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Pensioni, il coronavirus si abbatte sugli assegni di previdenza: più bassi dal 2022
Il coronavirus non sta mettendo in ginocchio solo l’economia italiana, ma non risparmierà nemmeno le pensioni. Il Covid-19 si abbatterà pure sugli assegni di previdenza: il crollo del Pil (stimato tra il -8% e il -9,5%) avrà l’effetto di limare gli assegni pensionistici di chi lascerà il lavoro nei prossimi anni.
Le situazioni possibili sono tre e dipendono da due grandi riforme previdenziali fatte nei decenni scorsi.
Come segnala Il Messaggero, la legge Dini prevede che i contributi versati per gli anni compresi nel nuovo metodo di calcolo, prima di essere trasformati in rendita, siano via via rivalutati con un tasso di capitalizzazione dato dalla crescita media del Pil nei cinque anni precedenti. Il meccanismo include anche uno sfasamento temporale: coloro che andranno in pensione dal primo gennaio 2022 avranno l’ultima rivalutazione, sull’intero montante contributivo, legata proprio all’andamento del Pil di quest’anno.
Come riportato da Panorama, secondo i calcoli dell’Epheso la sforbiciata sull’assegno di pensione potrebbe arrivare anche al 6% o 7%.
Tecnica della scuola
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Pensioni, dal 1° settembre INPS pagherà TFS o TFR. Come scaricare prospetto liquidazione
Pensioni, pagamento Buonuscita TFS o TFR dal 01 settembre 2020 maggiorata per detassazione.
Il Prof. Renzo Boninsegna ci segnala che da settembre 2020 L’INPS provvederà al pagamento TFS o TFR per:
- pensionate/i cessate/i dal 01/09/2018;
- pensionate/i per vecchiaia dal 01/09/2019;
- CESSATI/E d’UFFICIO CON 65 ANNI ETA’ entro 31/08/2019 con diritto a pensione.
Si precisa che dal 01/04/2019 l’INPS non invia più a casa il prospetto liquidazione che deve essere scaricato con PIN INPS o SPID.
La Buonuscita sarà “maggiorata” per applicazione art.24 D.L.n.4/2019 (detassazione TFS).
In questa scheda è indicata la procedura per scaricare il prospetto liquidazione TFS/TFR e viene indicata la “maggiorazione netta pagata” per effetto della detassazione.
Orizzontescuola
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Inps: via libera a 39.700 pensionamenti nella scuola
Sono 39.700 le certificazioni del diritto a pensione del personale della scuola dal 1° settembre 2020. E per quanti hanno diritto alla pensione il trattamenti verrà erogato a settembre, senza interruzione con lo stipendio. Ad annunciarlo una nota Inps che spiega come le operazioni siano state svolte nei tempi grazie alla collaborazione tra Inps e Ministero dell’Istruzione.
Al 3 giugno, infatti, risultano lavorate circa il 97% delle cessazioni dal servizio trasmesse dal Ministero dell’Istruzione. Considerando le sole verifiche con esito positivo, risultano certificati i diritti a pensione per circa 39.700 nominativi.In particolare 29.900 il personale docente che si è fatto certificare il diritto alla pensione; 8.860 tra il personale Ata (personale amministrativo, tecnico e ausiliario); 446 insegnanti religione. E ancora 363 dirigenti scolastici e 99 tra il personale educativo. Questo consentirà al Ministero dell’Istruzione l’apertura delle operazioni di mobilità del personale e di immissione in ruolo, dice ancora l’Inps.
Edscuola
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Pensione comparto scuola 1 settembre 2020: chi ne ha diritto. Precisazioni INPS
Pensioni personale scuola dal 1° settembre 2020: Inps con il messaggio numero 2674 del 2 luglio fornisce importanti precisazioni.
Vediamo quali novità sono contenute nel messaggio.
Per chi ha presentato domanda di cessazione dal servizio per accedere al pensionamento con l’anticipata Monti-Fonero (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne) entro il termine del 10 gennaio 2020, ed ha ricevuto esito negativo, chiedendo solo dopo i termini di accedere al pensionamento con quota 100 (anche se tale possibilità non era stata presentata nella domanda di cessazione dal servizio nonostante questa possibilità fosse chiaramente indicata nella circolare Miur n. 50487 del 11 dicembre 2019), sarà possibile procedere alla verifica del diritto a patto che sia stata presentata all’INPS in modo telematico la domanda di pensione con quota 100 entro il 28 febbraio.
Per chi invece, non ha presentato domanda di pensione con quota 100 all’INPS entro il 28 febbraio rimane confermato l’esito negativo espresso per il pensionamento con l’anticipata Monti Fornero.
Per chi, invece, avendo presentato istanza di cessazione per la sola pensione quota 100, può essere accolta eventuale richiesta di certificazione pensionistica con l’anticipata Monti Fornero. In questo caso, infatti, i requisiti contributivi più alti posseduti, fanno venir meno la necessità di accedere alla quota 100 che richiede requisiti contributivi minori.
Per chi, infine, ha presentato soltanto istanza di cessazione cartacea alle Istituzioni scolastiche oltre il termine previsto e non ha inviato anche la domanda in Polis, la stessa non potrà essere accolta poichè presentata in modo non conforme alla procedura nazionale.
Il messaggio INPS del 2 luglio
Orizzontescuola
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Fuga dalla scuola nel 2021: attesi almeno 50mila pensionamenti
Il complicato avvio dell’anno scolastico e le prospettive incerte dei prossimi mesi, con il possibile ritorno a un utilizzo diffuso della didattica a distanza in caso di quarantene, o peggio ancora di una seconda ondata di contagi da coronavirus, potrebbe accentuare la propensione al pensionamento di insegnanti e personale tecnico-amministrativo (Ata). Il momento della verità è tra soli quattro mesi, quando il personale di questo comparto deve fare la domanda di pensionamento secondo le regole legate al calendario della scuola (domande a gennaio, febbraio per i dirigenti scolastici, uscite dal 1° settembre). A gennaio, quindi, si vedrà se l’effetto Covid-19 c’è stato o meno rispetto ai flussi di uscita degli ultimi due anni, caratterizzati tra l’altro dall’avvio della sperimentazione di Quota 100. Stime prudenziali di esperti del settore e sindacati indicano in almeno 50mila le domande in arrivo (40mila docenti o poco meno e 10mila Ata).
Quest’anno, sulle domande presentate lo scorso gennaio e quindi prima dell’emergenza sanitaria, l’Inps ha certificato con esito positivo il diritto a pensione per circa 41.400 lavoratori del comparto, di cui circa 16.000 con i requisiti dell’anticipo “Quota 100”. E i primi di settembre sono stati liquidati circa 39.200 pensionamenti pari a quasi il 95% degli aventi diritto, di cui circa 15.300 “Quota 100”. Il dato è pressoché in linea con quello dell’anno scorso, quando tra settembre e ottobre vennero liquidati quasi 42.400 trattamenti pensionistici al personale del comparto, di cui circa 16.100 relativi al pensionamento anticipato “Quota 100”. Insomma, a gennaio potrebbe esserci un aumento di circa 10mila domande.
L’uscita anticipata con 62 anni e 38 di contributi minimi è un’opzione valida fino alla fine del 2021, ma una volta maturato il diritto potrà essere esercitato anche negli anni successivi. In pratica insegnati e personale Ata, volendo, potrebbero fare domanda di ritiro con “Quota 100” anche nel gennaio del 2022 o del 2023, se volessero fare un altro anno scolastico, scenario tutto da verificare, come si diceva, visto il difficile contesto determinato dalla pandemia.
Il ministero dell’Istruzione è consapevole del problema, aggravato da un’età media piuttosto elevata del personale scolastico (solo l’1% del nostro corpo docente è under30, contro il 10% della media Ocse). Maggiori pensionamenti anticipati rispetto ai flussi degli ultimi due anni, quindi, determinerebbero nuovi squilibri sugli organici. In primis, su quello degli insegnanti. Del resto, un campanello d’allarme sull’effetto Covid-19 tra i prof è già suonato nei giorni scorsi quando è partita la nuova procedura della call veloce, targata Azzolina. Appena 2.500 precari hanno presentato domanda per spostarsi in un’altra regione (soprattutto da Sud a Nord) per conquistare un posto fisso. A frenare i docenti è stato proprio il virus.
Il tema è delicato. Quest’anno su circa 85mila autorizzazioni ad assumere professori, sono rimaste vuote ben 66.654 cattedre (quasi tutte al Nord), che sono andate ad altrettanti supplenti. Un numero elevato, più degli altri anni. Settembre si chiuderà pertanto con oltre 130mila incarichi a tempo determinato.
Per fronteggiare la situazione, considerati anche gli attuali limiti del sistema di reclutamento nella scuola (Gae vuote, ormai anche al Sud), Lucia Azzolina è pronta a far partire i nuovi concorsi a cattedra per 78mila posti (le prove dovrebbero partire nel mese di ottobre). L’auspicio al dicastero di Viale Trastevere è che non ci siano intoppi, e che, almeno la selezione straordinaria, riservata ai precari storici con più di 36 mesi di servizio alle spalle, che garantisce 32mila ingressi, possa concludersi in tempo utile per le immissioni in ruolo di settembre 2021. Sperando, nel frattempo, che l’emergenza sanitaria sia ormai un lontano ricordo.
Edscuola
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Pensioni quota 100, Conte conferma: “Non sarà rinnovata”. Si chiude nel 2021
“Quota 100 è un progetto triennale ed era un progetto di riforma che suppliva a un disagio sociale che si era creato. Quello di persone che si sono viste allontanare di molti anni la finestra pensionistica. Scadrà l’anno prossimo come ricordato. Non è all’ordine del giorno il rinnovo”.
Quota 100: ultima chiamata per il 2021
Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, in collegamento con il Festival dell’economia di Trento confermando quindi le ipotesi che già circolavano da alcune settimane.
Dunque il 2021 sarà l’ultimo anno per usufruire dell’uscita pensionistica voluta fortemente dalla Lega quando era al Governo lo scorso anno.
Dal 2022 nuovo sistema di pensioni
Questo vuol dire che si sta preparando il terreno per una nuova riforma delle pensioni da varare per il 2022: si parla di un nuovo sistema previdenziale che premierà principalmente solo chi potrà vantare oltre i 41-42 anni di contributi.
Quindi, sostanzialmente, i requisiti pensionistici richiesti al lavoratore che intende lasciare il servizio in anticipo saranno maggiori: una necessità dettata dal fatto che l’Italia non può permettersi di mantenere uno stato sociale superiore alle sue possibilità.
Nel 2019 in 90 mila hanno scelto Quota 100
L’anno scorso, approfittando della somma dei 62 anni minimi e i 32 di carriera, sono andati in pensione circa 90 mila dipendenti pubblici, di cui un terzo circa nella scuola. Si stima che anche quest’anno si ripeteranno numeri simili.
tecnica della scuola
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Pensioni con il sistema retributivo, come si calcolano
Sta piano piano scomparendo, ma ancora oggi il metodo retributivo viene utilizzato per il calcolo della pensione.
Man mano che passano gli anni ci si avvicina sempre di più alla completa cancellazione dal sistema previdenziale italiano, del metodo retributivo di calcolo della pensione. È dal 1996 che è entrato in campo il sistema contributivo, introdotto dalla riforma Dini. Il metodo di calcolo delle pensioni si è spostato dalle retribuzioni dei lavoratori, alle loro contribuzioni. E notoriamente, in virtù di questo sistema contributivo, rispetto al retributivo le pensioni sono penalizzate come importo. Ma ci sono ancora lavoratori a cui il metodo retributivo si applica. Per questo vediamo come funziona questo sistema di calcolo.
Sistema retributivo svantaggioso per lo Stato
Il sistema di calcolo delle pensioni con il retributivo, è un metodo basato sulle retribuzioni percepite dal lavoratore nell’arco della sua vita lavorativa e soprattutto, negli ultimi mesi di carriera. Il metodo è basato su una somma di varie quote di pensione, ognuna di esse fuoriuscita da un circoscritto periodo di anzianità.
Il vantaggio di questo genere di calcolo è tutto per il lavoratore, che rispetto al sistema contributivo riesce in genere a produrre un assegno più cospicuo. Per contro, il sistema retributivo è più oneroso per le casse dello Stato. Motivo questo che ha spinto verso il cambio di sistema, perché il calcolo basato sui contributi versati e non sulle retribuzioni è più equo, con i pensionati che percepiscono un trattamento commisurato ai contributi versati.
Sistema retributivo, come funziona?
Come anticipato, fu la riforma Dini nel 1995 (in funzione dall’anno successivo) a introdurre il sistema di calcolo contributivo, ritoccato poi con la Riforma Fornero. E proprio a seguito della riforma del governo Monti/Fornero che il metodo di calcolo retributivo è stato, di fatto, abolito per tutti i lavoratori.
Dal primo gennaio quindi, il sistema retributivo è stato depennato, anche se, come detto in premessa, tale metodo continua ad essere applicato per determinare una parte dell’importo della pensione per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva antecedente al 1996. Per molti lavoratori infatti, si utilizza il sistema misto, in parte retributivo e in parte contributivo. La quota di pensione calcolata col retributivo è stabilita in base a quando e in che misura sono stati versati i contributi.
Calcolo della pensione in quota
Per il lavoratore in possesso al 31 dicembre 1995 di almeno 18 anni di anzianità contributiva, il calcolo retributivo si applica per i periodi fino al 31 dicembre 2011.
Per chi invece al 31 dicembre 1995 non poteva far valere almeno 18 anni di anzianità, il calcolo retributivo si applica esclusivamente ai periodi di lavoro fino al 31 dicembre1995.
Il metodo retributivo si basa su 2 quote, la prima delle quali è calcolata sulle anzianità maturate al 31 dicembre 1992.
Per questi anni di lavoro la parte di pensione è calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni di carriera per il lavoratore dipendente e degli ultimi 10 anni di carriera per i lavoratori autonomi. Per i lavoratori statali invece questa quota è calcolata sulla media delle retribuzioni dell’ultimo anno di carriera.
La parte, o quota di pensione è invece basata sulle anzianità contributive dal 1° Gennaio 1993 fino al 31 dicembre 1995 o al 31 dicembre 2011 in base a ciò che dicevamo in precedenza. Questa parte di pensione di calcola sulla media degli ultimi 10 anni delle retribuzioni utili percepite dall’interessato nel caso di lavoratore dipendente, e degli ultimi 15 anni per i lavoratori autonomi.
Se il lavoratore al 31 dicembre 1992 si trova con un montante contributivo inferiore a 15 anni, la media delle retribuzioni da prendere a riferimento sarà quella dell’intero periodo lavorato successivo al 31 dicembre 1992.
Pensione retributiva, alcuni chiarimenti
Per quanti detto, la pensione retributiva si basa sulle medie delle retribuzioni durante determinati periodi di carriera. Retribuzioni che vengono naturalmente rivalutate al tasso di inflazione e con dei coefficienti particolari. Ai fini del calcolo retributivo delle pensioni, si possono utilizzare fino a massimo 40 anni di contribuzione. Pertanto l’importo massimo della prestazione non può superare l’80% della media della retribuzione pensionabile.
Orizzontescuola
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Riconoscimento dell’incremento delle pensioni di invalidità e ricostituzione
Con il messaggio n. 3960 del 28/10/2020, l’INPS ha reso noto le istruzioni in merito al riconoscimento del beneficio economico, cosiddetto “incremento al milione”, dei sussidi di invalidità nei confronti di soggetti invalidi civili totali, ciechi civili assoluti o sordi titolari di pensione di invalidità, a partire dal compimento del diciottesimo anno di età.
E’ stata riconosciuta una maggiorazione economica d’ufficio nei confronti di tali soggetti, in virtù del D.L. 104/2020 e, in attuazione di una sentenza della Corte Costituzionale n. 152/2020, erogando ai soggetti titolari di pensione di invalidità, con età compresa tra i diciotto e i sessant’anni, un incremento economico del valore della pensione.
A tali soggetti, la maggiorazione economica è riconosciuta senza necessità di effettuare alcuna domanda da parte degli interessati. L’incremento, agli aventi diritto, sarà corrisposto con le mensilità di novembre e dicembre 2020, con le quali saranno messe in pagamento anche le competenze arretrate dovute dal 20 luglio 2020.
L’importo spettante per il 2020 è di 651,51 euro per 13 mensilità, nel rispetto dei limiti reddituali previsti dalle norme. Individuati come limiti di reddito i seguenti importi: 8.469,63 euro per i soggetti beneficiari non coniugati e 14.447,42 euro, come importo cumulato con il coniuge, per quelli coniugati.
Ricostituzione economica per l’ottenimento del beneficio
Se i redditi personali degli aventi diritto, tuttavia, hanno subito variazioni tali, nel corso del 2020, da incidere sul diritto alla maggiorazione, e non siano stati ancora comunicati all’INPS non sarà possibile accedere al beneficio. L’unica possibilità prevista è quella di presentare domanda di ricostituzione per ottenere tale riconoscimento da parte dell’Ente pensionistico.
I soggetti interessati dovranno presentare una domanda amministrativa di ricostituzione reddituale, utilizzando il servizio online sul sito www.inps.it, ovvero rivolgersi ad una Struttura territoriale di competenza o un patronato abilitato a prestare tale servizio di assistenza.
Una volta effettuata la ricostituzione reddituale, la Struttura territoriale INPS di competenza, procederà alla verifica di quanto dichiarato e se si ha diritto alla maggiorazione. In presenza di tutti i requisiti previsti, sarà riconosciuto il beneficio ai richiedenti.
Pagamento degli importi superiori ai mille euro
La normativa vigente prevede che, le pensioni di importo superiore ai mille euro debbano essere accreditate esclusivamente su conto corrente postale / bancario, su libretto postale o su carta prepagata abilitata (con IBAN).
Pertanto, i pensionati che percepiscono la pensione in contanti e che, per effetto della maggiorazione hanno diritto ad un importo mensile complessivo superiore ai mille euro dovranno dotarsi di uno dei mezzi suindicati (conto corrente postale / bancario, libretto postale o carta prepagata abilitata) laddove non ne siano già in possesso. Tali strumenti dovranno essere intestati al titolare della prestazione pensionistica.
Il codice IBAN dovrà essere immediatamente comunicato all’INPS mediante la variazione della modalità di pagamento (richiesta direttamente all’ufficio postale o allo sportello bancario presso cui è instaurato il rapporto finanziario). Sarà cura dell’Ente pagatore comunicare la variazione all’INPS tramite Database condiviso.
In alternativa, sarà possibile, effettuare la comunicazione mediante servizio online alla voce “Variazione dell’ufficio pagatore per prestazioni pensionistiche”, ovvero, rivolgendosi ad un patronato intermediario abilitato.
Orizzontescuola
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Scuola e Università, in servizio fino a 70 anni anche se non si raggiunge il minimo pensionistico
Il dipendente che abbia raggiunto l’età del collocamento a riposo d’ufficio, ma non l’anzianità contributiva minima per l’accesso alla pensione di vecchiaia, ha diritto ad essere trattenuto in servizio sino al settantesimo anno d’età anche nell’ipotesi in cui non sia in grado di maturare entro il settantesimo anno d’età, l’anzianità contributiva per il minimo della pensione.
In questi termini si è espresso il Tribunale di Padova (ordinanza del 9.08.2017), interpretando l’art. 509, comma 3, D.Lgs. 297/1994, laddove si stabilisce che il dipendente, raggiunta l’età per il collocamento a riposo d’ufficio, “può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno d’età”.
Secondo il Giudice del lavoro, in particolare, qualora il dipendente, nonostante il trattenimento in servizio oltre l’età prevista per il congedo d’ufficio, non raggiunga entro il settantesimo anno d’età l’anzianità contributiva minima, deve necessariamente essere collocato a riposo una volta compiuto il suddetto settantesimo anno d’età.
Da ciò ne consegue che il trattenimento in servizio è possibile anche nell’ipotesi in cui, appunto, entro il settantesimo anno d’età il dipendente non consegua interamente l’anzianità contributiva per il minimo della pensione.
Infatti, se la finalità dell’art. 509, comma 3, D.Lvo 297/94 è quella di assicurare il massimo di effettività alla garanzia del diritto sociale alla pensione, necessariamente va riconosciuto il diritto del lavoratore, che non conseguirebbe comunque entro il settantesimo anno d’età l’anzianità contributiva minima richiesta in via ordinaria per l’accesso alla pensione di vecchiaia, ad alzare l’anzianità contributiva ai fini, almeno, dell’aumento del trattamento di pensione che raggiungerebbe al settantesimo anno di età.
Lo stesso principio è stato enunciato anche dal Tar Lazio (sentenza 14.02.2019), con riferimento questa volta al personale docente universitario.
In questo caso l’università aveva disposto il collocamento a riposo del docente per il raggiungimento del limite di età previsto dal settore di appartenenza (65 anni), senza considerare che lo stesso non aveva maturato alcun diritto a pensione in ambito pubblicistico.
Il Tar ha evidenziato che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, il limite ordinamentale previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d’ufficio può essere superato, per permettere il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, e che solo dopo aver raggiunto tale condizione, l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego ove il lavoratore abbia conseguito i requisiti per il diritto a pensione.
Il dipendente pubblico (pur avendo raggiunto il limite ordinamentale per il collocamento a riposo) può dunque proseguire in servizio, atteso che tale prolungamento serve a “consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione”, da intendere come trattamento pensionistico che trova titolo nel rapporto di pubblico impiego di cui si tratta di stabilire la prosecuzione.
Tecnica della scuola
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Pensioni scuola, requisiti per Opzione donna e Quota 100
Per andare in pensione dal 1° settembre 2021 il personale della scuola potrà presentare domanda esclusivamente on-line entro il 7 dicembre 2020. La scadenza per i Dirigenti scolastici resta invece fissata al 28 febbraio.
Tutte le indicazioni sono contenute nell’annuale circolare relativa alle cessazioni dal servizio e nei relativi allegati.
Opzione donna
Con riferimento alla cd. Opzione donna prevista dal Decreto-Legge 28 gennaio 2019 n. 4 convertito con modificazioni dalla L. 28 marzo 2019, n. 26 – articolo 1, comma 476 Legge 27 dicembre 2019, n. 160, i requisiti richiesti devono essere maturati al 31 dicembre 2019.
Le lavoratrici interessate devono avere una anzianità contributiva di 35 anni e 58 anni di età.
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Quota 100
Per quanto riguarda la cd. Quota 100 prevista dal Decreto-Legge 28 gennaio 2019 n. 4 convertito con modificazioni dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, i requisiti, da maturare entro il 31 dicembre 2021, sono: anzianità contributiva minima di 38 anni e 62 anni di età.
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Tecnica della scuola