree disciplinari”, riferita alle «attività didattiche» e non ai «docenti specializzati». A ben considerare le aree di cui parlano i due importanti documenti Pdf (profilo dinamico funzionale) e Pei (piano educativo individualizzato) - che descrivono le necessità degli alunni
    nonché i loro punti di forza, da valorizzare con interventi mirati, e di debolezza da cercare di superare -
    nulla hanno a che vedere con le aree in cui sono collocati i docenti specializzati sul sostegno;
    tant’è che le voci “area scientifica”, “area umanistica”, “area tecnica professionale artistica”,
    “area psicomotoria” in tali documenti non si ritrovano. Infatti mentre nel Pdf si parla piuttosto di Assi, cognitivo, affettivo relazionale, comunicazionale, linguistico, motorio prassico, neuro psicologico, dell'autonomia, senso percettivo, dell'apprendimento; nel Pei le Aree di cui si parla non sono quelle corrispondenti alle 4 previste per i docenti ma sono, invece, l’area cognitiva, quella neuropsicologica, la linguistico comunicativa, dell'apprendimento scolastico, la psicomotoria, quella personale e dell'autonomia, l’area socio affettiva.
    Tali assi i docenti di sostegno - insieme ai docenti curriculari - li curano tutti e compilano in ciascuna loro parte i documenti che li ricomprendono, poiché gli alunni con disabilità sono prima di tutto “persone” da prendere in considerazione nella loro interezza senza una parcellizzazione in aree inutili o, sempre più spesso, pretestuose.
    Dunque l’OM n. 78 del 23 marzo 1993 che riguarda soltanto l'insegnamento di sostegno nella scuola superiore, determina una corrispondenza tra aree disciplinari e classi di concorso che, a ben vedere, avrebbe come unica logica quella della tipologia di scuola in cui gli alunni si iscrivono. Secondo quanto dispone il DM 170 del 25/05/1995: lle scuole ad indirizzo tecnico professionale e artistico dovrebbero attingere i docenti di sostegno quasi del tutto dall’AD03 che ne ricalca la denominazione ossia “area tecnica professionale artistica” poiché le discipline professionalizzanti che connotano queste tipologie di scuole sono proprio quelle che ricadono nell’area citata e sono addirittura 132 e talmente tanto eterogenee tra di loro
    da avvalorare il fatto che l’unico criterio adoperato per la ripartizione delle varie discipline nelle 4 aree
    sia stato proprio quello del tipo di scuola in cui esse si insegnano.
    Pertanto, allo stesso modo, i licei classici dovrebbero attingere dalla AD02 “area umanistica”, i licei scientifici in prevalenza dalla AD01 “area scientifica” mentre i docenti della AD04 “area psicomotoria” dovrebbero occuparsi degli alunni con disabilità di tipo motorio, dato che la classe di concorso che ricade in questa area è quella derivante dalla facoltà di scienze motorie.
    Ma poiché neanche quanto dispone tale DM viene rispettato, perché mantenere in vita le aree?
    Da qui la proposta di un’area unica per il sostegno a partire dalle graduatorie d’istituto e per tutte le fasce, non solo per la terza.


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    Sostegno ai disabili, il Governo non ridurrà i posti



    Del resto non si può negare a priori il diritto ad essere aiutati ad apprendere. Sul settore la Finanziaria comprende due sole novità: dare la possibilità a tutto il personale docente di ruolo (anche e soprattutto sovrannumerario) di specializzarsi; verificare che non si ecceda nelle concessioni introducendo un membro dell’Inps nelle commissioni per la certificazione.
    Hanno destato vari tipi di interpretazioni le disposizioni previste nella manovra economica, in via di approvazione, a proposito degli organici relativi al sostegno. A leggere l’ultima bozza del testo della Finanziaria non scorgiamo, tuttavia, particolari novità.
    “L’organico dei posti di sostegno – riporta il testo della manovra - è determinato secondo quanto previsto dai commi 413 e 414 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, fermo restando che è possibile istituire posti in deroga allorché si renda necessario per assicurare la piena tutela dell’integrazione scolastica”. Del resto, i componenti del Governo sanno bene che privare del loro diritto, il prof di sostegno, gli studenti che necessitano di supporto didattico, quasi sempre si traduce in una azione legale con lo studente disabile che esce vincente.
    Nella Finanziaria si sottolinea, poi, che “l’organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole allo scopo costituite, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili”. Semmai la vera novità, già segnalata nell’articolo di presentazione della manovra, è quella contenuta nelle righe successive, ovvero che “la scuola provvede ad assicurare la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe”. Un concetto rafforzato successivamente, quando nello stesso testo si spiega che “nell’ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, viene data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili”. Il concetto è questo: i posti non si toccano, semmai di deve dare la possibilità a tutto il personale docente di ruolo (anche e soprattutto i sovrannumerari) di accedervi.
    Un’altra novità è quella che riguarda la composizione del team di esperti che decide se un ragazzo ha bisogno o meno del sostegno a scuola: “le commissioni mediche di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di valutazione della diagnosi funzionale costitutiva del diritto all’assegnazione del docente di sostegno all’alunno disabile, sono integrate obbligatoriamente – specifica il Governo - con un rappresentante dell’inps, che partecipa a titolo gratuito”. Ed anche quella che prevede che all’alunno disabile possa “essere assegnato in ogni caso non più di un docente e nei limiti dell’orario di servizio contrattualmente previsto per ciascun grado di istruzione”.
    Il resto delle indicazioni non sembrano discostarsi di molto dalla’attuale modello organizzativo del sostegno. Come quella relativa al sistema scolastico, che dovrebbe provvedere “esclusivamente ad assicurare l’intervento di natura didattica, restando invece a carico degli altri soggetti istituzionali la fornitura delle risorse professionali e materiali a sostegno di tale funzione e necessarie per l’integrazione e l’assistenza dell’alunno disabile”.
    Anche il Miur ha voluto sottolineare che “le interpretazioni di alcuni organi di stampa secondo cui la manovra determinerebbe una riduzione della spesa per gli studenti disabili sono totalmente prive di fondamento.La manovra – continua viale Trastevere - si limita a definire i seguenti aspetti: è confermato, come stabilito dal governo di centrosinistra, il rapporto di un insegnante ogni due studenti disabili. Tuttavia, in caso di bisogno, viene concessa una deroga a questa norma, così come disposto dalla Corte Costituzionale. Si tratta dunque di un provvedimento reso indispensabile dopo la sentenza, che non toglie, ma garantisce nuovi servizi.Più rigore nella certificazione della disabilità da parte delle Asl. Verrà inserito un membro dell’Inps nelle commissioni per la certificazione. In passato si sono definite disabilità in maniera disinvolta e non corretta”.


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    Polemiche sull'effettivo contenuto della manovra


    Gelmini: nessun taglio per il sostegno, ma...
    Nessun taglio dalla manovra alle risorse per il sostegno nelle scuole. Lo ribadisce il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, precisando fra l’altro che “resta il tetto di 20 alunni nelle classi con disabili” e che “le interpretazioni di alcuni organi di stampa secondo cui la manovra economica determinerebbe una riduzione della spesa per gli studenti disabili sono totalmente prive di fondamento”.
    Secondo il ministro la manovra “si limita a definire i seguenti aspetti: è confermato, come stabilito dal governo di centrosinistra, il rapporto di un insegnante ogni due studenti disabili. Tuttavia, in caso di bisogno, viene concessa una deroga a questa norma, come disposto dalla Corte Costituzionale. Si tratta dunque di un provvedimento reso indispensabile dopo la sentenza, che non toglie, ma garantisce nuovi servizi”. Ci sarà però più rigore nella certificazione delle disabilità, che in passato sono state a volte definite “in maniera disinvolta e non corretta”.
    Restano diffidenti tuttavia l’ufficio per le politiche sulla disabilità della Cgil, la Fand (Federazione Associazioni Nazionali Disabili) e la Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che in una nota congiunta parlano di “ben informate indiscrezioni sulle misure allo studio del Governo che dovrebbero comporre la manovra correttiva da oltre 40 miliardi”.
    Le associazioni annunciano che se le indiscrezioni dovessero rivelarsi fondate sarebbero pronte a scendere nuovamente in piazza, come il 23 giugno scorso perché “non devono essere ancora una volta i più deboli a pagare”.
    Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, sostiene a sua volta che la manovra “fa scelte gravi che possono porre a rischio servizi pubblici fondamentali” e che “occorre superare la logica dei tagli lineari che stanno soffocando i trasporti pubblici locali, il servizio sanitario, la scuola, la formazione e il welfare”.
    Notizie contrastanti, dunque, e molta incertezza sulle misure riguardanti la scuola e in particolare il sostegno, che solo la lettura del testo integrale della manovra, e dei suoi allegati tecnici, potrà dissipare.




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    Come sostenere i docenti di sostegno


    Affrontare i problemi degli allievi disabili con logica burocratica tradisce i principi dell'integrazione e, quel che è peggio, danneggia i ragazzi.
    Purtroppo, ciò avviene sempre più spesso nella scuola italiana, come ci segnala il caso scoppiato a Torino pochi giorni fa. Al momento delle assegnazioni di circa 300 posti di sostegno, si è scoperto che oltre due terzi erano stati attribuiti a docenti «soprannumerari», vale a dire insegnanti curricolari di ruolo che, non potendo più insegnare nella loro scuola a causa della riduzione del monte ore della loro materia, della diminuzione delle classi o dell'arrivo di un collega con maggiore anzianità di servizio, avrebbero accettato una posizione di sostegno nello stesso istituto invece del trasferimento in un'altra scuola. Peccato che la quasi totalità di costoro non avesse la qualificazione per lavorare con i ragazzi con disabilità. Dopo molte polemiche, c'è stata una parziale marcia indietro.
    L'idea di assegnare al sostegno docenti senza una preparazione specifica è sbagliata, doppiamente sbagliata. Da un lato, poiché nessuno penserebbe mai di fare insegnare matematica a chi fino a ieri ha insegnato latino, stupisce che un docente abbia così poca considerazione della sua professionalità da rinunciare alla sua disciplina, pur di non trasferirsi di qualche chilometro. Dall'altro - ed è l'aspetto più preoccupante - la vicenda conferma come il sostegno sia spesso considerato dall'amministrazione scolastica (e dai sindacati) un impiego di serie B, al punto da assegnarlo a chi non è qualificato a farlo, perdendo di vista che l'alunno con disabilità richiede competenze e metodologie didattiche particolari, formazione specifica ed esperienza.
    In questo, come in altri campi, nel nostro Paese c'è un conflitto fra principi e pratica. Nei principi, il modello di integrazione è probabilmente fra i più avanzati al mondo: prevede infatti che i ragazzi con bisogni educativi speciali siano pienamente inseriti nella vita quotidiana - non solo didattica, ma anche di relazione - della classe, con l'aiuto dell'insegnante di sostegno. In molti Paesi, come Francia e Germania, esistono invece ancora scuole e classi differenziali. Nella pratica, però, le cose non funzionano bene, come emerge da un recente studio di Associazione Treellle, Caritas italiana e Fondazione Agnelli. Il sostegno si trasforma spesso in una trafila burocratica, che traduce meccanicamente la certificazione di disabilità delle Asl in ore di sostegno, senza una vera lettura dei bisogni dei ragazzi; gli altri insegnanti tendono a delegare in toto l'integrazione scolastica del disabile al docente di sostegno; è ormai pratica frequente che gli insegnanti acquisiscano la specializzazione sul sostegno per accelerare il passaggio in ruolo, salvo poi rientrare nei ranghi «normali» appena possibile, con grande spreco di risorse; infine, il turn-over sul sostegno è perfino più elevato di quello degli altri insegnanti: se la mancanza di continuità didattica è un danno per qualsiasi studente, figuriamoci per uno con disabilità. Insomma, si privilegiano gli aspetti organizzativi della professione insegnante all'aiuto effettivo alle famiglie e ai ragazzi.
    Come ritornare allo spirito originario della legge? La nostra proposta è l'opposto di quanto stava per accadere a Torino: invece di assegnare il sostegno a persone non qualificate, tutti gli insegnanti della classe vanno qualificati e coinvolti nell'educazione del ragazzo con bisogni speciali (il disabile, ma anche chi soffre di disturbi specifici dell'apprendimento, come la dislessia, o lo straniero con problemi di lingua), eliminando progressivamente la figura del docente di sostegno. Naturalmente, perché questo si realizzi occorre che gli insegnanti normali ricevano un'adeguata formazione. Inoltre, servirebbero su base territoriale nuclei di esperti altamente specializzati nella pedagogia speciale, che supportino scuole e famiglie nella lettura dei bisogni e nella fatica quotidiana. Lo sappiamo: non è cosa che si faccia dall'oggi al domani. Ma si deve cominciare subito a preparare questa prospettiva, prima che il modello d'integrazione collassi, soffocato dall'effetto congiunto di risorse in calo e aumento degli allievi con bisogni educativi speciali.

    La scuola italiana inizia il nuovo anno con il consueto bagaglio di sfide e problemi, inclusa la piena integrazione dei ragazzi disabili. In questo campo l'Italia vanta un primato di civiltà: sarebbe davvero vergognoso se, per esigenze di bilancio, inerzia burocratica o interessi corporativi, la scuola facesse un passo indietro.



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    Gelmini: I tagli del governo al sostegno e al tempo pieno sono bugie


    "Dire che questo governo ha tagliato gli insegnanti di sostegno è una bugia così come un'altra falsità è la presunta riduzione del tempo pieno". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, intervenendo in studio a "Mattino 5".
    Per il ministro spesso le "opinioni si sostituiscono ai numeri", ma in realtà quest'anno gli insegnanti di sostegno a scuola "sono 94 mila, il picco più alto mai raggiunto nella scuola italiana. è un fatto importante perché l'attenzione alla disabilità è un altro punto qualificante della scuola".
    Gelmini ha assicurato che "non è stato modificato il rapporto di un insegnante ogni due studenti ed sono stati aggiunti rispetto all'anno scorso almeno 3.500 insegnanti di sostegno in più”. Poi, ha concluso, "ci sono casi in cui un insegnante di sostegno viene dato con troppa superficialità a discapito di chi ne ha veramente bisogno". Ma "dire che questo governo ha tagliato gli insegnanti di sostegno è una bugia".
    Stessa cosa per "la presunta riduzione del tempo pieno": quest'anno "170 mila alunni in più” sono al tempo pieno.
    Quanto al problema del sovraffollamento delle classi, Gelmini ha detto che questo "esiste e coinvolge 2.000 delle oltre 340.000 classi", ma "non si può dare la rappresentazione di una scuola nella quale la norma sia costituita da classi con oltre 30 alunni".
    "In realtà le nostre classi hanno una media di alunni inferiore all'Ocse – ha argomentato il ministro - il 22 per cento contro la media Ocse del 23. Quindi lo 0,6%: mi pare sia una percentuale bassa, mentre il 4% è costituito da classi con meno di 12 alunni". E ha osservato: "E' chiaro che vanno risolti anche questi casi, ma dare la sensazione di una scuola allo sbando e con classi sovraffollate è un errore e non rappresenta la realtà dell'istruzione italiana".
    Infine, il 'capitolo' precari. "Quest'anno, a saldi invariati, quindi non con il vecchio vizio di aumentare la spesa pubblica ma nell'ottica di garantire la continuità didattica - ha precisato il ministro - abbiamo assunto 30mila nuovi insegnanti e 35mila del personale tecnico".




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    Sostegno: a Torino assunti i precari con il titolo

    Esultano i Cobas: "Ripristinata la legalità, dopo anni di irregolarità". I docenti in esubero restano in servizio nelle proprie scuole per attività di ampliamento dell'offerta formativa.
    A Torino, sui posti di sostegno nella secondaria, succede di tutto: soprannumerari curricolari assegnati al sostegno, proteste vivacissime dei precari, nomine revocate e Cobas-Scuola che ringrazia il dirigente provinciale.
    I Cobas torinesi parlano addirittura di una “straordinaria vittoria anche grazie alla disponibilità del dott. Militerno (il dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, ndr)”.
    La vicenda è complessa ed è indicativa delle difficoltà in cui gli uffici territoriali del Ministero hanno dovuto lavorare in queste ultime settimane.
    In pratica a fine agosto l’Usp di Torino aveva deciso di assegnare i docenti in esubero di alcune classi di concorso su posti di sostegno disponibili.
    Immediata la reazione dei precari con titolo di specializzazione che si sono visti “soffiare” una cinquantina di posti.
    La protesta dei precari, sostenuta dai Cobas ma anche da molte famiglie di alunni disabili, è stata contrassegnata da momenti di tensione (non è mancato neppure un intervento delle forze dell’ordine durante le nomine).
    Il 12 settembre, infine, la soluzione; una delegazione di manifestanti viene ricevuta dal dirigente dell’Ufficio provinciale e dopo due ore di “trattativa” si trova una via d’uscita: il dirigente revoca le assegnazioni dei docenti in esubero sui posti di sostegno e decide di riconvocare i precari con il titolo per la scelta della sede.
    I docenti in esubero (poco meno di 50) vengono lasciati nelle scuole di precedente titolarità per attività finalizzate all’ampliamento dell’offerta formativa.
    Il decreto del dirigente provinciale invita anzi i dirigenti scolastici a “potenziare gli insegnamenti obbligatori previsti dagli indirizzi di studio che sono stati oggetto di riduzione e per l’istruzione professionale anche per attivare i corsi triennali per il conseguimento della qualifica professionale”.
    E, ancora, “per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e/o attivare ulteriori insegnamenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell’offerta formativa mediante la diversificazione e personalizzazione dei piani di studio, per l’arricchimento ed il potenziamento delle attività dell’offerta formativa e per la copertura delle supplenze”.
    In conclusione, i Cobas esultano: “Dobbiamo prendere atto che solo quest'anno le irregolarità (che si ripetono, comunque, da diversi anni) sono state eliminate e per questo motivo non possiamo che dare atto al dirigente scolastico provinciale, dott. Militerno, di aver fatto tutto il possibile per ripristinare la legalità”.
    L’Anief, al contrario, punta il dito proprio contro il dirigente provinciale e lo invita a rassegnare subito le proprie dimissioni per “manifesta incapacità”.



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    Sostegno, più docenti in servizio. E sempre più precari


    Oltre 96 mila insegnanti nella scuola statale, ma solo 63mila sono inseriti nell’organico di diritto. Gli altri sono precari, un numero che cresce ogni anno. Con forti differenze territoriali
    ROMA – I dati ufficiali e definitivi del ministero dell’Istruzione ancora non ci sono, ma nell’anno scolastico in corso sono cresciuti sia il numero degli alunni con disabilità (circa 10 mila in più rispetto allo scorso anno), sia quello degli insegnanti di sostegno, che dovrebbero aver ormai superato le 96mila unità, circa due mila in più di quanto annunciato dallo stesso ministro Gelmini alcune settimane fa. Ma l’analisi dei numeri consegna una realtà che è fatta di sempre maggiore precarietà, con un aumento dei docenti precari rispetti a quelli inseriti negli organici di diritto e differenze abissali nella copertura delle necessità fra le varie regioni italiane. E’ questo il quadro delineato dal sito Tuttiascuola.com, che dedica oggi uno speciale sul sostegno.
    Le differenze fra le regioni sono davvero ampie. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, in Emilia Romagna c’è un docente di sostegno di ruolo ogni 3,75 bambini disabili, mentre in Campania ogni 1,36: una differenza superiore alle due unità. A livello di scuola primaria, in Veneto si arriva ad avere un docente di sostegno stabile ogni 4,05 studenti disabili, mentre in Basilicata ogni 1,62. Queste differenze sono figlie – spiega lo speciale – di quanto accaduto negli ultimi anni nel settore. La legge finanziaria 2008 – spiega Tuttoscuola.com - aveva fissato un tetto massimo di docenti di sostegno (quantificato in 90.123 unità) e la stabilizzazione nell’arco di un triennio del 70% dei posti, cioè 63.086 unità, in organico di diritto. I posti in aggiunta (cioè in deroga rispetto ai posti fissi e stabili) avrebbero potuto, quindi, arrivare al massimo a 27.037 unità (30%) da assegnare, tutti, a docenti non di ruolo con contratto fino al termine delle attività. Si trattava dunque di un 70% di posti di sostegno sicuro e stabile, coperto da docenti di ruolo (o con contratto annuale), per assicurare continuità didattica e qualità educativa, e di un restante 30% occasionale, discontinuo e precario, come i docenti chiamati a ricoprire quei posti.
    In verità, anche per effetto della sentenza della Corte costituzionale che tutela gli studenti con disabilità, il tetto massimo dei posti è saltato e con esso anche il rapporto 70/30. Oggi i 63.086 posti in organico di diritto sono rimasti tali e quali e sono aumentati invece quelli in deroga. Su un totale di 96.200 docenti di sostegno, quelli stabili sono appunto poco più di 63mila, pari non al 70 ma al 65,5%. Con tendenza ad abbassarsi ancora. L’aumento dei docenti di sostegno porta dunque con sé l’aumento dei posti in deroga, quelli più precari. Un fenomeno diffuso soprattutto al nord e al centro, visti i grandi squilibri regionali: per una maggiore perequazione, Tuttoscuola informa che circa ottomila docenti avrebbero dovuto essere assegnati al nord e centro, e non al sud e nelle isole come invece accaduto.
    Sostegno, l’Italia spaccata in due: differenze abissali fra le regioni
    La stabilizzazione degli insegnanti di sostegno condotta negli ultimi anni non è stata equa: al sud quasi 7 mila docenti di troppo. Nella primaria 1,62 alunni disabili per docente in Basilicata e 4,05 in Veneto
    ROMA – I docenti di sostegno sono sempre più precari ma tale precarietà non è distribuita in modo omogeneo sul territorio nazionale: a dimostrarlo sono i numeri, oggi alla scuola e alla situazione degli insegnanti di sostegno. Il livello di stabilizzazione dei docenti di sostegno nella scuola statale è stato fissato dalla legge finanziaria del 2008 a quota 70%, per un numero di posti fissi e stabili pari a 63.086 unità. La stessa normativa prevedeva però che la stabilizzazione graduale di questo numero avvenisse sanando le differenze regionali allora evidenti.
    Le cose però non sono andate in questo modo: “Alcuni territori si sono avvantaggiati sugli altri andando ben oltre il limite di stabilizzazione con una quantità percentualmente maggiore di posti in organico di diritto, lasciando in questo modo agli altri territori la pesante precarietà dei posti in deroga”. Secondo il rapporto, per un’effettiva perequazione circa 7 mila posti di sostegno avrebbero dovuto essere assegnati ai disabili del Centro-Nord, anziché, come avvenuto, a quelli del Sud e delle Isole. Se si fosse agito in questo modo, “anche la precarietà dei posti in deroga, aggiunti annualmente senza certezza della continuità didattica, sarebbe avvenuta in termini più equi”, e le nomine “anziché andare pressoché a senso unico a favore delle scuole meridionali e insulari si sarebbero distribuite anche negli altri territori”. In generale ciò avrebbe comportato un servizio più omogeneo sul territorio anche in termini di qualità del servizio e di continuità didattica. Sul perché non si è seguita questa strada, se vi è stata disattenzione o si è trattato di scelte intenzionali, Tuttoscuola afferma che dal ministero “sarebbero doverose delle risposte”
    I DATI - Complessivamente per l’intero primo ciclo, scuole dell’infanzia comprese, il ministero ha previsto 133.625 alunni disabili e per loro ha assicurato un organico di diritto di 49.588 posti di sostegno per una media nazionale di 2,69 alunni/docenti. Quei 49.588 posti fissi – che assicurano anche continuità didattica e stabilizzazione – hanno avuto una distribuzione sperequata. Se il rapporto medio di 2,69 fosse stato assicurato in ogni territorio, la Campania avrebbe dovuto avere 2.585 posti di meno in organico di diritto, la Puglia 1.481 posti in meno; sempre in meno la Sicilia (-1.258), la Calabria (-674), la Sardegna (-513) e la Basilicata (-240), per un totale complessivo di 6.694 posti assegnati oltre al dovuto. Quei 6.694 posti avrebbero dovuto essere invece, assegnati a scuole del primo ciclo di altri territori: 3.120 posti in più nel Nord Ovest (la Lombardia avrebbe avuto diritto a 2.615 posti in più), 1.823 posti in più nel Nord Est (1.234 posti in più al Veneto) e 1.681 posti in più al Centro (948 posti di sostegno in più nelle scuole del Lazio).

    SCUOLA INFANZIA - Ecco alcuni esempi di differenze regionali. Per la scuola dell’infanzia l’organico di diritto ha previsto che nell’anno scolastico 2011-12 vi siano 11.794 bambini disabili e per loro ha disposto 5.440 posti di sostegno stabili e sicuri, per un rapporto medio nazionale di 2,17 bambini disabili per ogni posto di sostegno fisso. Rapporto che non è confermato sul territorio: in sei regioni infatti sono stati garantiti più posti stabili di sostegno e, quindi, il rapporto medio è risultato molto più basso della media nazionale. E’ il caso di Campania, dove la media è stata di 1,36 bambini disabili per ogni posto di sostegno in organico di diritto, e anche di Basilicata (1,41), Calabria (1,52), Puglia (1,81), Sardegna (1,29) e Sicilia (1,89). Di contro, al nord si va molto sopra la media nazionale (2,17): in Emilia-Romagna si arriva al 3,75, nel Veneto al 3,47, nelle Marche al 3,38, in Toscana al 3,32, in Umbria al 3,13 e in Lombardia al 2,93. In sintesi nel nord-est la media risulta pari a 3,38 bambini disabili per ogni posto di sostegno, al sud dell’1,59: quasi due punti di distanza.
    SCUOLA PRIMARIA - Per la scuola primaria, l’organico di diritto dell’anno scolastico 2011-12 ha previsto che vi siano 66.245 alunni disabili e per loro ha disposto 24.071 posti di sostegno stabili e sicuri, per un rapporto medio nazionale di 2,75 alunni disabili per ogni posto di sostegno fisso. Ma al nord e al centro, a causa della consistente minore assegnazione di posti, il rapporto è stato ben più elevato: nel Veneto è stato di 4,05, nelle Marche di 4,04, in Lombardia di 3,96, in Emilia-Romagna di 3,47, in Umbria di 3,40, nel Lazio di 3,36 e in Piemonte di 3,15. Poiché, invece, al sud e nelle isole, sono stati assegnati in proporzione più posti di sostegno, il rapporto medio è andato ben al di sotto del valore nazionale del 2,75: in Basilicata è stata infatti di 1,62, in Puglia di 1,78, in Sardegna di 1,91, in Calabria e Campania di 1,92. Anche qui, i criteri di assegnazione per la stabilità dei posti di sostegno nella scuola primaria hanno favorito (e non di poco) le aree meridionali (con l’eccezione di Abruzzo e Molise), a danno delle aree settentrionali e centrali.
    SCUOLA SECONDARIA - Per il 2011-12 sono stati previsti 55.586 alunni disabili nella scuola secondaria di I grado e per loro in organico di diritto sono stati disposti 20.077 posti di sostegno, per una media di 2,77 alunni disabili per ogni posto. La distribuzione territoriale dei posti di sostegno è stata fortemente differenziata, tanto che il rapporto medio è salito al 3,78 al Nord Ovest ed è sceso al 2,00 al Sud.


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    Dal Miur chiarimenti su supplenze sostegno

    In assenza di specializzati viene confermato il docente in servizio, con nomina avvenuta da graduatorie già definitive, in attesa dell’avente diritto.
    Facendo riferimento ai molti quesiti ricevuti riguardo al mantenimento o meno, su posto di sostegno, del supplente sprovvisto di titolo di specializzazione nominato “in attesa dell’avente titolo”, nei casi in cui la carenza di aspiranti forniti di titolo di specializzazione permanga, sia nella scuola che in tutte le altre istituzioni scolastiche della provincia, anche dopo la pubblicazione degli elenchi definitivi di sostegno di seconda e terza fascia, il Miur con nota del 15 novembre 2011, prot. n. 9379 (Pubblicazione graduatorie definitive di circolo e di istituto per il triennio scolastico 2011/2014. Posti di sostegno) ribadisce quanto già indicato nella nota 20893 del 31/10/2007.
    Pertanto “in carenza assoluta di aspiranti specializzati i dirigenti scolastici, in considerazione della particolare tutela della continuità didattica in favore degli alunni disabili, provvederanno alla conferma definitiva sui predetti posti di sostegno del docente privo di titolo già in servizio sui posti in questione con contratto in attesa dell’avente titolo”.


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    Lo denuncia l'Anffas



    600 euro per ricorrere contro i tagli al sostegno
    Il presidente nazionale dell’Anffas (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), Roberto Speziale, denuncia l’insorgere di un nuovo ostacolo per l'istruzione degli alunni disabili: una circolare dello scorso 18 Ottobre (emessa dal Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa) che richiede un versamento di 600 euro (contributo unificato) per ricorrere all'autorità giudiziaria amministrativa in caso di illegittima e insufficiente assegnazione di docenza di sostegno per gli alunni con disabilità.
    Speziale chiede un intervento istituzionale che rimuova questo onere “ingiustificato e inaccettabile”, dato che “fino a oggi questo tipo di procedimento era esente dal contributo unificato, poichè concernente i minori e la tutela della prole”.
    La proposta dell’Anffas è ,“se proprio risulti indispensabile un pagamento, far effettuare il versamento di un contributo unificato pari a 37,00, così come previsto per alcune ipotesi di controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria”.


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