Prove Invalsi: può provvedere direttamente l'Istituto
E' il parere dell'avvocato di Stato Laura Paolucci. I Cobas: "Noi lo sosteniamo da sempre". CUB: "Obbligo per gli alunni, non per i docenti". Anche per la Flc-Cgil la somministrazione non rientra nell'attività ordinaria di scuole e docenti.
Sulle prove Invalsi cambia la strategia degli oppositori .
Dopo aver combattuto per anni contro l’obbligatorietà delle prove i Cobas stanno mettendo a punto una nuova linea di intervento.
L’Invalsi è liberissimo di predisporre tutti test che ritiene ma il punto della questione - secondo i Cobas - è un altro: la somministrazione delle prove e tutte le operazioni connesse (dall’anno scorso ai docenti è stato di fatto assegnato anche il compito di riportare le risposte degli alunni sulle apposite schede di rilevazione predisposte dall’Istituto) comporta un lavoro aggiuntivo che non rientra fra i compiti “obbligatori” del docente che, quindi, non è tenuto a svolgerlo.
Ma i docenti che decidessero di accettare tale compito aggiuntivo devono essere remunerati con il fondo di istituto.
I Cobas della scuola del Piemonte colgono anzi l’occasione di una recente circolare dell’Usp di Torino con cui si trasmette alle scuole il testo di un intervento dell’avvocato di Stato Laura Paolucci per ribadire che “i test invalsi devono essere somministrati obbligatoriamente dal personale che lavora per l'invalsi e non dagli insegnati delle scuole pubbliche”.
In effetti, l’avvocato Paolucci sostiene che “l’Invalsi potrebbe, volendolo, ‘scavalcare’ completamente le istituzioni scolastiche nella realizzazione della propria funzione istituzionale, decidendo di somministrare le prove in un ‘luogo’ diverso dalle sedi e dai plessi scolastici: una simile scelta sarebbe più ‘complicata’ dal punto di vista organizzativo e certamente più costosa, ma sarebbe compatibile con la normativa”.
Anche la CUB Scuola è sulla stessa lunghezza d'onda e in un proprio comunicato ribadisce tre punti:
1) le prove Invalsi sono obbligatorie per gli allievi (sempreché siano presenti);
2) le scuole devono consentire all’Invalsi di svolgere i propri compiti istituzionali (informando gli allievi su quello che gli accadrà, mettendo a disposizione i locali, consentendo al personale dell’Invalsi di accedere ai locali messi a disposizione);
3) il personale della scuola non è obbligato a svolgere un’attività non programmata e che si configura come una prestazione straordinaria.
Analoga posizione era stata già assunta un mese fa dalla Flc-Cgil secondo cui “l’obbligatorietà della rilevazione tramite le prove, non coincide automaticamente con l’obbligo dei docenti a somministrarle né a correggerle, a tabulare i dati, a predisporne l’invio”.
Tecnica della scuola
Il giallo delle prove Invalsi scricchiola il "sistema Gelmini"
Le prove per testare il livello di preparazione degli alunni italiani in programma a maggio, ma restano i dubbi sulla loro obbligatorietà e i cobas hanno lanciato una campagna che le contesta. I dubbi dell'avvocato dello Stato.
Giallo sulle prove Invalsi, in calendario dal 10 al 13 maggio prossimi, le prove che testano il livello di preparazione degli alunni italiani. Sono obbligatorie o le scuole possono decidere di non farle? Egli insegnanti sono obbligati a somministrare i test? Dopo la lettera dell'avvocato dello Stato, Laura Paolucci, e la presa di posizione dei Cobas, la questione è tutt'altro che chiara. E le prove Invalsi, che per la prima volta diventano obbligatorie anche al superiore, rischiano di naufragare. I presidi delle scuole superiori si riuniscono, si chiamano e si interrogano sul da farsi. Alcuni chiedono al collegio di esprimersi in merito, altri inviano circolari perentorie: sono obbligatorie e occorre svolgerle. Ma come stanno in effetti le cose?
Le scuole hanno l'obbligo fare svolgere agli alunni delle scuole elementari (seconda e quinta), medie (prime) e superiori (seconda) le prove predisposte dall'Invalsi annualmente, ma gli insegnanti della scuola non hanno nessun obbligo di somministrare i questionari, di compilare le relative schede, né tanto meno di sorvegliare le classi durante lo svolgimento delle prove. Si tratterebbe, per i docenti, di lavoro straordinario che il capo d'istituto dovrebbe trovare il modo di retribuire con un compenso a parte. Se tutti i docenti a maggio si rifiutassero di "collaborare" con l'Invalsi, con quale personale potrebbe assicurare lo svolgimento delle prove il dirigente scolastico?
Ma c'è di più: le scuole non hanno fondi da distribuire per un'attività che non è
contemplata nel contratto di lavoro degli insegnanti e che non si saprebbe neppure come classificare. Secondo i Cobas, che stanno portando avanti una campagna nelle scuole per fare saltare le prove, "tutto il lavoro richiesto ai docenti per la somministrazione dei test non è obbligatorio". Tutte le operazioni connesse con i test Invalsi comportano un lavoro aggiuntivo che non rientra fra i compiti "obbligatori" del docente e che, quindi, non è tenuto a svolgerlo. I docenti che decidessero di accettare tale compito aggiuntivo devono comunque essere remunerati con il fondo di istituto.
Linea sostanzialmente confermata dall'avvocato dello Stato, Laura Paolucci, in una missiva pubblicata sul sito dell'Ufficio scolastico regionale del Piemonte: le prove sono obbligatorie per le scuole e il collegio dei docenti non ha nessun potere di deliberare in merito. Gli obblighi di lavoro dei docenti sono articolati in "attività di insegnamento" e "attività funzionali all'attività di insegnamento". La somministrazione delle prove Invalsi non può essere considerata, ovviamente attività di insegnamento, né attività funzionale, in quanto il contratto le elenca. E tra queste troviamo: la preparazione delle lezioni e delle esercitazioni; la correzione degli elaborati; la cura dei rapporti individuali con le famiglie. Ma anche la partecipazione ai consigli di classe, ai collegi dei docenti, i ricevimenti con le famiglie e gli scrutini.
Di eventuali prove, come quelle Invalsi, non vi è traccia. Ma alcuni presidi contano di aggirare l'ostacolo organizzando la somministrazione delle prove durante le ore di lezione. E' possibile, in questo modo, risolvere il problema? Gli insegnanti, a questo punto, sono obbligati a svolgere un'attività diversa da quelle previste dalla cosiddetta "funzione docente"? La questione non mancherà di aprire altre polemiche, almeno fino a maggio.
Ma è l'intero sistema di valutazione messo in piedi dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, che nel complesso scricchiola. Il milleproroghe ne ha disegnato l'architettura in questo modo: l'Indire (l'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che si occuperà della valutazione degli insegnanti; l'Invalsi, che testa la preparazione degli alunni, e il "corpo ispettivo", che valuterà le scuole e i dirigenti scolastici. Un sistema che si regge su "tre gambe".
Ma l'Invalsi, prima gamba del sistema di valutazione, è zoppa: potrebbe avere in futuro difficoltà a somministrare le prove agli alunni, perché nel contratto dei docenti non è previsto nessun impegno in tal senso. La seconda gamba, l'Indire, non c'è. E' stato chiuso con la finanziaria e nel 2007 e l'altro istituto, l'Ansas (l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica) - che secondo i decreti del ministro Gelmini dovrebbe svolgere un ruolo di consulenza riguardo ai progetti sul merito lanciati a Milano, Napoli e Torino, per gli insegnanti, e a Siracusa, Pisa e Cagliari, per le scuole - è stato prorogato di un anno, ma non ha tra le sue competenze quelle di valutare scuole e insegnanti. Insomma, un pasticcio.
La cosa è emersa in commissione Cultura al Senato qualche giorno fa. "Pur prendendo atto - ha dichiarato il sottosegretario Giuseppe Pizza - delle dichiarazioni rese dal rappresentante del governo in commissione, secondo cui si tratta di un errore tecnico, resta da chiarire se è intenzione del governo attribuire all'Ansas anche compiti di valutazione ovvero modificare diversamente la norma sul milleproroghe".
C'è poi il corpo ispettivo, la terza gamba, che però ha il personale ai minimi termini. E il concorso in fase di svolgimento si preannuncia in salita: per un pasticcio nel bando, tantissimi esclusi ai test di ammissione si sono rivolti al Tar e la selezione, che comunque vadano le cose non si completerà prima di un anno, potrebbe subire uno stop, lasciando il sistema zoppo anche della terza gamba.
Eduscuola
Test Invalsi alle superiori,“no” dei prof: «Telequiz»
No ai test Invalsi. Le prove nazionali di matematica e italiano sbarcano per la prima volta alle superiori (sono in calendario il 10 maggio per le classi seconde) ed è subito protesta: decine di collegi docenti in tutta Italia stanno prendendo posizione per boicottarli. I prof che dicono no non credono nel test come strumento di valutazione, ne contestano l’obbligatorietà e non vogliono che i risultati dei quiz siano usati per dare le “pagelle” agli insegnanti e premiare chi ha gli alunni più brillanti. Il rischio, dicono, «è che le scuole diventino palestre per allenarsi ai questionari se ci sono in palio la palma del prof migliore e una integrazione in busta paga».
In alcuni istituti è già partito il “niet”: non parteciperanno alle prove i licei De Chirico e Malpighi di Roma. Sulla stessa scia si sta muovendo un ginnasio storico della Capitale, il Mamiani: gli insegnanti in un documento si scagliano contro i test «che sono un buon metodo per prendere la patente di guida, ma non per valutare i ragazzi». Da Nord a Sud fioccano le delibere. Gli insegnanti puntano il dito contro la circolare del ministero dello scorso dicembre che parla di obbligatorietà delle prove: «Ma una circolare non è una legge e non c’è norma che preveda questo obbligo». Un punto su cui poggia anche la campagna anti-test dei Cobas. «E’ ormai chiaro- spiega il portavoce Piero Bernocchi- che il ministero vuole agganciare i premi per gli insegnanti ai risultati dei questionari. Così si rischia che la scuola italiana diventi una palestra per allenarsi ai quiz. Per noi i test non sono obbligatori e faremo diffide ai presidi che non consentono ai collegi docenti di decidere liberamente se partecipare o meno».
Fra l’11 e il 13 maggio ci saranno le prove di italiano e matematica alla primaria e alle medie. Qui la situazione è più tranquilla: i questionari nazionali sono stati introdotti da qualche anno e, in qualche misura, digeriti. Anche se non mancano scuole contrarie. Alle superiori le prove Invalsi sbarcano per la prima volta il 10 maggio fra i malumori. I professori del Mamiani di Roma li definiscono dei «telequiz» con cui si vogliono «dividere e gerarchizzare gli insegnanti». Non collaboreranno alle prove i docenti dell’istituto Almeyda di Palermo, quelli dell’Allegretti di Vignola e del Da Vinci di Firenze. A Bologna, al liceo Sabin, i docenti faranno fare i test, ma non li correggeranno: per gli insegnanti, dicono, c’è solo lavoro in più ma nessuna integrazione in busta paga. «Non c’è un euro - conferma la Flc Cgil - per retribuire i professori che somministrano e correggono le prove». All’Invalsi sanno bene che c’è fermento. Ma il loro compito, dicono, è solo quello di «inviare i materiali a tutte le scuole e i garanti della qualità dello svolgimento dei test negli istituti scelti per far parte del campione che serve per costruire il dato nazionale. Noi speriamo solo che le scuole capiscano che questi dati sono utili in primis a loro per potersi confrontare e per poter apportare miglioramenti alla didattica». La palla passa al ministero da cui fanno sapere che le delibere dei collegi contro i test sono «di dubbia legittimità perché la valutazione esterna è prevista per legge ben prima della circolare di dicembre, in particolare bisogna risalire alla legge 53 della Moratti del 2004». Dal Miur assicurano di non voler fare il «muro contro muro», ma «la situazione andrà chiarita, magari con una circolare che faccia capire meglio il contesto normativo in cui si inseriscono i test».
Eduscuola
No alle prove Invalsi per paura di essere valutati
Stanno circolando nelle scuole, soprattutto della secondaria superiore, dei fac-simile di delibera del collegio dei docenti per rifiutare la somministrazione delle prove Invalsi per la rilevazione degli apprendimenti degli studenti prevista nei prossimi mesi..
Ciò nella convinzione che essa possa costituire uno strumento per valutare non tanto gli alunni, quanto soprattutto le scuole e gli insegnanti. Una convizione provocata da alcune dichiarazioni del ministro sul futuro (molto remoto) della valuazione.
L’iniziativa di disubbidienza, nata dai Cobas, ma, a quanto sembra, sostenuta con una certa attenzione anche da parte di alcune strutture provinciali di sindacati della scuola, porta come ragione di fondo il rifiuto della valutazione meritocratica avviata in via sperimentale nei mesi scorsi dal ministero dell’istruzione in alcune province. Dai documenti che circolano si deduce, infatti, che vi sia la convinzione che il ministro Gelmini voglia fare entrare dalla finestra (non si sa come e non si sa quando) quello che non è riuscita a far entrare dalla porta principale. La rilevazione degli apprendimenti, dunque, sarebbe per qualcuno un espediente per arrivare ad un obiettivo diverso da quello dichiarato: valutare gli alunni per valutare i docenti e le scuole in base ai risultati rilevati.
È evidente che se, per assurdo, questa fosse l’intenzione nascosta del ministro, oggi potrebbero, però, essere valutati (non si sa come) solamente i docenti le cui discipline di insegnamento sono oggetto delle rilevazioni Invalsi, mentre la maggior parte dei docenti ne sarebbe esclusa. Non solo.
Poiché la rilevazione riguarda per ora solo le classi di alcuni anni di corso (la maggior parte ne è esclusa) sarebbe minima la quota di docenti valutabili attraverso i livelli di apprendimento dei loro studenti.
Non ci sarebbe, comunque, nè il modo, nè gli strumenti e, ancor meno, il tempo per farlo: la Gelmini, nemmeno se lo volesse, potrebbe usare le prove Invalsi per valutare la categoria dei docenti.
No. Boicottare le prove per paura di essere valutati non regge sul piano logico. Se tra qualche anno sarà invece così, se ne parlerà. Tra qualche anno, appunto.
Tuttoscuola
Prova Invalsi di matematica: gli strumenti consentiti
Squadra, compasso e goniometro. Fortemente consigliati righello e calcolatrice.
Nel segnalare che sul sito dell’Invalsi è disponibile la versione aggiornata all’8 aprile 2011 degli esempi delle prove di Matematica per la scuola secondaria di secondo grado, elenchiamo gli strumenti consentiti e quelli consigliati dall’Istituto stesso per lo svolgimento delle suddette prove nelle seconde classi delle scuole superiori.
Durante la prova è consentito l’uso di squadra, compasso e goniometro, mentre fortemente consigliati per un adeguato svolgimento della prova sono il righello e la calcolatrice. Per quanto riguarda, in particolare, quest’ultima, è consentito l’uso di qualsiasi tipo di calcolatrice a condizione che essa non sia quella dei telefoni cellulari e che non sia collegabile né alla rete internet né a qualsiasi altro strumento (ad esempio, tramite bluetooth, wireless, ecc.).
Altri esempi di prove di matematica sono contenuti nel documento Esempi di prove per la scuola secondaria di secondo grado, nel quale vengono forniti, oltre ad indicazioni per lo svolgimento delle prove e la restituzione dei dati, anche esempi della prova di Italiano che si riferiscono sia alla comprensione dei testi scritti (alcune tipologie di domande riferite a un testo narrativo, ad un testo espositivo e ad un testo misto) sia alla riflessione sulla lingua scritta.
Tecnica della scuola