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Discussione: In pensione con 40 anni, più due

  1. #221
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    Ape agevolata, c’è la beffa: stipendio massimo di 1.100 euro, le maestre d’infanzia pagano

    C’è un passaggio cruciale nell’accordo tra Governo e sindacati sulla pensione anticipata (Ape) che rischia di rimanere inosservato, pur essendo fondamentale.
    Riguarda il fatto che l’Ape agevolata, nella quale rientrano le maestre della scuola dell’infanzia, non sarà gratuita. Come, invece, sembrava dover essere all’inizio.

    Perché l’anticipo di pensione a costo zero (riservata a delle categorie lavorative agevolate) potrà riguardare importi al massimo di 1.300-1.350 euro lordi, cioè tra mille e 1.100 euro netti. Per le quote eccedenti scatteranno invece delle penalizzazioni.
    A quanto ammontino questi soldi, da dare allo Stato nel ventennio che parte dall’età “regolare” di pensionamento (quindi dai 67 anni), non è ancora chiaro. Perché in queste ore la Ragioneria generale dello Stato sta facendo i conti (sperando si tratti di cifre molto inferiori agli oltre 200 euro mensili che riguardano coloro, si presume pochi, che accederanno all’Ape volontariamente).
    Una domandina sulla questione, in ogni caso, possiamo comunque porla: quali sono le maestre della scuola dell’infanzia che percepiscono uno stipendio mensile pari a 1.100 euro nette al mese, se le neo-assunte, ad inizio carriera, ne prendono circa 1.200 euro?
    I sindacati sapevano bene che quell’importo doveva essere più alto. Per questo motivo, ancora a settembre, si erano attestati a 1.650 euro lordi. Il Governo, aveva fatto intendere che si sarebbe potuto chiudere a circa 1.500: una quota che, forse, avrebbe potuto garantire l’uscita anticipata a qualche maestra. Ora, invece, approvando il testo finale con l’importo massimo fissato a 1.350 euro lordi, forse anche 1.300 euro, abbiamo la matematica certezza che l’accesso all’Ape senza necessità di restituire nulla, riguarderà pochi intimi. Quasi nessuno tra le mastre dell’infanzia (quelle della primaria e i prof della secondaria erano stati fatti “fuori” in partenza), se non quelle in regime di part time (che però non sappiamo ancora se potranno aderire).
    La domanda, è il caso di dire, viene spontanea: come si fa a dire che una categoria può accedere ad un beneficio – il pensionamento anticipato sino a 63 anno e mezzo di età anagrafica – dal momento che lo stipendio di quei lavoratori è superiore ai “paletti” messi su per farlo proprio? E ancora: per quale motivo, i sindacati non hanno fatto emergere questa contraddizione, soffermandosi solo sugli anni di contributi minimi, necessari per accedere all’Ape, o su altri aspetti?
    Sindacati a parte, sarebbe comunque stato molto più corretto dire prima che, comunque, una cifra minima anche le maestre d’infanzia (come gli infermieri), avrebbero dovuto restituirla. Sperando, alla luce di quanto avvenuto, che sia davvero minima.


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  2. #222
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    Ape social, le maestre d’infanzia pagheranno 60 euro al mese per 20 anni: gli altri prof 300 euro

    Il Governo ha portato da 1.350 euro a 1.500 euro la soglia di reddito per accedere gratuitamente all’Ape social, ma per le maestre d’infanzia non cambierà molto.
    Perché l’accesso al pensionamento anticipato, anche a 63 anni e mezzo, continuerà nella grande maggioranza dei casi a necessitare di un pagamento da parte del beneficiario: se un maestro ad inizio carriera percepisce 1.200 euro netti è ovvio che dopo i 60 anni, per via degli aumenti automatici e l’adeguamento dello stipendio al costo della vita, prenderà più di quei 1.300 euro (1.500 lordi) che il Governo ha oggi posto come limite per l’accesso all’Ape senza “mutuo” da restituire in un ventennio.

    Rispetto alle nostre perplessità, espresse nei giorni scorsi per un impianto normativo che esclude quasi totalmente la platea dei potenziali beneficiari, lo scenario rimane pressoché immutato. Per avere la possibilità di accedere gratuitamente all’anticipo pensionistico, sarebbe dovuta passare la richiesta dei sindacati, che avevano proposto 1.650 euro di “tetto”.
    Cosa accadrà ora? È semplice: le maestre d’infanzia pensionande che superano i 1.500 euro lordi (praticamente tutte) e rientrano nei parametri d’accesso, andranno in pensione con il reddito “ponte” che sarà in buona parte a carico dello Stato: il resto lo pagherà il lavoratore che ha beneficiato dell’anticipo. Questo avverrà, però, solo per la quota che supera la soglia.
    A fornire l’entità del pagamento da effettuare è l’on. Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro: “per un’Ape agevolata da 2.000 euro lordi mensili, si applicherà circa l’1% di penalizzazione per ogni anno di anticipo”, ha detto il democratico,
    In termini pratici, quindi, si tratterà di restituire (a partire dalla data di pensionamento dettata dalla riforma Monti-Fornero, quindi dopo i 67 anni) meno di 20 euro mensili l’anno. Per chi beneficerà dei tre anni e 4 mesi massimi consentiti, si tratterà di pagare circa 60 euro. Pari a 750 euro annui.Che per 20 anni fanno 15mila euro.
    Una cifra – di massima – decisamente più tollerabile rispetto agli ai 60-80mila euro che, invece, pagheranno i colleghi che non rientrano nelle categorie usuranti (le maestre d’infanzia, gli edili, una parte degli infermieri): sarà questa la cifra (tutt’altro che allettante) che dovranno restituire tutti gli altri insegnanti e lavoratori della scuola.
    Per costoro, infatti, l’anticipo volontario costerà tra il 4,6 e il 4,7% annui: per un docente di scuola secondaria a fine carriera corrispondono a circa 100 euro l’anno. Che per un triennio fanno 300 euro. Quindi, circa 3.500 euro l’anno.
    Una cifra che in caso di premorienza del pensionato che ha beneficato dall’Ape, grazie al coinvolgimento delle assicurazioni, gli eredi non saranno chiamati a pagare sino al completamento del ventennio di “mutuo”.
    Ricordiamo che potranno accedere all’Ape, tutti i lavoratori che hanno almeno 63 anni e sono a 3 anni e 7 mesi dalla pensione, e con un minimo di 20 anni di contributi (che salgono a 30 e 36 per l’Ape social, in caso di disoccupati o persone ancora attive). Nel pacchetto in via di approvazione c’è pure il cumulo gratuito dei contributi versati a enti diversi.


    tecnica della scuola
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  3. #223
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    Pensione integrativa Espero: per i neoassunti elevare al 2% il contributo del Miur




    Dopo la nota emanata con la quale il Consiglio di Amministrazione del Fondo lamentava che gran parte del personale della scuola recentemente assunto non ha ancora aderito al Fondo Scuola Espero, e in cui si ricordava il ruolo dei sindacati e dei dirigenti scolastici nella diffusione della modalità di adesione al Fondo, i sindacati rispondono con una proposta.
    La FLC CGIL, la CISL SCUOLA, la UIL SCUOLA e lo SNALS CONFSAL hanno infatti colto l’inviato a rilanciare tra i lavoratori della scuola ed in particolare tra coloro che numerosi sono stati recentemente immessi in ruolo, l’interesse e la consapevolezza dei benefici derivanti dalla tempestiva adesione alla previdenza integrativa,.
    Le organizzazioni sindacali ritengono opportuno individuare strumenti condivisi e incentivanti da utilizzare nell’immediato.
    Così come avvenuto in sede di accordo costitutivo la FLC CGIL, la CISL SCUOLA, la UIL SCUOLA e lo SNALS CONFSAL propongono che, in via straordinaria e temporanea, il contributo dell’1% a carico del MIUR sia elevato al 2% per i nuovi iscritti al Fondo ESPERO.

    Pensione integrativa Espero: i neoassunti non la conoscono e non aderiscono


    orizzontescuola
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  4. #224
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    Quota 96 scuola: niente pensione anticipata, dovranno restare in servizio ancora qualche anno


    Niente pensionamento anticipato per i quota 96 della scuola: dovranno rimanere in cattedra ancora per qualche anno.
    Nessuna speranza per i quota 96 della scuola che la Legge Fornero ha bloccato in servizio: con la riforma pensioni portata dalla legge di Bilancio 2017 loro non saranno compresi.
    Nonostante i molti tentativi di inserire anche gli esodati della scuola nelle tutele previste nella prossima legge di Bilancio, il parere dell’Inps fa morire ogni speranza: non si sa quanti sono i quota 96 della scuola e la stima nei loro confronti non è attendibile. Sono 4mila o 9mila? Proprio per questo motivo, ribadisce l’Inps, non è possibile preventivare quanto un provvedimento che permetta il loro pensionamento costerebbe alle casse dello Stato e per questo non sono stati inseriti nella manovra.
    Anche se la questione si trascina da oltre 4 anni, gli esodati della scuola, vittime della legge Fornero rimarranno bloccati in servizio al contrario degli esodati veri e propri per i quali si sono attuate 7 tutele.
    La riforma previdenziale in atto non ha tenuto conto della specificità dei dipendenti della scuola che possono andare in pensione in una sola finestra temporale annuale: tra il 32 agosto e il 1 settembre di ogni anno per non lasciare una classe senza insegnante nel corso dell’anno scolastico. La riforma delle pensioni vigente si è dimenticata di questa particolarità impedendo a migliaia di docenti di poter accedere alla pensione con la quota 96.
    E con il parere dell’INPS muoiono le ultime speranze di pensionamento di questi docenti che non saranno inseriti neanche nella prossima manovra per l’incertezza della loro stima.
    Manuela Ghizzoni, senatrice del Pd che da tempo si occupa della vicenda, però, fa notare che sarebbe bastato aprire un’apposita procedura su Istanza online per avere la cifra precisa. Evidentemente, conclude la senatrice, non c’è stata la volontà di farlo.
    Ai quota 96 della scuola, quindi, non resta che rimanere in cattedra in attesa di maturare l’età pensionabile richiesta dalla vigente riforma previdenziale.


    Orizzontescuola
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  5. #225
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    Umh....forse me l'hanno gia' spiegato una volta , ma sinceramente non ho ritrovato la risposta.

    Cioe', nella peggiore delle ipotesi si puo' disquisire di coloro i quali dal 31 agosto (il 32 di Agosto devono ancora deliberarlo, a Palazzo Chigi) ed entro il 31 Dicembre dell'anno 2011 avessero maturato la fatidica quota 96,ergo avere maturato i requisiti minimi per la pensione d'anzianita'.
    Pero'....per essere ancora in servizio attualmente, significa che rientrerebbero solo coloro i quali la quota 96 l'avessero raggiunta con 35 anni di contribuzione e 61 anni d'eta'. Perche', lor signori, sono passati 5 anni abbondanti da allora.
    Quindi, in soldoni, il prof quota 96 di allora, ora avrebbe 40 anni di contributi e 66 anni d'eta'. E se aattualmente per la pensione di vecchiaia occorre avere , nel peggiore delle ipotesi 66 anni e 7 mesi d'eta' per gli uomini ed 1 anno in meno per le donne, di quali anni in piu' da laura' stanno parlando i sindacati??
    Secondo me non c'e' piu' nessuno che possa rientrare negli "esodati"...ma non ho i carteggi in mano.

    Se lo spiegassero meglio a me e soprattutto ai loro iscritti, farebbero cosa buona e giusta.
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  6. #226
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    Anche secondo me la quota 96, che passati 5 anni ora è 106, si è estinta per via naturale tranne alcuni rari casi.
    Comunque essendo anch'io a quota 106 (63+43) non firmerò mai le dimissioni come chiedono, ma aspetterò il
    pensionamento coatto. Me devono cacciaaaaaaaa..............

    PS: l'anno prossimo entro nel 44° anno di servizio ed ho abbondantemente passato il paletto dellla Fornero a 42 e 10 mesi.


  7. #227
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    Damme retta: prendi cio' che puoi oggi,l'uovo, e lascia stare la gallina di domani: sia mai che il pinocchietto di turno cambi le regole in tavola ed i diritti acquisiti (come nel tuo caso lampante) servono solo ad andare in bagno la mattina Oltretutto senza penalizzazioni, il che non e' poco....

    Cacciarti non possono sicuramente farlo, se non per raggiunti limiti d'eta', che credo facciano il paio con il raggiungimento dell'eta' pensionabile di vecchiaia.
    Oltretutto, a fronte di una contribuzione abbastanza onerosa, ogni anno di permanenza in servizio,ti rendera' circa 10€ al mese (dipende comunque dal tuo stipendio di base)....puoi facilmete verificarlo nella pagina La mia pensione del sito INPS

    Ciaociao
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  8. #228
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    Nella PA stanno pensionando d'ufficio anche chi ha raggiunto i 42 anni e 10 mesi, specie se facenti parte di categoria in esubero,
    il problema e che ti chiedono le dimissioni, così la liquidazione la vedi dopo 2/3 anni, se pensionato d'ufficio entro 105 giorni.


  9. #229
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    Scusa, mark, non sono in alcun patronato, ma non mi risulta sia cosi'.

    Nel tuo caso specifico, tu hai diritto al TFR o TFS dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, questo perche' non hai "maturato" alcuna penalizzazione(viceversa sarebbero 24mesi). Perlomeno per i primi 50k€. perche' l'eventuale eccedenza ricadrebbe in altra rata o 2, dipende dall'importo.
    Stessa modalita' anche se ti cacciano loro: i 105gg, vecchia normativa, si applica solo in casi particolari, e la cessazione unilaterale (e possono farlo se hai raggiunti i limiti pensionistici anche per la pensione anticipata) da parte della PA non rientra in questa casistica.

    Secondo me, dovresti,se non l'hai ancora fatto,adire un consulente del lavoro con gli attributi, e non magari il patronato di turno che forse fa' ,suo malgrado, gli interessi della PA ( e forse ci guadagna anche qualcosina...!)
    Anche perche' fra circolari e circolarine, sembra che ognuno abbia opinioni diversa sull'oggetto del contendere: insomma, a l'e' in gran casen...
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  10. #230
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    Tutto giusto quello che dici, solo che Renzi ci ha aggiunto in caso di richiesta di dimissioni (le chiama così) dopo aver raggiunto i 2 paletti (62 anni di età e 42 anni e 10 mesi di anzianità) il TFR lo vedi nelle modalità che hai descritto. (2 anni 50.000 il resto se c'è dopo 3)
    Al di là di tutto ho deciso di farmi un anno in più, anche per altri motivi.

    PS: detto fra noi mia moglie non mi vuole tutto il giorno per casa ed io al lavoro mi diverto. (OOOO ma che resti fra noi....)


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