Contributo-truffa, continua la prassi chiesti fino a 300 euro
Skuola.net, per chi non paga anche minacce di ripercussioni sui voti.
Il contributo "volontario" delle famiglie alle scuole è sempre meno volontario. La denuncia arriva dal portale Skuola.Net che, dati alla mano dimostra come sempre più spesso venga richiesto alle famiglie una contributo, per legge volontario, anche con minacce, più o meno velate, di ritorsioni sul voto degli studenti e sulla promozione in caso di mancato pagamento
«All'istituto tecnico Fazzini Mercantini (NA) - spiega Skuola.net - si richiede un contributo di euro 80 per l'iscrizione e si ricorda che "la mancata presentazione entro il detto termine del 20.02.2012 di quanto sopra richiesto sarà considerata un'infrazione disciplinare a tutti gli effetti, con ripercussioni sulla valutazione del comportamento e quindi, sulla media dei voti e sull'ammissione alla classe successiva". Tradotto in termini pratici, una minaccia che lascia intravedere alle famiglie ripercussioni sul voto dei figli e addirittura sulla promozione».
«Ma - rileva il portale - sono decine le segnalazioni giunte delle famiglie, che la lamentano non solo l'omissis in merito alla natura volontaria del contributo, ma anche l'indicazione che senza il pagamento del contributo la domanda di iscrizione non può essere accettata. Così molti, per evitare problemi ai propri figli, decidono di pagare senza batter ciglio con buona pace del principio di gratuità della scuola pubblica».
«Le cifre - denuncia ancora Skuola.net - in alcuni casi non sono contenute, si arriva anche a punte di 300 euro, per esempio all'IPSAR Tor Carbone di Roma. In questo istituto c'è poi una singolare doppia tariffazione: 240 euro per tutti, che diventano 300 euro per i ripetenti! Tuttavia non è il solo istituto alberghiero a costare quasi quanto una retta universitaria: allo Stringher di Udine chiedono ben 250 euro, nei quali non sono nemmeno comprese le divise, che si pagano a parte e costano altri 160 euro».
Quanto al ministero dell'Istruzione evidenzia il portale «si è dimostrato attento e sensibile sul tema, accogliendo già in passato un dossier contente circa 60 segnalazioni di irregolarità giunte alla Redazione di Skuola.net. A seguito di tale iniziativa, nell'Aprile 2011, il capo dipartimento Giovanni Biondi inviava una missiva ai direttori di ben 13 uffici scolastici regionali, per avviare le verifiche poiché "in ragione dei principi di obbligatorietà e di gratuità, non è consentito richiedere alle famiglie contributi obbligatori di qualsiasi genere o natura per l'espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all'assolvimento dell'obbligo scolastico (fotocopie, materiale didattico o altro), fatti salvi i rimborsi delle spese sostenute per conto delle famiglie medesime (quali ad es: assicurazione individuale degli studenti per RC e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche, etc.)".
Ma, denuncia ancora il portale, la situazione non sembra affatto cambiata e quindi, anche quest'anno si appresta a consegnare al ministero un'altro dossier. La poca chiarezza da parte delle scuole, inoltre, danneggia doppiamente le famiglie. Infatti per godere delle detraibilità del contributo ai sensi della legge Bersani, bisogna che lo stesso riporti nella causale la seguente dicitura "erogazione liberale" specificando almeno una delle seguenti motivazioni: "per l'innovazione tecnologica", "per l'ampliamento dell'offerta formativa" o "per l'edilizia scolastica".
«Skuola.net lancia un grido d'allarme - spiega Daniele Grassucci, il Responsabile delle Relazioni Esterne - affinché la pubblica opinione sia consapevole del fatto nella realtà pratica, sulla scuola pubblica, si sta materializzando una tassa occulta peraltro iniqua perché non proporzionale né ai consumi (come l'IVA) né al reddito (come la maggior parte delle aliquote fiscali) né al valore del bene/servizio (come le imposte sugli immobili)».
Eduscuola
Scuola, anno al giro di boa: “Ma senza i contributi delle famiglie non funziona”
Arrivano le prime pagelle ma le famiglie devono ricorrere alle lezioni private per scongiurare lo studio estivo dei figli rimandati. La scuola italiana in perenne “crisi economica” non è più in grado di garantire i corsi di recupero agli studenti con brutti voti e, in vista delle prossime iscrizioni, le associazioni studentesche dichiarano guerra ai contributi “volontari” che permettono agli istituti scolastici di sopravvivere. Un bel busillis per i capi d’istituto che si ritrovano tra l’incudine della normativa e il martello: l’impossibilità di attuarla per penuria di fondi. E nonostante gli sforzi della Buona scuola, presidi e docenti devono continuare a fare i conti con la carenza di finanziamenti dovuta ad anni di cura da cavallo al sistema di istruzione nazionale imposta dai governi Berlusconi, Monti e Letta.
Basta scorrere i Rav – i Rapporti di autovalutazione compilati l’estate scorsa da tutti gli istituti – per comprendere la situazione in cui si trovano le istituzioni scolastiche del Paese. “In estrema sintesi, economicamente la scuola è finanziata dallo Stato per ciò che riguarda gli stipendi dei docenti ed altri servizi, mentre per il funzionamento generale è finanziata dalle famiglie (tramite il contributo volontario versato dalla maggior parte di esse) che finanziano anche le visite d’istruzione”, si legge nel documento del liceo classico Giordano Bruno di Budrio, in provincia di Bologna. Ma negli ultimi anni la crisi economica ha prodotto un calo generalizzato anche di questi preziosi fondi. Spesso i finanziamenti per i funzionamento erogati dallo stato e dagli enti locali sono risicati e in molte realtà i finanziamenti da privati non esistono.
“Non sono presenti forme di finanziamento privato significative – confermano dal liceo scientifico Siani di Napoli – se non per il contributo volontario degli alunni che si è molto assottigliato negli anni viste le difficili condizioni economiche che caratterizzano la nostra utenza”. Gli istituti più fortunati raccolgono la quota dalla maggior parte delle famiglie. Come accade al classico Mameli di Roma che “dal punto di vista delle risorse economiche, può contare – si legge nel Rav – sul contributo volontario delle famiglie, corrisposto dal 70 per cento delle stesse”. Ma al Sud non è sempre facile raccogliere fondi anche dai genitori. Perché, riguardo “alle risorse economiche disponibili, si è verificato un calo sensibile degli introiti relativi al contributo volontario versato dagli allievi, nonostante – spiegano dal liceo classico Vittorio Emanuele II di Palermo – il consiglio di Istituto ne abbia diminuito l’importo ed esso risulti inferiore alla media degli altri istituti cittadini”.
E se non è facile convincere le famiglie degli studenti che frequentano i licei, figuriamoci quanto sia facile racimolare risorse da quelle dei ragazzi dei tecnici e dei professionali che devono ricorrere al volontariato anche degli insegnanti. Come accade all’istituto tecnico Pertini di Genzano di Roma dove “molte attività sono state svolte grazie al contributo volontario dei docenti”. E senza fondi i corsi di recupero, che le scuole dovrebbero organizzare obbligatoriamente, non si possono svolgere. O se ne svolgono un numero, e per un ammontare di ore, ridicolo rispetto alle necessità. Basti confrontare due numeri. Nel 1999, la cifra destinata dal ministero dell’Istruzione agli Idei – gli interventi didattici educativi e integrativi introdotti nel 1995, quando vennero aboliti gli esami di riparazione – era di 322 miliardi di vecchie lire, pari a 167 milioni di euro. Nell’anno scolastico 2013/2014, gli istituti superiori italiani hanno assicurato in media 63 ore di recupero in tutto l’anno per una spesa totale lontanissima dal budget di quindici anni prima: appena 9 milioni di euro pari al 5 per cento di quanto si spendeva nel 1999. Nel frattempo, la cifra destinata ai corsi di recupero è confluita nel cosiddetto capitolone e, successivamente, rosicchiata da anni e anni di tagli alle risorse economiche delle scuole, che si sono dimezzate. La Buona scuola, con un incremento di circa 110 milioni per spese di funzionamento scongiurerà l’acquisto di detersivi e carta per fotocopie con le risorse versate dai genitori. Ma chi vorrà evitare la rimandatura a settembre dovrà probabilmente cercarsi un bravo docente privato perché i contributi volontari delle famiglie potranno ridursi ancora. L’Unione degli studenti ha infatti ha avviato una “campagna di denuncia sui contributi volontari”, auspicando lo “stop al salasso per le famiglie e ai soprusi ai danni degli studenti” da parte di quelle scuole che “impongono” il contributo “volontario”.
Edscuola