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Discussione: In pensione con 40 anni, più due

  1. #71
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    La riforma Fornero ha fatto crollare le pensioni liquidate


    Secondo l’Inps il crollo delle pensioni è stato del 38% negli ultimi mesi perché sono aumentati sia i requisiti di età e sia di anzianità
    Niente miseria per l’Inps dunque che ha visto quasi dimezzate le sue uscite per liquidare le pensioni. Le agenzie infatti parlano di un vero e proprio crollo di pensioni pagate ai lavoratori negli ultimi mesi e tutto questo grazie alla legge Fornero sulle pensioni, quella stessa che sta tenendo legati al palo il personale della scuola con “Quota 96”. Raggiungere la pensione ormai è una chimera e forse pure potersi godere il meritato riposo, dal momento che, come si diceva, sono aumentati sia i requisiti dell’età e sia la forte stretta che c’è stata sulle anzianità. I numeri dell’Inps si riferiscono sia ai lavoratori dipendenti, che a quelli del settore privato, ma anche a chi lavora nel settore pubblico. Per quanto riguarda il settore privato, dal 2005 al 2011 le pensioni liquidate ogni anno sono state da 245mila a 399mila. Nel 2012 si è passati a 228mila e nei primi mesi del 2013 a 96mila.

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  2. #72
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    Boccia: vanno trovate le risorse per “Quota 96”

    Francesco Boccia, il presidente della Commissione bilancio alla Camera, in un comunicato su FaceBook è lapidario: “Costi quel che costi le risorse per ‘Quota 96’ vanno trovate” Un sospiro di sollievo, lungo e profondo, possono dunque tirare i lavoratori della scuola impelagati dietro la barricata dalla riforma Fornero sulle pensione che ha fissato al 31 dicembre invece che del 31 agosto, con la chiusura della scuola, il termine per andare in pensione.
    L’on Francesco Boccia (ma anche Manuela Ghizzoni che dal primo giorno ha seguito questo gruppo di persone), ha mantenuto la promessa di risolvere questa lunga e tormentata questione. E infatti nel comunicato continua: “C’è, dal punto di vista parlamentare, il massimo impegno perché si trovi una soluzione e la mia posizione in commissione Bilancio è chiara: le coperture finanziarie per cancellare quell’errore si devono reperire. La palla adesso passa al governo: la settimana scorsa ho inviato una lettera al ministro Saccomanni e adesso sto spingendo perché ‘Quota 96’ rientri tra i provvedimenti all’odg in uno dei prossimi Cdm” “Parola di re è parola di re”, dice un vecchio adagio, e l’on Boccia, dopo l’incontro del 22 maggio scorso a Roma col Comitato “Quota 96”, non pare abbia arretrato dalla sua promessa. Promessa tuttavia che anche altri gruppi parlamentari nelle persone di Pannarale, Centemero, Marzana hanno mantenuto, se la questione va in porto come sembra stia avvenendo. Ma cosa chiede Boccia a Saccomanni, ministro dell’economia? “Desidero informarla che la V Commissione Bilancio ha deliberato di chiedere al Governo la predisposizione entro giovedì 1 agosto della relazione tecnica sul testo unificato della Pdl 249, recante le modifiche” alla legge Fornero. Essa deve indicare: “i beneficiari che maturerebbero i requisiti al trattamento pensionistico nel corso dell’a.s. 2011/12 e comunque dopo il 31 dicembre, vale a dire dal 1 gennaio al 31 agosto; i beneficiari che maturerebbero i medesimi requisiti nel corso della restante parte del 2012, ossia dal 1 settembre alla fine dell’anno”. Le premesse dunque sono tutte positive e quello che sembrava l’unico ostacolo, il reperimento dei fondi, sembra risolversi, come pure la questione relativa al numero complessivo della platea di coloro che non sono rientrati tra i beneficiari della legge sulle quote varata da Damiano durante il governo Prodi. Da una primitiva somma di 3500 persone si è poi passati a 9000, secondo l’Inps, per attestarsi infine a circa 6 mila. In ogni caso, a leggere le parole dell’on. Boccia, la materia, dopo l’approvazione in Commissione bilancio, se (è obbligatorio il se) sarà approvata, dovrebbe subito dopo passare al Consiglio dei ministri in modo forse che venga adottato un decreto legge che renda operativo il provvedimento cosicché già al primo settembre il personale “Quota 96” possa lasciare la scuola e si possano nominare i nuovi docenti. Anche i precari dunque in attesa che si risolva in modo definitivo l’affaire “Quota 96”.


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  3. #73
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    Dipendenti pubblici come ‘burattini’ sulle pensioni?

    Duro attacco di Anief contro il Governo dopo la pubblicazione della relazione della Ragioneria generale dello Stato su “Quota 96”, ma anche sulle sperequazioni pensionistiche nella PA. Ai soprannumeri imposta la pensione con la vecchia legge I lavoratori dello stato trattati come dei “burattini”? E pare di sì e soprattutto in riferimento alla loro andata in pensione pur avendone i diritti. E infatti, dice Anief, i lavoratori della scuola di “Quota 96” vengono lasciati in servizio “perché agganciati impropriamente alla riforma Fornero; quando gli stessi dipendenti sono soprannumerari, invece, avendo i medesimi requisiti, vengono collocati in pensione”. A seconda dunque del loro utilizzo e della bisogna, nel teatrino della inefficienza politica, si scelgono le vie traverse per liquidare o meno i dipendenti pubblici. Con questa prospettiva, e in funzione di questa logica un po’ perversa, è stata infatti emanata la disposizione, contenuta nella Circolare n. 3 emessa dal Dipartimento della Funzione Pubblica, attraverso la quale il Ministero per la PA invia coattivamente in pensione tutto “il personale in posizione di soprannumero”, nell’anno in corso, in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi da riferire alla normativa precedente all’entrata in vigore della legge Fornero sui pensionamenti n. 214 del 22 dicembre 2011.
    Questa diposizione invece non vale, anzi non sembrerebbe presa in considerazione (tranne decisioni dell’ultimo momento con la conferma delle promesse dell’on. Boccia), per i circa 6mila dipendenti della scuola rimasti “incastrati” a seguito dell’approvazione della legge Fornero; dipendenti che si sono riuniti nel comitato “Quota 96” e che stanno cercando tutte le strade per ottenere il riconoscimento dei loro diritti. E infatti, sottolinea Anief, in attesa “che la Commissione Bilancio della Camera esamini il provvedimento di deroga, per la cui attuazione servono circa 170 milioni di euro, è stata resa pubblica la relazione della Ragioneria generale dello Stato, secondo cui, un provvedimento del genere risulterebbe iniquo rispetto agli altri dipendenti della pubblica amministrazione e potrebbe anche far sorgere delle rivendicazioni difficilmente controllabili”. Difficilmente controllabili tuttavia per il comparto scuola, visto il pensionamento, coi benefici ante legge Fornero, a favore dei soprannumerari, e visti pure i dati ufficiali emessi dall’Inps. Essi infatti indicano “che nei primi sei mesi del 2013 i corpi di polizia hanno lasciato il servizio in media a 54,8 anni. Ed i militari a 57 anni. Nel contempo, il progressivo progetto di allineamento di tali figure professionali ai nuovi requisiti pensionistici è naufragato”. La legge Fornero dunque sta apparendo come una sorta di materiale a “tira e molla”, tirato e mollato a seconda della bisogna; e infatti “era previsto che l’attuale Parlamento approvasse una specifica norma che avrebbe portato i pensionamenti delle forze dell’ordine fino a 62 anni (riducendo gli attuali “scivoli” e le maggiorazioni degli anni di servizio svolto). Le commissioni parlamentari interpellate, tuttavia, hanno già fatto decadere il provvedimento. Con il risultato che militari e poliziotti si ritroveranno ad andare in pensione con anche 15 anni di anticipo rispetto agli altri pubblici dipendenti”. Uno Stato a due facce, dice Anief, “se è il dipendente pubblico a chiedere di andare in pensione pur avendo, come nel caso della scuola, raggiunto i requisiti necessari, si alzano dei muri insormontabili; se invece lo stesso personale risulta senza titolarità, allora quegli stessi muri si frantumano in un batter d’occhio e i dipendenti di troppo vanno addirittura posti in quiescenza coattivamente. La legge non può essere adottata a giorni alterni, cambiandola a seconda dei comodi di chi ci governa”.


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  4. #74
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    Beeeeeeeee... anche io con 96...e amministazione pubblica!!!!!!.. devo fare altri 2 anni e 7mesi



  5. #75
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    In pensione senza la Fornero


    Le scelte al tavolo del prossimo consiglio dei ministri. Le domande già da settembre. E per gli inidonei niente più trasferimento coatto tra gli Ata
    Estendere anche ai dirigenti scolastici, ai docenti e al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che hanno maturato, successivamente al 31 dicembre 2011, ma entro il 31 agosto 2012, i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa previgente l’entrata in vigore dell’art. 24 del decreto legge 201/2011(riforma Fornero) per accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, di potere essere collocati a riposo fruendo dei predetti requisiti. É quanto prevede un articolo della bozza di decreto legge sul pubblico impiego attesa al prossimo consiglio dei ministri.
    Decreto che stoppa anche iò passaggio d’ufficio nei ruoli del personale Ata dei docenti dichiarati permanentemente inidonei alla propria funzione per motivi di salute, ma idonei ad altri compiti, e del personale docente attualmente titolare delle classi di concorso C999 e C555. Le due decisioni sul tavolo del governo Letta anticipano l’orientamento prevalente che si registrava nella settima commissione del senato, che stava esaminando i disegni di legge n. 316 e n.728 concernenti gli inidonei e nella XI commissione della camera, che stava esaminando il disegno di legge unificato in materia pensionistica.
    Docenti inidonei
    L’art. 23, nel disporre l’abrogazione dei commi 13, 14 e 15 dell’articolo 14 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 i quali prevedevano, tra l’altro, che il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione, ma idoneo ad altri compiti, e il personale docente attualmente titolare delle classi C999 e C555, dovevano transitare di autorità nei ruoli del personale Ata con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico, se da un lato viene incontro alle pressanti richieste degli interessati che consideravano il trasferimento d’ufficio nel ruoli del personale Ata punitivo sia sotto il profilo professionale che retributivo, dall’altro non contribuisce a risolvere il problema dei docenti attualmente permanentemente inidonei, di quelli che lo diverranno in futuro e dei docenti titolari delle classi C999 e C555. Stando all’ultima rilevazione del Miur, datata 11 marzo 2013, il loro numero dovrebbe essere in totale di 3.572 unità, anche se al sottosegretario del ministero dell’istruzione Gabriele Toccafondi è stato indicato il numero di oltre 5.000 unità. Per effetto dell’abrogazione dei predetti commi, i docenti inidonei, ancorché collocati fuori ruolo, continueranno a prestare servizio anche per il prossimo anno scolastico nelle sedi e con i compiti loro assegnati. Dall’esame delle leggi e dei decreti e circolari ministeriale che in materia si sono succeduti a partire dalla data di entrata in vigore dell’art. 35, comma 5, della legge n. 289/2002 non si individuano, infatti, altre soluzioni di effetto immediato. La loro condizione, pertanto, continuerà a rimanere incerta e precaria almeno fino a quando non si troverà, a costo zero. una soluzione che possa soddisfare sia gli interessati che l’amministrazione scolastica. Un altro effetto derivante dall’abrogazione del comma 14, in particolare, è quello di avere consentito l’immissione in ruolo di altre cinquemila Ata i cui posti erano stato congelati appunto in previsione del passaggio dei docenti inidonei.
    Pensionamento
    L’art. 24 del decreto legge introduce invece una modifica all’art. 24, comma 14, del dl 6 dicembre 2011, n. 201. Per effetto di tale modifica, al trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità con i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa previgente l’entrata in vigore del predetto decreto potrò accedere anche il personale della scuola che ha maturato detti requisiti successivamente al 31 dicembre 2011, ma non oltre il 31 agosto 2012. É quanto avevano chiesto alcune migliaia di dipendenti scolastici sia attraverso il comitato “Quota 96” che centinaia di ricorsi ai giudici. Mentre è incerto il numero dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario interessato al provvedimento( 3.500 secondo il Miur, intorno ai 9.000 secondo l’Inps), interessati lo sono certamente quanti alla data del 31 agosto 2012 potevano fare valere, ai fini della pensione di anzianità, sessanta anni di età e trentasei di contribuzione, oppure sessantuno anni di età e trentacinque di contribuzione, o anche, indipendentemente dall’età anagrafica, quaranta anni di contribuzione. Per la pensione di vecchiaia i requisiti da possedere erano invece sessantacinque anni di età e almeno venti anni di contributi, se uomini e sessantuno anni di età e almeno 20 anni di contributi, se donne. Il riconoscimento del diritto a fruire della normativa previgente la riforma Fornero non significa comunque che gli interessati dovranno chiedere di cessare immediatamente dal servizio. Per fare valere questo loro diritto potranno infatti aspettare fino al 2015 per chiedere di andare in pensione. Chi vorrà invece, a decreto legge approvato, dovrebbe poterci andare già dal prossimo 1° settembre




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  6. #76
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    “Quota 96” nel decreto del prossimo consiglio dei ministri?


    Farse in arrivo al prossimo consiglio dei ministri l’articolo della bozza di decreto legge sul pubblico impiego del ministro D’Alia. La nota dell’on. Ghizzoni Il decreto dovrebbe, obbligatorio il condizionale, prevedere che il personale della scuola potrà andare in pensione dal 1° Settembre con le quote, requisiti anagrafici e contributivi, ante riforma Fornero purchè essi siano stati maturati entro il 31 agosto 2012, che sono poi quegli stessi che il Comitato “Quota 96” invoca dal novembre 2011, quando si insediò il governo Monti e la ministra al Lavoro diede vita alla sua penalizzante legge. La platea interessata a questo decreto si attesta attorno a circa 6000 persone, dopo un precedente calcolo di 3500 che poi l’Inps portò a 9000. La Commissione Bilancio intanto, secondo quanto scrive l’on Manuela Ghizzoni nel suo Blog, finalmente ha dato il suo parere, dopo l’Ok unanime dato, sia dalla Commissione Lavoro e sia dalla Commissione cultura, cosicchè tutto il pacchetto che si riferisce a questo specifico personale della scuola, “Quota 96”, dovrebbe passare in mano al Consiglio dei ministri per accelerare i tempi e fare in modo che già dal primo settembre i lavoratori interessati possano lasciare il posto ad altrettanti docenti precari in attesa di sistemazione. E siccome sul tavolo dei ministri approderà il cosiddetto decreto D’Alia sul pubblico impiego, le attese, e con qualche punta lieve di ottimismo, sono quelle che anche l’articolo che riguarda i “Quota 96” possa esservi inserito. Ma in modo particolare, come si è espressa la commissione Bilancio? L’on Ghizzoni nella sua nota, oltre a criticare aspramente il lavoro lento e “poco professionale” dei funzionari della Ragioneria dello Stato per la relazione tecnica (“un ritardo ingiustificato e molto grave, perché – al di là dei merito del contenuto – rappresenta un ostacolo alla assunzione delle decisioni politiche”), dice che “la Commissione ha convenuto di inviare una lettera alla Commissione Lavoro”, dove si inviterà “la Commissione a “valutare la possibilità di limitare la platea a coloro i quali maturano i requisiti entro il 31 agosto e di mantenere invariata la data di erogazione del trattamento di fine servizio prevista sotto la vigenza della riforma Fornero”. Anche il presidente Boccia, sulla stessa lunghezza d’onda, che però ha aggiunto, scrive l’on Ghizzoni, “che la Commissione Bilancio potrebbe indicare coperture alternative e ha sollecitato il Governo ad assumere – dati i tempi ridotti – la soluzione del problema”. Tuttavia Ghizzoni tiene pure a precisare che la sua legge “tiene conto della specificità della scuola e della sua unica finestra di uscita, ma non dimentica l’art. 59, che ho richiamato anche in commissione, nonostante la norma sui soprannumerari, che ho definito un pericoloso precedente proprio per i motivi di cui sopra (e costituisce un precedente anche sul trattamento di fine servizio). Sui tempi: è necessario un decreto d’urgenza del governo, perché il 1 settembre è vicino. Al netto di quanto sopra, stiamo lavorando anche in queste ore per raggiungere questo obiettivo”. Se dunque non prendiamo lucciole per lanterne, l’intenzione è proprio quella di affidare al governo la soluzione del caso e per tramite di un decreto di urgenza, il decreto D’Alia appunto, in approdo al prossimo consiglio dei ministri nei prossimi giorni e certamente prima della vacanze dei parlamentari.Tec


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  7. #77
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    Caos nella scuola per i Quota 96 senza diritto alla pensione

    Immaginate di avere già tutti i requisiti per andare in pensione e che poi arrivi una legge che cambi le carte in tavola e rimandi il vostro pensionamento a data da destinarsi. Che, anzi, in alcuni casi possa arrivare a procrastinarlo di 5 o 6 anni.
    Immaginate ancora che dobbiate iniziare un altro anno di lavoro usurante (così come riconosciuto anche per legge) quando avreste già tutto il diritto, da almeno un anno a questa parte, di ritirarvi. E tutto questo per un errore, riconosciuto più volte come tale e cui però non si è mai cercato davvero di ovviare.
    Non è fantasia, ma la situazione ingarbugliata e che ha dell’incredibile in cui si trovano gli insegnanti e il personale ATA di Quota 96.
    Ma chi sono i Quota 96? L’acronimo sintetizza la situazione di chi prima che la legge Fornero entrasse in vigore (1 gennaio 2012) aveva già maturato tutti i requisiti per ritirarsi, se lo voleva, dal lavoro. Requisiti che, stando appunto alla legge 247/2007, si ottenevano sommando l’età anagrafica e l’anzianità contributiva arrivando così alla “quota” necessaria per andare in pensione.
    Ad esempio: avere compiuto 60 anni con 36 anni di contributi, averne 61 + 35 di contributi o nel caso massimo avere già prestato 40 anni di servizio. Dicevamo: un errore, dovuto al fatto che con la riforma Fornero non si è considerata l’unica finestra d’uscita dalla scuola, prima che inizi un nuovo anno scolastico (e non solare) ossia il 31 agosto, ma si è considerato il fatto che i requisiti dovevano essere ottenuti al 31 dicembre del 2011 così come appunto specificato nell’articolo 24 del decreto Salva Italia del 2012 e che così che chi li avesse maturati ,dovesse/potesse andare in pensione solo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo.
    “Non si è tenuto in considerazione che per il Comparto Scuola la situazione è diversa”, precisa Nadia Marta, insegnante in un liceo classico e presidente del Comitato civico Quota 96 nato nel marzo 2012, con un direttivo molto attivo e un blog al quale sono iscritte 900 persone (anche se di fatto seguito da tutti i “Quota 96).
    “La situazione” continua l’insegnante nata nel ’52 “è in stato d’impasse e rischia, se le cose dovessero essere rinviate oltre il mese di agosto, di non essere risolte. Io stessa rischio di dovere lavorare altri 5 anni. Noi vogliamo il riconoscimento di un diritto e non la concessione di un privilegio come ci è stato detto in altre situazioni facendoci notare che se si fanno eccezioni per la scuola, si dovrebbero fare per tutto il settore pubblico”.
    Le fa eco anche Annamaria A., insegnante da 38 anni, che da 22 assiste suo marito disabile al 100%: “La scuola è la mia vita, mi sono aggiornata, uso il computer e vari strumenti digitali, ma ho esaurito le mie forze. È ora di fare largo ai giovani e di far valere un diritto che a noi tutti è stato negato” Annamaria, ci racconta, poi è stata doppiamente “beffata”:
    “Mi sarei potuta anche avvantaggiare di quell’emendamento che prevedeva un prepensionamento a favore dei genitori dei disabili, ma oltre al fatto che nel mio caso è mio marito a non essere autosufficiente, questo emendamento era valido per chi alla data del 31 ottobre 2011 fosse in congedo straordinario in quel preciso giorno e non era il mio caso”.
    Annamaria fa parte del Comitato civico 96 che ha avviato varie azioni di sensibilizzazione e tiene viva l’attenzione sulla questione Quota 96 che finora ha viaggiato su due corsie parallele, quella legislativa e quella giuridica, senza trovare una soluzione definitiva in nessuno dei due casi.
    Dal punto di vista legale, l’iter non ha niente da invidiare a un poliziesco, tanto la situazione è ingarbugliata. Nel marzo 2012 sono stati avviati da parte dei Quota 96 i primi ricorsi al Tar del Lazio, sia tramite il Comitato Quota 96 che la UIL, entrambi guidati dall’avvocato Naso. Nel giugno scorso, il Tar ha dichiarato che la situazione non era di sua competenza e ha così rinviato ai vari giudici del lavoro provinciali e alle Corte dei Conti.
    Anche lì matassa tutt’altro che dipanata: alcuni tribunali danno torto ai pensionandi, altri come quello di Oristano e di Venezia riconoscono il diritto ad andare in pensione il 31 agosto del 2012 e quello di Siena il 17 agosto dello scorso anno dà ragione agli insegnanti di Quota 96 e rimanda, visto che la riforma Fornero non tiene conto della specificità del sistema scolastico e c’è un difetto di costituzionalità, la palla alla Corte Costituzionale che si pronuncerà in merito il 19 novembre prossimo.
    C’è anche un precedente che i membri del Comitato non si sanno spiegare “Mentre per altri ricorsi in cui i giudici del lavoro ci avevano dato ragione, il Miur e l’Inps avevano ricorso in appello c’è un caso in cui un giudice del lavoro di Roma, Baroncini, ha dato ragione al pensionando Quota 96 che si è ritirato un anno fa.
    “Se la Corte Costituzionale dovesse comunque pronunciarsi a nostro favore, la situazione si risolverebbe subito, ma saremmo già a novembre” commenta Nadia Marta. “Noi speriamo più nella soluzione politica che legale”.
    Dello stesso parere anche Massimo Di Menna, segretario generale UIL Scuola : “La soluzione deve arrivare da parte dei nostri politici. La maggioranza dei partiti che sosteneva il governo Monti e la legge Fornero è della stessa composizione politica che sostiene il governo Letta. Non ci serve che riconoscano che c’è il problema ma anche che trovino una soluzione che compete solo a loro e la soluzione è trovare la copertura finanziaria per questi pensionandi”.
    Dal punto di vista politico, prima che il Consiglio dei Ministri chiudesse per ferie, la proposta dell’onorevole Manuela Ghizzoni e dell’onorevole Marzana di anticipare la data per andare in pensione al 31 agosto in modo da risolvere una volta per tutte la questione Quota 96, aveva ottenuto l’approvazione all’unanimità sia da parte della Commissione Lavoro che Cultura, mentre la Commissione Bilancio ha chiesto una relazione tecnica alla Ragioneria dello Stato. Il problema, infatti, è anche numerico.
    Quanti sono i Quota 96? Anche qui ci sono discrepanze tra quello che dice l’Inps e quello che dice il Miur. Sarebbero 9mila per l’Istituto di previdenza e 3500 per il Miur. Più verosimile la seconda ipotesi come ci spiega meglio Di Menna:
    “Non tutti quelli che hanno diritto ad andare in pensione, è detto che ci vadano. Delle circa 3mila persone che hanno fatto il ricorso con noi, ad esempio, la maggiorparte non vuole ancora lasciare il lavoro, ma ovviamente vuole che venga riconosciuto il diritto di potere ritirarsi quando vogliono. Molti insegnanti della scuola primaria addirittura preferiscono completare il ciclo dei 5 anni”.
    Lo conferma anche Annamaria A: “La mia scuola è esemplificativa. Siamo 3 persone nate nel ‘52 e di queste solo io voglio andare in pensione, le altre preferiscono restare ed avere così un assegno mensile più alto”.
    “La soluzione è tutta lì: nella copertura finanziaria” incalza ancora Di Menna. “È inutile che i politici riconoscano il problema, dicano di essere d’accordo, ma se poi non trovano i soldi per coprire le pensioni siamo punto e a capo. Come ho detto prima: solo la politica può trovare le soluzioni adeguate e se non riesce in questo mese, abbiamo tempo ancora fino a settembre prima che l’anno scolastico entri nel vivo”.


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    Quota 96, gli “esodati della scuola” esclusi dal decreto legge del governo



    Migliaia di lavoratori sono stati bloccati in servizio dalla riforma Fornero, che non ha tenuto conto delle specificità previdenziali della scuola. Il Pd aveva promesso di mandarli in pensione (inserendo il tema anche nel suo programma), ma anche nell’ultimo provvedimento del governo le risorse non sono state trovate. “Siamo stati sacrificati sull’altare di altre emergenze perché facciamo meno notizia”
    Li chiamano “esodati della scuola”. I cosiddetti “quota 96“, in realtà, sono un’altra cosa. Ma pure loro sono vittime della riforma Fornero, che ha cancellato i diritti acquisiti di migliaia di lavoratori, costringendoli a rimanere in servizio nonostante avessero già inoltrato la richiesta di pensionamento. Un pasticcio che risale ormai a più di un anno fa. E per cui una soluzione non è stata ancora trovata, nonostante tante promesse: i “quotisti” sono stati esclusi anche dall’ultimo, attesissimo decreto legge sulla scuola. Nelle ultime settimane le voci di uno stralcio si erano fatte sempre più insistenti. Fino all’annuncio dell’esclusione, fatto il 5 settembre da Manuela Ghizzoni, deputata Pd che segue da tempo la questione e ha parlato di “schiaffo ai diritti dei lavoratori”. Poi, con la presentazione del decreto, è arrivata la conferma.
    I pensionandi restano bloccati in servizio dalla Fornero, che ha abolito la “quota 96” da cui prendono nome. Prima del provvedimento varato dal governo Monti, infatti, il requisito per andare in pensione nel mondo della scuola era il raggiungimento di questa cifra, tra età anagrafica e contributiva (partendo da un minimo di 60 anni di età e 35 di servizio). Molti docenti, a ottobre 2011, avevano già fatto domanda di pensionamento perché avrebbero conseguito la quota entro la fine dell’anno scolastico. Ma la riforma Fornero ha azzerato tutto: alcuni di loro (specie fra gli uomini) adesso dovranno aspettare anche 5-6 anni.
    Il problema è non aver tenuto conto della specificità del mondo della scuola, in cui l’unica unità di misura è l’anno scolastico e non quello solare. Rispetto agli altri dipendenti pubblici, infatti, i lavoratori della scuola hanno un’unica finestra di uscita previdenziale: possono andare in pensione solo tra il 31 agosto e il primo settembre, vista la necessità di non lasciare una classe a metà anno. Per questo le riforme pensionistiche hanno sempre riservato un capitolo ai dipendenti della scuola. Non quella Fornero, però, che anche per loro ha fissato il termine per la maturazione dei requisiti al 31 dicembre 2011 (fine dell’anno solare) e non al 31 agosto 2012 (fine dell’anno scolastico).
    La svista è stata riconosciuta più volte e da più parti. Il Partito Democratico si era fatto carico della questione, facendone addirittura uno dei punti del programma di governo per il settore scuola: “Occorre permettere il pensionamento di quanti (docenti e Ata) sono rimasti ‘impigliati’ nella riforma Fornero, in particolare sanando l’ingiustizia subìta dai lavoratori della scuola della cosiddetta quota 96”, si legge ancora nel manifesto che ha sostenuto la candidatura di Bersani. Per questo “l’esclusione dal decreto legge sulla scuola da parte di un governo capeggiato proprio dal Pd è stata una delusione enorme”, spiega Giuseppe Grasso, professore romano e membro del “direttivo quota 96″. E anche la stessa deputata democratica Ghizzoni ha parlato di “vulnus alla credibilità del Pd”. “Siamo stati sacrificati sull’altare di altre emergenze – spiegano dal direttivo -, come i docenti inidonei e gli insegnanti di sostegno. La verità è che i pensionandi fanno meno notizia di precari e disabili: la coperta era corta e il governo non ha avuto dubbi su chi scegliere”.
    La questione, infatti, è fondamentalmente economica. Per mandarli in pensione servono decine di milioni, forse centinaia. Quanti, di preciso, non si sa. Perché non è chiaro neanche quale sia il numero totale dei “quotisti”: una prima stima del Miur li quantificava in 3500; ma secondo le stime attuariali fornite dall’Inps sono oltre 9mila. Una cifra che il direttivo ritiene esagerata: “Sparano alto per spaventare il governo e proteggere la riforma Fornero, che per loro è un dogma intoccabile”. Fossero veri questi numeri, però, il provvedimento a regime varrebbe almeno 200 milioni di euro. “E la copertura – aggiunge Ghizzoni – in un momento in cui tante risorse sono state drenate per la cancellazione dell’Imu, proprio non c’era”.
    “Adesso ci hanno assicurato che toccherà a noi”, affermano i “quota 96″. In Parlamento c’è un provvedimento ad hoc (a firma della Ghizzoni) che riprende il suo iter dopo la pausa estiva. Altre possibilità potrebbero essere degli interventi all’interno della legge che convertirà il dl Imu-Cig-esodati (come prospettato da Francesco Boccia), o della legge di stabilità. Certezze, però, non ce sono: se non quella che, in ogni caso, i pensionandi passeranno almeno un altro anno in servizio. La prima cosa da fare – suggerisce Ghizzoni – sarà un censimento preciso dei lavoratori interessati, per capire le proporzioni del provvedimento. “Noi, di certo, continueremo la nostra battaglia”, conclude Grasso.
    Sulla questione pende poi la spada di Damocle del giudizio della Corte costituzionale, che il 19 novembre si pronuncerà sul ricorso presentato da un insegnante. Se il verdetto sarà favorevole, governo e ministero non potranno più temporeggiare.





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    Affronteremo anche il tema “Quota 96”

    La ministra Carrozza, oggi a Caorle alla festa di Scelta Civica, ha assicurato che il governo affronterà anche questo il tema della cosiddetta ”quota 96” Sennonché il personale scolastico, che non è potuto andare in pensione a causa della legge Fornero, legittimamente dubita e fortemente delle parole della ministra, anche perché da due anni circa riceve similari promesse, tutte regolarmente disattese. Era ovvio, dicono dunque, che a conclusione di un iter, durante il quale era stato assicurato la risoluzione del caso ma con il nulla di fatto, si ritornasse a istillare speranza e fiducia. E infatti la ministra è tornata sulla materia dicendo: “Affronteremo con calma questo tema, vorrei rassicurare che pensiamo anche a loro”. ”Abbiamo dato priorità all’aggiornamento degli insegnanti e agli insegnanti di sostegno nell’ambito di una politica economica in cui non abbiamo molti margini di manovra, abbiamo cercato di definire un primo set di misure”.
    Quando tuttavia sarà riaffrontato il problema non lo ha detto, mentre è bene sottolineare che una buona parte dei “Quota 96” il prossimo 1 settembre 2014 andrà in quiescenza senza intervento ulteriore di alcuno, ma proprio sulle disposizioni della riforma Fornero. E a tal riguardo è bene anche precisare che alla data attuale non si conosce bene neanche il numero esatto delle persone interessate dal provvedimento di cui la ministra parla, per cui è anche praticamente difficile fare un conteggio veritiero delle risorse da destinare per pensionare i “Quota 96”. Ciò a dimostrazione, dicono gli aderenti al comitato, che non c’è mai stata la volontà di risolvere la faccenda. Gli occhi comunque di questo personale sono rivolti al prossimo novembre quando la Corte costituzionale si esprimerà sulla legittimità della riforma Fornero


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    “Quota 96”: ricognizione degli aventi diritto previgenti la legge Fornero

    Il Miur, il 1 ottobre scorso, prot. 0002085, ha spedito agli Usr una nota con cui si invitano le scuole a richiedere la “Dichiarazione dei servizi” al personale in possesso al 31 agosto 2012 dei requisiti pensionistici previgenti la legge 214/2011, meglio nota come Legge Fornero “Al fine di quantificare gli oneri derivanti da un eventuale intervento normativo volto a consentire l’estensione dal 31 dicembre 2011 al 31 agosto 2012 del termine finale per il possesso dei requisiti pensionistici previgenti le disposizioni dell’art. 24 dela Legge 214/2011 utili per il diritto a pensione occorre censire la platea dei possibili beneficiari”.
    Finalmente dunque il Miur mette in atto una operazione che avrebbe dovuto implementare già da qualche anno, quella cioè di sapere il numero esatto della platea degli aventi titolo ad entrare nelle more dei benefici della legge Fornero sulle pensioni, quel personale della scuola ormai noto come “Quota 96”, in quanto l’anno scolastico, come è stato ampiamente detto, non finisce il 31 dicembre ma il 31 agosto. “Coloro i quali siano in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi previgente la riforma Fornero e volessero manifestare la volontà di cessare dal servizio devono presentare tempestivamente una dichiarazione in cui attestino di avere maturato i requisiti necessari e di volere avvalersene a decorrere dal 1/9/2014” Il motivo di tale improvvisa circolare, che però era stata sollecitata e quindi attesa da qualche tempo, è nata dal fatto che una proposta di legge a firma Ghizzoni, la n° 249, era stata bocciata per mancanza dei soldi necessari a coprire una platea di pensionandi, quelli appunto della “Quota 96”, di oltre 9000 persone, secondo i calcoli dell’Inps. Numero che però faceva a pugni con quanto era stato per due anni conteggiato dal Miur e cioè di appena 3500 aspiranti alla pensione. Come ultima ratio, e per tentare una risoluzione onorevole del caso, viste le promesse di tanti politici, si arrivò a conteggiarne 6000: una sorta di mediazione che però non faceva onore né all’Inps né al Miur e che comunque lasciava nell’incertezza il Tesoro che avrebbe dovuto finanziare l’esodo di questo personale della scuola. Da qui dunque la presente circolare del Miur che a tale fine ribadisce “ che tale manifestazione di volontà non ha allo stato attuale valore di istanza di cessazione dal servizio, per la quale occorre la disposizione normativa, ma ha esclusivamente fini conoscitivi” Nella nota del Capo dipartimento del Miur è pure allegato il Modello di dichiarazione “ di maturazione dei requisiti previgenti il Dl 201/2011 entro il 31 agosto 2012”.


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