Come si forma la neve

Mario e Andrea Giuliacci – Centro Epson Meteo

Da sempre uno dei fenomeni atmosferici più affascinanti, soprattutto per i paesaggi d’incanto che è in grado di regalarci, è sicuramente la neve. Ma come si forma la neve? I bianchi fiocchi che tanto ci ricordano il periodo natalizio nascono allo stesso modo della pioggia, e anzi, il più delle volte, le stesse gocce di pioggia nascono sotto forma di neve. In effetti quando l’umidità all’interno delle nubi condensa – a causa delle basse temperature che soprattutto nella stagione fredda caratterizzano gli strati atmosferici in cui le nubi si formano – dà vita solitamente a piccoli cristalli di ghiaccio. Trasportati su e giù dalle intense correnti che alimentano le nubi, questi cristalli di ghiaccio raccolgono attorno a sé nuovo vapore in condensazione, e arrivano poi ad unirsi fra di loro, fino a formare dei veri e propri fiocchi di neve. Le modalità attraverso le quali il cristallo iniziale si ingrandisce varia in base alla temperatura e all’umidità dell’ambiente in cui ciò avviene. La temperatura e l’umidità dell’aria in cui si muove influenzano perciò la particolare forma dei cristalli di ghiaccio e quindi anche del finale fiocco di neve. La forma dei singoli cristalli è inizialmente sempre la stessa – prismi esagonali allungati - mentre varia il modo in cui questi poi si sviluppano: per temperature molto basse, inferiori a 15 °C sotto lo zero, il cristallo cresce attraverso sei ramificazioni, e prende una forma “a stella”; per temperature intorno a 10 °C sotto lo zero il cristallo tende a crescere in senso orizzontale in tutte le direzioni, quasi a diventare una piatta placchetta esagonale; per temperature appena inferiori a 0 °C invece il cristallo cresce in senso verticale, e assume la forma di un lungo aghetto esagonale. L’unione di più cristalli di ghiaccio dà vita, infine, al fiocco di neve. Non sempre però i fiocchi di neve, una volta abbandonata la base della nube, riescono a raggiungere il suolo, e anzi il più delle volte raggiungono la superficie come pioggia. Si sciolgono insomma durante la fase di caduta! In effetti se lo strato d’aria che separa le nuvole dal suolo si trova tutto a temperature sotto zero, o comunque intorno a 0 °C, il fiocco di neve attraversa un ambiente ideale alla sua conservazione, e quindi raggiunge integro i tetti delle città e i prati delle campagne. Se invece nel suo moto di caduta il fiocco di neve incontra un ambiente a temperatura maggiore di zero, allora corre il serio rischio di sciogliersi. In particolare, se lo strato d’aria a temperatura positiva che il fiocco deve attraversare è superiore ad 800 metri, allora arriverà al suolo pioggia e non neve. Ma se la temperatura media dello strato “caldo” è di ben 3-4 °C al di sopra dello zero, allora anche soli 600 metri da attraversare possono diventare troppi. Insomma la neve raggiunge il suolo solo se l’eventuale strato a temperature positive che deve attraversare è non troppo grande e non troppo “caldo”. In Italia la situazione più comune per le nevicate sulle Alpi e in Valpadana è quella in cui tra il sud della Francia e i mari ad ovest della Corsica e della Sardegna arriva una depressione atlantica. Come un mulinello difatti il centro di bassa pressione da una parte spinge sul Nord Italia aria relativamente calda e umida, portata il più delle volte dai venti di Scirocco, e dall’altra richiama da est freddi venti balcanici: in questo modo l’aria più calda e leggera è costretta a salire sopra un “cuscinetto” freddo e a formare molte nubi, le cui precipitazioni attraversano però uno strato d’aria molto fredda e arrivano quindi al suolo ancora sotto forma di neve. Se invece, con l’Europa Occidentale occupata da un’area di alta pressione, una depressione mobile (ovvero il centro di bassa pressione che normalmente accompagna le perturbazioni delle nostre latitudini) si posiziona sul Centro Italia, le nevicate si concentrano soprattutto sulle zone appenniniche e sulle regioni del Medio Adriatico: in questo caso difatti i venti caldi di Scirocco non riescono a raggiungere le regioni settentrionali, dove quindi viene a mancare la materia prima per le nevicate, ovvero l’umidità. Ed è sempre la presenza di una depressione mobile che può portare la neve anche sulle nostre regioni meridionali: quando difatti questa in inverno si posiziona sul Basso Tirreno, da tale posizione può talvolta chiamare a confrontarsi sul Sud Italia aria calda e umida di origine africana e aria molto più fredda proveniente dai Balcani. In ogni caso, come risulta evidente anche dagli esempi sull’Italia, per la neve non basta il grande freddo, ma sono necessarie anche le nuvole, ovvero le nevicate. E’ il motivo per cui, paradossalmente, in Antartide nevica pochissimo: l’aria è difatti così fredda che contiene pochissima umidità, insufficiente a produrre precipitazioni, anche se poi le rigide temperature consentono alle sporadiche nevicate - portate da rare perturbazioni che giungono dai vicini oceani – di resistere al suolo senza sciogliersi.

Mario e Andrea Giuliacci – Centro Epson Meteo