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Pensioni scuola 2019, Miur: 15.000 docenti e 4.500 ATA
Il Miur ha fornito ai sindacati i dati relativi alle domande di pensionamento presentate dal personale scuola attraverso Istanze online.
Numero domande presentate
Docenti: 15.190
Ata: 4.448
Personale educativo 34
IRC 131
A questi numeri andranno aggiunti quelli derivanti delle pensioni attribuite d’ufficio.
Si tratta di numeri ancora generali. Saranno adesso gli Uffici Scolastici, esaminate le domande, a pubblicare il dettaglio delle pensioni per ordine di scuola e classe di concorso.
Quota 100 forse rinviata al 2020
Sono sempre più deboli le speranze per quota 100 a settembre 2019 per il personale della scuola.
A questo punto – scrive la UIL – anche se la procedura prevista per la quota 100 sarà approvata nella manovra di Bilancio, in mancanza di un provvedimento retroattivo specifico, il personale della scuola resterà fuori, per quest’anno, da questa possibilità previdenziale.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Sarebbe una beffa cosmica, perché mentre in Europa si continua ad andare via dalla scuola a 63 anni, senza penalizzazione, noi continuiamo a trattare i nostri insegnanti come dei ‘paria’. Come se non svolgessero una professione a rischio burnout e come se la categoria fosse tra le più giovani al mondo, anziché la più vecchia.
Se questo provvedimento venisse approvato – spiega Di Meglio della Gilda degli Insegnanti– gli insegnanti sarebbero ulteriormente penalizzati rispetto agli altri dipendenti pubblici perché per questi ultimi la prima finestra utile per andare in pensione sarebbe in ottobre 2019 (con un ritardo di 6 mesi rispetto ai lavoratori privati), mentre per i docenti la prima finestra utile sarebbe a settembre 2020, quindi con 18 mesi di ritardo rispetto ai privati.
Su questo argomento però la partita potrebbe non essere chiusa, attendiamo le disposizioni ufficiali.
Immissioni in ruolo sul turnover
I posti lasciati liberi dai pensionamenti potranno essere utilizzati al 100% sia per docenti che ATA. Lo prevede una disposizione inserita nel decreto legge sulle semplificazioni, già esaminato dal Governo.
Orizzontescuola
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Pensioni quota 100, la liquidazione arriva comunque a 67 anni: il sì di Bruxelles costa caro
Alla fine i risparmi sulla manovra di bilancio hanno salvato l’Italia dalla procedura d’infrazione che Bruxelles minacciava da tempo. Ma a quale prezzo? È questo il punto.
Conte e Tria tranquillizzano
Secondo il premier Giuseppe Conte non vi sarebbero differenze sostanziali. “Ho dimostrato che si può essere allo stesso tempo responsabili e coraggiosi: abbiamo evitato la procedura d’infrazione, senza rinunciare a reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni. La manovra dà ai cittadini, non toglie. Ma allo stesso tempo mantiene i conti in ordine”, ha detto il presidente del Consiglio al Tg1.
Per poi aggiungere: le due misure “partono a fine marzo: su questo sono stato inflessibile, anche se abbiamo operato dei risparmi”.
Gli fa eco il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che durante la registrazione di Porta a Porta, ha rassicurato gli interessati alle misure della manovra su reddito di cittadinanza e pensioni, quindi quota 100, “partiranno il primo di aprile”.
Gli effetti dei ritocchi al ribasso
Molti hanno pensato che anche i pensionamenti avranno effetto da aprile. In realtà, le cose dovrebbero andare un po’ diversamente.
Prima di tutto perché i ritocchi a ribasso della manovra, l’ultimo di un miliardo, hanno riguardato anche il reddito di cittadinanza e quota 100. Con una conseguente spinta su disincentivi, paletti e spostamenti in avanti delle date di avvio del progetto quota 100.
La beffa per docenti, Ata e presidi: via nel 2020
Perché è vero che tra il 2019 e il 2021 chi ha almeno 62 anni di età e 38 di contributi potrà andare in pensione con una finestra trimestrale se lavoratore privato e semestrale se pubblico.
Ma è altrettanto vero che se per i privati la prima finestra si materializzerà il 1° aprile 2019, per i lavoratori pubblici i requisiti vanno ottenuti entro il 31 marzo e la prima uscita si realizzerà solo il 1° ottobre (quindi di sei mesi nel caso si raggiungano i requisiti nel primo trimestre ma di 9 mesi se li si hanno già a fine 2018): una disposizione che taglia fuori docenti, Ata e presidi dalla possibilità di lasciare il prossimo 1° settembre, obbligando chi ha i requisiti di quota 100 ad andare in pensione non prima di settembre 2020.
La new entry: il pagamento ultra-ritardato della liquidazione
C’è poi il divieto di cumulo con l’attività lavorativa fino all’età di vecchiaia, quindi a 67 anni, a meno che non si faccia lavoro autonomo occasionale con compensi inferiori a 5.000 euro annui.
Ma tra i disincentivi a lasciare dell’ultima ora c’è una vera new entry: il pagamento ultra-ritardato della liquidazione. Sempre e solo per i dipendenti dello Stato, il trattamento di fine servizio, infatti, sarà erogato solo all’età di uscita per la vecchiaia con i requisiti normali: quindi a 67 anni di età o i in corrispondenza dei requisiti di anzianità contributiva, quindi attorno a 42-43 anni di contributi versati.
Proroga Ape social ed opzione donna
Tra le altre disposizioni in arrivo, c’è anche il blocco dell’aumento dell’aspettativa per le pensioni anticipate (a 42 anni e 10 mesi, 41 e 10 per le donne), anche se si introduce la finestra trimestrale. Confermata la proroga dell’Ape sociale per un anno (ma nella scuola vale solo per le educatrici dei nidi e i maestri della scuola dell’infanzia) e si mantiene, sempre per un anno, l’opzione donna (con taglio secco dell’assegno pensionistico di circa il 30% per via del conteggio totalmente contributivo).
Sarà previsto, infine, un meccanismo di salvaguardia qualora le uscite dovessero essere più del previsto: la stima è di 315.000 pensionamenti supplementari nel 2019.
Tecnica della scuola
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Pensioni, quota 100 si sgonfia: 2,7 miliardi di finanziamenti tagliati e più disincentivi
Scongiurare la procedura d’infrazione della Commissione europea ha convinto il Governo a produrre un’ulteriore sforbiciata ai finanziamenti relativi all’anticipo pensionistico quota 100: secondo le agenzie di stampa, il 20 dicembre sarebbero stati tagliati dalla legge di Bilancio di fine 2019 altri 700 milioni “sull’altare della trattativa con l’Ue”.
Una richiesta che non sorprende, anzi in linea con quanto da noi anticipato e che già aveva prodotto lo slittamento della liquidazione al compimento dei 67 anni, quindi anche cinque anni dopo avere lasciato il servizio.
Le limitazioni sopraggiunte
Negli ultimi giorni, i finanziamenti a disposizione di quota 100 sono quelli ad avere pagato il prezzo più alto per assecondare le richieste di Bruxelles: per il 2019 si è passati dai 6,7 miliardi iniziali a meno di 4 miliardi.
Cosa significa tutto questo? Prima di tutto che la tanto annunciata contro-riforma Fornero sarà triennale e non strutturale.
Poi c’è il problema dello slittamento dell’entrata a regime di quota 100: il primo partito di governo, il M5S con in testa il premier Giuseppe Conte, assicura che il provvedimento entrerà in vigore in primavera inoltrata: il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha parlato di 1° aprile.
Potrà andare in pensione, tra il 2019 e il 2021, chi ha almeno 62 anni e 38 di contributi (c’è ancora da capire entro quale date, probabilmente il 31 dicembre prossimo) con una finestra trimestrale se il lavoratore è privato (la prima scatta ad aprile) e semestrale se pubblico.
Solo che in quest’ultimo caso l’uscita si concretizzerà ad ottobre: una data che per la scuola è improponibile, e se non vi saranno deroghe (poco probabili al momento), i docenti, gli Ata e i dirigenti scolastici interessati a quota 100 saranno costretti a lasciare il servizio solo nel mese di settembre 2020.
Poi, rimane confermato il divieto di cumulo con l’attività lavorativa fino ai 67 anni.
L’assegno ridotto anche del 30%
Oltre all’avvio slittato molto in avanti e alla liquidazione, c’è poi la spada di Damocle riguardante la riduzione dell’assegno: al Governo continuano a dire che non si tratta di penalizzazioni, ma di fatto la pensione si potrebbe diventare decisamente light, con riduzioni sul lordo fino al 30% rispetto all’uscita a 67 anni o a 42 e tre mesi di contributi per le donne ed un anno ulteriore per gli uomini.
Per ha creduto in un ritorno alle regole pre-Fornero, si tratta di un “particolare” non da poco: per intenderci, un docente che a 67 anni avrebbe percepito un assegno di quiescenza di circa 1.800 euro nette, si ritroverebbe a 1.300 euro.
Il Governo: non c’è nessun problema
Certo, dal Governo si continua a minimizzare: per il leghista Massimo Garavaglia “non c’è nessun problema né per quota 100 né per le altre misure esistenti”, vale a dire Ape social (aperto nella scuola solo a educatrici dei nidi e maestre della scuola dell’infanzia), che si dovrebbe finanziare con alcuni fondi ‘avanzati’, e Opzione donna (che potrebbe però essere innalzata di un anno ma mantenendo il conteggio totale contributivo), il cui costo non sembra essere proibitivo.
Queste sembrano essere le linee generali: per i dettagli del testo bisognerà attendere gennaio e non entro la fine dell’anno come inizialmente ipotizzato e annunciato: solo allora, infatti, il Consiglio dei ministri dovrebbe recepire il decreto su quota 100, assieme al reddito di cittadinanza, che nel frattempo ha subito il taglio di 1,9 miliardi, scendendo a 7,1 miliardi di investimento complessivo.
Salvini: i tecnici dicono che è tutto ok, è Boeri che disinforma gli Italiani
Intanto, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini continua a difendere il provvedimento: “Ho perso? Allora spero di perdere così tutte le volte”, ha detto a ‘Radio Anch’io’. “Ci sono più di 20 miliardi nel triennio per smontare la legge Fornero. Da zero a venti miliardi – ha aggiunto – E grazie a questa manovra 500 mila italiani potranno scegliere di andare in pensione prima. Se i tecnici dicono che i soldi per l’anno prossimo sono sufficienti io di loro mi fido. Sono estremamente felice di questo primo passo”.
Nella stessa giornata, sempre Matteo Salvini si è schierato ancora contro il presidente dell’Inps: “da mesi Boeri rema contro il governo e disinforma gli Italiani, difendendo una legge sciagurata come la Fornero. Perché per coerenza non si dimette e si candida alle primarie del Pd? Noi andiamo avanti sulla via del diritto al lavoro e alla pensione, problemi – ha concluso il ministro – che evidentemente Boeri non ha”.
Tecnica della scuola
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Quota 100, domande a gennaio per lasciare in estate: buonuscita subito con le banche, interessi a carico dei lavoratori
La domanda di pensionamento per aderire a quota 100 riguarda chi, al 31 dicembre scorso, ha maturato i 38 anni di contributi versati ed almeno 62 anni di età, e dovrà essere presentata subito, nel mese di gennaio: l’anticipazione è di Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro.
Tornano in “pista” docenti, Ata e dirigenti
Attraverso un’intervista al Messaggero,l’esponente del Governo ha detto che tra i dipendenti pubblici “chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre dell’anno scorso, potrà fare domanda a gennaio e potrà lasciare a luglio”.
In questo modo, è probabile che anche docenti, Ata e dirigenti scolastici potranno beneficiarne, perché si rispetterebbero i sei mesi di preavviso previsti per gli statali.
Interessi a carico dei beneficiari, ma cifre basse
Durigon ha anche preannunciato che lo Stato sta chiudendo con l’Abi la stipula di una convenzione che permetterebbe di poter beneficiare subito della buonuscita: “i dipendenti pubblici che lasciano con Quota 100 potranno chiedere alle banche l’anticipo del loro trattamento di fine servizio. Stiamo valutando”
Tuttavia, a differenza di quanto era trapelato in un primo momento, gli interessi non saranno a carico dello Stato ma “dei beneficiari”. In compenso, si tratterà di cifre bassissime. L’erogazione della liquidazione degli statali sarà garantita dallo Stato. L’operazione sarà conveniente per chi vuole avere in anticipo i soldi della liquidazione”, ha assicurato il sottosegretario.
Il decreto entro metà mese
Sui tempi di approvazione del decreto, ha detto ancora il sottosegretario al Lavoro, “forse potremmo fare in tempo già per il Consiglio dei ministri dell’11 gennaio. Non credo che andremo comunque oltre metà mese”, dichiara il sottosegretario.
Nel decreto “sarà scritto che dal primo gennaio del 2019 si potrà andare in pensione con 42 anni e 10 mesi a prescindere dall’età”, mentre “le donne nate nel 1958 e 1959 potranno lasciare il lavoro con 35 anni di contributi con il ricalcolo contributivo della pensione”.
Boeri verso l’addio
Durigon ha anche annunciato, a proposito del mandato dell’attuale presidente Inps, Tito Boeri, prossimo alla scadenza, “stiamo pensando a un cambio della governance con una reintroduzione dei cda. Io credo che in queste situazioni sia meglio accelerare il ricambio che ricorrere a delle proroghe”, ha concluso il sottosegretario al Lavoro.
Tecnica della scuola
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Pensioni prescrizioni contributi, proroga al 31 dicembre 2021
Diffusa, come riferito, la bozza del decreto che disciplinerà il reddito di cittadinanza e quota 100 e che ha prorogherà l’ape social e opzione donna.
Il decreto dispone anche una misura relativa alla prescrizione dei contributi di previdenza e di assistenza sociale per le amministrazioni pubbliche.
Prescrizione contributi entro il 31 dicembre 2018
Ricordiamo che l’Inps, con circolare n. 169 del 15 novembre 2017, ha prorogato i termini di prescrizione dei contributi al 31/12/2018, inizialmente fissati al 31 dicembre 2017, fornendo inoltre istruzioni in merito alla verifica del proprio “estratto conto INPS/INPDAP”, per controllare se sia aggiornato con tutti i contributi previdenziali versati.
Prescrizione contributi entro il 31 dicembre 2018: conseguenze
Con un successivo comunicato, diffuso il 14 agosto 2018, l’Istituto di previdenza ha spiegato le conseguenze derivanti dalla prescrizione, ossia che l’Amministrazione – datrice di lavoro:
- non avrà più la possibilità di regolarizzare i versamenti mancanti, cosa possibile sino al 31 dicembre 2018;
- dovrà sostenere l’onere del trattamento di quiescenza, riferito a periodi di servizio per i quali è intervenuta la prescrizione.
Prescrizione contributi: proroga al 31/12/2021
L’articolo 19 della bozza di decreto dispone una proroga al termine del 31/12/2018, prevedendo che gli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, afferenti ai periodi di competenza sino al 31 dicembre 2014, non si applicano sino al 31 dicembre 2021, fatti salvi gli eventuali provvedimenti passati in giudicato.
Verifica e variazione posizione assicurativa
Fermo restando che per il lavoratore non cambia nulla, secondo quanto detto sopra, è bene comunque verificare la propria posizione assicurativa. A tal fine, si deve visionare il proprio estratto conto contributivo.
Per visionare l’estratto conto, si deve accedere all’area riservata (MyINPS) con le proprie credenziali (codice fiscale, PIN o SPID), Area prestazioni e servizi/Fascicolo previdenziale del cittadino/Posizione assicurativa/Estratto conto.
In caso di contributi mancanti, si deve segnalare, con domanda on-line RVPA (richiesta variazione posizione assicurativa), eventuale contribuzione mancante o anomalie nella propria posizione previdenziale.
Per l’istanza RVPA non è fissato alcune termine perentorio.
Orizzontescuola
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Le maestre prima in pensione
Anche gli insegnanti in servizio nelle scuole per l’infanzia da almeno sette anni nei dieci precedenti il pensionamento e in possesso di una anzianità contributiva di almeno trenta anni hanno titolo ad accedere dal 1° settembre 2019 al trattamento pensionistico di vecchiaia o a quello anticipato. A condizione che possano fare valere, alla data del 31 dicembre 2019, rispettivamente 66 anni e 7 mesi di età anagrafica o 41 anni e 10 mesi di contribuzione se donne, 42 anni e 3 mesi se uomini.
Nei loro confronti, infatti, non trova applicazione ai fini del requisito contributivo per l’accesso alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata, l’adeguamento alla speranza di vita stabilito, ai sensi dell’articolo 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, adeguamento che, per l’anno 2019, richiede invece sessantasette anni di età anagrafica o, indipendentemente dall’età anagrafica, 42 anni e 3 mesi di contribuzione se donne e 43 anni e 3 mesi se uomo.
Lo ha ribadito l’Inps con il messaggio n. 4804 del 21 dicembre 2018 con il quale l’Ente di previdenza ha fornito le istruzioni per la presentazione della domanda di pensione da parte dei lavoratori inclusi nell’allegato B di cui all’articolo 1, comma 148, del decreto ministeriale 18 aprile 2018, domanda che può essere presentata , esclusivamente per via telematica.
Le istruzioni contenute nella nota dell’Inps, applicabili anche agli insegnanti indicati in premessa, riguardano solo le modalità di presentazione della domanda di pensione e non anche quelle richieste specificatamente nella circostanza al personale della scuola. Per tale personale infatti, propedeutica alla presentazione della domanda di pensione è, come dispone l’annuale decreto del ministro dell’istruzione, la domanda di cessazione dal servizio da presentare nei termini indicati nel decreto.
Per la cessazione dal servizio dal 1° settembre 2019, il termine era fissato per il 12 dicembre 2018, un termine che gli insegnanti in premessa non hanno potuto rispettare in quanto, tanto nel decreto ministeriale n. 727 dell’15 novembre 2018 che nella circolare applicativa prot. 50647 del 16 novembre 2018, la possibilità di accedere alla pensione, possedendo «solo» i requisiti richiesti antecedentemente all’adeguamento alla speranza di vita, non era citata nel modello di domanda.
Per superare la scadenza del termine per la presentazione della domanda di cessazione dal servizio con effetto dal 1° settembre 2019 (l’unica finestra di uscita possibile per il personale della scuola, come dispone l’art. 59, comma 9, della legge n. 449/1997 e successive modificazioni), sarà pertanto necessario uno specifico intervento ministeriale che fissi al 28 febbraio 2019, così come è previsto dall’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112/2008, il termine ultimo per inoltrare la domanda di cessazione dal servizio. La sola nota dell’istituto presieduto da Tito Boeri a tal fine non è sufficiente.
Edscuola
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Pensioni quota 100, il Governo non s’è dimenticato dei docenti: potranno fare domanda sino al 28 febbraio
Sull’anticipo pensionistico quota 100, le denunce sindacali, l’ultima della Flc-Cgil, sembrano avere avuto effetto: l’ulteriore rinvio, di una settimana, dell’approvazione del decreto unico (reddito di cittadinanza – pensioni anticipate) non dovrebbe infatti influire sulla possibilità concreta che docenti e Ata della scuola, assieme ai professori universitari, possano accedere alla deroga alla riforma Fornero, potendo lasciare con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi riconosciuti.
Subito le domande
Le ultime indiscrezioni, confermate da fonti autorevoli che hanno letto l’ultima bozza disponibile, indicano infatti che proprio per il settore della scuola, nelle ultime ore sarebbe stata trovata la soluzione per consentire le uscite anche in corrispondenza del prossimo inizio d’anno scolastico, quindi a settembre 2019: tra le ultime modifiche al testo, infatti, è stata inserita una integrazione che dà facoltà ai docenti della scuola e dell’Università (probabilmente anche per il personale Ata, poiché rientra nello stesso ambito) di presentare la domanda “in sede di prima applicazione” sino al prossimo 28 febbraio.
Una corsa contro il tempo
Secondo il programma di Governo, successivamente, subito dopo una prima veloce verifica delle istanze presentate, ad inizio marzo i vari Uffici scolastici regionali potranno incrociare i dati dei pensionamenti richiesti (che in primavera-estate verranno poi vagliati in modo singolo dall’Inps), con quelli dei posti vacanti.
E, a quel punto, si potrà stabilire il punto di partenza sugli organici, di diritto e di fatto. Per poi far partire la macchina organizzativa che porterà prima alla mobilità, poi alle immissioni in ruolo ed infine all’assegnazione di un numero di supplenze annuali che, anche in base alle uscite maggiorate che consentirà quota 100, potrebbe sfiorare per la prima volta quota 200 mila.
Tecnica della scuola
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Pensioni, ecco i sette canali d’uscita per anticipo previdenziale
Grande attesa per il decreto che introdurrà la Quota 100.
Così come già segnalato da La Tecnica della Scuola, il provvedimento che sarà varato dal Governo potrebbe portare novità interessante per il mondo della scuola.
Per il personale scolastico, per raggiungere il doppio requisito – età anagrafica minima e contributi da considerare nel montante dei 38 anni – varrà tutto il 2019.
I dettagli di Quota 100
Cosa significa nello specifico? Per tutti coloro che compiranno i 62 anni entro il 31 dicembre prossimo, dovrebbero comunque avere la possibilità di accedere a quota 100. Lo stesso discorso dovrebbe valere per il raggiungimento dei 38 anni complessivi di contribuzione: in pratica, varrebbero anche i 4 mesi che vanno da settembre a dicembre 2019, anche se il lavoratore non sarà più in servizio.
Nei prossimi giorni si attendono ulteriori indicazioni che saranno prodotte da Miur e Inps dopo l’approvazione del provvedimento. Il Ministero dell’Istruzione dovrà fare luce, in particolare, sui limiti temporali per l’età e per la validità della contribuzione e anche i tempi di presentazione della domanda (probabilmente entro il 15-20 febbraio).
In generale la platea di Quota 100 ha dei numeri impressionanti: 315mila potenziali di cui ben 120mila statali.
A questi si aggiungono i 90mila nuovi pensionati di vecchiaia, 74mila precoci e circa 60mila pensionati con le regole della Legge Fornero.
La spesa pubblica stanziata per il provvedimento, su base triennale e sperimentale, è di 21 miliardi.
Attenzione. Resta in vita il canale “standard” della
pensione anticipata: con 42 anni e 10 mesi di contributi
(un anno in meno per le donne) nel 2019 si potrà
andare in pensione, tre mesi dopo aver maturato i
requisiti a prescindere dall’età anagrafica.
Non solo quota 100
Ecco un quadro delle possibili opzioni di uscita flessibile così come segnala Il Sole 24 Ore.
Quota 100: 62 anni di età e 38 di contributi. Per i dipendenti pubblici il termine per il raggiungimento dei requisiti è fissato al 31 dicembre 2018 e le pensioni si avranno a partire da luglio (finestra di 6 mesi).
Opzione donna: lavoratrici che entro il 31 dicembre 2018 hanno maturato almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età per le dipendenti (59 per le autonome). L’assegno viene ricalcolato interamente con il metodo contributivo e decorrenza posticipata di 12 mesi (18 per le autonome e le miste). In questo caso c’è un rischio taglio dell’assegno fino al 40%.
Lavori usuranti: circa 6mila i lavoratori potenziali beneficiari che ogni anno della pensione anticipata per lavoro usurante. Si tratta di persone che hanno svolto una o più delle attività usuranti (come ad esempio le maestre d’asilo). Attenzione, però: l’assegno sarà più basso a causa dei minori contributi versati.
Ape volontario: riguarda i lavoratori privati. Per poter fare domanda non devono mancare più di tre anni e sette mesi all’età della pensione di vecchiaia. Il lavoratore potrà così ricevere un assegno ponte per un massimo di 43 mesi prima della pensione di vecchiaia.
Ape social: disoccupati che hanno concluso l’indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori che assistono familiari conviventi di 1° o 2° grado con disabilità grave da almeno 6 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori con invalidità superiore o uguale al 74% con 30 anni
di contributi; dipendenti che svolgono un lavoro pesante (e lo hanno svolto per almeno 6 anni negli ultimi 7) con 36 anni di contributi.
Lavoratori precoci: lavoratori che hanno versato almeno un anno di contributi da lavoro effettivo prima dei 19 anni di età e svolgono attività particolarmente faticose.
Isopensione: L’isopensione è il trattamento a cui accede il lavoratore che sottoscrive un accordo di esodo con prepensionamento a carico dell’azienda. Dal momento in cui smette di lavorare no alla pensione, percepisce un importo mensile pagato dall’ex datore di lavoro. La possibilità di anticipare 7 anni rispetto alla vecchiaia è prevista fino al 2020, dopo si potranno anticipare 4 anni.
Tecnica della scuola
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Quota 100, è cessato allarme
Mentre ritarda l’approvazione da parte del consiglio dei ministri del decreto legge concernente le disposizioni relative a interventi in materia pensionistica (attesa per giovedì), cresce, soprattutto tra il personale docente e Ata del comparto scuola, l’interesse per l’introduzione nel sistema previdenziale pubblico della pensione anticipata con quota 100.
Se le anticipazioni sui requisiti anagrafici e contributivi per accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, in deroga ai requisiti richiesti dalla normativa vigente (riforma Fornero), dovessero essere confermate nel decreto legge che dovrebbe essere approvato entro la prossima settimana, sarebbero, secondo una stima di ItaliaOggi in base ai dati disponibili sull’età anagrafica del personale, 52.000 i docenti e 22.000 gli Ata in servizio nel corrente anno scolastico con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali di ogni ordine e grado che, alla data del 31 dicembre 2019, potrebbero fare valere i requisiti richiesti per accedere alla «pensione quota 100» (62 anni di età e 38 di contribuzione).
Dei 74.000 solo un 10 per cento potrebbe fare valere i requisiti minimi (62 anni di età anagrafica e 38 anni di anzianità contributiva). Il restante 90 per cento risulterebbe avere una età anagrafica tra i 63 e i 66 anni ed una anzianità contributiva compresa tra i 38 e i 40/41 anni.
Ad entrambe le categorie di personale l’accesso alla pensione anticipata, previa apposita domanda, avrebbe decorrenza, contrariamente alle due finestre previste per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, esclusivamente dal 1° settembre 2019 atteso che, nei confronti del personale della scuola, continueranno ad essere applicate le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n.449.
Tale comma dispone infatti che per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico successivo, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno.
Stando alle bazze finora circolate, l’accesso alla pensione anticipata con «quota 100» comporterebbe in particolare due penalizzazioni: il trattamento pensionistico non sarebbe cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza dello stesso e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di complessivi 5 mila euro lordi annui; l’indennità di fine servizio (buonuscita per il personale della scuola) verrebbe corrisposta a decorrere dal momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione della stessa, per vecchiaia o per dimissioni, secondo le disposizioni attualmente in vigore (dopo un anno dalla pensione di vecchiaia o dopo due anni da quella di anzianità, entrambe comunque a rate annuali il cui numero è legato all’ammontare della buonuscita). Una ipotesi di liquidazione anticipata mediante un prestito bancario è, allo stato, solo teorica.
Una terza penalizzazione, peraltro già in vigore per le pensioni a qualunque titolo anticipate, riguarderebbe l’ammontare del trattamento pensionistico mensile rispetto all’ultima retribuzione spettante al momento della cessazione dal servizio.
Rispetto all’ultima retribuzione la rata di pensione mensile risulterà inferiori da un minimo del 5 per cento a più del 20 per cento a seconda che il dipendente possa fare valere rispettivamente una età anagrafica superiore a 62 anni e a 38 anni di contribuzione a pieno regime ovvero esclusivamente l’età e i contributi minimi richiesti da «quota 100».
Sulla sola base delle anticipazioni che circolano in questi giorni, in precedenza sintetizzate sinteticamente, dei 74.000 docenti e personale Ata che avrebbero titolo ad accedere alla pensione anticipata con decorrenza 1° settembre 2019 potrebbero essere non più di diecimila quelli che, presumibilmente, sarebbero interessati a presentare la domanda di cessazione dal servizio nei termini che comunque dovranno essere stabiliti dal ministero dell’istruzione dopo l’entrata in vigore del decreto legge. Si tratterebbe soprattutto di personale Ata e di docenti di scuola dell’infanzia e di scuola primaria che oltre all’età anagrafica minima possono fare valere una anzianità contributiva superiore a 38 anni.
Altrettanti potrebbero chiedere, per sopraggiunte esigenze personali o familiari o per motivi di salute, di andare in pensione anticipatamente utilizzando a tal fine «quota 100». Sommando le domande di cessazione dal servizio presentate entro il 12 dicembre 2018 da 15.190 docenti e 4.500 Ata (dati definitivi elaborati dal ministero dell’istruzione) a quelle che potrebbero essere presentare dopo l’entrata in vigore del decreto legge, il prossimo 1° settembre il numero complessivo dei docenti e del personale Ata che lascerebbe il servizio dovrebbe aggirarsi tra le 30.000 e le 35.000 unità. Un esodo che equipara il flusso dello scorso anno. Certamente non quanto ipotizzato da più parti ivi compreso dal presidente dell’Inps, Tito Boeri.
Edscuola
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Quota 100, sì del Consiglio dei ministri: 30 mila euro cash di Tfr, in pre-pensione un milione di lavoratori
Nella serata di giovedì 17 gennaio, il Consiglio dei ministri ha approvato il ‘decretone’ su reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni: la riunione è stata molto veloce, appena mezz’ora, a conferma che gli accordi erano stati presi in mattinata. Ora, il doppio provvedimento – il cui testo definitivo non è ancora stato pubblicato – dovrà essere convertito in legge dalle Camere entro 60 giorni.
Il ritiro dal lavoro sarà possibile, in prima applicazione, dal primo aprile 2019 per i lavoratori privati che abbiano raggiunto i requisiti indicati entro il 31 dicembre 2018 e dal primo agosto 2019 per i lavoratori pubblici che li abbiano maturati all’entrata in vigore del decreto.
Cosa prevede il decreto
Oltre a quota 100, il decreto prevede, la possibilità, solo per le donne, di andare in pensione in anticipo con 42 anni e 10 mesi di contributi, se uomini, e con 41 anni e 10 mesi di contributi. Maturati i requisiti, i lavoratori e le lavoratrici percepiscono la pensione dopo tre mesi.
Ci sarà anche la possibilità per le donne di andare in pensione a 58 anni se dipendenti e 59 se autonome, con almeno 35 anni di contributi al 31 dicembre 2018 (Opzione donna).
A passare è stata che l’applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita per i lavoratori precoci, che potranno quindi andare in pensione con 41 anni di contributi. Anche in questo caso, il diritto al trattamento pensionistico decorrerà dopo tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti.
Via libera al riscatto agevolato del periodo di laurea entro i 45 anni. Ma anche alla facoltà di riscatto di periodi non coperti da contribuzione, con una detraibilità dell’onere del 50% in cinque quote annuali e la rateizzazione fino a 60 mesi, a condizione di non aver maturato alcuna contribuzione prima del 31 dicembre 1995 e di non essere titolari di pensione.
Le disposizioni in materia di pagamento del trattamento di fine servizio o di fine rapporto prevedono la corresponsione della relativa indennità sulla base di una specifica richiesta di finanziamento da parte degli aventi diritto, con la costituzione di uno specifico fondo di garanzia.
Attivato anche un “Fondo bilaterale per il ricambio generazionale”, che prevede la possibilità di andare in pensione tre anni prima di quota 100 purché si abbia una contemporanea assunzione a tempo indeterminato.
Conte: un milione di lavoratori in tre anni
Più che soddisfatto dell’esito dell’approvazione in CdM il premier Giuseppe Conte: nella conferenza stampa a Palazzo Chigi di presentazione del decreto, ha detto che questa è “una tappa fondamentale per questa esperienza di governo: è la dimostrazione che questo Governo gli impegni li mantiene”.
Abbiamo approvato “due misure che non rispondono a estemporanee promesse elettorale, ma costituiscono un progetto di politica economica sociale di cui questo governo va fiero”.
Abbiamo detto sì, ha continuato Conte, ad “un progetto che riguarda cinque milioni di persone che si trovano in povertà e un milione di persone che potranno andare nel triennio in anticipo in pensione”.
Salvini: nessun adeguamento alla speranza di vita
In attesa di prendere visione del testo approvato, è il ministro dell’Interno Matteo Salvini ad annunciare le novità approvate: “Non c’è nessun adeguamento alla speranza di vita (riferendosi ai cinque mesi che sono scattati a fine 2018 e che avrebbero dovuto innalzare l’uscita dal lavoro sia della pensione di anzianità sia di quella di vecchiaia n.d.r.), c’è la possibilità di riscattare in maniera agevolata gli anni della laurea, sono tutelati i comparti delle forze dell’ordine”.
Ma l’accordo raggiunto più importante riguarda la buonuscita degli statali, quindi anche di docenti, Ata e dirigenti scolastici: ci sarà “subito la liquidazione per il settore pubblico, 30 mila euro cash“, ha detto il vicepremier.
A spiegare meglio la consistenza del provvedimento sul Tfr è stata, con un tweet, la ministra per la Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno: “Dopo anni di lunghe attese, finalmente i dipendenti pubblici – ‘quotisti’ e non – che andranno in pensione avranno subito 30.000 euro di Tfr/Tfs, con interessi al 95% a carico dello Stato. Lavoreremo per aumentare la cifra, fino a 40-45.000 euro. Un risultato storico!”.
Assegno di pensione: no tagli, sì decurtazioni
Per quanto riguarda la consistenza dell’assegno di pensionamento da accreditare a chi aderirà a quota 100, invece, bisogna ancora attendere qualche giorno: con quota 100, ha ribadito, “non c’è nessuna penalizzazione e nessun taglio, sarà una libertà di scelta”.
In effetti, non ci saranno tagli, ma decurtazioni (anche del 20% o forse più) derivanti dal mancato gettito nelle casse dell’Inps degli ultimi anni di lavoro: il “montante” dei contributi, in pratica, si ridimensiona e produce un assegno ridotto.
In tutto, il doppio provvedimento è costato allo Stato diversi miliardi: “Soldi veri: 22 miliardi di euro”, ha detto ancora il vice presidente del consiglio, riferendosi alla valenza il ‘decretone’ su reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni.
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